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domenica 27 settembre 2009

Berosso, frammenti di storia Caldea: da Lucius Cornelius Alexander Polyhistor

Cari lettori, spero che possiate trovare in queste poche righe lo stesso interesse che ho provato io durante la traduzione dall'inglese... ma lascio subito la parola a Lucius Cornelius Alexander Polyhistor che ci parla di Berosso e della sua opera: Storia di Babilonia!
SULLA COSMOGONIA E SUL DILUVIO
Berosso, nel primo libro della sua Storia di Babilonia, ci informa di essere vissuto all'epoca di Alessandro figlio di Filippo. Lui dice che esistevano testimonianze scritte, conservate a Babilonia con gran cura, per un periodo di circa quindici miriadi di anni e che questi scritti contenevano storie del cielo e del mare, della nascita degli uomini; e dei re e delle cose memorabili che essi realizzarono.
Nella prima parte egli descrive Babilonia come un paese situato tra il Tigri e l'Eufrate: in cui abbondava il frumento, l'orzo, l'"ocrus" e il sesamo; nei cui laghi venivano prodotte le radici chiamate "gongre", che venivano usate come cibo, e dal punto di vista nutritivo sono simili all'orzo. C'erano anche alberi di palma e di mele e varietà di frutta, pesci e uccelli, sia semplici volatili sia di quelli che frequentano i laghi. Egli aggiunge che quelle parti del paese che confinavano con l'Arabia erano prive d'acqua e aride; mentre le parti che si stendono dalla parte opposta erano collinose e fertili.

A Babilonia c'era (in quei tempi) un grande ritrovo di persone di varie nazioni, che abitavano la Caldea, e vivevano senza leggi, come le bestie dei campi. Nel primo anno apparve, proveniente dalla parte del mare Eritreo che confina con Babilonia, un animale privo di ragione, di nome Oannes, il cui intero corpo (secondo il racconto di Apollodoro) era quello di un pesce, che sotto la testa di pesce aveva un'altra testa, con al di sotto dei piedi, simili a quelli di un uomo, uniti sotto la coda da pesce. Anche la sua voce e il linguaggio erano articolate ed umane, e una sua rappresentazione é giunta fino ai nostri giorni.
Questo Essere era uso passare il giorno tra gli uomini, senza prendere cibo in quella stagione; ed egli dava loro la comprensione delle lettere e delle scienze e delle arti di ogni tipo. Insegnò loro come costruire città fondare templi, scrivere leggi, e gli spiegò i principi della conoscenza della geometria.
Egli insegnò loro a distinguere i semi della terra e gli mostrò come raccoglierne i frutti, in breve, egli li istruì su ogni cosa che fosse utile a ammorbidire le loro maniere e umanizzare le loro vite. Da allora, niente altro é stato aggiunto che potesse migliorare le sue istruzioni.
E quando il sole tramontava, questo Essere Oannes si ritirava di nuovo nel mare e passava la notte nelle profondità, perché egli era anfibio. Dopo questo apparvero altri animali simili a Oannes, dei quali Berosso si proponeva di parlarne quando sarebbe giunto a raccontare la storia dei re. Inoltre Oannes scrisse sulla generazione dell'umanità e del loro ordinamento civile , e ciò che segue è il riassunto di ciò che egli disse:
"Ci fu un tempo in cui non esisteva niente ma solo oscurità e abissi d'acqua, in cui risiedevano esseri che erano di duplice natura. Apparvero uomini, alcuni dei quali erano dotati di due ali, altri di quattro ali e avevano due facce. Questi avevano un corpo ma due teste: una da uomo ed una da donna: e similmente nei loro vari organi essi erano sia maschi che femmine. Si vedevano altre figure umane con gambe e corna di capre. Alcune avevano piedi da cavallo, mentre altri univano la parte posteriore di un cavallo con il corpo di un uomo, assomigliando alla forma all'ippocentauro. Tori simili erano generati con teste d'uomo; e cani con corpi quadruplici terminati nelle loro estremità con code di pesci; anche cavalli con teste di cani; come pure uomini e altri animali, con teste e corpi di cavalli e code di pesci.
In breve, c'erano creature in cui erano combinati gli arti di ogni specie animale. In aggiunta a questi, pesci, rettili, serpenti, con altri animali mostruosi, i quali assumevano ogni altra forma e fisionomia. Di tutti questi sono conservate le figure nel tempio di Belo a Babilonia.
La persona che esercitava il controllo su di essi era una donna chiamata Omoroca, che in lingua Caldea si dice "Thalatth" e in greco "Thalassa", cioè mare; ma che può essere interpretato anche come "Luna". Le cose stavano così quando arrivò Belo e tagliò la donna in due pezzi: e da una metà formò la terra, dall'altra metà formò i cieli; nello stesso tempo distrusse gli animali che vi erano.
Tutto ciò (egli disse) era una descrizione allegorica della natura. Perciò, essendo l'intero universo pieno di umidità, e gli animali vi sono continuamente generati, la deità summenzionata staccò la sua propria testa: con essa gli altri dei mescolarono il sangue, come esso sgorgava fuori, con la terra; e da ciò furono formati gli uomini.
In questo modo essi sono razionali, e partecipano della divina conoscenza. Questo Belo, che per loro significa Giove, divise l'oscurità e separò i Cieli dalla Terra, e riordinò l'universo. Ma gli animali, non essendo in grado di sopportare la larga diffusione della luce, morirono. Belo, dopo ciò vedendo un vasto spazio libero, pensò alla natura ricca di frutti, comandò uno degli dei di staccarsi la testa e di mischiarne il sangue con la terra e con ciò di formare altri uomini e animali, i quali dovevano essere capaci di respirare l'aria. Belo formò anche le stelle e il sole e la luna e i cinque pianeti. (Tutto ciò, in accordo con quanto detto da Alexander Polyhistor, é il racconto che Berosso fece nel suo primo libro).
Come al solito perdonate, se potete, la traduzione approssimativa... e a presto con il seguito della storia!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

Ricordando...

Il passato...
Chi di noi di tanto in tanto non torna indietro nel tempo?

Il nostro passato é parte del nostro presente e condiziona in un certo qual modo il nostro futuro...
così alcune volte un'esperienza positiva o negativa influenza non solo il nostro futuro ma quello dei nostri amici o della nostra famiglia.

Una parte importante del mio passato ha un nome: "Cenza"... mia nonna da parte di madre.

Nonna Cenza era una donna forte che aveva sofferto tanto... e tutti noi nipoti l'abbiamo sempre adorata...
Voglio ricordarla mentre é intenta a preparare l'impasto del pane... e per i nipoti vi era sempre un piccolo panino speciale!
Quando ci penso mi torna in mente l'odore del pane fragrante, fatto come si faceva un tempo... mi torna in mente il sapore mai più provato...
Sensazioni indimenticabili!

E ogni volta mi torni in mente tu,

Queste poche righe sono dedicate a te, Nonna Cenza...

Grazie per tutto...
Per il passato, per presente... e per il futuro!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 26 settembre 2009

Riflessioni sul Timeo: adamante...

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Adamante...

Un termine trovato tante volte in tanti testi antichi, tradotto talvolta con il termine "ferro", talaltre con "acciaio", ma utilizzato sempre con riferimento a qualcosa di durissimo e resistente...
Ma cosa significava in antichità, o per lo meno cosa era per Platone l'adamante ce l'ha detto lo stesso Platone in quel testo così bello, così studiato e così oscuro per certi versi, conosciuto col titolo "Timeo".
Forse un giorno affronterò l'impresa di scrivere qualcosa sul Timeo, quello che ho capito dopo averlo letto e riletto, quello che non ho ancora capito... quello che forse Platone voleva dirci, ma ancora non é il momento, per cui se volete aspettate, oppure, ed é il mio consiglio, leggete il Timeo senza farvi spaventare da ciò che non capite...

Ma torniamo dunque al significato di adamante. Platone ne parla nel capitolo XXIV, quando ci parla delle "acque fondibili" cioè di quelle sostanze che in natura non sono liquide ma che lo diventano se sottoposte al calore.
Ma sentiamo cosa ci dice Platone nella traduzione di Giuseppe Fraccaroli, pubblicata dai Fratelli Bocca nel 1906:
"Or di tutte queste, quante abbiamo chiamate acque fondibili, quella che per constare di minutissime e conformissime parti è la più densa, specie semplice, in cui si uniscono il color splendido e il biondo, ricchezza preziosissima, è l'oro, che si fa solido dopo filtrato attraverso la pietra. E il germoglio dell'oro, che per la densità sua durissimo e tinto in nero, fu chiamato adamante."

Ecco dunque cosa intende Platone per adamante, la roccia nativa dell'oro!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

giovedì 24 settembre 2009

Lucio Anneo Seneca: la fine del mondo...

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Oggi ho ripreso in mano il libro di Lucio Anneo Seneca, "Naturales Quaestiones"...
Ho cominciato a sfogliarlo alla ricerca di qualche appunto interessante preso durante la prima lettura... ho ritrovato tante cose interessanti di cui vi ho già parlato nei precedenti articoli, ma ho trovato anche altre cose di cui non vi avevo mai parlato!

Una di queste curiosità é relativa alla fine del mondo...
Seneca [Libro III, 29, 1] ci riferisce di Beroso, interprete delle dottrine di Belo, come colui che asserì che la distruzione del mondo arriva ciclicamente, a causa di diluvi o di conflagrazioni...
Beroso infatti sostiene:
"che il mondo terreno sarà incenerito, allorché tutti gli astri che ora seguono orbite diverse si saranno riuniti sotto il segno del Cancro, disposti lungo una stessa traccia così che una linea retta possa passare attraverso tutti i globi; si verificherà l'inondazione quando la stessa moltitudine di astri si sarà radunata sotto il segno del Capricorno. Il Cancro da luogo al solstizio d'estate, il Capricorno a quello d'inverno: costellazioni che esercitano un grande influsso, dal momento che determinano addirittura le mutazioni dell'anno."

Quando si verificherà il prossimo allineamento?
Chissà...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

mercoledì 23 settembre 2009

Tito Livio: Evandro ed Ercole nel Lazio

Precedenti:

Tito Livio: la morte di Remo...

Tito Livio: Rea Silvia, la lupa, Romolo e Remo...

Tito Livio: la storia di Roma continua...

Tito Livio: storia di Roma
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Buon sera Maestro,
la disturbo?

Alessandro, qual buon vento... é un po che non ti fai sentire, che fine hai fatto?

Mi perdoni ma mi sono lasciato distogliere dalla tecnologia...
ma ciò che importa é che sono tornato!

Mi fa piacere rivederti... sai, in questi ultimi mesi ho ricevuto veramente poche visite. Forse la storia antica non interessa più a nessuno!

Non dica così, la prego...
la Storia, antica o moderna, avrà sempre i suoi cultori!

Speriamo che tu abbia ragione. Ma veniamo a noi, se sei venuto a trovarmi sicuramente é anche per chiedermi qualcosa, o mi sbaglio?

Non sbaglia Maestro, al di là del piacere di parlare con Lei, sono venuto per approfondire le mie conoscenze... e sono sicuro che Lei ha ancora tanto da insegnarmi!

Non adularmi, non é da te! Piuttosto fammi la domanda e speriamo di avere la risposta...

Bene, allora le chiedo di parlarmi di Ercole e di Evandro e del loro soggiorno nel Lazio.

Ercole ed Evandro... iniziamo da quest'ultimo.
Evandro venne nel Lazio dal Peloponneso, forse profugo dopo la guerra di Troia. Era un uomo istruito e conosceva l'arte della scrittura, ciò gli permise di governare su quei popoli ignari di ogni arte... quando un giorno arrivò Ercole...

Maestro, io ricordo di aver letto qualcosa di un Evandro figlio di Priamo... é forse lo stesso?

Potrebbe darsi Alessandro, potrebbe darsi... ciò che so é il nome della madre, Carmenta, che in quei tempi era venerata come la Sibilla lo divenne poi. Ma lasciami finire, per favore, alla mia età ci vuol poco a perdere il filo!

Mi scusi...

Dunque... dicevo che arrivò Ercole, di ritorno dal compimento di una delle sue fatiche era stato derubato da un pastore che si chiamava Caco e che viveva sulle rive del Tevere. Ercole se ne accorse e lo uccise. Evandro si accorse dell'accaduto e intervenne per capire cosa fosse accaduto. Interrogò Ercole e riconosciutolo come figlio di Giove gli dedicò l'Ara Massima che lo stesso Ercole costruì. Quell'Ara fu affidata alla famiglia dei Potizii perché celebrassero il culto di Ercole...
Credo di averti detto tutto ciò che so, spero sia sufficiente!

Grazie Maestro, sapevo che mi sarebbe stato di aiuto... e se ciò che mi ha detto su Evandro e sulla sua conoscenza della scrittura é vero, ciò potrebbe significare che Iliade ed odissea potrebbero essere state scritte e tramandate molto prima di ciò che si dice...

Grazie Maestro, le auguro una buona serata...

A presto Alessandro, torna a trovarmi presto, ti aspetto!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 20 settembre 2009

La pubblicità é l'anima del commercio...

Così perlomeno si dice!
Ma é poi vero?
Io non ne sono tanto convinto a dir la verità!
Sarà perché quando vado a far la spesa scelgo secondo criteri di economicità, sarà perché sono poco incline a pagare la marca, sarà perché sono poco influenzabile ma credo proprio che la pubblicità non sia poi così potente!
In ogni caso vorrei fare a tutti voi lettori qualche domanda e magari avere una risposta, per cui vi prego, prendete carta e penna e annotatevi le risposte alle domande che seguono, poi al termine della lettura di questo articolo lasciate un commento con le risposte, ve ne sarò grato!
Dopo queste semplici istruzioni cerchiamo di andare avanti e magari di capire qualcosa di più sulla pubblicità... ma prima di tutto rispondete alla prima domanda:
1. Vi piace la pubblicità televisiva? E se si, qual'é la vostra preferita?
Se consideriamo un prodotto qualunque, é facile capire che a parità di caratteristiche (supponiamo per ipotesi che il prodotto sia addirittura lo stesso!) il prodotto meno pubblicizzato sia anche il più economico! Questo perché "produrlo costa meno" se inserisco le spese pubblicitarie tra le spese di produzione...
ma ecco subito la seconda domanda:
2. Quanto siete disposti a spendere in più (in percentuale) per un prodotto di marca?
La risposta a questa domanda fa capire quale é il vero valore della notorietà associata alla marca, e la pubblicità, almeno in parte, influisce sulla notorietà!
Terza e ultima domanda, date uno sguardo alla pubblicità che vi colpisce di più in questo istante (su internet, sulla rivista che avete affianco, sul programma TV che intravedete mentre leggete questo articolo!)...
3. Cosa vi colpisce della pubblicità?

Ora mi fermo, aspetto le vostre risposte... e poi proseguiamo!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

Plutarco: perché la Giustizia Divina punisce tardi

Cari amici e lettori,
avendo or ora terminato la lettura del saggio di Plutarco sulla Giustizia Divina e pensando che vi siano tante cose interessanti per uno studioso di storia e costumi dell'antichità, ho pensato di lasciare una breve traccia degli argomenti che vi sono trattati così da invogliare alla lettura del testo che é tra l'altro breve e di facile comprensione.
Plutarco inizia il suo testo parlando dell'epicureismo e di come tale dottrina sia assolutamente poco seria... ma queste sono dispute tra filosofi e lasciamole ai filosofi!
L'argomento del saggio é la Giustizia Divina (e anche quella terrena in quanto parte esecutiva!). Dopo alcuni esempi legati alla storia, Plutarco afferma che la giustizia divina arriva sempre al momento giusto, anche se l'uomo non sempre é in grado di capirlo. Talvolta la Giustizia Divina colpisce indirettamente il colpevole, agendo sui suoi successori...
Plutarco sostiene inoltre che sia necessario non agire immediatamente sulla scia di un torto subito ma agire con calma... e tal proposito ci dice che l'autocontrollo é la vera forza dell'uomo. Uno degli esempi è riferito ad Archita di Taranto che essendo arrabbiato verso i suoi servi non li punì in quanto il suo stato d'ira non gli consentiva di essere giusto, così li apostrofò: "Ritenetevi fortunati che io sia in collera!"
Plutarco é ricco di riferimenti a personaggi e popoli, tra questi i Cartaginesi. Plutarco sostiene che i Cartaginesi adoravano Saturno e che il rito prevedesse lo sgozzamento dei figli di fronte alle madri, da compiere ai piedi della statua di Saturno... per non perdere l'onore la madre non doveva piangere!
Interessante la figura usata da Plutarco e ripresa dagli antichi secondo cui "la punizione é zoppa" infatti:
"Gli antichi, con un'immagine efficace e geniale, dicevano che la punizione é zoppa, per indicare ch'essa non raggiunge mai subito il colpevole, ma non cessa mai d'inseguirlo; il rumore dei suoi passi, che noi chiamiamo rimorso, tormenta senza tregua il colpevole e il momento in cui lo raggiunge non é altro che la fine del supplizio."
Interessanti riferimenti al diritto degli Eraclidi di portare la corona e ancora più interessanti riferimenti alla ereditarietà di certe malattie all'interno della stessa famiglia.
Ma credo proprio che , se ancora non avete trovato niente che vi spinga a leggere l'opera, potrete trovarlo nella parte finale, la storia di Tespesio... uomo cattivo che cambia vita dopo un incidente. La sua anima, o parte di essa, viene condotta a visitare il regno dei più e qui gli viene mostrato, come in una Divina Commedia di duemila anni fa, cosa attende le anime nell'aldilà...

E con questo credo proprio di aver terminato, a chi é interessato dunque, auguro una buona lettura!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO