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domenica 28 maggio 2017

L'Accademia dei Tuttologi compie dieci anni sul web.

Cari amici lettori, non avrei mai immaginato di poter festeggiare, un giorno, i dieci anni di vita di questo piccolo spazio dedicato alle riflessioni mie e di qualche amico.
Eppure è così!
Oggi l'Accademia compie dieci anni sul web (23 dall'inizio del percorso!).

Credo sia opportuno fare un punto di situazione.
L'Accademia, in quanto associazione di persone, può essere considerata di poco successo. Dopo un breve periodo durante il quale diversi amici hanno partecipato pubblicando qualche articolo, ormai quasi tutti gli articoli portano la mia firma.
Di tanto in tanto però qualche amico mi manda ancora qualche articolo, tra questi devo ringraziare Enzo Cantarano.

In quanto a collaborazioni invece, il blog mi ha consentito di conoscere diverse persone con le quali collaboro pubblicando articoli su siti, blog e giornali on line. Tra questi, principalmente Difesaonline e di ciò ringrazio il Direttore Andrea Cucco.

Le statistiche non le riporto anche perchè non sono veritiere. Alcuni anni fa infatti persi tutte le statistiche e dovetti ricominciare daccapo. Oggigiorno ho circa 7.000 contatti al mese, non sono tanti ma neanche pochi.
In quanto alla mia produzione spero di riuscire a mantenere una media di 60 o 70 articoli all'anno anche per il futuro o, magari, aumentare con l'aiuto di qualche amico.
Sono pochi invece i commenti e le interazioni con i lettori. Ciò mi dispiace ma spero che comunque i miei lettori, seppure non hanno voglia di scrivere, leggano con interesse e diffondano almeno parte delle cose che io scrivo.

Perchè scrivere è per me così importante?
Perchè scrivere significa lasciare ad altri in eredità il proprio pensiero. Ogni articolo, poesia, recensione o racconto infatti, è comunque una parte di me.
Spero che ciò che scrivo un giorno serva da guida a generazioni di ragazzi, come io sono stato guidato dai tanti libri che ho letto nel corso della mia vita e dalle trasmissioni di Piero Angela!

Detto ciò auguri all'Accademia dei Tuttologi e a presto.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 27 maggio 2017

L'assedio di Rodi

L'Isle Adam lascia Rodi
"When shall we scape from the delay of Rome? 
And when, slow Venice, will thy Soccours come? 
How often too have we in vain Sought ayd from long consulting Spain? 
The German Eagle does no more about our barren Island sore." 
Cosi si esprimeva Alfonso, Maresciallo di Rodi, nell'opera teatrale "The Siege of Rhodes", di Sir W. Davenant. 
Ma cosa lo portava a lamentarsi in questo modo dei suoi sostenitori e alleati? 
Per capirlo occorre fare qualche passo indietro. 

Nel 1522, nel corso di una seduta del Divano Turco, alla presenza del Sultano Solimano il Magnifico da poco asceso al potere al posto del padre, l'Ammiraglio della Flotta turca prende la parola per sostenere la necessità di sottomettere Rodi all'Impero Ottomano: "Quale guerra potrebbe mai procurarti più facilmente una fama immortale, se non la vittoria e la conquista di Rodi, baluardo della Cristianità, che da sola ci preclude l'accesso ai territori degli infedeli? 
Cortug-Ogli ha ragione. 
Rodi è un ostacolo all'espansione degli Ottomani in Europa. Rodi e l'Ordine dei Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme. 
Nel 1048 alcuni mercanti della città marinara di Amalfi ottengono l'autorizzazione per creare un Ospedale con annesso Monastero, per ospitare i pellegrini desiderosi di recarsi a Gerusalemme.
Nel 1113 l'Ordine dei Cavalieri di San Giovanni diviene indipendente e sovrano. 
Nel 1187 cade il Regno di Gerusalemme e i Cavalieri sono costretti a ritirarsi nella Contea di Tripoli da cui, nel 1291, si spostano a Cipro.
Nel 1309 i Cavalieri conquistano Rodi e qui li troviamo ancora nel 1522. 

Nella sala in cui si riuniva il Divano vi era chi era contrario a quanto chiedeva Cortug-Ogli. 
Le mura di Rodi si erano già dimostrate, in passato, un osso troppo duro anche per gli eserciti Ottomani. 
Lo stesso Mohammed II aveva visto infrangersi i suoi sforzi. Eppure Solimano decide di attaccare! 
Missive con richieste di soccorso erano partite da tempo alla volta del papa e dei capi degli stati europei rappresentanti della Cristianità. 
Qualche sporadico rinforzo arrivò... 

E' il 6 giugno del 1522 quando la flotta turca giunge in vista dell'Isola. 
Rodi è difesa da 600 cavalieri, 4500 fanti e arcieri e circa 7000 tra cittadini e contadini. I conquistatori turchi erano circa 115.000! 

Le artiglierie di ambo le parti si fecero sentire immediatamente. 
Due uomini tra tutti sono ricordati ancora oggi, dai pochi appassionati di storia: il Gran Maestro Philippe de Villiers de L'Isle Adam e il primo artigliere e ingegnere d'assedio Gabriele Tadino da Martinengo.

Nonostante la superiorità numerica degli Ottomani le difese resistettero e i Turchi, spinti in avanti dai propri comandanti, continuavano a cadere, finché un giorno si ammutinarono. 
Il Gran Visir, Piri, si vide costretto a scrivere al Sultano per richiedere la sua presenza sul posto. 
Il 28 agosto Solimano arriva a Rodi, porta con se un nuovo esercito e affronta immediatamente la rivolta interna ristabilendo l'ordine. Con nuove energie rianimò gli eserciti che ripresero a combattere. 
La battaglia riprese più cruenta di prima. 
L'Isle Adam non si dava mai per vinto e dove sorgeva la necessità lui c'era, con la sua figura imponente e la sua esperienza! 
Bombe, bombarde e basilischi mietevano vite umane da entrambe le parti. La guerra proseguiva anche sotto terra dove gli zappatori Turchi si opponevano agli uomini del Tadino. 
Gabriele Tadino da Martinengo
Gabriele Tadino era nato a Martinengo, responsabile delle difese di Candia (città cretese), venne invitato dal Gran Maestro ad unirsi ai suoi uomini. Esperto in assedi, aveva inventato un metodo per scoprire se vi fossero in corso lavori di scavo sotto le mura della città. Effettuava degli scavi sotto le mura e vi posizionava i suoi uomini muniti di uno strumento dotato di una pelle di tamburo, questa rivelava le vibrazioni degli scavi del nemico e permetteva di intervenire. 
Il 4 settembre una mina fa saltare il bastione dei Cavalieri della Langue Inglese. I turchi si precipitano all'interno della breccia apertasi nelle mura, subito ostacolati e respinti fuori da L'Isle Adam precipitatosi con alcuni cavalieri sui nemici. 
Nella battaglia che ne seguì morirono 2000 turchi da una parte e 50 cavalieri dall'altra. 
Pochi giorni dopo Solimano ordina un nuovo attacco che ottiene lo stesso risultato: nulla di fatto! 
Gabriele Tadino viene però ferito gravemente. 
Le spie infiltratesi tra gli abitanti di Rodi, intanto, agivano alle spalle. Una schiava turca e i suoi complici furono catturati, impiccati e squartati. Un medico ebreo e un cavaliere, accusati di tradimento, furono giustiziati. 
Nel campo turco la situazione non era migliore. 
Si combatte per la vita. 
Il Gran Maestro corre da un bastione all'altro per rintuzzare gli attacchi dei turchi. 
Solimano, di fronte all'inutilità del suo ultimo attacco e ai 20.000 uomini morti fa suonare la ritirata. 
Arriva il momento di punire chi ha mal consigliato il Sultano. 
I vertici militari sono rimossi con ignominia e allontanati, seppure la prima idea di Solimano fosse stata quella di decollare tutti! 
Poi ancora attacchi e nuovi morti, a migliaia. 
Non riuscendo però a vincere con la forza, Solimano diffonde la voce che se Rodi si fosse arresa avrebbe ricevuto clemenza. 
L'Isle Adam non è tipo da arrendersi: "Non sia mai detto che il nostro onore debba soccombere, se non con noi stessi!", ma i cittadini sono di diverso avviso. Lo supplicano, lo convincono a trattare. 
L'Isle Adam e un gruppo di cavalieri scelti vengono ricevuti, dopo una giornata di attesa sotto la pioggia, nella sontuosa tenda del Sultano. 
Il Gran Maestro si china e bacia la mano del Sultano, Solimano gli porge una ricca veste d'onore e gli offre un'alta carica nell'Impero. 
L'Isle Adam rifiuta: "Essere sconfitti è semplicemente il rischio di ogni guerra, ma abbandonare la propria gente e passare al nemico è, per me, una vergognosa codardia e un abbominevole tradimento." 
Solimano è colpito da quest'uomo, dalla sua forza, dalla sua integrità morale e concede condizioni di resa proporzionali al valore dell'avversario. 
I cavalieri poterono lasciare l'isola col le loro armi, i loro averi e con tutti coloro che li avrebbero voluti seguire. 
I Rodiesi che fossero restati sull'isola avrebbero potuto conservare la libertà, i propri beni e la libertà di professare la propria religione. 
Il 25 dicembre 1522 Solimano il Magnifico entra dalla porta principale di Rodi. Il 1° gennaio 1523 L'Isle Adam e il suo seguito abbandona Rodi. 
Sulle galee, in vece della bandiera dell'Ordine sventolava l'immagine della Vergine Maria che teneva Gesù fra le braccia, a voler indicare il tradimento da parte della Cristianità che li aveva abbandonati al proprio destino. 

A Rodi restavano i vincitori: gli Ottomani, con i loro 60.000 morti!  

I Cavalieri, nei secoli seguenti, proseguono il loro pellegrinaggio per il mediterraneo aggiungendo i nomi dei territori visitati al loro. 

Oggi sono conosciuti come Cavalieri del Sovrano Militare Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Gerusalemme di Rodi e di Malta.

Alessandro RUGOLO

sabato 20 maggio 2017

29 maggio 1453: la caduta di Costantinopoli

Jean-Joseph Benjamin-Constant: Maometto II entra a Costantinopoli
Cinquecentosessantaquattro anni fa, Mohammed II il Conquistatore, settimo
Sultano della dinastia degli Osmanli (Ottomani), conquista la città che per lunghi secoli è stata la capitale di quella parte del mondo conosciuta col nome di Impero romano d'Oriente.
E' la fine di un'epoca e l'inizio di un'altra.
L'ultimo Imperatore Bizantino, Costantino XI Dragases Paleologo, affronta il suo destino in battaglia contro i turchi e vi muore.
Per compiere l'impresa, Mohammed II, appena ventunenne, dimostrò ingegno e forza di volontà, ma sopratutto di essere un grande stratega. In preparazione dell'attacco fece costruire su Bosforo una fortezza esattamente all'altezza di un'altra fortezza costruita precedentemente dal suo avo Bajazed I per assediare Costantinopoli. Le due fortezze consentivano agli Ottomani di controllare il Bosforo e impedire che rinforzi potessero raggiungere la città. 
L'Imperatore Costantino si rese conto delle intenzioni di Mohammed II e chiese aiuto al Papa e alle potenze occidentali cristiane. Sembra che la difesa della città fosse organizzata su circa 7.000 soldati mentre l'esercito ottomano si dice fosse costituito da 160.000 a 300.000 uomini. Inoltre i turchi possedevano i primi rudimentali cannoni.
Mohammed II  inoltre non esita a far trasportare parte della sua flotta attraverso le colline per raggiungere il Corno d'Oro, in quanto il passaggio era bloccato da una catena. 
L'assedio durò circa due mesi e si concluse con la conquista della città da parte di Mohammed II.
La Basilica di Santa Sofia, cattedrale bizantina costruita nel 537 d.C. venne adibita a moschea!
La conquista di Costantinopoli, che da allora prenderà il nome di Istanbul, fece si che l'Impero Ottomano venisse riconosciuto da tutti come tale. 
Istanbul ne diverrà la capitale fino al 1922 quando, per ragioni strategiche, la capitale venne spostata ad Ankara.

Alessandro Rugolo

venerdì 19 maggio 2017

UN ALTRO, SCONOSCIUTO, PRIMATO DEL SUD: RAGGI X IN GUERRA!


L'Ospedale Militare della Trinità a Napoli nel 1896
Come purtroppo sappiamo bene, non sempre il nostro Paese, soprattutto dopo l'annessione del Regno delle Due Sicilie, ha brillato per intraprendenza e prestigio. La “Italietta”, sorta con l'Unità nel 1870, ebbe non poche difficoltà, oggettive e soggettive, nell'affrontare il suo nuovo ruolo nella compagine delle altre Nazioni, soprattutto europee, di più antica e solida fondazione. Però non furono pochi, nonostante tutto, i primati che il giovane Stato riuscì a conseguire! Uno di questi è generalmente sconosciuto ai più e noto forse solo agli otto cultori di storia o ai quattro di storia della Medicina o ai due di storia della Medicina militare. Si tratta del primato mondiale dell'impiego dei Raggi X in ambito chirurgico per esigenze belliche.

L’8 novembre del 1895 il fisico tedesco Wilhelm Röntgen scoprì quasi per caso l’esistenza di raggi che, non conoscendone la natura, denominò, “provvisoriamente” Raggi-X, cioè sconosciuti. 
Nel 1901 vinse, per questo, il Nobel. Non brevettò mai la sua scoperta e, anche per questo, morì povero e vittima dei “suoi” raggi che, con ogni probabilità, gli produssero un cancro che lo uccise nel 1923. 
Nel giro di pochi mesi l'impiego diagnostico dei raggi rivoluzionò la Medicina. La storia riferisce che già l’anno successivo nel Regno Unito era in funzione un servizio di radiologia all’interno di un Ospedale. Ma, come già accennato, è noto solo a pochi cultori della Materia il primato, ancora una volta italiano, dell'uso della metodica in ambito sanitario militare.

Non sappiamo come, in realtà, la scoperta venne realizzata perché Röntgen nel suo testamento espresse il desiderio che tutta la sua corrispondenza scientifica venisse bruciata. Mentre conduceva ricerche sulla fisica delle scariche elettriche, utilizzando un cosiddetto tubo a gas residuo di Crookes (una capsula di vetro sottovuoto attraverso cui veniva fatta passare una corrente elettrica), vide scintille che generavano fluorescenza e un foglio di carta, sul quale era stata casualmente spalmata una soluzione al platinocianuro di bario, brillare di flebile luce. Quando mise oggetti di diversa densità tra tubo e foglio, per intercettare il “quid” che era evidentemente proiettato dal tubo sul foglio, si rese conto che su quest'ultimo venivano evidenziate solo le immagini, le ombre, degli oggetti più densi interposti mentre quelli meno densi venivano attraversati senza lasciare traccia sul foglio. Si rese conto che solo il piombo riusciva a bloccare qualunque tipo di proiezione. Continuò gli esperimenti per mesi sostituendo il foglio di carta con una lastra fotografica. Quando chiese a sua moglie, che lo aiutava nelle ricerche, di mettere la sua mano tra tubo e lastra... eseguì la prima radiografia sperimentale della storia (il 22 dicembre 1895): quella delle ossa della mano (compreso l'anello matrimoniale) della signora Röntgen! 
Il 1° gennaio 1896 notificò la scoperta ad un centinaio di colleghi, in Germania e all’estero, Italia compresa. 
Quell’alba di un nuovo anno divenne, per la scienza e la società, l’alba di una nuova epoca. La notizia della scoperta venne resa pubblica in Italia attraverso i fogli del Corriere della Sera nella edizione del 12-13 gennaio 1896.
Lo stesso Corriere, in quel suo primo annuncio, intravedeva già “… la pratica applicazione come grande aiuto nella chirurgia”. E spiegava perché: “Con simile processo, sarà agevole riconoscere la natura, l’importanza delle fratture, le ferite delle armi, specie di quelle da fuoco. Nella estrazione delle palle soprattutto, il nuovo metodo di investigazione risparmierà al ferito il metodo attuale, così tormentoso, del sondaggio, operato spesso a caso”.
Quello che Röntgen aveva scoperto, ma che non aveva ancora del tutto chiaro cosa fosse, era che in certe condizioni gli elettroni che vengono normalmente emessi dai tubi con cui stava facendo esperimenti si trasformano in una radiazione elettromagnetica con la capacità di penetrare quasi qualsiasi materiale. Si scoprì, poi, che essa poteva causare gravi patologie e danni genetici che si possono evidenziare nelle successive generazioni e, in effetti, diversi utilizzatori dei raggi svilupparono patologie ad essi correlate. Attualmente tutti gli usi dei raggi-X sono attentamente e severamente normati proprio per evitare danni da sovraesposizione.

L’interesse per i raggi X e per le loro pratiche applicazioni fu subito molto vivo in Italia, dove alcuni scienziati erano stati destinatari dell’estratto inviato da Röntgen il giorno di Capodanno.

Il direttore dell’Istituto di Fisica di Pisa, Angelo Battelli, volle verificare la possibilità di ripetere il fenomeno. Insieme ad Angelo Garbasso, docente di Fisica matematica, riuscì a ottenere diverse immagini con i raggi X, e a darne comunicazione il 25 gennaio in una pubblica conferenza. Il 26 gennaio Giuseppe Vicentini, direttore dell’Istituto di Fisica dell’Università di Padova relaziona il Reale Istituto Veneto di Scienze, Lettere e Arti e allega la prima radiografia diagnostica (mano di donna con anchilosi) eseguita il 18 gennaio. A
Perugia, il 5 febbraio, il milanese Enrico Salvioni era già in grado di presentare un nuovo apparecchio radiografico.
Proprio durante un lungo soggiorno di Röntgen nel nostro Paese, in Italia, allora in guerra con l'Impero d'Etiopia, ci fu la prima importante applicazione in chirurgia della sua scoperta.

Il fatto avvenne a Napoli, nell’Ospedale Militare della Trinità. Furono trasportati qui, con il piroscafo Sumatra, i primi feriti della Guerra di Abissinia, combattuta dalla “civile Italia contro la barbarie africana”, come dettava la propaganda del tempo. Il 23 marzo del 1896 sbarcarono, tra gli altri, i soldati Musiani Alfredo (del 2° Battaglione bersaglieri) e Sinigaglia Leopoldo (della 5° Batteria da montagna), che avevano riportato ferite d’arma da fuoco e che erano stati dichiarati trasportabili in Patria per le necessarie cure. Il primo era reduce dal combattimento di Mai Maret, del 25 febbraio, dove le nostre truppe avevano fatto registrare una vittoria quanto mai effimera. Il secondo aveva preso parte, il 1° marzo, alla sventurata battaglia di Adua, circa la cui errata conduzione sarebbe troppo lungo disquisire, ma che costò, oltre alla perdita di credibilità internazionale del nostro Paese ed alla caduta del Governo Crispi, anche 5000 – 7000 morti (Denis Mack Smith nota, nella sua Storia d'Italia dal 1861 al 1997, che ci furono più morti nella battaglia di Adua, che in tutte le precedenti guerre del Risorgimento italiano messe insieme),
1500 feriti, 3000 prigionieri, tutta l'artiglieria e 11000 fucili... La sconfitta fu anche uno schiaffo morale: dimostrava infatti che gli eserciti europei in Africa non erano invincibili e divenne un simbolo della lotta al colonialismo.
Per tornare alla storia dei Raggi X e del primato nel loro impiego clinico, il Tenente Colonnello medico Giuseppe Alvaro, che era in relazione con gli altri Professionisti interessati alla nuova metodica diagnostica, decise autonomamente di utilizzarla mediante un apparecchio che mostrava solo lievi modifiche rispetto a quello usato dal Röntgen stesso. Localizzò con esso, e poi estrasse chirurgicamente, i proietti che avevano ferito due soldati. 
Avendone lui stesso data comunicazione con una conferenza, poi pubblicata sul Giornale Medico del Regio Esercito, il fatto era destinato a lasciare una chiara traccia di sé e a legittimare la priorità, ma solo nel Regno di Utopia, evidentemente, non in quello d'Italia!


Luisa CARINI, Federico BIZZARRI, Enzo CANTARANO.



Bibliografia

Cantarano E, Carini L. Storia della Medicina e dell'Assistenza per le Professioni Sanitarie, UniversItalia, Roma, 2013, pag 156

Hailemelekot A, The Victory of Adwa - The first Victory of Africa over Colonialists
, CPE 2007
Marcus H G, A History of Ethiopia
, University of California Press, 2002, p. 99
Mack Smith D, Modern Italy: A Political History
, University of Michigan Press, 1997
Quirico D, Adua - la battaglia che cambiò la storia d'Italia
, Milano, A. Mondadori Ed, 2004.

giovedì 18 maggio 2017

Porto Torres: l'incisore Giovanni Dettori


La splendida cittadina in cui passiamo le vacanze, Porto Torres, ogni volta ci riserva qualche gradita sorpresa.
Questa volta la sorpresa è arrivata con un messaggio.

"Alessandro, che ne dici se ci vediamo verso le 19.00? Vi presento una persona veramente in gamba e che sono convinta che piacerà anche a te e a Giusy."

Il messaggio di Gianna è breve e conciso, nessuna spiegazione, niente che non sia essenziale.

"Naturalmente - rispondo subito - ci vediamo stasera."

E' venerdì, l'ultimo giorno della prima tranche di ferie, abbiamo corso tutto il giorno e siamo un po stanchi ma la giornata non è ancora finita.

Alle 19.00 incontriamo Gianna e pochi minuti dopo entriamo nella casa-laboratorio dei genitori di Giovanni Dettori, pittore e incisore, maestro dell'arte e della tecnica della xilografia, incisione su legno!


Giovanni è una persona solare, sorridente, ospitale come i Sardi che gli hanno dato i natali. Nato a Sassari nel 1972, vissuto quasi sempre a Porto Torres, si sente profondamente sardo come i genitori, di Ottana e Sennori.
Ci accoglie col sorriso e con un ottimo bicchiere di vermentino di produzione artigianale.

Gianna ci presenta e racconta la sua storia. Usando la lingua sarda e le sue doti di poetessa mette in scena un brano del vangelo.


Giovanni ci introduce alla sua arte, alla incisione su legno di ciliegio e alla sua personale via Crucis, personale in quanto da lui realizzata. Opera immensa cui ha dedicato gli ultimi quattro anni della sua vita.


"Nelle incisioni ci sono tutte le persone che hanno avuto una qualche influenza nella mia vita, nel bene e nel male!", ci dice con il sorriso sulle labbra.


Giovanni è schietto e diretto. Ci racconta dei suoi successi fuori dalla Sardegna e delle sue delusioni nella sua terra.
Delle sue esperienze in Italia, dei suoi studi, dell'importanza che ha avuto per lui suo fratello, morto giovane, dei suoi genitori e della sua ragazza Elena, la sua musa.

Il tempo è tiranno e facciamo appena in tempo ad affacciarci con rispetto nel suo studio, ad ammirare le sue opere, in mezzo ai suoi attrezzi, ai suoi quadri, alle foto di famiglia, ai fogli di ciliegio... che è già ora di andar via.


Ci ripromettiamo d'incontrarci ancora, abbiamo tante cose di cui parlare, esperienze da condividere, opere da realizzare...

Alessandro Rugolo e Giusy Schirru

domenica 14 maggio 2017

This War of Mine, in guerra non ci sono solo soldati




Produttore: 11 Bit Studios
Tipologia: Sopravvivenza - Gestionale
Anno: 2014
Piattaforma: Pc, Ps4, Xbox One, android e iOS
Giusto pochi giorni fa stavo passando in rassegna una lista di giochi che per mancanza di voglia o magari per dimenticanza avevo ottenuto o comprato ma mai finito.
This war of Mine era tra questi e il titolo ha destato subito la mia attenzione, si tratta infatti di un gioco unico nel suo genere.
Nel mare di gestionali e giochi di sopravvivenza infatti This war of Mine si distingue per temi trattati e cura dei dettagli, oltre a dinamiche di gioco decisamente azzeccate.
Il titolo della 11 bit studios non è una novità sul mercato dei videogiochi in quanto la sua data di rilascio risale al 14 novembre 2014 ma non per questo non merita di essere il soggetto di una recensione e di una analisi a qualche anno di distanza.
Dunque, di che genere di gioco stiamo parlando? This war of mine non è un gioco di guerra, This war of mine è un gioco SULLA guerra, cosa implica questa distinzione? Combatteremo una guerra non fatta solo di armi e spionaggio, bensì una guerra fatta di fame, freddo, paura ,stanchezza e depressione. Una guerra che viene combattuta ogni giorno dai civili di ogni età che si ritrovano nel bel mezzo di un conflitto che non lascia tregua, la battaglia per la sopravvivenza.
In particolare il conflitto che farà da scenario al nostro gioco è ispirato all’assedio a Sarajevo e il tutto viene reso in modo davvero verosimile, dai nostri personaggi con le loro storie e i loro problemi, alla baracca in cui dovremo vivere e dovremo riparare e attrezzare per renderla abitabile, ciò implica la costruzione di letti, sedie, fornelli, filtri per l’acqua piovana e molto, molto altro. Il gioco presenta infatti una bella componente di crafting che ricopre un ruolo vitale nel gameplay.
Il gioco si svolge in due fasi distinte: una fase giornaliera durante la quale dovremo esplorare la nostra abitazione e recuperare risorse e materiali utili per costruire nuovi oggetti come le barricate che serviranno a rendere la nostra casa sicura contro gli attacchi degli sciacalli, per poi cibare e far riposare i nostri uomini ed eventualmente curarli da ferite o malori. Durante questa fase potremo avere a che fare con numerosi incontri casuali che potrebbero avere ripercussioni importanti sulla partita.

Durante la notte invece avremo a che fare con la seconda fase del gioco, quella di esplorazione, decideremo chi dovrà restare a casa per fare la guardia o riposare e chi dovrà uscire allo scoperto per cercare scorte di viveri, medicinali o materiali utili per il già citato crafting. Avremo numerosi luoghi da esplorare come chiese, ospedali o abitazioni e potremo fare conoscenze più o meno gradite, troveremo persone in cerca di aiuto, anziani indifesi che potremo decidere se derubare o lasciare in pace, militari o sciacalli dal grilletto facile e persone come noi che per paura di venire privati delle loro scorte potrebbero compiere i gesti più violenti.
Il gioco ci mette effettivamente di fronte a scelte morali importanti e il tutto viene reso in maniera alquanto immersiva, tanto che ci interesseremo realmente delle scelte dei nostri personaggi e della loro salute e scegliere se aiutare chi bussa alla nostra porta in cerca di provviste o cacciar via gli sconosciuti potrebbe rappresentare un bel quesito. Mettere in pericolo il gruppo per fare una buona azione (che si ripercuote positivamente sul morale dei nostri) oppure scegliere di non mettere a repentaglio la sicurezza che siamo riusciti a costruire in giorni di fatica?
Sotto l’aspetto tecnico il comparto grafico è molto curato, i paesaggi distrutti,le case abbandonate e i muri in rovina sono resi con tonalità scure, grigie a carboncino e persino il cielo sembra essere campo di battaglia, tormentato e mai limpido, entrare nell’atmosfera è essenziale per godersi appieno l’esperienza di gioco e il team di sviluppo ci è riuscito appieno, anche gli effetti audio sono di qualità e la colonna sonora di grande effetto.
This war of mine è un gioco dalla incredibile profondità che merita ore e ore di gioco e passeranno ore prima di cominciare a scalfire la superficie di questa meravigliosa perla che purtroppo mi sono lasciato sfuggire al rilascio, l’unica pecca che ho trovato è la scarsa rigiocabilità che alla lunga potrebbe risultare ripetitivo. Da sottolineare il fatto che sono stati rilasciati due DLC per This War of Mine il cui ricavato viene interamente devoluto all’ente di beneficienza War Child.

Francesco Rugolo

Solimano il Magnifico, di Fairfax Downey

Vi sono libri di storia che cercano di rendere al meglio un'epoca, un periodo dell'umanità, non sempre riuscendo nell'intento. Vi sono altri libri che, avendo come intento dichiarato quello di raccontare un uomo, riescono a fare di più, descrivendo magnificamente un'epoca! A questa seconda categoria appartiene la biografia di Solimano, scritta da Fairfax.
Solimano il Magnifico, figlio di Selim il Crudele, decimo della dinastia degli Osmanli o Ottomani, sale al trono nel 1520 come "Sultano degli Ottomani, Rappresentante di Allah sulla terra, Signore dei Signori di questo mondo, Arbitro  e Padrone dei destini umani, Re dei Credenti e degli Infedeli, Sovrano dei Sovrani, Imperatore dell'oriente e dell'Occidente, Capo degli Alti Dignitari, Principe della Felicissima Costellazione, Sublime Cesare, Suggello della Vittoria, Rifugio di tutte le genti, Ombra dell'Onnipotente che dispensa la pace e la tranquillità sul globo."
Lo accolsero festanti i Giannizzeri, agli ordini dell'Agha che li precedeva.
Accompagnato da questo poderoso corpo di guerrieri Solimano fa il suo ingresso a Costantinopoli, sede dell'Impero Romano d'Oriente e poi dei Sultani Osmanli da quando, il 29 maggio 1453, Mohammed II il Conquistatore se ne impadronì.
La città risplendeva di colori. Una legge aveva decretato che le case dovevano essere tinte secondo la religione di chi vi abitava: giallo e rosso per i turchi,, grigio chiaro per gli armeni, grigio scuro per i greci, porpora per gli ebrei, bianco per gli edifici pubblici e sacri.
Il padre Selim gli aveva lasciato il compito di utilizzare le sue armate per conquistare la Cristianità!
Come spesso accade, il passaggio di potere da una generazione all'altra non è indolore. Una rivolta scoppiò in Siria. Ghasali Bey chiamò a se mammalucchi e arabi e conquistò Damasco e Beirut pensando di poter sfidare impunemente il giovane sultano.
Solimano però non si fece sorprendere, inviò immediatamente il suo esercito sotto la guida di Ferhad Pascià. Questi affrontò e sconfisse i ribelli sotto le mura di Damasco. Ghasali Bey fu ucciso e la rivolta sedata nel sangue.
Ora, avendo chiarito a tutti chi comandava, era tempo di dichiarare guerra alla Cristianità: l'Ungheria divenne il suo obiettivo. Il pretesto per l'attacco lo ebbe quando il Re Luigi II d'Ungheria fece torturare e uccidere un suo ambasciatore colpevole di aver chiesto il pagamento di un tributo per il suo Re. In vece del tributo richiesto Luigi II ricevette indietro orecchie e naso del suo Ambasciatore come chiaro messaggio che preannunciava l'imminenza della guerra.
L'esercito fu approntato. Gli Akinji (cavalleria leggera turca) si spingevano in avanti devastando i territori ungheresi. Seguiva la fanteria, gli Azab, i Giannizzeri e in coda i Deli o Teste Matte, per i loro capelli svolazzanti sotto berretti di pelle di leopardo, leone o orso; e poi vi erano i soldati della Rumelia e Anatolia, la cavalleria regolare (i Sipahi). 
I Dervisci, seminudi, correvano tra le truppe incitando alla guerra urlano brani tratti dal Corano.
L'esercito di Solimano era armato di pistole, pugnali, scimitarre, scuri, mazze, archi e frecce, artiglieria e polvere da sparo.
Per Solimano la logistica era forse la parte più importante dell'esercito. Sapeva bene che da essa dipendevano gli esiti di una campagna militare.
I Giannizzeri custodivano una bandiera bianca con una scritta tratta dal Corano e una spada fiammeggiante, lo stendardo a tre code di cavallo dell'Agha e i paioli, simbolo del loro diritto a ricevere gli alimenti da parte del Sultano!
I Giannizzeri erano le truppe scelte del Sultano sin da quando, nel lontano 1328, il fratello del sultano Orkhan aveva pensato di formare un corpo scelto costituito da cristiani, per combattere i cristiani. Catturati, ricevuti come tributo o comperati da ragazzi, venivano circoncisi e istruiti alla pratica della guerra e a servire il loro signore. Furono chiamati Yeni Tcheri, cioè "Nuovi Soldati", da cui il nome col quale vennero conosciuti in Europa:Giannizzeri.
Da loro dipendevano le fortune dei sultani Ottomani così come le sfortune!
L'esercito si presentò sotto le mura di Belgrado dove i cannoni turchi aprirono delle brecce. La Porta dell'Ungheria veniva conquistata e i suoi ultimi difensori, arresisi dietro la promessa di aver salva la vita, furono invece massacrati.

Nel corso della sua lunga vita Solimano più volte si trovò di fronte un nemico instancabile: i Cavalieri di San Giovanni, allora insediati a Rodi erano una spina nel fianco per il suo Impero.
Il loro Gran Maestro era Filippo Villiers de l'isle Adam.
Era il 6 giugno 1522 quando l'esercito di Solimano si presentò al largo dell'isola di Rodi.
Poco tempo prima Solimano aveva scritto una lettera al Gran Maestro in cui, neanche tanto velatamente, lo invitava a rallegrarsi per le sue vittorie contro l'Ungheria: "Sono lieto della tua elezione e della sovranità a cui sei stato innalzato e desidero che tu possa goderne a lungo e felicemente. E per questo spero che tu sappia superare in onore e lealtà tutti coloro che prima di te hanno esercitato il loro dominio a Rodi. E come i miei antenati si sono sempre astenuti dal toccarli, così io, seguendo il loro esempio, intendo mantenere con te rapporti di buon accordo e di perfetta amicizia. Rallegrati dunque, amico mio, e godi anche della mia vittoria e del mio trionfo: poichè l'estate scorsa, attraversando il Danubio, a insegne spiegate, vi aspettai il Re d'Ungheria, convinto che volesse darmi battaglia. Espugnai e strappai dalle sue mani Belgrado, la più forte città del suo regno, con altre località potentemente munite; e dopo aver annientato col ferro e col fuoco grandi masse di combattenti e trascinata molta gente in schiavitù nel mio ritorno di  conquistatore in trionfo, ho sciolto il mio esercito, ritirandomi nella mia sede imperiale di Costantinopoli. E da questa città ti saluto."
Il Gran Maestro prese la lettera come un avvertimento dell'approssimarsi della guerra e cominciò i preparativi rafforzando le difese dell'isola.
Seicento cavalieri e undicimila tra fanti, arcieri, cittadini e contadini dovettero affrontare l'assedio di circa centoquindici mila turchi! A capodanno Rodi era di Solimano.
I cavalieri resistettero per mesi e alla fine, per il coraggio e l'ostinazione dimostrata, Solimano concesse ai cavalieri superstiti la facoltà di lasciare l'isola con le armi, coi propri averi e con tutti i cittadini che volessero seguirli. Coloro tra gli isolani che invece gradivano restare potevano farlo, mantenendo i loro averi, la qualità di uomo libero e la propria religione!

Conquistata Rodi era tornato il momento di riprendere i conti con l'Ungheria. La vita di Solimano era votata alla conquista del mondo, come i suoi predecessori.

In più di una occasione dimostrò il suo sangue freddo affrontando in prima persona la furia dei suoi stessi soldati. La sua sola presenza era sufficiente a ristabilire l'ordine come a spingerli all'estremo sacrificio.
Eppure, quando la sua stella tramontò, il 29 agosto 1566, quasi cinquant'anni dopo la sua ascesa al potere, l'impero turco si avviava verso la dissoluzione anche a causa dei suoi errori.
A Solimano il Magnifico seguì suo figlio Selim, non all'altezza del suo ruolo. Solimano lasciò al suo successore un impero la cui prosperità non aveva paragoni, ma minato alla base da alcuni errori: la sua assenza alle sedute del Divano (l'equivalente del Consiglio dei Ministri), l'assegnazione di alte cariche a persone che non avevano percorso tutta la scala gerarchica, la corruzione generalizzata e la mal riposta fiducia nei suoi parenti più prossimi, la schiava-moglie Rosselana e i suoi figli.

Un bellissimo libro, da leggere e conservare nella propria biblioteca per  approfondire personaggi e avvenimenti di quell'epoca.

Alessandro Rugolo