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venerdì 22 luglio 2016

I du Pont, di William H.A.Carr

"Rectitudine sto", 
è questo il motto che si trova al di sotto dello stemma di famiglia dei du Pont. 
Al di sopra invece un elmo e nello scudo un pilastro al centro di un campo.
Non avevo ben chiaro chi fossero i du Pont prima di leggere la storia della loro famiglia nella splendida biografia di W.H.A.Carr. Certo, l'avevo già sentita nominare ma non ero in grado di associare il loro nome a qualsivoglia evento storico, scientifico, politico o sociale.
Forse (ma non sono sicuro!) era un cognome incontrato in qualche fumetto oppure letto su qualche prodotto commerciale; l'unica cosa di cui ero abbastanza certo è che si trattava di un cognome francese, ed in effetti non mi sbagliavo.
Il libro, pubblicato nel 1967, racconta la storia di sette generazioni dei du Pont: dalla partenza dalla Francia del capostipite americano, Pierre Samuel du Pont de Nemours, subito dopo la rivoluzione francese, agli anni '60 del ventesimo secolo.
Pierre Samuel nacque orologiaio ma ben presto riuscì a entrare all'interno del gruppo degli enciclopedisti, grazie ai suoi saggi di economia politica. E' a lui che dobbiamo il termine "fisiocrazia", con cui si indica la teoria di economia politica che riteneva che i prodotti della terra hanno maggiore importanza dei prodotti dell'industria o del commercio.
Doveva essere ingamba Pierre Samuel du Pont, in pochi anni divenne famoso al punto che Franklin si augurava di poterselo portare in America.
Siamo alla fine del 1700. In Francia è tempo di rivoluzioni e Pierre Samuel è vicino al Re di Francia. 
E' in questo periodo che il Re, Luigi XVI, gli concede una patente di nobiltà per i suoi meriti, così nasce il suo stemma. Da allora i du Pont sottopongono i figli ad una speciale investitura, una breve cerimonia in cui si spiega ai giovani che "Non esiste alcun privilegio che non sia inseparabilmente legato ad un dovere".
Nel 1787 Pierre Samuel è consigliere di Stato e direttore del commercio e fa si che il suo primo figlio, Victor, sia impiegato presso la legazione francese a New York. Il secondo figlio, Irénée, trova lavoro presso la fabbrica nazionale delle polveri da sparo, alle dipendenze di Lavoisier.
Gli anni che seguono sono funestati da alterne vicende, dovute alle vicissitudini della Francia, che passa attraverso uno dei periodi più bui della sua esistenza.
Pierre Samuel finì in carcere due volte e la tipografia di famiglia fu saccheggiata. E' giunta l'ora di lasciare la Francia.
Il 2 ottobre 1799 la famiglia du Pont, tredici persone in tutto, a bordo dell'American Eagle salpa alla volta dell'America.
I du Pont sbarcarono a New Port il 1° gennaio 1800. 
Da li si spostarono subito a New York, dove cominciarono immediatamente a lavorare al loro progetto: mettere in piedi una compagnia d'affari che avrebbe consentito loro di diventare ciò che sono oggi, una delle più ricche e potenti famiglie d'America.
Già allora i du Pont vantavano conoscenze ad altissimo livello e non erano certo degli sprovveduti, eppure, la loro fortuna la devono ad un caso. Un giorno d'autunno del 1800, il Colonnello Louis de Tonsard, in compagnia di Irénée, si trovava a caccia nel territorio del Delaware. Finite le munizioni i due uomini si fermano in un negozio di campagna per acquistare della polvere da sparo. Irénée, dati i suoi precedenti di lavoro, si rende subito conto che i prodotti dell'industria francese erano molto più economici ma soprattutto di migliore qualità. La famiglia si mise subito in moto per trovare i finanziamenti necessari per aprire una fabbrica di polvere da sparo e per trovare i necessari appoggi affinchè i prodotti potessero essere venduti nei mercati americani.
Nel luglio 1802 la famiglia di Irénée si sposta in un terreno ideale per impiantare la fabbrica, nel Delaware, sul fiume Brandiwine...

Il libro prosegue ripercorrendo i principali avvenimenti storici americani e mondiali cui i du Pont, principali produttori di polvere da sparo, presero parte.
I du Pont furono sempre molto uniti, anche se non mancarono screzi e problemi, e il personale impiegato nelle fabbriche era considerato parte della famiglia. 
Nella famiglia du Pont vi furono chimici, ingegneri, uomini politici, militari, tutti in qualche modo contribuirono alla crescità della società americana. 
Il più importante progetto cui parteciparono i du Pont, fu forse il progetto Manhattan, per il quale accettarono dallo stato americano una ricompensa simbolica di un dollaro!
Oggi la famiglia du Pont è ancora una delle più ricche d'America, i suoi prodotti continuano a trovarsi ovunque.
Libro da leggere d'un fiato e su cui riflettere. Libro che, oltre che presentare la storia di una grande famiglia, della Francia e dell'America, spinge a riflettere anche sul significato profondo del termine "famiglia".

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 11 giugno 2016

Kennedy, biografia di un presidente.

J.F.K., al secolo John Fitzgerald Kennedy (Jack per gli amici intimi), è stato il 35° presidente degli Stati Uniti d'America (eletto per il partito democratico) dal 20 gennaio 1961 al 22 novembre 1963, giorno del suo assassinio.

L'autore della biografia, Lord Longford alias Frank Packenham, è stato un politico inglese (appartenente al partito laburista) e scrittore.

La biografia di Kennedy è un libro molto interessante sotto diversi punti di vista. 
Se qualcuno mi chiedesse cosa mi ha colpito di più durante la lettura risponderei: "Diverse cose, dal punto di vista storico, l'enorme numero di avvenimenti importanti accaduti sotto il suo governo. Mi vien da pensare all'affare conosciuto come la Baia dei Porci, il blocco di Cuba, il blocco e la costruzione del muro di Berlino, la guerra fredda e l'aumento della conflittualità nel Laos e Vietnam. Dal punto di vista della lotta per i diritti civili mi salta alla mente il rapporto tra Kennedy e Martin Luther King e la presa di posizione a favore della parità dei diritti tra bianchi e neri ma anche il fatto che Kennedy sia stato il primo presidente americano di religione cattolica. 
Se invece diamo uno sguardo dal punto di vista militare vien subito da pensare a Kennedy come eroe di guerra, al sangue freddo avuto da comandante in capo nel caso del blocco di Cuba, alle iniziative a favore del disarmo ma anche dall'aumento dei fondi dedicati alla Difesa e, forse, soprattutto, alla sfiducia nella classe militare! Almeno a credere a quanto scrive Lord Longford nel suo libro. La cosa emerse già nell'affare della Baia dei Porci e poi, in seguito, in occasione del blocco di Cuba. Fu allora che Kennedy, dopo aver sentito gli esperti militari dell'aeronautica che propendevano per un attacco aereo, disse: "Questi grossi capi militari hanno un gran vantaggio dalla loro: se li ascoltassimo e facessimo quel che vorrebbero farci fare, non resterebbe vivo nessuno di noi per poter dire loro che avevano torto".

Ma chi era John Kennedy? Americano dello stato del Massachusetts, nato nella cittadina di Brookline, nei pressi di Boston, il 29 maggio 1917. John era il secondo figlio di Joseph e Rose Fitzgerald, appartenenti a due famiglie molto in vista di Boston, di origini irlandesi, molto impegnate in politica e negli affari.
Joseph era uno degli uomini più ricchi e potenti d'America, ambasciatore americano in Gran Bretagna. Non è un mistero che l'elezione del figlio a presidente è anche dovuta all'uso che il padre fece del suo immenso patrimonio. Joe Kane, suo cigino, sosteneva che la politica fosse come la guerra, secondo lui occorrevano tre cose per vincerla, prima cosa i soldi, seconda i soldi e terza i soldi.
La famiglia era molto unita, i figli, nove, erano sempre in concorrenza l'uno con l'altro, spinti dai genitori a vincere sempre. John non era un gran che come studente, ma sicuramente ebbe molte occasioni e, dopo la morte del primogenito durante un volo d'addestramento nel corso della Seconda Guerra Mondiale, lui ne prese il posto. Il padre avrebbe voluto che il primogenito diventasse presidente degli Stati Uniti, John ne raccolse immediatamente l'eredità e si buttò a capofitto nell'impresa.
Nel frattempo era diventato un eroe di guerra.
Nel 1941 John cercò di entrare nell'Esercito e nella Marina ma venne scartato a causa di problemi alla spina dorsale. Dopo alcuni mesi di terapia riuscì ad entrare in Marina nel mese di ottobre del 1941. 
Due mesi dopo l'America entrerà in guerra a seguito dell'attacco di Pearl Harbor del 7 dicembre. 
Nei due anni successivi John lavorò a Washington dove era addetto ai servizi segreti. In quel periodo conobbe Inga Arvard, sospettata di legami coi nazisti, fu forse per questo motivo che venne trasferito a Charleston. A Charleston seguì il corso da ufficiale di vascello e nel 1943 passò in servizio attivo nel Pacifico Meridionale, come comandante della Motor Torpedo Boat PT-109, una motosilurante da 40 tonnellate con dodici uomini di equipaggio oltre a lui.
Nel mese di luglio arrivò al fronte. 
Il 2 agosto, nel sorso di un pattugliamento nelle acque dello stretto di Blackett, nelle Isole Salomone, la PT-109 fu speronata e tagliata in due dal cacciatorpediniere giapponese Amagiri. 
L'incidente avvenne alle due e mezzo del mattino. Kennedy guidò i superstiti a nuoto su un'isola, sobbarcandosi il peso di un ferito (McMahon), poi da li si sposto su un'altra isola li vicino. 
Infine riuscì a salvare i dieci uomini del suo equipaggio superstiti dell'incidente grazie ad un messaggio scritto sul guscio di una noce di cocco e affidato ad alcuni indigeni: "Undici vivi Indigeno conosce posizione bianchi isola di Nauru".   
L'8 agosto 1943 erano in salvo. Kennedy, per il suo operato, fu insignito della Navy and Marine Corps Medal perchè "Il suo notevole coraggio, la sua resistenza e la sua guida contribuirono al salvataggio di diverse vite in conformità alle più alte tradizioni della Marina militare degli Stati Uniti".
John Kennedy passò il resto della guerra in ospedale a cercare di guarire dalle ferite riportate.

Al rientro nella vita civile inizia la sua corsa in politica che lo portò a diventare il 35° presidente degli Stati Uniti.
In definitiva, il Kennedy descritto da Lord Longford non è solo una biografia ma un pezzo di storia mondiale che merita di essere letta con attenzione.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

giovedì 2 giugno 2016

Nikola Tesla, invenzioni, guerra e pace.

Perchè Nikola Tesla è così interessante?

Questa domanda mi assilla da anni e mi spinge a studiare l'uomo e le sue invenzioni.

Che rapporto c'è tra il grande inventore e il mondo militare?
Anche questa domanda merita attenzione.

Nikola Tesla nacque a Smiljan, in Croazia, nella notte tra il 10 e l'11 luglio del 1856, durante un violento temporale...
Come una premonizione i fulmini di quella notte lo seguirono per tutta la vita.
Chi ha studiato elettronica o fisica probabilmente ricorda il suo nome, associato ad una unità di misura dell'elettricità, ma tutti dovrebbero ricordarlo. Così non é!

A Nikola Tesla dobbiamo la energia elettrica a corrente alternata e, più o meno, tutte le apparecchiature che oggi usiamo abitualmente senza sapere assolutamente niente del loro funzionamento.

Furono in molti ad approfittare della sua buona fede, durante la sua lunga vita (morì nel '43), tra questi un uomo ricordato ancora oggi, Edison. Molti dei successi di Edison come delle grandi società di quei giorni, sono in buona parte attribuibili al giovane ingegnere Nikola Tesla.

A partire dalla legge di Simon Ohm, creò il motore a corrente alternata, scoprì e studiò il fenomeno della risonanza, riuscì a trasmettere onde eletttromagnetiche e a riceverle. Realizzò il suo sogno di trasferire l'energia elettrica senza uso di fili e creò il fulmine in laboratorio... questi sono solo alcuni, i più noti, tra i risultati da lui raggiunti, eppure sono in pochi a conoscerlo.
Come sono in pochi a sapere che fu il primo ad utilizzare la corrente elettrica per la cura del mal di testa e che durante le sue conferenze descrisse buona parte di ciò che oggi utilizziamo... e forse non é ancora finita!

Nikola Tesla morì in America il 7 gennaio 1943, all'età di 86 anni, a causa di un attacco cardiaco. 
Due giorni dopo la sua morte l'FBI ordinò che tutti i beni di Tesla che si trovavano ancora presso la sua stanza d'hotel venissero posti sotto sequestro.

Perchè?
Per i presunti segreti militari? Per le nuove armi che stava studiando? Il Governo americano smentì sempre tutto. Tra gli effetti personali di Tesla non c'era niente di pericoloso, niente che se fosse finito nelle mani di potenze straniere avrebbe potuto rappresentare un pericolo.

Ma era veramente così?

Io non posso certo dire il contrario con certezza, ma devo ammettere che la lettura dell'autobiografia da questo punto di vista è illuminante.

Nikola Tesla scrisse la sua autobiografia dal titolo "Le mie invenzioni" nel 1919 all'età di 63 anni eppure, alcune delle sue invenzioni, anche se solo sotto forma di idea, ora esistono, altre forse verranno realizzate in futuro. 
Ma che dire delle invenzioni "militari"?

Nel suo libro si legge:
"Il primo impianto di potenza di tale "Sistema mondiale di trasmissione  energetica senza fili" può essere operativo entro nove mesi [..] è progettato per permettere svariate realizzazioni tecniche a basso costo. Tra queste ultime si possono evidenziare:
- l'interconnessione tra le preesistenti stazioni del telegrafo, o gli uffici del telegrafo, di tutto il mondo;
- l'instaurazione di un servizio telegrafico governativo totalmente segreto e privo di interferenze;
- l'interconnessione di tutte le stazioni o gli uffici del telefono presenti sulla terra;
- la distribuzione universale di notizie, mediante telegrafo o telefono, in collegamento continuo con le agenzie stampa;
[..]
- la trasmissione in tutto il mondo di caratteri, lettere o altri documenti scritti a mano oppure a macchina;
- l'instaurazione di un sistema universale marittimo che permetta la perfetta navigazione di tutte le imbarcazioni senza impiegare il compasso per determinare l'esatta locazione, ora e velocità, al fine di prevenire incidenti, disastri o altre calamità;
[..]

Non credo vi sia bisogno di spiegare come queste "invenzioni" siano collegate con l'ambiente militare.
In primo luogo poter disporre di un sistema di trasmissione dell'energia senza fili significa poter alimentare qualunque dispositivo in qualunque luogo.
In secondo luogo qualunque nazione, fin dall'alba dei tempi, ha sempre cercato sistemi atti alla trasmissione di messaggi che garantissero la segretezza.
Infine, il sistema di navigazione universale più noto è il GPS (Global Positioning System), è un sistema  realizzato dal Dipartimento della Difesa statunitense a partire dal 1973, sulla base di un precedente sistema chiamato Transit, costituito da un certo numero di satelliti posti in orbita con lo scopo di tracciare la posizione di navi e sommergibili militari. Solo qualche anno dopo il sistema è stato reso disponibile anche ai civili.

Tra le altre cose citate da Tesla nella sua autobiografia si parla di:
- l'instaurazione di un "Sistema a livello mondiale" di distribuzione musicale, eccetera;
- la riproduzione a livello mondiale di immagini fotografiche e di ogni tipo di disegno o documento,
anche in questi casi mi pare chiaro che il Governo americano abbia fatto la sua parte. Vorrei ricordare che Internet è nata da un progetto militare (Arpanet).
Sembra proprio che le idee di Tesla siano state riprese e sviluppate da ambienti vicini al mondo militare.

Ma Tesla, nel suo libro, è ancora più esplicito nell'affermare il suo contributo militare:
Tesla racconta di aver costruito una stazione per la trasmissione dell'energia a Long Island, torre che andò distrutta, che emetteva un'onda complessa con particolari caratteristiche:o preservarla  "era nell'interesse del Governo preservarla, in particolare perchè avrebbe reso possibile, tanto per citare un possibile risultato, la localizzazione di un qualsiasi sottomarino nemico in ogni parte del mondo. Il mio impianto, i suoi servizi e tutte le sue migliorie sono sempre stati a disposizione degli ufficiali, e da quando è scoppiato il conflitto in Europa mi sono sempre dedicato anima e corpo a diverse mie invenzioni che potranno essere di estrema importanza per il paese, legate come sono alla navigazione aerea, alla propulsione navale e alla trasmissione di dati senza fili. Coloro che sono ben informati sanno come le mie idee abbiano rivoluzionato le industrie degli Stati Uniti e non credo che sia mai esistito un inventore che da questo punto di vista sia stato fortunato come il sottoscritto, specialmente nell'impiego delle proprie invenzioni nell'industria bellica."

Bene, occorre ricordare che Tesla scriveva nel 1919, agli albori della prima Guerra Mondiale e non ai giorni nostri!

Tesla riteneva che una delle sue invenzioni, il "trasmettitore d'ingrandimento", poteva essere considerata una macchina adatta all'attacco e alla difesa, in particolare perchè collegata alla teleautomatica, ovvero al controllo remoto di automi.
"Nel 1898 e nel 1900 fu offerta al Governo e sarebbe stata adottata se io mi fossi comportato in maniera accondiscendente. A quell'epoca ero seriamente convinto che la mia macchina, a causa del suo potenziale distruttivo e per via della completa eliminazione dell'elemento personale di combattimento, avrebbe contribuito a scoraggiare qualsiasi tipo di guerra. Tuttavia, mentre non ho perso la fiducia nelle sue potenzialità, il mio punto di vista è cambiato."

In questo passaggio Tesla, da grande inventore diventa grande uomo, pensatore, statista, e affronta il problema etico dello scienziato posto di fronte ad una scelta tra la sua creazione e la sopravvivenza del genere umano.

Poco dopo esprimerà le sue idee sull'origine dei conflitti e su come controllarli:

"La guerra non potrà essere evitata fino a quando non sarà rimossa la causa fisica del suo continuo ripetersi, rappresentata in ultima analisi dalla sconfinata estensione del pianeta in cui viviamo. Solo attraverso l'eliminazione delle distanze in tutti i loro aspetti, cioè nella trasmissione di informazioni, nel trasporto di passeggeri, nell'alimentazione e nella libera trasmissione dei energia, le condizioni per una migliore convivenza saranno apportate entro breve tempo, assicurando così stabili rapporti d'amicizia. Quello che vogliamo più di ogni altra cosa sono relazioni più strette e una migliore comprensione tra le persone e le comunità in ogni luogo della Terra, oltre all'eliminazione di quella devozione fanatica che esalta ideali di supremazia e onore nazionale sempre pronti a far precipitare il mondo nella barbarie primordiale e nel conflitto."

Forse un po troppo idealista, si potrebbe pensare, ma occorre ricordare che Tesla era un uomo molto particolare.
In ogni caso è bene non farsi ingannare dalle sue parole che potrebbero farlo assomigliare ad un sognatore, Tesla era ben consapevole dei problemi reali e della natura umana e sapeva bene che: "la pace potrà stabilirsi solamente com
e conseguenza naturale dell'illuminismo universale e della fusione delle razze, e noi siamo ancora troppo lontani da questo importante obiettivo".


Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 22 maggio 2016

Le mie invenzioni, Nikola Tesla

(Autobiografia di un genio)

Chi mi legge abitualmente sa che ho già scritto su Nikola Tesla. Ho letto diversi libri su colui che considero uno dei più grandi geni di tutti i tempi.
Chi ha letto qualcosa sa che Tesla era un uomo fuori da l tempo, era una persona speciale.
Ma da cosa derivava la sua genialità?

Il libro che ho appena terminato di leggere, almeno in parte, cerca di soddisfare questa curiosità. Il libro è stato scritto nel 1919 quando Tesla aveva 63 anni, morirà 24 anni dopo, dunque l'autobiografia non può essere considerata definitiva.

Tesla si definiva come "il peggiore degli scansafatiche" non certo perchè non lavorasse, anzi, passava giorno e notte a lavorare e studiare ma questo suo lavoro spesso era limitato al pensare e immaginare le sue invenzioni che poi realizzava.

Tesla, durante la sua vita, è sempre riuscito a fare ciò che più amava ed ogni suo impegno era sempre nella direzione di poter proseguire il suo lavoro di inventore: "Ogni sforzo eseguito sotto costrizione esige un grande sacrificio in termini di energia vitale. Non ho mai pagato un tele prezzo. Al contrario ho prosperato grazie ai miei pensieri."

Tesla era consapevole di essere una persona particolare. Da ragazzo aveva sofferto tanto per la morte del fratello e per una depressione dovuta all'apparizione di immagini e lampi di luce che gli impedivano di vedere la realtà che lo circondava.

La sua "malattia" lo portò però ad ipotizzare la possibilità di realizzare una invenzione molto particolare, potremmo dire che si tratti di un proiettore di pensiero. Tesla afferma di studiare all'invenzione da tempo e di essere sulla buona strada, essendo riuscito a proiettare i suoi pensieri nella mente di una persona che si trova in una stanza attigua. Che fine hanno fatto le sue esperienze? Chi ha preso il suo posto? Tesla era un genio, chi prenderà il suo posto sarà un altro genio!

Tesla utilizzò le sue particolari caratteristiche per migliorare la sua inventiva. Riuscì infatti a volgere la malattia di cui soffriva a vantaggio della sua capacità inventiva. Con il tempo e l'esperienza riuscì infatti a controllare il suo cervello affinchè le invenzioni nascessero e venissero sviluppate e testate nella sua mente: "Mi resi conto con grande piacere della facilità col la quale riuscivo a visualizzarle. Non avevo bisogno di modelli, disegni o esperimenti. Potevo raffigurarle nella mia mente come fossero reali. Inconsciamente elaborai così ciò che considero un nuovo metodo per materializzare concetti e idee relativi alle invenzioni, un metodo completamente opposto a quello puramente sperimentale, e a mio parere anche molto più veloce ed efficiente.Infatti appena qualcuno inizia a costruire un dispositivo per realizzare nella pratica un'idea appena immaginata, si trova inevitabilmente bloccato a definire i dettagli del dispositivo stesso. Più che si va avanti nel migliorarlo e nel ricostruirlo più la concentrazione diminuisce perdendo la visione d'insieme del fondamentale principio di base [..] Il mio metodo è diverso, io non mi getto a capofitto sul lavoro concreto. Quando ho un'idea inizio immediatamente a svilupparla grazie alla mia immaginazione. Modifico la struttura, attuo miglioramenti e ne verifico il corretto funzionamento nella mia mente. Per me è la stessa cosa far girare la turbina nella mia mente oppure testarla nel mio laboratorio. Riesco perfino a capire se è sbilanciata. non c'è differenza, il risultato è lo stesso."

Ecco come lavorava il genio. Ecco come Tesla inventava.
Che potenza!
Immaginate cosa significherebbe avere degli inventori che lavorano con il metodo di Tesla? Certo, forse è impossibile perchè per farlo occorrerebbero persone come lui, ma solo per un attimo riuscite immaginare cosa potrebbe significare sviluppare il suo metodo?
Enorme risparmio di tempo e di materiali in esperimenti ma soprattutto uno sviluppo molto più veloce!

Ecco qualcosa a cui pensare.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO





venerdì 20 maggio 2016

Introduzione alla scienza dell'occulto, di Giuliano Kremmerz

Un "libriccino" interessante, trovato nella vetrina di un mercatino dell'usato e acquistato per 5 euro!
Dall'introduzione:
        "Invitiamo il lettore ad un attento esame del contenuto di questo libriccino. Molte più cose di quelle che non appaiono scritte vi sono contenute..."

Giuliano Kremmerz, alias Ciro Formisano, nato a Portici nel 1861 era uno scrittore, alchimista e esoterista.

Quale è la differenza tra Spiritismo e magia?

Esistono gli spiriti o si tratta "solo" di fenomeni materiali che si verificano in determinate condizioni del sistema nervoso?

Cos'è la magia se non la sapienza assoluta, universale, chiave di tutte le scienze? 

Il suo è un intento didattico, Kremmer dice nel testo: "Ebbene io no accingo a questa opera tutta moderna di togliere maschera, cappuccio e mantello all'occultismo, di presentarlo ignudo ala ribalta, ed offrirlo alla comcupiscenza di tutti coloro che ne vogliono saggiare le voluttà non più misteriose."

Ecco dunque che l'autore - mago - maestro stringe un patto con il lettore - apprendista - allievo: 
         "Io parlerò e scriverò chiaro - voi per intendermi bene non dovete che seguire con scrupolosità fedele tutto quanto è necessario per riuscire. Io vi prometto di darvi nelle mani il Secretum secretorum di tutte le antiche cabale, farvi diventare sapienti e miracolosi come tanti mefistofeli in marsina  e guanti tortorella, purchè voi, da vostra parte, vi mettiate in condizione di comprendere tutto ciò che io chiaramente scrivo, di parlare il meno possibile, di discutere innanzi al fenomeno e non dire come gli ignioranti: io non ho visto, dunque niente è vero. Bisogna studiare, tacere e attendere. Bisogna capire bene e provare attentamente. Se la prova non vi riesce, non dite: il maestro è pazzo; dite invece semplicemente che non avete capito e ritentate."

La Magia è, secondo Kremmerz, la sapienza assoluta ovvero la sintesi di tutto ciò che è stato, che è e che sarà. 
Il termine "magia" racchiude tutti gli attributi dell'onnipotenza divina, se per "dio" si intende la suprema intelligenza che crea, regola e conserva l'universo.   

Dalle note del libro si apprende che: "Magheia in greco, d'onde è venuta la parola magia, è alterazione delle parole Mag, Megh, Magh che in pelvi e in zend, lingue dell'antico oriente, significano prete perfettissimo, sapiente. In Caldeo Magdhira equivale ad alta sapienza." Da ciò si capisce che il Mago è un sacerdote, un sapiente conoscitore dell'universo.

Il Kremmerz prosegue nelle sue spiegazioni cercando di essere sempre chiaro, per quanto l'argomento lo consenta. 
Mi hanno molto colpito i giudizi dell'autore sui sacerdoti e sui massoni: 
           "Si prega l'amico lettore di non interrogare su questo punto nè un prete, nè un massone. Il prete cadrebbe dal settimo cielo ed il massone dal quinto piano della torre di babele; poichè nei seminari arcivescovili non si preparano i sacerdoti sapienti, ma i mestieranti, e nelle logge dei liberi muratori politicanti e pappanti si ignora persino che il triangolo di cui fanno pompa è fratello all'altro, che nelle chiese si dipinge sul capo del Padreterno. Il prete dovrebbe essere un iniziato, cioè un partecipante del segreto di Dio, come un massone di ultimo grado dovrebbe tenere nella saccoccia dei pantaloni tutta la sapienza dell'universo. Invece all'epoca del cinematografo e della linfa della peste, il prete ed il massone sono estranei alla loro casa; l'uno consacra come un impiegato del Cristo e l'altro chiede un impiego ai fratelli per edificare il proprio tempietto. Gli antichi chiamavano costoro profani  da pro innanzi e fanum tempio, sarebbero cioè della gente che gracchia fuori le porte della casa di Dio."

Come ho detto all'inizio, "libriccino" interessante, utile per avere una idea dei concetti alla base dell'occultismo.


Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 15 maggio 2016

In missione, di Vincenzo Fenili

(Agente Kasper - una vita sotto copertura)
La prima domanda che mi sono posto quando ho iniziato a leggere il libro è stata: chi è in realtà Vincenzo Fenili? 
Ho impiegato un po di tempo nel farmi una mia idea, ma la risposta è sotto gli occhi di tutti e sta in copertina:  un agente sotto copertura.
"Sei sicuro?"  Potrebbe domandarmi qualcuno.
"Sicuro? No, naturalmente. Non sono sicuro, ma da ciò che ho letto posso dire che è possibile."
Ecco, dunque ho deciso di credere a quanto l'autore racconta e a quanto è possibile conoscere da vicende più o meno pubbliche le cui tracce possono essere trovate su internet.
In missione, è il secondo libro dell'autore (il primo è "Supernotes"), il libro racconta la storia di una vita passata al servizio dello Stato italiano e di come l'autore sia stato "ricompensato" per il suo operato, racconta la storia di alcune operazioni condotte sotto copertura, dal 1980, quando Fenili venne arruolato in GLADIO, fino ai giorni nostri. Traffico internazionale di droga, tentati colpi di Stato, vicende mai del tutto chiarite della storia d'Italia.
Nel romanzo/dossier non esiste solo lui, Vincenzo Fenili alias agente Kasper, ma è possibile trovare anche altre figure quali il Generale Ganzer, Carabiniere e Comandante del ROS, accusato di traffico internazionale di droghe e di associazione a delinquere e poi assolto dalla Cassazione, nel gennaio 2016, da tutte le accuse rivoltegli.
Nel libro l'agente Kasper insegue il tenue filo che dai tempi della Guerra Fredda e della caduta del muro di Berlino arriva fino ai giorni nostri sotto forma di diverse valigette cariche di esplosivi nucleari distribuite nelle principali città europee. 
Questa storia si intreccia con le vicende dell'intelligence americana e di come l'organizzazione si procura i finanziamenti attraverso la stampa clandestina di dollari, storia raccontata nel precedente libro (che, tra l'altro, leggerò appena possibile!) e con le vicende personali di un agente che alla fine...

Sullo sfondo vi sono le vicende umane dell'uomo Vincenzo Fenili, con i suoi problemi col padre, un entomologo che forse non l'ha mai capito o forse l'ha capito e ha cercato di risparmiargli le delusioni a cui dovrà andare incontro.
La storia raccontata è la storia di uomini al servizio dello Stato ma anche dello Stato italiano e delle relazioni di forza esistenti con altri stati nel campo dell'intelligence internazionale. 
E' la storia di come talvolta non è così semplice dire quali sono i buoni e quali i cattivi. 
Il libro è anche la storia di come gli americani sostengono la loro economia: "L'America è in guerra da sempre. Non si sono mai fermati: Seconda Guerra Mondiale, Corea, Vietnam, guerre per delega... Quando è venuta meno l'URSS si sono inventati il terrorismo. La loro economia si fonda sulla guerra. Non voglio dire che siano loro a indurle, ma se non lo facessero sarebbe un problema." 

Leggere il libro di Vincenzo Fenili non è come leggere un romanzo qualunque perché il suo non è un romanzo qualunque, è un libro che fa riflettere e, forse per questo motivo, è un libro da leggere con calma.

All'autore un grosso in bocca al lupo, ai lettori una raccomandazione: leggete "In missione" come se leggeste un libro di storia, verificando le informazioni che vi vengono fornite di volta in volta per potervene fare un'idea tutta vostra. Scoprirete così tante cose sulle quali forse non si sa ancora abbastanza.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 7 maggio 2016

La guerra è finita!

Per chi, come me, non ha vissuto la 2^ guerra mondiale, è difficile farsi un'idea precisa dei sentimenti che doveva provare chi invece la guerra l'aveva vissuta sulla propria pelle.
Immagino che sia altrettanto difficile capire cosa provassero i nostri anziani o i militari quando, finalmente, vi fu l'annuncio della fine della guerra.
Talvolta però la vita ci riserva (gradite) sorprese e così, mentre ci si aggira per le bancarelle di un mercatino delle pulci alla ricerca di vecchie cartoline o libri antichi, può capitare di imbattersi in un cimelio che ci riporta indietro nel tempo, agli anni della guerra. Nel mio specifico caso, esattamente ai giorni in cui vi fu l'annuncio della fine della seconda guerra mondiale.
Chi scrive è il Caporale Paul S. Luotto, in servizio presso il 161° Reggimento di stanza nelle Filippine, un trasmettitore americano (signal) in servizio presso una delle stazioni radio nel pacifico, da quanto ho capito. 
Il cognome, Luotto, e il fatto stesso di aver trovato la lettera in un mercatino a Roma, fa pensare che il Caporale, o la sua famiglia, fosse di origine italiana.
La lettera è indirizzata alla mamma, Andre Luotto, a Brooklyn ed è datata 4 settembre 1945. Di seguito ve n'è una seconda, datata 9 settembre ma spedita assieme alla precedente.
Cercherò di riportare il più fedelmente possibile ciò che il Caporale scrive alla mamma, per le parti che sono riuscito a capire e che in qualche modo hanno a che vedere con la fine della guerra.

4 settembre 1945.

                "Cara mamma, mi dispiace per non averti scritto come avrei dovuto, ma è uno di quei periodi in cui non accade niente di cui si possa parlare, quanto meno è da diverse settimane che non frequento la scuola. Sto lavorando alla radio.
Ho molto gradito le numerose lettere che tu e papà mi avete scritto.
Posso capire quanto voi siate stati spinti dalla improvvisa fine (immagino che la fine sia sempre improvvisa) di questa guerra.
Noi saltammo dallo stupore quando il Giappone per primo chiese la pace. 
Le urla cominciarono a farsi strada di tenda in tenda nell'area della compagnia.
Era circa mezzanotte ed eravamo un po infastiditi da quegli ubriaconi di ... che ci impedivano di dormire.
Quando la notizia raggiunse la nostra tenda, ragazzi, abbiamo cacciato un urlo!
Dunque ci vestimmo (alcuni di noi indossarono i pantaloni e scarpe alla bell'e meglio) e ci sostituimmo ai vicini ubriachi fino a che anche noi non fummo ubriachi."

Certo che deve essere un bel sollievo, sapere che la guerra è finita, che si può ricominciare a sperare nel futuro, che si può tornare a casa.

                 "Ma quando il giorno della vittoria fu infine proclamato... la nostra preoccupazione e interesse principale fu quella di cercare di capire quando saremo potuti tornare a casa.
Tu sei stata probabilmente informata dai giornali che la 25^ Divisione è incaricata della occupazione dell'isola giapponese di Kyushu. Sull'isola si trova la antica città di Nagasaky, lo so perché il quartier generale delle trasmissioni si è accampato in questo sito."

La lettera prosegue con i saluti alla mamma e al fratello Eugene, oltre al commento sulla difficoltà nello studio della lingua giapponese.


9 settembre 1945.
                "Cara mamma, questa è la prima lettera che scrivo senza pensare alla censura, ed è un vero piacere!
In queste ultime settimane sono stati molto laschi anche se ufficialmente la censura doveva essere osservata come sempre. Sono stato molto sorpreso di scoprire che quanto detto l'ultima volta sui movimenti della 25^  Divisione non sia stato censurato."

La censura, in guerra, è una cosa comune, direi necessaria, per evitare che informazioni importanti come lo spostamento di una unità, dati di forza o condizioni operative, possano finire involontariamente in mano al nemico. Può sembrare lesivo della propria libertà ma è una cosa necessaria e nella seconda guerra mondiale l'esercito americano la esercitava.

             "Come detto, siamo stati pianificati per occupare Kyushu entro un mese... Stiamo per ricevere il nuovo equipaggiamento...
Riguardo quelli con il mio grado, saremo pagati dieci dollari al mese. Sarà impiegata la valuta americana d'occupazione, 15 yen per un dollaro d'occupazione. 
Se un giapponese venisse trovato in possesso di equipaggiamento da guerra rischia una pena dai venti anni di carcere fino alla condanna a morte.
Dobbiamo comportarci convenientemente ma rigidamente, altrimenti non ci rispetteranno... Dimenticavo di dirti la novità più importante. Se guardi l'indirizzo potrai notare che ora mi trovo nel quartier generale del 161° Reggimento... l'unica cosa che non mi piace è come ci svegliano al mattino... Ma quando senti un colpo di howitzer da 105, ti svegli e ti vesti di corsa. La prima mattina mi è quasi venuto un colpo!


Leggere queste poche pagine mi ha spinto ad indagare sui fatti accaduti in quegli anni lontani così ho scoperto, tra l'altro, che il 161° Reggimento in effetti tornerà a casa il 1° novembre 1945, sostituito dal 4° Reggimento di fanteria.
Mi piace pensare che di li a poco il Caporale Paul S. Luotto sia potuto tornare a a casa, a Brooklyn, dai genitori e godersi il meritato riposo. 

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO