Traduttore automatico - Read this site in another language

domenica 22 maggio 2016

Le mie invenzioni, Nikola Tesla

(Autobiografia di un genio)

Chi mi legge abitualmente sa che ho già scritto su Nikola Tesla. Ho letto diversi libri su colui che considero uno dei più grandi geni di tutti i tempi.
Chi ha letto qualcosa sa che Tesla era un uomo fuori da l tempo, era una persona speciale.
Ma da cosa derivava la sua genialità?

Il libro che ho appena terminato di leggere, almeno in parte, cerca di soddisfare questa curiosità. Il libro è stato scritto nel 1919 quando Tesla aveva 63 anni, morirà 24 anni dopo, dunque l'autobiografia non può essere considerata definitiva.

Tesla si definiva come "il peggiore degli scansafatiche" non certo perchè non lavorasse, anzi, passava giorno e notte a lavorare e studiare ma questo suo lavoro spesso era limitato al pensare e immaginare le sue invenzioni che poi realizzava.

Tesla, durante la sua vita, è sempre riuscito a fare ciò che più amava ed ogni suo impegno era sempre nella direzione di poter proseguire il suo lavoro di inventore: "Ogni sforzo eseguito sotto costrizione esige un grande sacrificio in termini di energia vitale. Non ho mai pagato un tele prezzo. Al contrario ho prosperato grazie ai miei pensieri."

Tesla era consapevole di essere una persona particolare. Da ragazzo aveva sofferto tanto per la morte del fratello e per una depressione dovuta all'apparizione di immagini e lampi di luce che gli impedivano di vedere la realtà che lo circondava.

La sua "malattia" lo portò però ad ipotizzare la possibilità di realizzare una invenzione molto particolare, potremmo dire che si tratti di un proiettore di pensiero. Tesla afferma di studiare all'invenzione da tempo e di essere sulla buona strada, essendo riuscito a proiettare i suoi pensieri nella mente di una persona che si trova in una stanza attigua. Che fine hanno fatto le sue esperienze? Chi ha preso il suo posto? Tesla era un genio, chi prenderà il suo posto sarà un altro genio!

Tesla utilizzò le sue particolari caratteristiche per migliorare la sua inventiva. Riuscì infatti a volgere la malattia di cui soffriva a vantaggio della sua capacità inventiva. Con il tempo e l'esperienza riuscì infatti a controllare il suo cervello affinchè le invenzioni nascessero e venissero sviluppate e testate nella sua mente: "Mi resi conto con grande piacere della facilità col la quale riuscivo a visualizzarle. Non avevo bisogno di modelli, disegni o esperimenti. Potevo raffigurarle nella mia mente come fossero reali. Inconsciamente elaborai così ciò che considero un nuovo metodo per materializzare concetti e idee relativi alle invenzioni, un metodo completamente opposto a quello puramente sperimentale, e a mio parere anche molto più veloce ed efficiente.Infatti appena qualcuno inizia a costruire un dispositivo per realizzare nella pratica un'idea appena immaginata, si trova inevitabilmente bloccato a definire i dettagli del dispositivo stesso. Più che si va avanti nel migliorarlo e nel ricostruirlo più la concentrazione diminuisce perdendo la visione d'insieme del fondamentale principio di base [..] Il mio metodo è diverso, io non mi getto a capofitto sul lavoro concreto. Quando ho un'idea inizio immediatamente a svilupparla grazie alla mia immaginazione. Modifico la struttura, attuo miglioramenti e ne verifico il corretto funzionamento nella mia mente. Per me è la stessa cosa far girare la turbina nella mia mente oppure testarla nel mio laboratorio. Riesco perfino a capire se è sbilanciata. non c'è differenza, il risultato è lo stesso."

Ecco come lavorava il genio. Ecco come Tesla inventava.
Che potenza!
Immaginate cosa significherebbe avere degli inventori che lavorano con il metodo di Tesla? Certo, forse è impossibile perchè per farlo occorrerebbero persone come lui, ma solo per un attimo riuscite immaginare cosa potrebbe significare sviluppare il suo metodo?
Enorme risparmio di tempo e di materiali in esperimenti ma soprattutto uno sviluppo molto più veloce!

Ecco qualcosa a cui pensare.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO





venerdì 20 maggio 2016

Introduzione alla scienza dell'occulto, di Giuliano Kremmerz

Un "libriccino" interessante, trovato nella vetrina di un mercatino dell'usato e acquistato per 5 euro!
Dall'introduzione:
        "Invitiamo il lettore ad un attento esame del contenuto di questo libriccino. Molte più cose di quelle che non appaiono scritte vi sono contenute..."

Giuliano Kremmerz, alias Ciro Formisano, nato a Portici nel 1861 era uno scrittore, alchimista e esoterista.

Quale è la differenza tra Spiritismo e magia?

Esistono gli spiriti o si tratta "solo" di fenomeni materiali che si verificano in determinate condizioni del sistema nervoso?

Cos'è la magia se non la sapienza assoluta, universale, chiave di tutte le scienze? 

Il suo è un intento didattico, Kremmer dice nel testo: "Ebbene io no accingo a questa opera tutta moderna di togliere maschera, cappuccio e mantello all'occultismo, di presentarlo ignudo ala ribalta, ed offrirlo alla comcupiscenza di tutti coloro che ne vogliono saggiare le voluttà non più misteriose."

Ecco dunque che l'autore - mago - maestro stringe un patto con il lettore - apprendista - allievo: 
         "Io parlerò e scriverò chiaro - voi per intendermi bene non dovete che seguire con scrupolosità fedele tutto quanto è necessario per riuscire. Io vi prometto di darvi nelle mani il Secretum secretorum di tutte le antiche cabale, farvi diventare sapienti e miracolosi come tanti mefistofeli in marsina  e guanti tortorella, purchè voi, da vostra parte, vi mettiate in condizione di comprendere tutto ciò che io chiaramente scrivo, di parlare il meno possibile, di discutere innanzi al fenomeno e non dire come gli ignioranti: io non ho visto, dunque niente è vero. Bisogna studiare, tacere e attendere. Bisogna capire bene e provare attentamente. Se la prova non vi riesce, non dite: il maestro è pazzo; dite invece semplicemente che non avete capito e ritentate."

La Magia è, secondo Kremmerz, la sapienza assoluta ovvero la sintesi di tutto ciò che è stato, che è e che sarà. 
Il termine "magia" racchiude tutti gli attributi dell'onnipotenza divina, se per "dio" si intende la suprema intelligenza che crea, regola e conserva l'universo.   

Dalle note del libro si apprende che: "Magheia in greco, d'onde è venuta la parola magia, è alterazione delle parole Mag, Megh, Magh che in pelvi e in zend, lingue dell'antico oriente, significano prete perfettissimo, sapiente. In Caldeo Magdhira equivale ad alta sapienza." Da ciò si capisce che il Mago è un sacerdote, un sapiente conoscitore dell'universo.

Il Kremmerz prosegue nelle sue spiegazioni cercando di essere sempre chiaro, per quanto l'argomento lo consenta. 
Mi hanno molto colpito i giudizi dell'autore sui sacerdoti e sui massoni: 
           "Si prega l'amico lettore di non interrogare su questo punto nè un prete, nè un massone. Il prete cadrebbe dal settimo cielo ed il massone dal quinto piano della torre di babele; poichè nei seminari arcivescovili non si preparano i sacerdoti sapienti, ma i mestieranti, e nelle logge dei liberi muratori politicanti e pappanti si ignora persino che il triangolo di cui fanno pompa è fratello all'altro, che nelle chiese si dipinge sul capo del Padreterno. Il prete dovrebbe essere un iniziato, cioè un partecipante del segreto di Dio, come un massone di ultimo grado dovrebbe tenere nella saccoccia dei pantaloni tutta la sapienza dell'universo. Invece all'epoca del cinematografo e della linfa della peste, il prete ed il massone sono estranei alla loro casa; l'uno consacra come un impiegato del Cristo e l'altro chiede un impiego ai fratelli per edificare il proprio tempietto. Gli antichi chiamavano costoro profani  da pro innanzi e fanum tempio, sarebbero cioè della gente che gracchia fuori le porte della casa di Dio."

Come ho detto all'inizio, "libriccino" interessante, utile per avere una idea dei concetti alla base dell'occultismo.


Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 15 maggio 2016

In missione, di Vincenzo Fenili

(Agente Kasper - una vita sotto copertura)
La prima domanda che mi sono posto quando ho iniziato a leggere il libro è stata: chi è in realtà Vincenzo Fenili? 
Ho impiegato un po di tempo nel farmi una mia idea, ma la risposta è sotto gli occhi di tutti e sta in copertina:  un agente sotto copertura.
"Sei sicuro?"  Potrebbe domandarmi qualcuno.
"Sicuro? No, naturalmente. Non sono sicuro, ma da ciò che ho letto posso dire che è possibile."
Ecco, dunque ho deciso di credere a quanto l'autore racconta e a quanto è possibile conoscere da vicende più o meno pubbliche le cui tracce possono essere trovate su internet.
In missione, è il secondo libro dell'autore (il primo è "Supernotes"), il libro racconta la storia di una vita passata al servizio dello Stato italiano e di come l'autore sia stato "ricompensato" per il suo operato, racconta la storia di alcune operazioni condotte sotto copertura, dal 1980, quando Fenili venne arruolato in GLADIO, fino ai giorni nostri. Traffico internazionale di droga, tentati colpi di Stato, vicende mai del tutto chiarite della storia d'Italia.
Nel romanzo/dossier non esiste solo lui, Vincenzo Fenili alias agente Kasper, ma è possibile trovare anche altre figure quali il Generale Ganzer, Carabiniere e Comandante del ROS, accusato di traffico internazionale di droghe e di associazione a delinquere e poi assolto dalla Cassazione, nel gennaio 2016, da tutte le accuse rivoltegli.
Nel libro l'agente Kasper insegue il tenue filo che dai tempi della Guerra Fredda e della caduta del muro di Berlino arriva fino ai giorni nostri sotto forma di diverse valigette cariche di esplosivi nucleari distribuite nelle principali città europee. 
Questa storia si intreccia con le vicende dell'intelligence americana e di come l'organizzazione si procura i finanziamenti attraverso la stampa clandestina di dollari, storia raccontata nel precedente libro (che, tra l'altro, leggerò appena possibile!) e con le vicende personali di un agente che alla fine...

Sullo sfondo vi sono le vicende umane dell'uomo Vincenzo Fenili, con i suoi problemi col padre, un entomologo che forse non l'ha mai capito o forse l'ha capito e ha cercato di risparmiargli le delusioni a cui dovrà andare incontro.
La storia raccontata è la storia di uomini al servizio dello Stato ma anche dello Stato italiano e delle relazioni di forza esistenti con altri stati nel campo dell'intelligence internazionale. 
E' la storia di come talvolta non è così semplice dire quali sono i buoni e quali i cattivi. 
Il libro è anche la storia di come gli americani sostengono la loro economia: "L'America è in guerra da sempre. Non si sono mai fermati: Seconda Guerra Mondiale, Corea, Vietnam, guerre per delega... Quando è venuta meno l'URSS si sono inventati il terrorismo. La loro economia si fonda sulla guerra. Non voglio dire che siano loro a indurle, ma se non lo facessero sarebbe un problema." 

Leggere il libro di Vincenzo Fenili non è come leggere un romanzo qualunque perché il suo non è un romanzo qualunque, è un libro che fa riflettere e, forse per questo motivo, è un libro da leggere con calma.

All'autore un grosso in bocca al lupo, ai lettori una raccomandazione: leggete "In missione" come se leggeste un libro di storia, verificando le informazioni che vi vengono fornite di volta in volta per potervene fare un'idea tutta vostra. Scoprirete così tante cose sulle quali forse non si sa ancora abbastanza.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 7 maggio 2016

La guerra è finita!

Per chi, come me, non ha vissuto la 2^ guerra mondiale, è difficile farsi un'idea precisa dei sentimenti che doveva provare chi invece la guerra l'aveva vissuta sulla propria pelle.
Immagino che sia altrettanto difficile capire cosa provassero i nostri anziani o i militari quando, finalmente, vi fu l'annuncio della fine della guerra.
Talvolta però la vita ci riserva (gradite) sorprese e così, mentre ci si aggira per le bancarelle di un mercatino delle pulci alla ricerca di vecchie cartoline o libri antichi, può capitare di imbattersi in un cimelio che ci riporta indietro nel tempo, agli anni della guerra. Nel mio specifico caso, esattamente ai giorni in cui vi fu l'annuncio della fine della seconda guerra mondiale.
Chi scrive è il Caporale Paul S. Luotto, in servizio presso il 161° Reggimento di stanza nelle Filippine, un trasmettitore americano (signal) in servizio presso una delle stazioni radio nel pacifico, da quanto ho capito. 
Il cognome, Luotto, e il fatto stesso di aver trovato la lettera in un mercatino a Roma, fa pensare che il Caporale, o la sua famiglia, fosse di origine italiana.
La lettera è indirizzata alla mamma, Andre Luotto, a Brooklyn ed è datata 4 settembre 1945. Di seguito ve n'è una seconda, datata 9 settembre ma spedita assieme alla precedente.
Cercherò di riportare il più fedelmente possibile ciò che il Caporale scrive alla mamma, per le parti che sono riuscito a capire e che in qualche modo hanno a che vedere con la fine della guerra.

4 settembre 1945.

                "Cara mamma, mi dispiace per non averti scritto come avrei dovuto, ma è uno di quei periodi in cui non accade niente di cui si possa parlare, quanto meno è da diverse settimane che non frequento la scuola. Sto lavorando alla radio.
Ho molto gradito le numerose lettere che tu e papà mi avete scritto.
Posso capire quanto voi siate stati spinti dalla improvvisa fine (immagino che la fine sia sempre improvvisa) di questa guerra.
Noi saltammo dallo stupore quando il Giappone per primo chiese la pace. 
Le urla cominciarono a farsi strada di tenda in tenda nell'area della compagnia.
Era circa mezzanotte ed eravamo un po infastiditi da quegli ubriaconi di ... che ci impedivano di dormire.
Quando la notizia raggiunse la nostra tenda, ragazzi, abbiamo cacciato un urlo!
Dunque ci vestimmo (alcuni di noi indossarono i pantaloni e scarpe alla bell'e meglio) e ci sostituimmo ai vicini ubriachi fino a che anche noi non fummo ubriachi."

Certo che deve essere un bel sollievo, sapere che la guerra è finita, che si può ricominciare a sperare nel futuro, che si può tornare a casa.

                 "Ma quando il giorno della vittoria fu infine proclamato... la nostra preoccupazione e interesse principale fu quella di cercare di capire quando saremo potuti tornare a casa.
Tu sei stata probabilmente informata dai giornali che la 25^ Divisione è incaricata della occupazione dell'isola giapponese di Kyushu. Sull'isola si trova la antica città di Nagasaky, lo so perché il quartier generale delle trasmissioni si è accampato in questo sito."

La lettera prosegue con i saluti alla mamma e al fratello Eugene, oltre al commento sulla difficoltà nello studio della lingua giapponese.


9 settembre 1945.
                "Cara mamma, questa è la prima lettera che scrivo senza pensare alla censura, ed è un vero piacere!
In queste ultime settimane sono stati molto laschi anche se ufficialmente la censura doveva essere osservata come sempre. Sono stato molto sorpreso di scoprire che quanto detto l'ultima volta sui movimenti della 25^  Divisione non sia stato censurato."

La censura, in guerra, è una cosa comune, direi necessaria, per evitare che informazioni importanti come lo spostamento di una unità, dati di forza o condizioni operative, possano finire involontariamente in mano al nemico. Può sembrare lesivo della propria libertà ma è una cosa necessaria e nella seconda guerra mondiale l'esercito americano la esercitava.

             "Come detto, siamo stati pianificati per occupare Kyushu entro un mese... Stiamo per ricevere il nuovo equipaggiamento...
Riguardo quelli con il mio grado, saremo pagati dieci dollari al mese. Sarà impiegata la valuta americana d'occupazione, 15 yen per un dollaro d'occupazione. 
Se un giapponese venisse trovato in possesso di equipaggiamento da guerra rischia una pena dai venti anni di carcere fino alla condanna a morte.
Dobbiamo comportarci convenientemente ma rigidamente, altrimenti non ci rispetteranno... Dimenticavo di dirti la novità più importante. Se guardi l'indirizzo potrai notare che ora mi trovo nel quartier generale del 161° Reggimento... l'unica cosa che non mi piace è come ci svegliano al mattino... Ma quando senti un colpo di howitzer da 105, ti svegli e ti vesti di corsa. La prima mattina mi è quasi venuto un colpo!


Leggere queste poche pagine mi ha spinto ad indagare sui fatti accaduti in quegli anni lontani così ho scoperto, tra l'altro, che il 161° Reggimento in effetti tornerà a casa il 1° novembre 1945, sostituito dal 4° Reggimento di fanteria.
Mi piace pensare che di li a poco il Caporale Paul S. Luotto sia potuto tornare a a casa, a Brooklyn, dai genitori e godersi il meritato riposo. 

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 30 aprile 2016

L'umanità dopo il Diluvio Universale, secondo Annio da Viterbo

Scizia, immagine tratta da Wikipedia (Di Dbachmann)
Il secondo capitolo delle antichità di Beroso Caldeo, di Annio da Viterbo, riporta le origini dell'umanità dopo il Diluvio Universale.
Secondo Annio, che cita tanti antichi autori a testimone, dopo il Diluvio la terra fu popolata a partire dalla Scizia.
Gli Sciiti sarebbero quindi i primi uomini dopo il diluvie e da loro partirono varie colonie. Da loro discese Iano, Diri e i Galli.
Gli Sciti, o Armeni o ancora Saga, perche crearono la città di Sagalbina. I Ramei parlano di gente Saga, i Toscani li dicono Sangni, i Latini Sancta, ma tutti hanno lo stesso significato, ovvero puro, santo, religioso.
Iano arrivò in Toscana e il suo seguito era detto Sagi, da essi la foce del Po prese il nome di Saga.
Annio da Viterbo aggiunge alcune considerazioni sul termine Titano. Dice che Noè non è altro che Caos o ancora Iano. Noè era sposato con diverse mogli, una di esse si chiamava Titea, essa ebbe dei figli che dal suo nome vennero detti Titani. Secondo Annio che prende da Beroso, No
Il secondo capitolo delle antichità di Beroso Caldeo, di Annio da Viterbo, riporta le origini dell'umanità dopo il Diluvio Universale.
Secondo Annio, che cita tanti antichi autori a testimone, dopo il Diluvio la terra fu popolata a partire dalla Scizia.
è era un gigante, dove per gigante egli intende uomo grande e forte per corporatura e armi, diciamo che forse potrebbe tradursi con potente. Noè veniva anche chiamato Ogigiga saga, ovvero "pontefice illustre delle cose sacre".
Iano era anche detto "cielo" e la moglie Titea era anche detta terra, da ciò si disse che gli uomini erano figli di Cielo e Terra.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO





venerdì 29 aprile 2016

I cinque libri delle antichità di Beroso sacerdote Caldeo, di Annio da Viterbo

Annio da Viterbo è considerato da tanti (ma non da tutti) un falsario della storia antica.
Meglio esser chiari con tutti coloro che per qualsivoglia motivo si trovano a leggere queste pagine. Se volete lasciate perdere questo post.
Ok, io vi ho avvisato, se continuate a leggere è una vostra scelta e non ho niente da rimproverarmi.
Tanto per cominciare mi sembra corretto dire che Annio da Viterbo è stato accusato di aver falsificato la storia antica quando non poteva più difendersi.
I suoi accusatori se la presero con lui e con le sue opere dopo la sua morte, già questo da da pensare.
Giovanni Annio da Viterbo era un frate Domenicano, vissuto tra il 1432 e il 1502.
Negli ultimi anni di vita (1499) fu nominato Maestro del sacro palazzo apostolico dal papa Alessandro VI.
E' autore di una opera chiamata Antiquitatem Variarum considerata poi una opera di falsificazione storica.
Detto ciò passiamo all'opera, vera o falsa che sia, vediamo che cosa ci dice di interessante Annio.
Annio afferma di aver utilizzato diverse opere antiche per comporre la sua opera. Tra gli autori utilizzati vi è Beroso, sacerdote Caldeo del III° secolo a.C., il quale trasse le sue informazioni direttamente dai testi Caldei.
In particolare Annio afferma di utilizzare i seguenti autori e le loro opere:
- Beroso, delle antichità di tutto il mondo;
- Supplemento di Manetone a Beroso;
- Equivoci, di Senofonte;
- Fabio Pittore, de l'urea età et origine di Roma;
- Mirsilio, della guerra Pelasgica;
- Frammenti, di Catone;
- Itineraio, di Antonino Pio;
- La divisione dell'Italia di Caio Sempronio;
- Archiloco, de tempi;
- Metastene, del giudizio dei tempi e delle storie annuali dei persiani;
- Filone, dei tempi;
- Emendatissima descrizione dei tempi;
- Il sito di Cilicia, di Annio;
- Sito della Spagna in dialogo;
- Dei primi tempi e dei 24 re di Spagna.
Annio ci racconta qualcosa sulla vita di Beroso, in particolare su chi fosse, quando e dove operò. Apprendiamo così che Beroso operò ad Atene e si decise a scrivere sui tempi antichi per colmare il vuoto dei greci che avevano scritto solo fino a Foroneo. Annio riassume i cinque libri di Beroso dicendo che nel primo libro si parla dei tempi antichi precedenti al diluvio, nel secondo si parla degli Dei, ovvero dei capitani e duchi dopo il diluvio. Nel terzo parla di Iano e dice che si tratta dello stesso Noè, nel quarto parla degli antichi regni e nel quinto di alcune storie particolari.
Ma vediamo cosa si dice nel libro primo di Beroso, sui tempi antichi prima del diluvio. Tanto per cominciare Annio elenca i diluvi famosi e dice che ve ne erano stati cinque, almeno secondo quanto dice Senofonte negli Equivoci.
Il primo è accaduto sotto il regno di Ogige fenicio ed è l'unico che possa chiamarsi realmente "Universale".
ll secondo è detto Niliaco ed avvenne sotto il regno di Prometeo o Ercole Egizio. Il terzo è detto diluvio Attico ed avvenne sotto il regno di Ogige re di Atene. Il quarto è detto Tessalico ed avvenne sotto il regno di Deucalione. Questo diluvio è dai greci chiamato diluvio universale ma la cosa non è vera. Il quinto si chiama Faronico ed avvenne nei pressi di Alessandria d'Egitto al tempo di Proteo l'indovino.
Secondo Annio, tra il primo diluvio, quello sotto Ogige Fenicio, e l'ultimo, passarono 700 anni. Ovvero il Diluvio universale avvenne 250 anni prima del regno di Nino.
Annio osserva che il diluvio avvenne in concomitanza di "una grande congiunzione di stelle".
Ora, Nino fu un mitico re Assiro, marito di Semiramide. Se le datazioni sono corrette, Semiramide e Nino regnarono intorno all'800 a.C. dunque il diluvio Universale citato dovrebbe essere avvenuto intorno al 1050 a.C.
E per oggi basta così.

A presto.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

mercoledì 27 aprile 2016

Ravenna, città antichissima

Leggere non significa credere in tutto ciò che si legge, ma certamente chi legge non può evitare di riflettere su ciò che trova. 

La storia critica di Spagna, di Gian Francesco Masdeu, è fonte di tante notizie interessanti, anche se talvolta il Masdeu cita opere e autori solo per affermare che non è d'accordo con loro o per tacciarli di creduloneria.

Comunque sia, è indiscutibile il fatto che tra i tanti discorsi sull'origine della Spagna, il Masdeu citi anche autori italiani. Tra questi mi ha colpito un passo in cui egli cita un autore italiano del 1391 che ha pubblicato un testo chiamato: Origine Antica dell'Italia. Nel testo sembra che l'autore asserisca che uno dei primi re spagnoli, Tubal, sia arrivato in Italia in tempi antichissimi per popolarla. Per dar garanzia dell'autenticità di quanto affermato, l'autore asserisce che le notizie che riporta su Tubal e sugli antichi italiani, sono tratte da un testo antichissimo intitolato: "Cronica di Ravenna scritta in lingua ebraica dallo stesso Tubal fondatore di quella città".
Se sia vera o falsa la notizia, a me interessa relativamente. Invece mi interessa molto sapere se tale libro esiste ancora e se si, cercare di leggerlo.
Detto ciò, vi saluto e mi metto subito alla ricerca della Cronica di Ravenna.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO