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sabato 8 settembre 2007

Modi di dire...

Un tempo si diceva "I ragazzi della via Gluck"...
ma oggi si dice "I ragazzi della via Google!"

Francesco

SRIMAD BHAGAVATAM - Kapila

[Canto 1, Cap. 3, verso 10]
Il quinto avatara fu Kapila, il più elevato di tutti gli esseri realizzati. Egli espose ad Asuri Brahmana la conoscenza della metafisica e degli elementi della creazione, poichè nel corso del tempo questa conoscenza era andata perduta.

Se volessimo prendere per buono ciò che ci dice questo verso, si potrebbe dire che Kapila è colui che ha recuperato il sapere del passato.
Ma perchè la conoscenza andatò perduta?
Di che periodo si parla?
Chi era Kapila?
Queste cose non mi è dato saperle... e dal testo che ho non si evince niente di più!
Sembra però che apparve prima "dell'inondazione totale"... Questa avvenne durante la presenza del decimo avatara... ma vediamo cosa dice...

[Canto 1, Cap. 3, verso 15]
Quando soppraggiunse l'inondazionetotale dopo l'era di Caksusa Manu e il mondo intero fu completamente sommerso dalle acque, il Signore assunse la forma di un pesce e protesse Vaivasvata Manu facendolo salire su un vascello.

Se vogliamo dar credito a quando riportato in questo verso, vi fu una grande inondazione, non si parla di diluvio... potrebbe però essere un effetto dello stesso evento verificatosi in altre parti del mondo?
Nella spiegazione del versetto si parla comunque di diluvio, affermando che "si scatena sempre un diluvio alla fine di ogni Manu". In ogni caso vi è un sopravvissuto, Vaivasvata Manu, un altro Noè, Ziusudra (o Utmapistim), Xisuthrus, Deucalione... e chissà quanti altri!
Alessandro Giovanni Paolo Rugolo

venerdì 7 settembre 2007

Le Scarpe delle Donne

Belle, comode, utili, fantasiose e a volte... TROPPE!!!
Vi siete mai trovati, cari amici internauti, a vedere la scena di una donna che compra le scarpe!?!
Beh, a me è successo ieri per l’ennesima volta.
…ecco, …si va in giro, …solite commissioni del pomeriggio, …solito giro, magari un po’ più in là per cercare qualcosa di particolare o per vedere qualcosa di diverso, finché la donna non ha l’idea che rivoluziona il pomeriggio: “Mi servono un paio di scarpe!!” afferma con sicurezza, e con questa affermazione entra in crisi tutto il sistema nervoso dell’uomo, memore delle altre “ultime volte”.
E allora, si va al negozio delle scarpe, si gira tre o quattro volte per tutti gli scaffali, si provano uno, due, tre, quattro, cinque …. tante altre paia di scarpe e di altre scarpe, si analizza se vanno bene con quel pantalone o con quella gonna e poi si guarda anche un po’ al costo, perché non importa tanto il prezzo, ma quanto lo sconto che ci faranno alla cassa.
E dopo un paio d’ore, quando la chiusura del negozio è prossima, arriva la fretta di decidere e di scegliere...
…il colore giusto, la misura giusta, la scarpa giusta.
…quante decisioni da prendere!!!
Qualche volta ..devo ammetterlo, si finisce per non comprare nulla con la scusa .. “sta chiudendo, passiamo con più calma”.
Molte volte si comprano le scarpe dei sogni, con la promessa di non mandarle sullo scaffale come le altre decine, ma con la certezza (da parte dell’uomo) che anche queste verranno indossate per ben due volte, il momento della prova ed il giorno in cui la donna dirà “…ma hai visto queste scarpe!
Non c’è nulla che ci possa abbinare!
Mi sa che domani ne andiamo a comprare un altro paio.”
… e la storia ricomincia.
Paolo Cartillone

giovedì 6 settembre 2007

IL VOLO LIBERO 1985

E’ un dilemma come altri.
La nostra esistenza
è una pozza d’acqua gelata.
Quanti fiumi il vento ha valicato d’un passo
e quanti crocevia di scelte abbiamo affrontato
da soli.
La vita è una città senza sole,
dalle strade smisurate
che non puoi vedere mai l’orizzonte.
Eppure il gioco, questa pietà che sgorga labile
è sempre la stessa ogni sera.
Allora per non morire
mi inventerò un giorno infinito
uno di quegl’attimi
che gli artisti dipingono nel cielo
solamente.
uno di quei voli liberi
che traccia il tuo fiore
quando cade su me.
Marchi Giuseppe
(già pubblicata su Antologia Pometina Vol.II E. Pomezia-Notizie 1986)

Codice etico della strada

La guida su strada è una mission che deve necessariamente seguire un codice stradale.
Tale codice deve fornire anche una parte dedicata al buon senso, un codice etico per comprendere i comportamenti umani alla guida e ricomporre i propri.
Il mio codice etico è il seguente:
1. La tolleranza, per sperare in quella altrui, è la prima regola. Questo implica di non reagire ad un sorpasso solo per orgoglio della rivincita.
2. Viaggiare in compagnia accorcia virtualmente i tempi di percorrenza e contiene i costi di trasporto oltre a ridurre l’inquinamento climatico.
3. Scambiarsi informazioni sulle condizioni di traffico coltivando la maglia della rete degli automobilisti che condividono gli stessi itinerari.
4. Evitare la supponenza.
Spero in contributi a tal proposito.
Dopotutto siamo tuttologi.
Marica Di Camillo

mercoledì 5 settembre 2007

SRIMAD BHAGAVATAM

Nella letteratura vedica, lo SRIMAD BHAGAVATAM (o BHAGAVATA PURANA) rappresenta il Sapere per eccellenza!
Ho letto la prima parte del "Primo canto" in una versione tradotta dal sanscrito e commentata da Bhaktivedanta Swami Prabhupada.

Ciò che cerco, come al solito è qualche resto di antiche conoscenze... valutate voi se ciò che ho trovato è interessante o meno. Come al solito, vi invito a leggere i libri che indico, potrei aver sbagliato o capito male... e se avete qualche minuto, lasciate un commento...


[Canto 1, cap. 1, verso 10]
In questa età di ferro, età di kali, o dotto saggio, gli uomini vivono solo pochi anni, sono sempre irascibili, pigri, disorientati, sfortunati e soprattutto continuamente turbati.

[Canto 1, cap. 1, verso 21]
Sapendo che l'età di Kali è già iniziata, ci riuniamo in questo luogo santo per il compimento di un lungo sacrificio, destinato all'ascolto del messaggio trascendentale di Dio.

In sanscrito janah significa "uomini", in sardo janas sono le "fate"... ma alcune antiche costruzioni scavate nella roccia sono chiamate "domus de janas" cioè case delle fate... potrebbe significare "case degli uomini"... e avrebbe maggior senso!
In questo testo si parla di "età di ferro", e vengono citate le precedenti età: età d'oro (satya-yuga), età d'argento (treta-yuga), età di rame (dvapara-yuga). L'età di ferro, l'attuale, è la peggiore. Ogni età aveva le sue caratteristiche: l'età d'oro era caratterizzata dall'uomo che vive 100.000 anni, l'età d'argento vedeva gli uomini vivere fino a 10.000 anni. 1.000 anni vivevano nell'era di rame e solo 100 nell'attuale era di ferro!
Questo non è l'unico testo sacro antico che parla di età (d'oro, d'argento, di rame e di ferro), ve ne sono altri che affermano la stessa cosa...

Secondo gli Anales de Cuauhtitlàn, nella quarta età della Terra "molte persone affogarono ed altre si gettarono nei boschi e si convertirono in scimmie"... tratto da una nota al "Popol Vuh - Le antiche storie del Quiché"...
e siamo quasi agli antipodi...
Leggere per credere!


Alessandro Giovanni Paolo Rugolo

sabato 1 settembre 2007

Sa domu ‘e su Para

Percorrendo la nuova strada Gesico-Villamar, a circa cinque chilometri da Gesico, ma in territorio di Guamaggiore, nascosta nella valle del Rio Salliu, “s’Arriu Sabiu”, si trova una vecchia costruzione ormai diroccata e che va via via scomparendo sepolta da pietre e terra. Per chi conosce la zona non é difficile arrivarci, infatti sulla sinistra, all’altezza de “is contrasa de Leunessi”, si trova una strada campestre che fiancheggia s’Arriu Sabiu e che dopo circa un chilometro permette di raggiungere “sa domu ‘e su Para”. Alcuni anziani ricordano ancora quella piccola costruzione che di tanto in tanto veniva utilizzata come riparo, ma ora non restano che poche rovine a testimonianza della sua esistenza. Lungo la strada il paesaggio desolato ci porta a pensare a chi, cinquanta e più anni fa, pernottava presso “is domus de Peppi Pai”, anche di queste non restano che vecchi ruderi visibili alla nostra sinistra. In quei tempi i bambini di cinque o sei anni venivano portati in campagna e lasciati a custodire il gregge, e questi piccoli uomini avevano paura, specialmente la notte, ma allora così era la vita. Per raggiungere le rovine bisogna camminare lungo il sentiero per circa venti minuti, tra cespugli di “tramatzu” e di “moddizzi”, ammirando splendidi pennacchi di “cruccuri” per giungere “assa domu ‘e su Para”.

Alla sinistra, poco sotto Bruncu Murcioni, possiamo vedere Nuraxi ‘e Accasa”, ma noi ci fermiamo prima, quando vediamo le prime tracce di pietra lavorata.
Di fronte a noi si apre un foro circolare di circa tre metri di diametro e profondo circa un metro e cinquanta. Si tratta dei resti di una costruzione in pietra lavorata, di forma circolare, che presenta un ingresso sul lato Ovest. Il pavimento é stato rimosso e si può notare che la costruzione é poggiata su una fila di pietre non lavorate. Su di queste si trovano tre file di pietre lavorate.
Le mura sono spesse circa ottanta centimetri e, ad un esame sommario, sembra che siano costituite da due file di pietre lavorate a T, la fila esterna presenta la faccia convessa lavorata mentre la fila interna presenta la faccia concava. Tra le due file si trovano delle pietre di dimensione ridotta legate con fango e terra.
Per poter essere certi del metodo costruttivo e quindi risalire allo stile architettonico e cercare di datare la costruzione bisognerebbe intraprendere degli scavi in tutta la zona. Pietre lavorate si possono notare un po’ ovunque, dentro e fuori la costruzione.
A circa dieci metri di distanza si trovano i resti di una seconda costruzione di diversa fattura. Le mura sono costituite da pietre di dimensioni inferiori, rispetto alla prima, e non lavorate, legate tra loro con terra. Di questa seconda costruzione resta solo una parte a forma di cupola. Dalla forma si potrebbe pensare si trattasse di un forno o di una cisterna, ma , come già detto, solo degli scavi accurati potrebbero portare alla luce elementi determinanti e chiarificatori.
La leggenda popolare racconta che queste costruzioni erano abitate da un frate che viveva nella zona ma non si conoscono altri particolari.
Al di là delle rovine de “sa domu ‘e su Para”, che già di per se possono offrire una valida motivazione ad affrontare il viaggio per Gesico e le sue campagne, la zona presenta delle sue caratteristiche peculiari per le quali vale la pena dedicarvi una giornata.
Si può raggiungere a piedi o a cavallo, facendo bene attenzione a non recar fastidio alle greggi e chiedendo l’autorizzazione ad attraversare i terreni ai legittimi proprietari al fine di evitare danneggiamenti.
Nel periodo piovoso si può assaggiare l’acqua salata de “s’arriu Sabiu”, negli altri periodi dell’anno il ruscello é asciutto. Questo ruscello dall’acqua salata, in passato , si credeva fosse ciò che restava di un antico mare e qualcuno racconta di aver visto degli anelli in ferro infissi nella roccia che dovevano essere utilizzati come attracchi per le imbarcazioni. Nessuno mi ha saputo indicare l’ubicazione di questi anelli, probabilmente perché non sono mai esistiti.
Sembra improbabile credere alla storia del mare come a quella degli anelli di ferro,é più facile ipotizzare un deposito di sale a monte della sorgente.
Tutta la zona é ricoperta di cespugli di moddizzi, (Lentisco) di questi in passato venivano raccolte le bacche utilizzate per la produzione de “s’ollu e stinci”, usato al posto dell’olio d’oliva; si trova anche qualche cespuglio di tramatzu (Tamerice?) i cui rami venivano tenuti nei pollai per allontanare le pulci delle galline.
Rientrando possiamo immaginare la vita di quel piccolo pastorello che cinquanta e più anni fa si aggirava intimorito per queste campagne, possiamo quasi vederlo mentre raccoglie le bacche da un cespuglio di “arruabi” per placare la fame e la sete.
Potete farlo anche voi se volete, i cespugli di “arruabi” ci sono ancora ed in settembre le bacche sono mature e saporite.
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A distanza di anni, sono tornato sul posto e ho notato che i soliti vandali hanno contribuito alla distruzione di quel poco che restava... alla ricerca, forse, di un tesoro nascosto... Peccato!
Chissà che l'Uomo non cominci a capire quale valore hanno queste opere dell'antichità... prima di distruggere tutto, compreso se stesso!

Alessandro Giovanni Paolo Rugolo