Traduttore automatico - Read this site in another language

domenica 31 gennaio 2016

Emilio Lussu


Chi è Emilio Lussu?

Forse qualcuno può rispondere: uno scrittore; forse i meglio informati risponderanno: uno scrittore, l'autore di "Un anno sull'altipiano". 
Ma poi? Che altro?
Inizierò col dire che Emilio Lussu nacque nel 1890 ad Armungia, un paesino della provincia di Cagliari di circa cinquecento abitanti. 
Emilio era in primo luogo un militare, Ufficiale di fanteria nella Brigata Sassari, per la precisione nel 151° Reggimento fanteria. 
Prese parte alla prima guerra mondiale come Ufficiale di complemento, venne decorato diverse volte al valor militare e raggiunse il grado di Capitano.
Emilio Lussu è stato un uomo politico, fondatore del Partito Sardo d'Azione, subito dopo la grande guerra. 
Antifascista da subito, subì diversi attentati. Nel 1926 fu oggetto di un attacco squadrista nel corso del quale uccise un fascista. Fu arrestato e processato ma riconosciuto innocente.
Con la soppressione di tutti i partiti (1926) fu incarcerato e confinato a Lipari, da dove fuggì nel 1929 assieme ad alcuni compagni di prigioni. Raggiunse Tunisi e poi Parigi. Nello stesso anno è tra i fondatori del movimento antifascista "Giustizia e libertà".
Nel 1936 prese parte alla guerra civile spagnola, con il fronte antifranchista. Contrasse probabilmente in quegli anni la tubercolosi e si recò in Svizzera per curarsi. Di quel periodo è il suo libro più noto: "Un anno sull'altipiano", ma anche un manuale sulla "Teoria dell'insurrezione".
Dopo la seconda guerra mondiale fu ministro con diversi governi, nell'ala socialista.
Emilio Lussu è stato anche uno scrittore. 

Ecco, in breve, la biografia di un uomo, purtroppo dimenticato!

Mi auguro che questo breve articolo possa servire a riportare alla memoria il suo nome e le sue opere.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 30 gennaio 2016

Enrico Mattei, un uomo che ha fatto la storia d'Italia

Ho appena finito di leggere la biografia di Mattei, del quale, ad essere onesto, non sapevo
praticamente nulla!
Come non sapevo, e non so niente, di molti dei nostri uomini politici degli ultimi cinquant'anni.
Mi rendo conto che a scuola certi argomenti non sono mai stati trattati, ma non è una giustificazione, avrei dovuto informarmi per conto mio.
La biografia di Mattei, scritta da Carlo Maria Lomartire, è un libro veramente interessante, che aiuta a comprendere l'Italia dei giorni nostri percorrendo la storia di un uomo testardo di nome Enrico Mattei.
Mattei nasce ad Acqualagna, nelle Marche, il 29 aprile 1906. Il padre è maresciallo dei Carabinieri e gode di una certa fama in quanto ha riconosciuto e arrestato uno dei banditi più famosi della fine dell'ottocento, il calabrese Musolino.
Nel libro Lomartire ci racconta anche la storia di questo bandito, forse solo un povero sfortunato, morto in manicomio nel 1956, all'età di ottant'anni.
Mattei nasce povero e non è certo un grande studioso. Nel 1919 la famiglia si trasferisce a Matelica dove va a vivere in via Tommaso De Luca, oggi via Marcello Boldrini.
Qualche anno dopo Enrico trova lavoro in una fabbrica di letti in ferro, dove si occupa di verniciarli, così inizia la storia lavorativa dell'uomo più potente del dopoguerra italiano.
E' un periodo particolare, Mattei è giovane e scavezzacollo, ma nel giro di qualche anno darà prova di essere un grande lavoratore e di avere un grande fiuto per gli affari.
Nel 1927 Enrico Mattei parte per il servizio militare che svolgerà presso i Granatieri di Sardegna, ad Orvieto come soldato, ma solo per sei mesi, poi viene congedato e può tornare a lavorare a tempo pieno presso la conceria di Matelica di cui era già direttore tecnico. Viene promosso direttore dello stabilimento all'età di soli ventuno anni. Nel '29 il crollo delle borse in America causa ripercussioni in tutto il mondo e anche a Matelica il lavoro ne risente, la conceria chiude e Mattei è costretto, come tanti, a cercare lavoro. Decide di partire per Milano.
Li ritrova un conoscente, Marcello Boldrini, che seppure più grande di Mattei di sedici anni e di differente classe sociale, diviene suo amico e lo resterà sempre. E' proprio Boldrini che lo educherà politicamente. Negli anni '30 Mattei continua a lavorare e diventa presto un pezzo grosso nell'ambito della vendita di prodotti per la concia, settore che conosce molto bene. Poi nel '34 decide di mettersi in proprio e apre una azienda specializzata nella produzione e vendita di vernici, oli, grassi e saponi per l'industria conciaria. E, ancora una volta, raggiunge il successo. In pochi anni riuscirà a mettere da parte una ingente fortuna, che mette anche a disposizione della famiglia.
Poi arriva la guerra. Mattei non si tira indietro di fronte a niente e usa i soldi che ha messo da parte e tutta la sua forza di volontà per aiutare i partigiani, diventando lui stesso uno di loro.
Alla fine della guerra riuscirà a far valere il suo impegno tra i partigiani cattolici... è tra i fondatori della Democrazia Cristiana e da li a poco riceverà un incarico che lo trasformerà da uomo di successo a uomo potente.
Subito dopo la guerra infatti nasce l'esigenza di riorganizzare ciò che resta dell'Italia e delle grandi società di Stato, una di queste si chiama Agip.
Mattei riceve l'incarico di chiuderla, decisione presa principalmente per accontentare gli americani che non gradiscono l'interessamento dello Stato negli affari, soprattutto quando si parla di petrolio.
Da quel momento la storia di Mattei diviene la storia dell'Agip prima e dell'ENI poi.
La storia di Mattei si intreccia d'ora in poi con quella delle Sette Sorelle, le principali  società produttrici di petrolio, con la vita politica italiana, con deputati, senatori, presidenti e re, diviene la storia d'Italia, fino all'ottobre 1962.
Enrico Mattei utilizza l'Agip e L'ENI per influenzare la vita politica di una nazione, l'Italia, e poi del mondo. Non si fa certo scrupoli nell'impiegare l'immensa disponibilità economica che l'Agip e poi l'ENI gli daranno, influenzando indifferentemente tutti i partiti politici italiani. Eppure nel suo agire vi è sempre qualcosa di fondamentalmente ammirevole...
Il 20 agosto 1962, sul Corriere della Sera e sul New York Times, in un articolo si parla così di Mattei: "L'Italia è un paese ricco di paradossi. La sua burocrazia comprende ancor oggi funzionari coloniali, di colonie perdute da lungo tempo. Nella sua burocrazia vi sono comunisti militanti e due pretendenti dell'antico trono di Bisanzio, uno dei quali si guadagna la vita facendo il clown. Ma di tutte le anomalie visibili la più curiosa e significativa è la posizione di Enrico Mattei, capo del trust nazionale del carburante, funzionario di Stato che virtualmente controlla lo Stato. Mattei è un uomo affascinante, ricco di talento organizzativo, appassionato della pesca; e può vantare uno splendido stato di servizio da partigiano in tempo di guerra. Orgoglioso e brillante, egli è afflitto da un complesso d'inferiorità e dall'odio per le compagnie petrolifere occidentali, che si è tradotto in una particolare antipatia per gli Stati Uniti e l'Alleanza Atlantica.". 
Questa mi sembra un'ottima descrizione di Mattei, che può essere completata con quanto ha scritto Montanelli: "l'esempio di Mattei ci mostra questo spettacolo: un governo, un parlamento ed una burocrazia impotenti di fronte ad un funzionario che, potendo essere revocato ogni tre anni, nomina invece il ministro che dovrebbe controllarlo, impone un suo monopolio al di sopra di quelli che dovrebbe combattere, tratta direttamente coi governi stranieri e detta una sua politica estera spesso in contraddizione con quella dello Stato [..] Mattei è un imprenditore d'altissimo bordo. Possiede non solo tutte le qualità, ma persino i difetti del grande costruttore: l'introversione, la mancanza di calore umano, la malinconia puritana, la tendenza monomaniaca a concentrare tutte le proprie facoltà sull'essenziale, la certezza quasi mistica di una missione da compiere, la capacità di mentire credendo nelle bugie e perfino commuovendosene [..] ma della gigantesca quantità di denaro mossa dall'ENI, non una lira finisce nelle sue tasche. A tal proposito, continua Montanelli, "verrebbe da aggiungere "purtroppo!" , perché se così fosse tutto risulterebbe semplificato: avremmo soltanto un ladro in più, fra tanti che ce ne sono. Ma Mattei è onesto. Non ritira nemmeno il suo stipendio perché lo devolve in beneficenza."
Che dire di più? 
Poco prima di morire, per un discusso incidente aereo, Mattei avrebbe dovuto incontrare Kennedy!

Un libro veramente ben scritto e per molti versi illuminante, che dovrebbe far parte della libreria di ogni italiano, per ricordarci sempre chi siamo e da dove veniamo.

Ringrazio l'autore, Carlo Maria Lomartire, per questo splendido libro.

Alessandro Giovani Paolo RUGOLO

domenica 27 dicembre 2015

Filastrocca de protesta: le tasse

Tasse e gabbelle,
servono de sicuro
ma da lì a dì che so belle,
d'acqua sotto li ponti
ce ne passa,
nun se parla così
de na' tassa!

Eppure cè chi c'ha avuto sto coraggio
pe' lui è stato naturale
come magna le fave cor formaggio.

Ma venimo ar dunque, amico mio,
che se  troppo tempo passa
pe' quelli che vanno piano
scatta nà nuova tassa
che li politici nostri
c'an pensato bene
perchè c'hanno bisogno de far cassa!

Ce ne stà una pe ogni cosa,
pe ogni tipo,
pe ogne dove.

La più odiata, dicon tutti,
è quella sulla casa,
pecchè te sembra 'n furto
che dopo na vita de lavoro
'sti pitocchi inconcludenti
ce se fanno du risate in coro.

Poi ce sta quella
sulla TV, er canone, la chiameno
che sarebbe mejo cannone
ma se acchiappo chi l'ha 'nventata
l'appendo ar pennone.

E che dire de la tassa de circolazzione?
Tutti l'automobbilisti l'hanno a pagà
pure se pe le strade
è impossibbile circolà!

E per prendere la nave, allora?
Hai mai fatto nu biglietto?
Passaggio ponte 20 euri,
ma con le gabbelle
pagamo na piotta
netto netto.

Armeno pe andà in bagno
nun te chiedono gnente
a patto che t'accontenti
de n'angolo de trada.
Nun te provà, me raccomanno,
ad andà in bagno alla stazione
che se te va bene
te portano via pure la pensione!

E la benzina allora?
la paghi come er vino
ma quello bono, d'annata,
pecchè ce stanno sopra ancora
le tasse de la guera
quella contro l'abissino

Ma che possiamo fare noi,
pe cambià le cose?
Ce dicono, votate
ch'è un vostro diritto,
scegliete l'amministratori vostri
e nun ve lamentate!

Ma io che l'ho fatto sempre,
so stato 'n buon cittadino
ed ogne vorta che m'han chiamato
alle urne ce so' annato
che c'ho guadagnato?
secondo me nun è cambiato gnente,
anzi, me pare che è peggiorato.

Dunque me so deciso,
a provà a evadere le tasse
e l'urtimo bollettino nun gliel'ho pagato.
Un giorno e arivato uno
co na cartellina sotto braccio,
me fà: buon giorno buon uomo
posso entrare?
Prego s'accomodi, je dico io
ospitale,
e lui ricambia
co' na cartella esattoriale.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO




giovedì 24 dicembre 2015

Un pensiero natalizio...

Cari amici,
oggi riflettevo su come la nostra vita sia breve.
Pensavo a cosa restarà di noi dopo la nostra morte.
Pensavo alle persone che ho conosciuto e che non ci sono più.
Mi farebbe immensamente piacere riabbracciarli, ma non si può.
Eppure, fintanto che qualcuno li ricorda, finchè io li ricordo, ne ricordo i nomi, ciò che hanno fatto, ciò che pensavano, il loro volto... fintanto che qualcuno se ne ricorda loro esistono!
Ed allora li voglio ricordare, almeno per nome, a cominciare da nonna Cenza, zio Umberto, nonno Carmelo, nonna Santina, l'amico Marcello, Barbara, Francesca...
Li voglio ricordare tutti assieme in questa sera di vigilia di Natale.

A tutti coloro che mi conoscono dico: fatelo anche voi, dedicate qualche minuto pre ricordare i vostri cari, ricordatene il nome e loro saranno con voi, ancora una volta, ancora un natale.

Naturalmente i migliori auguri vanno anche a tutti coloro che ci sono ancora, alla mia famiglia, ai parenti e amici, conoscenti e sconosciuti, ricchi e poveri...

Tanti auguri a tutti, buon Natale coi vostri cari e se potete fate qualcosa per gli altri, anche se non li conoscete, magari un giorno una persona che avete aiutato si ricorderà di voi e voi vivrete ancora nei suoi pensieri.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 20 dicembre 2015

Tecnica del colpo di stato, di Curzio Malaparte

Diversi anni fa, in una bancarella di libri a Milano, ho acquistato un vecchio libro dalla copertina rigida color blu profondo, col dorso scolorito, il titolo diceva: Tecnica del colpo di stato, autore: Curzio Malaparte.

Diversi anni prima avevo sentito parlare di Malaparte da un amico che aveva letto qualcosa. Non ricordavo bene l'argomento della discussione di allora ma pensai di approfondire, così comprai il libro e lo lessi immediatamente.

Ma chi era Curzio Malaparte?
Se fate una piccola ricerca scoprirete che Malaparte (1898-1957) si chiamava in realtà Kurt Erich Suckert. Nacque a Prato da madre italiana e padre sassone. Fu scrittore, saggista, giornalista e militare!
Allo scoppio della prima guerra mondiale Curzio aveva appena sedici anni ma decise di arruolarsi e lo fece arruolandosi nella Legione Garibaldina fino all'entrata in guerra. Nel 1915 si arruolò nel Regio Esercito come fante  dove venne nominato sottotenente e partecipò a diverse imprese belliche in Italia e in Francia dove fu decorato con medaglia di bronzo al valore militare. Subito dopo la guerra pubblicò il suo primo libro: Viva Caporetto! in cui criticò fortemente la condotta della guerra da parte dello Stato Maggiore.

Ma torniamo un attimo al libro, perché voglio riportare un brano dell'introduzione, intitolato:

"Che a difendere la libertà ci si rimette sempre"

"Io odio questo mio libro. Lo odio con tutto il mio cuore. Mi ha dato la gloria, quella povera cosa che è la gloria, ma anche quante miserie. Per questo libro ho conosciuto la prigione e il confino, il tradimento degli amici, la malafede degli avversarii, l'egoismo e la cattiveria degli uomini. Da questo libro è nata la stupida leggenda che fa di me un essere cinico e crudele, una specie di Machiavelli nei panni del Cardinal de Retz: quando non sono che uno scrittore, un artista, un uomo libero che soffre più dei mali altrui che dei propri."

Ho voluto riportare questa che è l'introduzione del libro perché mi ha molto colpito.
Come può un autore odiare un proprio libro?

Lo si può capire se si considerano le conseguenze che la pubblicazione del libro ebbero sulla sua vita. A causa del libro, o meglio delle idee che in esso sono chiaramente riportate, delle sue considerazioni sugli uomini potenti del tempo, Curzio Malaparte fu perseguitato per tutta la vita.

Tecnica del colpo di Stato apparve a Parigi nel 1931 ed ebbe subito uno straordinario successo. Secondo l'autore la storia politica del periodo (1920 - 1930) non è ciò che comunemente si pensa, ciò che accadeva sulla scena politica europea, per lui, non dipendeva dall'applicazione del trattato di Versailles né dalle conseguenze economiche della guerra appena terminata, né tantomeno dalla volontà dei governi europei di mantenere la pace così a caro prezzo riconquistata. Malaparte afferma che sul piano politico era in corso una lotta tra due grandi fazioni. Da una parte i difensori del principio di libertà e democrazia (a favore dello stato parlamentare, liberali e democratici), dall'altra i suoi nemici, fascisti e comunisti.

"I catilinari di sinistra mirano alla conquista dello Stato per instaurare la dittatura della classe proletaria"... "I catilinari di destra temono il pericolo del disordine: accusano il governo di debolezza, d'incapacità e d'irresponsabilità..."

Mi sembra di riconoscere ancora oggi in alcuni nostri esponenti politici l'applicazione delle stesse tesi!

Chi era Bela Kun? E Kapp, Pilsudzki e Primo De Rivera? Trotzki e Bauer?
La Storia è veramente ricca di persone che la Storia l'hanno fatta ma poi sono passate e spesso dimenticate.
Colpa nostra! Chi conosce Lenin, al di la del nome? E Stalin?
Eppure il nostro mondo deriva dalle loro azioni (tra l'altro).

La Storia è il nostro passato, il nostro presente, il nostro futuro! Conoscerla e ricordarla è nostro compito, è nostro dovere.

Ma qui mi fermo per ora, sicuramente Curzio Malaparte merita approfondimenti, dopo adeguate letture.

A presto.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

venerdì 18 dicembre 2015

Li tassinari de Roma

Li tassinari de Roma
so' de 'na razza strana,
quanno so' soli
corono come pazzi,
sfrecciano tra la gente
come se nun c'avessero paura de gnente.

Poi, de colpo,
come caricano 'n criente,
da pirati de la strada
se trasformano immediatamente,
diventando come conigli,
e co' li crienti loro
fanno come fossero figli.

Piano piano, con prudenza,
se movono ner traffico romano
Tomm Tomm funzionante
e cartina alla mano,
nun se sa come
ma nun conoscono mai la strada
se perdono, se sbajano
nun parono manco de Roma
ma sembrano de Praga!

Te chiedono a te
se sai dove devi annà
co' stà faccia d'agnoletto
che a guardalli è un diletto,
ma solo pe' tirà a fregà.

E se per caso all'aeroporto devi annà
fa bene attenzione, nun farte raggirà
che na corsa in tassì
più de 'n viaggio pe' Parì
te la fanno pagà.

Però na' cosa è certa,
a li tassinari de Roma
nun je manca mai la parola,
durante tutto er viaggio
nun t'annoi de sicuro
che la lingua lunga e tajente
nun assomiglia a gnente
e se je fai simpatia
er viaggio se trasforma
e la tariffa pure
rientra nella norma.

Ma fa attenzione a quello che dici,
nun te schierà mai pe' primo
se sei daa Lazio o daa Roma,
lascelo dire a loro
e se proprio voi parlà male
de quarcuno
parla male de li politici
che nun te poi sbajare
opure de le tasse che c'hai da pagare
che questi so dolori che accomunano.

E quanno alla fine
arivi a destinazzione
saluta l'amico tuo tassinaro
dopo che paghi la corsa,
e me raccomanno,
nun chiede mai la ricevuta
che sta cosa nun se fa,
pecchè è na cosa brutta!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 12 dicembre 2015

Er traffico de Roma

Nun ce se pò crede
finchè nun ce state 'n mezzo,
a bordo de n'autovettura
tra du file stretto
de macchine rombanti e strombazzanti
pe' via Cristoforo Colombo
o Corso Trieste
Acilia, Aurelio, Bufalotta
Eur, Appia Nuova e Tor Pagnotta,
nun ce sta nessuna differenza
andà pe' strada è na penitenza!

Roma è la città più bella
ma er traffico pe strada
è na maledizione
che nun se ne pò parlà
senza tremà pe l'emozione.

Pe' non parlare poi de li marciapiedi
che de solito nun esistono pe' gnente,
e quanno ce stanno
nun ce po' passà la gente,
pecchè so occupati
da le macchine de prima,
quelle che stavano pe strada,
poco prima.

Peccato,
povera Roma mia
che l'amministratori tui ancora
nun l'abbino capito
che'r traffico è la rovina tua
come la moje pel marito.


Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO