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sabato 5 novembre 2016

Il crepuscolo degli Dei (parte terza)

La casa

Era da anni che non metteva più piede in quella casa.
Forse dieci, no, dodici anni. Dalla morte della madre.

Era una piccola casa singola in mattoni rossi, in via Charlotte. Sul retro si trovava la cappella del cimitero di West Thuttock. Dalla finestra si intravvedeva il mostruoso complesso dell'Ikea.
Certo che il panorama era cambiato da quando, bambina, scorrazzava tra le tombe del vecchio cimitero.
Allora era proprio un maschiaccio e con i suoi compagni di giochi (tutti maschi) ne aveva combinato di tutti i colori.
La sua era stata una gioventù felice e spensierata.
Lei, sua madre Giulia e John, suo padre.
Quello di un tempo però, prima che cominciasse a bere...
Poi la maledizione del mondo moderno colpì anche la sua famiglia.
Il padre lavorava come contabile presso una piccola fabbrica di abiti da uomo che a causa della crisi economica fu costretta a licenziare quasi la metà dei dipendenti, lui fu tra questi.
A casa la situazione peggiorò velocemente e John cominciò a bere.
Una sera uscì di casa per andare al bar. Si ubriacò e non fece ritorno per la notte.
Giulia e Maria uscirono a cercarlo per strada, sotto la pioggia.
Una macchina sopraggiunse a tutta velocità.
Giulia fece appena in tempo a spingere la piccola Maria di lato.
Lei venne travolta dall'auto e trascinata per strada per un centinaio di metri prima che il conducente, ubriaco fradicio, si fermasse.
Quando John, il mattino dopo, tornò a casa trovò la polizia ad attenderlo.
La bambina era ricoverata all'ospedale ma non aveva niente di grave, solo qualche contusione. Giulia invece era morta qualche ora prima, senza riprendere conoscenza.
Maria aveva dieci anni e da allora aveva sempre dato al padre la colpa di ciò che era accaduto... se lui non avesse iniziato a bere forse la madre sarebbe ancora viva.
Quelli successivi erano stati mesi di dolore e pianto. Maria non voleva parlare con nessuno, non usciva più, stava rinchiusa nella soffitta, accovacciata su una vecchia coperta proprio sotto il lucernario. Alcuni piccioni le tenevano compagnia.
John, quando capì cosa era accaduto, buttò tutte le bottiglie di alcolici nel gabinetto e da allora non aveva più bevuto. Poi cominciò a scrivere, per raccontare ciò che aveva vissuto e pian piano si fece un nome come scrittore.
Maria col tempo aveva ripreso a parlare e riprese ad andare a scuola. Il perdono arrivò lentamente.

Quella casa però gli ricordava troppo la madre e appena trovò un lavoro andò via per trasferirsi dall'altra parte di Londra.
Il padre andava a trovarla una volta al mese. passavano il tempo a parlare e camminare. 

Lei non era più entrata in quella casa da allora, dodici anni prima!

Si guardò attorno, non provava più il dolore di quando era andata via e, anzi, sentiva il desiderio di ritrovare le sue vecchie cose... e quelle della madre.
John aveva conservato tutto come in un museo.
Le foto sulla credenza all'ingresso, nelle (orrende) cornici di radica, i quadri alle pareti dello stretto corridoio dell'ingresso, anche il suo vecchio orsetto di peluche, appoggiato alla parete a destra della porta della cucina. Tutto era identico ad allora, come se il tempo non fosse mai passato!
Quando era piccola scendeva di corsa le scale che portavano alle camere da letto e afferrava al volo il suo orsetto mentre girava, sempre correndo, intorno al grande vaso con la yucca che stava all'ingresso della cucina.
Di solito la corsa finiva sulla poltrona affianco alla televisione, alcune volte però, terminava rovinosamente sulla pianta che spesso finiva a terra.

La cucina era scura, le pareti erano di un verde opaco e la finestra, troppo piccola per illuminare l'ambiente, aveva ancora le tende a fiori che piacevano alla madre.

L'unica cosa che era cambiata, si rendeva conto solo ora, era il frigorifero.
Il vecchio frigo era di quelli smaltati di bianco, con gli angoli arrotondati e una maniglia verticale in alluminio. Il nuovo frigorifero era di un modello recente, molto più grande (cosa poi se ne facesse di un frigo così grande era un mistero!), grigio acciaio. Era un modello moderno, con un display al centro.
Maria non credeva ai suoi occhi. Il padre non aveva mai comprato uno smart phone perché non sapeva come si usasse e aveva in cucina un frigorifero da mille sterline che probabilmente utilizzava solo per tenere in fresco l'acqua e il poco cibo che acquistava.

Salì al piano di sopra, dove si trovavano le tre camere da letto e il bagno. Proseguì senza rendersene conto, per fermarsi di fronte al lucernario dove aveva passato tante ore nei mesi successivi alla morte della madre. Anche il soffitto era sempre uguale.
Si sedette sulla vecchia coperta. Non puzzava di muffa. Non vi era polvere. Sembrava che tutta la casa fosse stata mantenuta così perché lei ci andasse ad abitare. La sua casa...

In cuor suo qualcosa le diceva di scappare, di correre via, lontano, e non tornare più.
Eppure una voce lontana le diceva che era inutile continuare a scappare dai ricordi. Forse era tempo di affrontarli. Forse era tempo di tornare...
Si, forse doveva tornare li, in quella casa, dove aveva vissuto i migliori e i peggiori anni della sua vita...


Il campanello dell'ingresso suonò due volte. Squillante, come era sempre stato.
Si girò e corse giù per le scale come aveva fatto tante volte, quando era bambina...
Chi poteva essere? Nessuno sapeva che lei era tornata.
Aprì la porta...

(Continua... ->>)

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

Puntate precedenti:

Parte prima ->>

Parte seconda _>>

 

martedì 1 novembre 2016

Il crepuscolo degli Dei (Parte seconda)

Funerale

- E' vero che non hanno trovato il corpo? Povera ragazza...

- Così sembra. Il giornale di oggi dice che probabilmente la corrente del fiume l'ha trascinato in mare. Secondo me è finito nella pancia di un coccodrillo.

- Coccodrillo? Nel Tamigi? Ma non ci sono i coccodrilli...


- Questo lo dici tu! Ho visto un filmato su YouTube...

La cerimonia era stata breve. Molta gente non invitata, diversi giornalisti e tanti curiosi. Tra i non invitati si potevano individuare a colpo d'occhio alcuni poliziotti in borghese, giacca e cravatta, impermeabile lungo e occhiali da sole... sotto la pioggia. Se non fosse che si svolgeva un funerale ci sarebbe stato da ridere.
Una figura snella e giovanile invece stava in disparte. Al termine della cerimonia, prima che Maria salisse sull'auto, le si avvicinò discretamente.

- Le mie più sentire condoglianze signorina... conoscevo suo padre, era un brav'uomo e un grande scrittore.

- La ringrazio signor... ?

Non aveva terminato la frase che il giovane si era già voltato per allontanarsi. Aveva fatto in tempo a vedere appena il suo abbigliamento, elegante, ricercato. Per un attimo lo sguardo sinceramente dispiaciuto del giovane aveva incrociato i suoi occhi. Aveva gli occhi chiari e una leggera barba curata ricopriva il viso. Chi era? Non lo sapeva e forse non l'avrebbe mai saputo...

- Signorina Maria, signorina Maria. Aspetti un attimo!

La voce era quella del commissario Sterling. Ormai la conosceva bene. Nell'ultima settimana era diventato il suo principale interlocutore. Se lo ritrovava ovunque. Era un incubo.

- Come posso aiutarla, oggi, commissario?

La parola "oggi" era stata appositamente evidenziata dal tono di voce, come a significare che "almeno oggi avrebbe potuto lasciarla in pace".
Il commissario Sterling era un tipo strano, appiccicoso come la carta moschicida, poco curato nel vestire, per non dire trasandato. I suoi capelli neri sembravano unti, forse perché aveva sempre in mano  qualcosa da mangiare e si allisciava continuamente il ciuffo, forse per un tic...

- Mi scusi, forse sono inopportuno? Se vuole ripasso domani... Aggiunse il commissario, inaspettatamente.

- Ecco, magari...
 
- Ma no, ormai l'ho disturbata. Si tratta solo di un attimo.
Aggiunse, con la sua voce stridula (o forse lei la sentiva tale perché gli era antipatico?).
- Solo una domanda. Mi sa dire se suo padre ha mai tenuto un diario? Potrebbe servirci per le indagini...

- Indagini? Ma non si è trattato di un incidente? Mio padre è finito nel fiume e...
Le ultime parole le uscirono di bocca singhiozzando...

- Su signorina, adesso non è il momento di parlarne. Vedo che è ancora troppo scossa.
Vada, vada... passerò a trovarla nei prossimi giorni. Non si preoccupi. Sembra che ci siano delle novità. Vi sono, diciamo, dei sospetti, degli indizi, che ci fanno pensare che non si tratti di un incidente.
Mi sa dire se suo padre ha litigato con qualcuno ultimamente?
Ha, mi scusi! Abbiamo detto che ne parliamo domani.

Senza lasciarle il tempo di replicare l'ispettore Sterling si voltò e si allontanò velocemente lasciando la ragazza allibita, in piedi affianco alla macchina con la portiera aperta.
Un omicidio... perché? E chi mai avrebbe potuto... voluto... uccidere una persona tranquilla come John Odges?
No, non poteva crederci... non aveva alcun senso. L'ispettore sicuramente si sbagliava.

- Signorina, possiamo andare?
La voce del conducente la riportò alla realtà.
- Qui continua a piovere e io devo tornare in sede per le 10. Siamo già in ritardo. La porto a casa sua?

- Aveva risposto con un cenno del capo.
La macchina scivolò sull'erba bagnata e si allontanò sotto la pioggia battente...

(Continua... forse, prossimamente)


Puntata precedente --->>


Alessandro Giovanni Paolo Rugolo

domenica 30 ottobre 2016

Marat, di Louis R. Gottschalk

Chi era Marat?

Forse qualcuno l'avrà sentito nominare, magari associato alla Rivoluzione Francese. Altri, immagino, non ne avranno mai sentito parlare.
Io, onestamente, devo dire di averlo sentito nominare ma, altrettanto onestamente, non avevo idea di cosa avesse fatto!
Jean Paul Marat nacque a Boudry, in Svizzera, il 24 maggio del 1743. Il padre è di origini sarde, si chiamava Mara e pare fosse fuggito da un'abbazia dove era probabilmente monaco e medico. La madre si chiamava Luisa Cabrol ed era di Ginevra. Gian Paolo Mara, alias Jean Paul Marat, fu il primo di sei figli.
Intorno al 1765 Marat si reca in Inghilterra. Da alcuni anni aveva lasciato la famiglia dove comunque sembra avesse ricevuto una buona educazione. Studiò medicina a Bordeaux e poi a Parigi.
Nel 1775 ricevette il titolo di dottore in medicina honoris causa presso l'università scozzese di Saint-Andrews. Si occupò di scienze, di medicina e di filosofia, pensando che quando veniva criticato fosse perchè il mondo ce l'avesse con lui, era convinto fautore del complottismo a suo danno.
Comunque fosse andata la cosa, a Newcastle Marat ricevette la cittadinanza onoraria per i servigi resi durante un'epidemia, come medico doveva essere in gamba.
Intorno al 1780 Marat torna in Francia e negli anni successivi esercita medicina a Parigi.
Pubblicò alcuni studi sulle ricerche nel campo dell'elettricità in medicina, sulla luce e sui colori, ma sempre senza grande successo.
Ma per conoscere il vero Marat, occorre aspettare ancora qualche anno. Il suo impegno principale per la politica e per il giornalismo infatti lo si può trovare dal 1789. Marat era a favore della monarchia anche se pensava che il popolo dovesse rispettare solo le leggi giuste.
Marat si lanciò nella sua attività di giornalista politico, senza risparmio di tempo e risorse.
Spesso a lui è stata attribuita la responsabilità delle sollevazioni del popolo. Nel suo giornale "l'Ami du peuple", cioè l'amico del popolo, come finì per essere chiamato lui stesso, spesso incitava alla rivolta contro i soprusi o contro la corruzione dei ministri del Re. Più avanti contestò anche gli organi della rivoluzione, tenendo sempre gli occhi aperti su tutto e su tutti, temendo che il Re potesse annullare con manovre segrete i risultati raggiunti.
Forse si è stati troppo critici nell'attribuire a Marat tante responsabilità, però sicuramente la sua figura di giacobino integerrimo crebbe sempre di importanza fino alla morte avvenuta a causa di una donna, Carlotta Corday, girondina, che lo pugnalò il 13 luglio 1793, facendone un martire della Rivoluzione.
Marat, monarchico, appoggiò nell'ultimo periodo la Repubblica, anche se il suo parere sul popolo non era certo lusinghiero, egli pensava che il popolo dovesse essere guidato e lui si poneva come guida naturale:
"Sappiate che il mio credito sul popolo non deriva dalle mie idee, ma dalla mia audacia, dagli slanci impetuosi della mia anima, dalle mie grida di rabbia, di disperazione e di furore contro gli scellerati che intralciano l'azione della rivoluzione. Io sono l'ira del popolo, ed è perciò che esso mi ascolta e ha fede in me. Le grida d'allarme e di furore che voi scambiate per parole vane sono la più naturale e la più sincera espressione delle passioni che mi divorano l'anima".
Effettivamente ciò che dice è ancora valido e, se nel suo caso è difficile mettere in dubbio le sue intenzioni a favore del popolo francese, in molti altri casi invece rappresenta semplicemente uno dei modi in cui è possibile guidare il popolo: "urlando e inveendo contro qualcosa o qualcuno", tecnica molto usata ancor oggi.

Una biografia interessante che mi ha permesso di conoscere meglio uno dei principali artefici della Rivoluzione Francese, Gian Paolo Mara, alias Jean Paul Marat.

Alessandro Giovanni Paolo Rugolo

Il crepuscolo degli Dei (Parte Prima)

PROLOGO

- Perchè, Padre?
Che senso ha, dopo tutto ciò che abbiamo fatto per loro?

- Non capisci?
Non possiamo più aspettare.
Fino ad ora noi siamo stati gli Dei, se aspettiamo ancora Loro prenderanno il nostro posto.
Dobbiamo farlo. Mi dispiace, ma dobbiamo distruggerli!

A quelle ultime parole, pronunciate con solenne drammaticità dal vecchio, il pubblico si lanciò in un fragoroso applauso.
La prima del "Crepuscolo degli Dei" era stata, contro tutte le previsioni, un clamoroso successo.

- Complimenti papà, è stato un successo.
Urlò Maria all'orecchio del padre, per superare il rumore degli applausi.

- Non avrei mai pensato ad una cosa del genere.
Sembra che il pubblico sia impazzito.
Non capisco cosa ci trovino di così speciale.
In ogni caso sono contento, servirà a lanciare il libro.

- Il libro? Urlò la figlia. Questa volta senza motivo.

- Si, ti avevo detto che avevo grandi progetti. Sono stato contattato da una casa editrice che è interessata a pubblicare la storia romanzata. Ho già presentato una prima bozza e domani ho un appuntamento con il responsabile della Casa Editrice.
Vogliono acquistare i diritti, forse ne faranno un film.
Maria per un attimo sprofondo in un incomprensibile silenzio, da cui si riprese subito.

- Bene, sono contenta per te. Allora oggi andiamo a festeggiare.
C'è un ristorante molto carino appena fuori città, ci sono stata con gli amici. Di solito il lunedì non c'è tanta gente. Vedrai, ci troveremo bene.


Larren Books

- E' in ritardo. 
Non mi piacciono le persone che arrivano in ritardo ad un appuntamento di lavoro. Specialmente se chi deve aspettare sono io.

Il direttore della Larren Books era una persona importante ed era consapevole della propria posizione. Non avrebbe aspettato un autore ritardatario neanche se il libro di cui avrebbe dovuto trattare l'acquisto fosse stato la Bibbia!
Sicuramente non avrebbe perso tempo per un autore quasi sconosciuto, anche se gli era stato raccomandato da persone influenti.

- Se arriva ditegli che non se ne fa niente. Ho aspettato fin troppo.
Si alzò e fece per andar via. Avrebbe tenuto la solita riunione delle dieci con la solita puntualità.

- Signor Larren, aspetti un attimo. Guardi cosa dice il giornale.
L'assistente gli tese una copia della Gazzetta. In prima pagina la notizia della sparizione di John Odges.
"Autore di teatro, scomparso ieri sera al rientro dalla prima te
atrale della sua ultima opera: Il crepuscolo degli Dei. La macchina è stata ritrovata in un torrente di campagna.  Probabilmente il corpo era stato trascinato dalla corrente. Le ricerche erano ancora in corso ma vi erano poche speranze.
La figlia afferma di essere stata a cena con lui. Poi dopo averla accompagnata a casa si era diretto verso il suo appartamento, in via..."

- Trovatemi la figlia. Mi serve la sua autorizzazione a pubblicare il libro. Dobbiamo approfittare del momento.

Le parole erano state pronunciate a voce alta e scandite attentamente. Non un solo accenno di dispiacere sul viso per la tragedia di una famiglia. Della sparizione di Odges a lui non importava niente se non per il fatto che si trattava, forse, di un colpo di fortuna. Il libro di un autore scomparso rende sicuramente più del libro di un autore qualunque. Solo il pensiero di futuri affari affiorava dal labbro appena sollevato in una smorfia di soddisfazione. 
Vincent Larren si voltò e proseguì verso la sala riunioni. Anche quella volta arrivò puntuale.

(Continua --->>

Alessandro Giovanni Paolo Rugolo

Ancora un terremoto ci butta giù dal letto

Roma,06.40 del 30 ottobre  2016.
Ancora una volta, questo mese, siamo costretti a correre sotto il tavolo della cucina.
Stavamo dormendo quando abbiamo sentito i mobili tremare, accendiamo la luce e vediamo che l'armadio trema violentemente.
Si tratta dell'ennesima scossa di terremoto.
Mentre ci mettiamo al riparo il pensiero va a coloro che si trovano nella zona dell'epicentro.
Qualche minuto dopo scopriamo che ancora una volta il terremoto è stato nella zona di Norcia.
In tv trasmettono le immagini dei territori colpiti.
Mi affaccio al balcone e vedo tante persone per strada, al cellulare. Questa volta la scossa è stata forte e nonostante l'ora e la distanza dall'epicentro, nei piani alti delle palazzine l'effetto è stato rilevante.
Certo che in Sardegna queste cose non mi erano mai capitate.
Mi chiedo come mai quest'anno vi siano tutte queste scosse. Ricordo che qualche giorno fa hanno parlato di una nuova faglia apertasi nel territorio italiano, speriamo si sbaglino altrimenti si continuerà a ballare.
Alcuni siti danno una magnitudo di 6.9 e 6.6. In tv hanno detto prima 7.1, pochi minuti fa invece 6.1, vedremo qual'è la verità.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

venerdì 28 ottobre 2016

Lincoln, di J.M.McPherson

14 aprile 1865: l'attore John Wilkes Booth, fanatico, sostenitore della confederazione, si introdusse nel palco in cui si trovava Lincoln al Ford's Theatre di Washington e sparò un colpo in testa al Presidente. 
La commedia alla quale assisteva con la famiglia si trasformò così in tragedia. 
Poche ore dopo, il 15 aprile alle 07.22 del mattino Lincoln morì.
Alcuni giorni prima, il 4 aprile, Lincoln era entrato vittorioso a Richmond, capitale della confederazione, osannato da migliaia di schiavi liberati.
A chi si gettò ai suoi piedi disse: "Don’t kneel to me. That is not right. You must kneel to God only, and thank Him for the liberty you will afterward enjoy.”
(Non inginocchiarti davanti a me. Non è giusto. Inginocchiati per Dio soltanto e ringrazialo per la libertà di cui d'ora in avanti godrai).
C'era chi lo amava, e c'era chi lo odiava fino ad ucciderlo.
Ma perchè tanto odio?
L'America di Lincoln stava uscendo dalla guerra di secessione e si apprestava alla ricostruzione. Lincoln era stato la guida spirituale e materiale del Paese. Coi suoi discorsi aveva infiammato le folle. Con la sua testardaggine aveva vinto la guerra civile più cruenta del secolo.
Lincoln, l'11 aprile 1865, si rivolse agli Stati Unita d'America. 
Nel suo discorso "espresse la volontà di istruire gli afroamericani e i veterani neri dell'Esercito unionista perchè potessero esercitare il diritto di voto nell'Unione restaurata, e promise un nuovo annuncio per la gente del sud."
Booth era li. 
Pare che disse: "Questo significa cittadinanza ai neri. Ora, in nome di Dio, lo metterò a tacere."
E così fece!

Ma chi era Lincoln e come era arrivato alla guida del paese oggi più potente del mondo?
Abraham Lincoln nasce il 12 febbraio 1809 nel Kentucky, a cinquanta miglia da Louisville. Figlio di Thomas Lincoln, falegname e contadino, e Nancy Hanks, analfabeta.
Deve la sua passione per lo studio, forse, alla matrigna: Sarah Bush Johnston. 
Il padre "condannava la pigra inclinazione per la lettura" del figlio, che lo teneva lontano dal sano duro lavoro.
Abraham scelse una strada diversa da quella del padre, lavorò, studiò e intraprese la carriera di avvocato... da li alla politica la strada fu breve.
Nel 1851, il padre in punto di morte lo chiamò al suo capezzale. Lui non si presentò, disse che "se dovessimo rivederci ora, temo che il nostro incontro sarebbe penoso anzichè gradevole".
Non si presentò neanche al funerale...
Questi alcuni aspetti del presidente americano Abraham Lincoln, ucciso all'inizio della sua seconda legislatura.

Il libro di McPherson è una piccola sintesi della vita di Lincoln e della guerra di secessione.
Una veloce lettura, interessante e da usare quale spunto di ulteriori approfondimenti.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

Li trascinatori der popolino

Che dire 
de quelli che nu' fanno artro che sbraità,
pe strada e in televisione
pare c'ar posto de la bocca
c'hanno un cannone!

Nu ce se crede,
ma er popolino li prenne pe campioni da libbertà
pensanno che siccome che urlano tanto
assomijino der tutto a 'n santo.

Ma si rifrettessero un attimino
forse, se renderebbeno conto 
che più che a 'n santo 
assomijino ar cane,
sempre pronto a abbajare
da dietro ar cancello
pe poi scappà alla vista d'un bastone.

Eppure, e' dimmostrato,
er politico sopraffino
è quello che urla de più, 
er più caciarone,
pecchè strascina er popolino
e je fa fa' quello che vole,
come fosse un cagnolino!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO