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domenica 30 luglio 2017

Alle frontiere del Cyber space: cosa accade se un video può essere codificato nel DNA di un batterio?

Foto by NIAID (National Institute of Allergy and Infectious Diseases)
Il mondo è sempre più complesso e spesso le scoperte scientifiche possono avere dei risvolti non sempre prevedibili.

Cosa accade in un mondo in cui un video può essere codificato all'interno del DNA di un batterio vivente?

Questa domanda, all'apparenza banale, nasconde invece una nuova realtà.

Un tempo alcune attività umane, come lo spionaggio, erano appannaggio di pochi uomini e donne che si occupavano di trovare informazioni e farle uscire, in qualche modo, dal paese che le deteneva per portarle nel proprio paese.
Le informazioni, a seconda della loro importanza, potevano essere nascoste con i metodi più ingegnosi.
Talvolta venivano cifrate rendendole incomprensibili a chi non possedeva la giusta chiave ma, in linea di massima, le informazioni dovevano essere scritte su un supporto (carta, papiro, legno...) per essere trasportate.
Poi l'avvento dell'informatica e la diffusione delle telecomunicazioni ha fatto si che il furto delle informazioni e il loro trasferimento avvenisse senza la necessità di spostarsi fisicamente per portare le informazioni dove erano richieste. L'utilizzo di metodi di cifratura dei dati e la loro trasmissione su reti ormai sempre più presenti nell'intero mondo hanno semplificato il lavoro delle spie, trasformandole però in spie tecnologicamente avanzate.

Oggi una nuova frontiera si sta aprendo.

Già da tempo si conoscono le proprietà del DNA legate alla capacità di immagazzinamento delle informazioni della forma di vita cui appartiene ma è da poco che il DNA è stato sintetizzato ed è di pochi anni fa l'impiego del DNA sintetizzato per il trasporto di informazioni non direttamente legate alla funzione del DNA, informazioni codificate dal ricercatore (vedi articolo).

Ora, in un articolo pubblicato su Researchgate.net, Maarten Rikken intervista Seth Shipman del dipartimento di Genetica della Harvard Medical School di Boston, autore di uno studio pubblicato su Nature sulla codifica di un video all'interno del DNA di una cellula vivente di un batterio di Eschirichia Coli.
Seth Shipman spiega che l'obiettivo dello studio era quello di provare se il sistema Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats (CRISPR-Cas) è utilizzabile per catturare informazioni complesse comprensive della componente temporale e memorizzarle all'interno di una cellula di E. Coli vivente.
L'esperimento ha avuto successo e questo significa che si aprono nuovi scenari per coloro che hanno bisogno di spostare dati senza che qualcuno possa individuarli. 

Sarà sufficiente codificare i dati nel DNA di un batterio, contagiare un essere vivente, umano o meno, magari un innocuo cagnolino, e fargli attraversare il confine. 
Quindi si dovrà estrarre il batterio dall'ospitante e procedere infine alla estrazione dei dati.
Data la velocità di riproduzione dei batteri si dovrà verificare se la trasmissione dei dati codificati viene trasmessa di generazione in generazione e con quale precisione e affinare le modalità di codifica e di estrazione per ridurre gli errori, ma la tecnica sembra sicura.
La stessa tecnica potrebbe essere impiegata anche per conservare i dati nel tempo o per garantirne la sopravvivenza grazie alle capacità di replica pressochè infinita dei batteri.
Naturalmente solo grandi organizzazioni potranno sfruttarne le potenzialità ma non mi stupirei se tra qualche anno negli aeroporti verremo sottoposti a controlli per verificare la presenza di DNA sintetico nel nostro corpo!

Altro che fantascienza, benvenuto futuro!

Alessandro Rugolo

sabato 29 luglio 2017

S'Ardia: la fede e l'ardimento in Sardegna

Andare a cavallo per qualcuno è poco più che uno sport, ma vi sono alcuni luoghi in cui la storia si è fermata e la corsa a cavallo significa molto altro.

Un piccolo paese della sardegna, Sedilo, in provincia di Oristano, ogni anno si risveglia immerso nel passato. 
Il rito, perchè di questo si tratta, consiste nel rivivere gli avvenimenti storici della battaglia di Massenzio, svolta il 28 ottobre del 312 d.C a Roma.
In quell'anno Costantino combattè contro Massenzio sconfiggendo le truppe in più riprese, prima a Torino, poi a Verona e infine a Roma presso Ponte Milvio. 
Qui Massenzio venne sconfitto e muore affogato nel Tevere.
Secondo la leggenda Costantino il giorno prima della battaglia di Torino ebbe una visione. Nel cielo apparve un segno, simile ad una croce, ed una scritta che diceva "in hoc signo vinces" ovvero "con questo segno vincerai". 
Ciò fu di augurio a Costantino, fiducioso del fatto che il Dio dei cristiani l'avrebbe aiutato.
Comunque siano andate le cose, s'Ardia è la commemorazione di questa battaglia che decretò il passaggio del potere nelle mani di Costantino. Ardia, secondo alcuni studiosi significa "guardia", posto di guardia. Sarebbe dunque il posto di guardia del santo Costantino.
Chiesa di Santu Antine - Sedilo

S'Ardia si svolge tutti gli anni il 6 e 7 luglio... la cerimonia religiosa e la cavalcata è la fase finale di un processo che dura anni. Il parroco raccoglie le candidature di coloro che si propongono per ricoprire i diversi ruoli. Il più importante di questi è la prima "Pandela", ovvero il portatore dello stendardo benedetto, che rappresenta l'Imperatore Costantino e la cristianità più in generale. A lui si affiancano la seconda e la terza pandela. Un altro gruppo di cavalieri gli fa da scorta, impedendo a tutti gli altri di superarli. 
Se qualcuno tenta di superarli viene attaccato dalla scorta per impedirglielo.


Tutta la corsa, preceduta dall'arrivo a cavallo del parroco, del sindaco e del maresciallo dei carabinieri, dura una mezz'ora ed è accompagnata da un folto gruppo di uomini che hanno il compito di annunciare l'arrivo dell'Imperatore Costantino sparando in aria a salve. Anche grazie a loro, quando i cavalli si gettano nella corsa a capofitto, l'atmosfera è già carica di tensione. Gli spettatori ammutoliscono di fronte al passaggio furioso dei cavalieri...


Poi la prima Pandela rallenta e effettua alcuni giri attorno alla chiesa
per poi gettarsi di nuovo a capofitto verso "sa muredda", attorno alla quale farà ancora alcuni giri di passo per fermarsi ogni volta di fronte alla croce. 
La prima pandela, quando vuole, si lancia nuovamente verso la chiesa e così termina la corsa.
S'Ardia rappresenta un po' lo sprezzo del pericolo dei sardi, ottimi cavalieri da sempre, e la loro fede per la cristianità e partecipare, anche da semplice spettatore allo spettacolo risveglia lo spirito guerresco delle popolazioni antiche.
I giovani dei paesi della zona, vestiti con pantaloni scuri di fustagno e camicia immacolata, vorrebbero essere tra coloro che corrono, glielo si legge in volto... e un giorno probabilmente si iscriveranno alla corsa e diverranno protagonisti!

Corsa intorno a sa muredda

Lo spirito ospitale del popolo sardo, si risveglia maggiormente in queste occasioni, così se avete amici del luogo non è raro trovarsi invitati alla tavola imbandita per l'occasione e magari assaggiare qualche piatto sconosciuto alle guide e ai ristoratori.
Noi abbiamo avuto questa fortuna e ringraziamo per ciò Gianna, sua cugina Lina e suo marito Nino per averci ospitato e fatto conoscere il pane di Zichi cucinato con il sugo, il cinghiale al latte e l'ottima acquavite, specialità di Bonorva che non posso che definire paradisiache...

E così, s'Ardia, ha conquistato due nuovi estimatori.

Arrivederci all'anno prossimo a Sedilo!

Alessandro Rugolo e Giusy Schirru

giovedì 20 luglio 2017

Guglielmo Marconi, un genio italiano

Guglielmo Marconi morì a Roma il 20 luglio del 1937, esattamente ottant’anni fa, per un attacco cardiaco. Con lui scompare un grande protagonista dell’inizio del ‘900. A lui dobbiamo (anche se non fu l’unico!) gli enormi sviluppi del mondo delle telecomunicazioni.

Marconi da autodidatta realizzò i primi esperimenti sulla trasmissione delle onde radio, realizzando immediatamente le potenzialità dell’invenzione si rivolse per lettera al Ministero delle Poste e Telegrafi, guidato dall’Onorevole Pietro Lacava, la sua richiesta di aiuto venne bollata con un “alla Longara”, nel senso di “da mandare in manicomio”!
Questa fu la prima volta che Marconi si scontrò con l’ottusità del mondo politico italiano, miope allora come oggi.

Quest’incidente lo spinse a presentare richiesta di brevetto presso gli uffici di Londra nel 1896, dove inoltre iniziò a collaborare con l’Ammiragliato e con diversi giornali.
Nel 1897, a Londra e non a Roma, nasce la Wireless Telegraph Trading Signal Company. Sarebbe potuta andare diversamente, forse, ma di se e di ma è costellata la storia che non è!

Svolse il servizio militare presso l’Ambasciata di Londra dal 1 novembre 1900 e poi fu trasferito in Italia e congedato il 1 novembre 1901. Pochi anni dopo, il 10 dicembre del 1909 Marconi riceve il Nobel!

Il 19 giugno 1915, già senatore del Regno d’italia dal 30 dicembre 1914, si arruolò nel Regio Esercito con il grado di tenente di complemento del Genio.
Il 27 luglio 1916 viene promosso Capitano.
Prestò servizio nell'Istituto Radiotelegrafico della Marina e il 31 agosto 1916 transitò nella Regia Marina con il grado di Capitano di Corvetta. Il 1° novembre 1919 venne congedato. Nel 1920 è promosso al grado di Capitano di Fregata in Congedo. Nel 1931 venne promosso al grado di Capitano di Vascello in congedo.
Nel 1933 Guglielmo Marconi mostrò ad alcuni alti Ufficiali dell’Esercito una sua nuova invenzione. Si trattava di un apparecchio che consentiva di rilevare la presenza di oggetti metallici nelle vicinanze, ovvero il prototipo del radar. Ancora una volta nessuno riconosce il suo genio e dovrà proseguire gli esperimenti con le sue proprie forze.
Eppure le sue idee avrebbero potuto essere utili ad una nazione che da li a poco sarebbe entrata in guerra.
Il 20 luglio 1937, all’età di 63 anni muore Guglielmo Marconi, un genio italiano.
Il Re Vittorio Emanuele III di Savoia ne riconobbe i meriti e con la legge nr. 276 del 28/3/1938 ha decretato che: "Il giorno 25 aprile è anniversario della nascita di Guglielmo Marconi, è dichiarato, a tutti gli effetti, giorno di solennità civile", legge non più in vigore oggigiorno, abrogata con il Decreto-legge 22 dicembre 2008, n. 200 "Misure urgenti in materia di semplificazione normativa" pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 298 del 22 dicembre 2008 - Suppl. Ordinario n. 282/L.

Nel giorno dell’ottantesimo anniversario dalla sua morte, onori a Guglielmo Marconi, un genio italiano!

Alessandro RUGOLO

domenica 16 luglio 2017

Una lezione d'arte da Giovanni Dettori: puntasecca e acquatinta




Prima di partire per la Sardegna per le ferie non avrei mai pensato di assistere ad una lezione di puntasecca e acquatinta. Eppure così è la vita e a volte ti riserva delle piacevolissime sorprese.

Eravamo stati assieme ad una cena e in quella occasione Giovanni Dettori, incisore di Porto Torres, ci ha detto che se avessimo avuto qualche ora da dedicargli ci avrebbe mostrato come si prepara una stampa.


Noi abbiamo accettato subito e così, qualche giorno dopo, un sabato mattina, ci siamo ritrovati nel suo laboratorio artistico per assistere ad una lezione tutta per noi!
Giovanni ci ha così introdotto alla tecnica di incisione chiamata “puntasecca e acquatinta”, spiegandoci come si incide una lastra metallica da utilizzare per effettuare delle stampe artistiche.

Il nome deriva dagli strumenti impiegati per la realizzazione dell'opera, punte metalliche, resina in polvere e acido.

Il laboratorio è un mondo ricco di oggetti interessanti e sconosciuti a chi non fa parte dei pochi appassionati dell'incisione.
Ogni oggetto, seppur all'apparenza vecchio o inutile ha una sua ragion d'essere.
Alcuni stracci appesi, per esempio, di tessuto tarlatana, anche se usati e riusati servono allo scopo di pulire le lastre dall'eccesso d'inchiostro. 

 

Un vecchio pentolino in ferro smalto si scopre essere un rudimentale fornello ad alcool. Pennelli, punte per incisione, inchiostri, colori, sabbie e carta di tutti i tipi, perfino calze da donna in nylon hanno tutte la loro utilità che solo l'artista è in grado di mostrare pienamente.

Un bel torchio, del quale Giovanni ci ha raccontato la storia, fa bella mostra di se al centro del piccolo laboratorio e sarà protagonista della fase finale, la stampa, dell'opera. 

Giovanni ci mostra la lastra metallica già incisa, rappresenta la “Vergine in preghiera” di Giovan Battista Salvi detto il “Sassoferrato”, quadro esposto alla National Gallery di Londra. Il lavoro è stato realizzato già da qualche anno ma a noi interessa la preparazione della stampa, anche perché realizzare un'incisione richiede molto più tempo.


La lastra deve essere preparata, riscaldandola. Giovanni maneggia la lastra calda senza particolari accorgimenti ma solo perché l'abitudine glielo consente. Una lastra metallica calda va maneggiata attentamente per tutti gli altri. 
Poi si procede alla stesura dell'inchiostro sulla lastra ancora calda, rigorosamente a mano, in questo modo l'inchiostro aderisce meglio. Ci si sporca un po, ma così ci si rende conto dell'uniformità dell'inchiostro sulla lastra. 

Ora si può procedere alla pulitura dell'inchiostro in eccesso. La prima sgrossatura avviene con l'uso di un pezzo di tarlatana. Poi si passa al lavoro di finitura. Anche in questo caso si utilizzano le mani nude. Poggiata la lastra su un lato e tenendola ben salda con una mano, si procede a “spazzolarla” energicamente col palmo della mano. Fino a che non compare in tutto il suo splendore l'immagine in precedenza nascosta dall'inchiostro.
 
Prima di iniziare la preparazione della lastra Giovanni ci ha mostrato la carta che utilizza, facendoci notare le differenze di peso, colore, filigrana e rigidità. Scelta la carta su cui effettuare la stampa, una bellissima carta “Amalfi” nel nostro caso, l'ha immersa in una bacinella d'acqua e quindi l'ha messa ad asciugare. La carta così ammorbidita è più facilmente “impressionabile”.
 
Ora occorre rifinire la lastra. Un tocco con il bianco di Spagna lungo i bordi e la lastra è pronta.
Il torchio da stampa, proveniente da Torino, è pronto all'uso. Giovanni vi dispone la lastra metallica incisa e quindi vi posiziona sopra con attenzione la carta Amalfi ancora umida. 

Poi ricopre il tutto e si mette al “timone”.


E' questione di un attimo!
Pochi giri di ruota e il gioco è fatto.

Giovanni solleva lentamente un lembo della stampa per rivelare la sua opera d'arte.  

Un'arte, forse, un po dimenticata ma che non manca di stupire chi, come noi, ha la fortuna di assistere alla nascita di una stampa.
Ancora una volta la “Vergine in preghiera” prende forma dalla lastra incisa… poi verrà riposta, fino a quando non servirà nuovamente al suo realizzatore.

 
In un'ora di “lezione” abbiamo imparato molto, soprattutto ad apprezzare il lavoro dell'incisore Giovanni Dettori, artista, sardo, nostro amico... 





Alessandro Rugolo & Giusy Schirru

sabato 15 luglio 2017

FIWARE e Difesa: intervista al Dottor Avallone





Cos'è FIWARE?

In breve: si tratta di una iniziativa europea nata dalla Public Private Partnership Future Internet, volta a aumentare la competitività europea nel campo dell'Information and Communication Technology (ICT). FIWARE è oggi una fondazione indipendente.
Ci si potrebbe chiedere: come?
Per mezzo di una infrastruttura tecnologica basata su OpenStack (architettura open source per il cloud computing) e di un insieme di specifiche di comunicazione basate su standard open in grado di aiutare gli sviluppatori a creare smart app per la gestione di servizi nei più disparati settori.
La forza di FIWARE sta nella capacità intrinseca di semplificare la creazione di smart application, consentendo un non indifferente risparmio di tempo nella creazione di applicazioni e aumentando, di conseguenza, la competitività di chi ne fa uso.
Il successo dell'idea è testimoniato dall'immagine qui sotto, che rappresenta la community europea.
Ma FIWARE, dal 2016, si sta dimostrando competitiva in tutto il mondo.
FIWARE mette a disposizione delle community di sviluppatori alcuni potenti strumenti e i cosiddetti "Generic Enablers", ovvero dei moduli base da utilizzare, come i mattoncini della Lego, per costruire applicazioni complesse. La maggior parte dei Generic Enablers è rilasciata sotto licenza open, ma esistono anche blocchi proprietari.
Qualcuno potrebbe pensare che si tratti di una iniziativa destinata a morire a causa dei forti interessi delle industrie del software, ma sarebbe subito smentito.
Attualmente più di la fondazione conta oltre 100 membri (tra questi alcuni giganti del mondo ICT europeo quali la spagnola Telefonica, la francese Orange, l'europea Atos, l'italiana Engineering ma anche la giapponese NEC).
Se ciò non bastasse a far capire la magnitudo del fenomeno FIWARE, posso aggiungere che nel progetto sono già stati investiti più di 400 milioni di euro!
La fondazione gestisce diversi laboratori che possono essere utilizzati per testare le applicazioni prodotte. Inoltre FIWARE fornisce anche supporto e formazione a chi è interessato.
Tra le iniziative più interessanti, dal mio punto di vista, vi è quella relativa alle Open and Agile Smart Cities, iniziativa che mira a sviluppare un mercato aperto basato sui bisogni delle città e delle comunità che le compongono.
A febbraio del 2017 più di cento città in Europa hanno aderito al progetto.
Tra queste ve ne sono otto in Italia: Milano, Palermo, Lecce, Cagliari, Terni, Ancona, Genova e Messina.
Ma quali possono essere i risvolti dell'iniziativa FIWARE nel mondo della Difesa?
Per provare a capirlo abbiamo incontrato il dottor Dario Avallone, Capo del settore ricerca e sviluppo della Società Engineering e responsabile dell'iniziativa FIWARE.
Dottor Avallone, lei lavora per una grande società informatica italiana, la Engineering1, come Capo del settore ricerca ma allo stesso tempo segue il progetto FIWARE2. Qual è il suo ruolo nel progetto europeo?

Per arrivare ad inquadrare il mio ruolo nel contesto FIWARE riassumo brevemente i passaggi più importanti che hanno consentito di portare FIWARE a quello che è oggi. Anticipo che Engineering ha giocato un ruolo fondamentale fin dall’inizio, che sta continuando oggi, in modo sempre più attivo.
Nel 2009 la Commissione Europea lancia il programma sulla Future Internet come Partnership Pubblico-Privato assieme alle industrie europee. Nel 2012 nasce FIWARE come soluzione tecnologica composta dai cosiddetti servizi generici (Generic Enabler). Nel 2014 i Geneic Enabler sono messi a disposizione di chiunque li voglia provare attraverso il FIWARE Lab, un ambiente cloud distribuito in tutta Europa. Vengono sviluppati una serie di applicazioni pilota per aree tematiche (es. energia, sanità, trasporti, sicurezza…). Nel 2015 inizia il programma di accelerazione che vede un investimento di circa 80M€, rivolto alle start-up e piccole-medie imprese europee3, e che in due anni porta sul mercato un migliaio di applicazioni che utilizzano FIWARE. Nel 2015 inizia la trasformazione di FIWARE da progetto europeo a Community Open Source; diventa un aspetto chiave per l’Open & Agile Smart Cities Initiative4; nascono le prime offerte di piattaforma commerciale. Nel 2016, un passo molto importante, con la creazione della FIWARE Foundation, ente non-profit con la missione di garantire la sostenibilità dell’ecosistema FIWARE.
Engineering è uno dei membri fondatori della FIWARE Foundation5, assieme ad ATOS, Telefonica ed Orange; io sono un membro del Board dei Direttori della fondazione.
Come si capisce da questa rapida introduzione, parlare di FIWARE come progetto europeo è, oggi, troppo riduttivo.

Difesa on line si occupa del mondo militare sotto tutti i punti di vista ed anche l'informatica ha la sua importanza. Secondo lei il progetto FIWARE può rappresentare una opportunità per la Difesa? Vi sono dei progetti in FIWARE dedicati al mondo della Difesa?

Considerando le opportunità offerte dallo stack tecnologico messo a disposizione da FIWARE e come questo è stato sfruttato con successo dal programma di accelerazione citato in precedenza, sicuramente è possibile immaginare che FIWARE possa rivelarsi una soluzione vantaggiosa anche per alcune delle molteplici esigenze che il sistema ICT della Difesa deve soddisfare. Aspetti portanti della filosofia FIWARE quali la completa apertura delle interfacce di programmazione dei servizi e la loro disponibilità in Open Source sono a mio avviso delle caratteristiche di flessibilità e trasparenza estremamente importanti per una soluzione da utilizzare in ambito pubblico. Ovviamente, quando si affronta un utilizzo concreto di qualunque soluzione software, non sono da sottovalutare altri aspetti come la qualità dei componenti ed il supporto allo sviluppo.
Analizzando le mille applicazione che citavo in precedenza non possiamo dire che ce ne siano di espressamente dedicate al mondo della Difesa. Questo a mio avviso è principalmente dovuto a questioni di opportunità di business ed alla vicinanza degli attori (start-up e PMI) a settori quali industria, salute, trasporti e società per elencarne alcuni. Ritengo che potrebbero essere di particolare interesse quei componenti che facilitano l’integrazione tra l’ambiente reale e quello digitale, ovvero i servizi dedicati all’Internet of Things per interfacciare le applicazioni con sensori ed attuatori che sono, ad esempio, presenti negli ambienti in cui viviamo. A completamento di questo tipo di interfaccia con il mondo fisico, FIWARE sostiene fortemente l’importanza della ricostruzione del contesto nel quale si opera. Solo con un’adeguata ricostruzione del contesto è possibile attivare logiche di analisi e supporto alle decisioni.
Detto questo, la natura di servizi general purpose di FIWARE non ne limita l’utilizzo in settori specifici.

Tra i paesi europei la Germania è forse quello che ha investito di più nell'Open Source. L'Italia, secondo lei, come è posizionata nel settore?

Considerare il tema dell’adozione del software Open Source in generale richiederebbe un’intervista dedicata solamente a quello. Restringendo il tema all’esperienza FIWARE viene confermata la sua visione relativa alla Germania, infatti la sede della FIWARE Foundation si trova a Berlino. Per quanto riguarda il nostro paese troviamo che sono più di 100 le imprese che hanno avuto successo nel programma di accelerazione e che operano in settori come ad esempio l’agroalimentare, l’energia, i trasporti e le smart city. Contando anche tutte le imprese che hanno partecipato alle fasi iniziali otteniamo una massa critica che porta con se una cultura nell’utilizzo del software Open Source che è molto promettente per il futuro. Mi lasci precisare che oltre al software altrettanto importanti sono gli Open Standard e gli Open Data, per avere un quadro completo.
Come si capisce, non nascondo la predilezione per il software a codice aperto.
Dal punto di vista strategico FIWARE sembra essere una ottima opportunità europea per interrompere (o almeno rallentare) lo strapotere delle multinazionali statunitensi. Come è vista l'iniziativa nel mondo politico italiano?

Dire come è vista l’iniziativa FIWARE nel mondo politico italiano non è sicuramente cosa semplice. Pur essendo FIWARE una risposta coerente con la spinta politica data dalla Commissione verso l’adozione di Piattaforme Aperte, in Italia queste raccomandazioni non trovano ancora adeguata accoglienza da parte dei decision makers delle nostre istituzioni pubbliche. Concretamente, soprattutto per quanto attiene le gare d’appalto tradizionali, ancora oggi, l’utilizzo di software e standard aperti non sembra essere un elemento particolarmente qualificante. D’altro canto, la sensibilità dei nostri rappresentanti istituzionali verso le piattaforme e gli standard aperti è molto più percepibile nelle iniziative a forte contenuto innovativo. Ad esempio ad oggi nove città Italiane hanno aderito all’associazione Europea denominata OASC (Open Agile Smart City), alla quale facevo riferimento all’inizio, finalizzata esattamente a promuovere l’utilizzo delle piattaforme e degli standard aperti. In tale contesto, l’utilizzo di FIWARE è assolutamente ben visto soprattutto per realizzare applicazioni sperimentali ed a forte contenuto d’innovazione.
Personalmente questo mi rende fiducioso che in un tempo ragionevole FIWARE possa trovare riconoscimento ed utilizzo anche in contesti meno ristretti proprio grazie ad i vantaggi, sia in termini economici che di riutilizzo, che la sua adozione può garantire alle Pubbliche Amministrazioni. In riferimento proprio a questo aspetto abbiamo già condotto una prima valutazione di come FIWARE risponde al Modello Strategico di evoluzione dell’ICT della Pubblica Amministrazione presentato da AgID nel documento recentemente pubblicato che presenta il Piano Triennale per l’informatica nella PA.

Il mondo moderno si è risvegliato nel bel mezzo del cyberspace, forse senza ben comprendere come ci sia finito. Ciò significa che oltre a dover gestire l'aumentato rischio, si potrebbero creare tante opportunità per lo sviluppo del settore legato alla sicurezza informatica. FIWARE come gestisce la sicurezza? Quali best practices sono impiegate nel processo di produzione di software?
Come viene gestito il controllo di qualità? Quali sono i percorsi formativi di FIWARE nello specifico settore?

Vediamo un punto alla volta iniziando dalla questione sicurezza. FIWARE affronta questo tema, mettendo a disposizione degli sviluppatori di applicazioni, una serie di servizi (Generic Enabler) che consentono la gestione dei profili utente e la protezione dei servizi web che compongono l’applicazione. Ricordo che FIWARE ha scelto l’implementazione delle interfacce dei Generic Enabler secondo il paradigma architetturale basato su web service REST. La protezione di questi servizi web (esposti dai Generic Enabler o dall'applicazione) è consentita dall’utilizzo ed opportuna configurazione di componenti che fruttano regole di autenticazione ed autorizzazione per consentire l’utilizzo del servizio protetto. I profili degli utenti sono gestiti da FIWARE con un Generic Enabler che fornisce le funzionalità di un tipico strumento di Identity Manager.
Lo sviluppo dei Generic Enabler è un processo continuo, almeno per la maggior parte di quelli che sono pubblicati nel catalogo ufficiale. Il modello di sviluppo generalmente adottato prende ispirazione da quello Agile prediligendo lo sviluppo in base alle effettive esigenze che si raccolgono dagli sviluppatori delle applicazioni. Per favorire, appunto, il dialogo tra sviluppatori di Generic Enabler e sviluppatori di applicazioni è a disposizione una serie di canali che vanno da mailing list tradizionali a servizi di Question and Answer fino ad un sistema dedicato che consente di tracciare tutte le richieste e le relative risposte. Per quanto riguarda la scelta del linguaggio di programmazione per implementare i Generic Enabler, questa viene lasciata libera grazie al livello di separazione fornito dalle interfacce REST.
All’interno della FIWARE Community (ed attualmente in collaborazione con il progetto FI-NEXT) è presente un gruppo di persone dedicate al test dei Generic Enabler, il QA Team. I test che sono presi in considerazione da questo team di persone, indipendenti dagli sviluppatori dei servizi, sono, oltre ad i tradizionali test funzionali e di prestazioni, anche quelli relativi alla documentazione (installazione ed utilizzo), alle informazioni pubblicate nel FIWARE Catalogue6 e nella FIWARE Academy7. Una volta completate tutte le tipologie di test per un Generic Enabler è possibili calcolare un indicatore sintetico di qualità che a sua volta viene pubblicato, come informazione rilevante, all’interno del catalogo.
Per quanto riguarda la formazione, su come utilizzare i Generic Enabler, sono stati organizzati nel corso degli anni ed in diverse sedi europee, diversi eventi di formazione dove gli sviluppatori dei componenti tenevano dei corsi. FIWARE mette comunque a disposizione di chiunque fosse interessato un portale, la FIWARE Academy, che raggruppa materiale formativo di varia natura (seminari, video, presentazioni).
In aggiunta al materiale liberamente accessibile, sono a disposizione dei corsi strutturati in più giorni, con esercitazioni pratiche, generalmente forniti dai membri della FIWARE Foundation, come nel caso di Engineering.

Tra i progetti di FIWARE, a suo parere qual è il più promettente, quello che sicuramente avrà un grande impatto su tutti noi consumatori di servizi digitali?

Per diversi aspetti ci possono essere vari progetti sviluppati utilizzando FIWARE e che concentrandosi su un’esigenza specifica generano un impatto sugli utenti. Quello che vorrei citare invece è CEDUS8 (City Enabler for Digital Urban Services), un progetto che consente di raccogliere i dati, molto spesso già presenti, nelle città, di organizzarli e di visualizzarli sotto forma di mappa interattiva. Questo permette di supportare le decisioni in ambito urbano e favorire la realizzazione di nuovi servizi basati sui dati raccolti. Due vantaggi evidenti e derivanti dall'utilizzo di FIWARE sono: primo, l’indipendenza dal fornitore, sia di dati che di sviluppo dei servizi; secondo, la portabilità, e replicabilità presso diverse realtà urbane.
Il City Enabler sta già dando prova delle sue potenzialità di generare l’impatto al quale lei fa riferimento, infatti, una conferma dell’interesse verso questa soluzione arriva in ambito internazionale, come primo risultato della partecipazione al bando (di tipo pre-commercial procurement - PCP) chiamato Select4cities9. Questo bando è stato pubblicato a marzo scorso dalle città di Anversa, Copenhagen e Helsinki per “comprare” una piattaforma urbana innovativa, open, multi-dominio, scalabile e replicabile. Su 28 consorzi europei che hanno partecipato alla fase 1 della gara, quello basato sull’utilizzo di CEDUS, e condotto da Engineering, è risultato il migliore (con notevole distacco dal secondo), sia per innovatività della risposta tecnica che per l’offerta economica.
L’aspetto che rende questo caso interessante è che le tre città non sono solo alla ricerca di un’unica soluzione da applicare a domini differenti, che sono precisamente: mobilità, ambiente e sanità ma si pongono anche come buyers di innovazione per altre città. In sostanza un modello virtuoso da studiare da vicino e, magari, da proporre e sviluppare anche nel nostro Paese.

Dottor Avallone, la ringrazio a nome di Difesa on line, ora abbiamo tutti un po più chiara l’importanza del progetto FIWARE e dell’Open Standard in generale sempre più utilizzati nel mondo civile e in un prossimo futuro, magari, nel mondo della Difesa.


Alessandro RUGOLO
1Engineering Ingegneria Informatica SpA - www.eng.it
2FIWARE – www.fiware.org
3Mappa delle soluzioni europee sviluppate con FIWARE - http://map.fiware.org
4Open & Agile Smart Cities Initiative - http://www.oascities.org
6FIWARE Catalogue – https://catalogue.fiware.org
7FIWARE Academy – https://edu.fiware.org

sabato 1 luglio 2017

Sa cantone 'e presone, di Barore Testoni

Barore Testoni, ovvero Salvatore Testoni di Bonorva (1865-1945), è uno dei più grandi poeti della canzone sarda. 
Oggi solo pochi cultori della poesia sarda si ricordano di lui eppure, in un tempo non troppo lontano, lo si poteva incontrare ed ascoltare nelle feste paesane. 
Le gare poetiche fino a qualche decennio fa erano molto di moda nei paesi. Allora, ragazzo, non apprezzavo. Oggi mi rendo conto che queste erano parte integrante del mondo della cultura della Sardegna e mi piacerebbe che i poeti in limba tornassero a fiorire e ad intrattenere i paesani con le loro rime su argomenti spesso improvvisati.
Nel mentre faccio ciò che posso, diffondendo come si può le cose che ho letto o sentito.
In questo caso devo ringraziare Gianna Piredda per avermi prestato il libretto "Sa cantone 'e presone" da cui ciò che segue è tratto. Un pezzo di poesia che, per come è scritto, sembra essere autobiografico (però le date non tornano!).
Il libretto è stato pubblicato diversi anni fa da un vecchietto, almeno io l'ho sempre conosciuto vecchio, che girava per le sagre e feste paesane con una cassettina a tracolla al cui interno custodiva la sua merce più pregiata: le poesie dei più grandi poeti sardi. Questo amante della lingua sarda si chiamava Antonio Cuccu e a lui dobbiamo forse la salvezza di tante poesie. Un pensiero anche a lui, assieme a Barore Testoni.
La traduzione, in colore blu, è mia e di mia moglie Giusy; speriamo di aver tradotto fedelmente (non letteralmente) e di aver conservato almeno parte della musicalità dell'originale in lingua sarda. Ma ora basta preamboli, buona lettura!

Partenzia a s'Asinara

S'annu barantatrese so istadu
Dae Tattari trasferidu e s'Asinara
Su vinti e martu m'hana imbarcadu
Ai cuss'isola indigna e avara
Ue appo tres'annos iscuntadu
Sa terribile pena pius amara
Logu indignu bruttu e malaittu
M'han giuttu a iscontare su delittu.

Partenza per l'Asinara

Nel '43 sono stato
Da Sassari trasferito all'Asinara
Il 20 marzo m'hanno imbarcato
Per quell'isola indegna e avara
Dove tre anni ho scontato
La terribile pena più amara
In un luogo indegno brutto e maledetto
M'han mandato a scontare il delitto.

Iscontende sa dura disciplina
Tres'annos so istadu patidore
Malidu e senza meighina
Poi pagu valente su dutore
E peus fi sa razza segundina
Senza de coro non tenen amore
Nudu, isculzu e mortu e frittu
Vivende in cussu logu malaittu.

Pagando per la dura disciplina
Tre anni ho passato sofferente
Malato e senza medicina
Ed inoltre poco capace il dottore
Peggio ancora la razza dei secondini
Senza cuore, non avevano amore
Nudo, scalzo e morto di freddo
Vivendo in quel luogo maledetto.

In cue più dura ap'incontradu
Sa pena chi mancu lu creia
So che unu cadavere torradu
Dae su famine in pè non mi rezzia
E atteros chin d'app'osservadu
Sas carres fini peus de sa mia
Tottu dae su famine congiuntoso
Chi parian sepultados defuntoso.

Dove più dura ho trovato
La pena, cosa che possibile non credevo
Come un cadavere son tornato
Dalla fame in piedi non mi reggevo
E altri di cui ho osservato
I corpi erano anche peggio del mio
Tutti, dalla fame, uniti
Sembravano defunti seppelliti.

Gai tristos ses meses so istadu
Fatende sa vida e s'aradore
Trascinare non podia s'aradu
Fia debile e forza e de vigore
E poi mestiere cambiadu
E postu m'hana a faghe su pastore
Gai sa vida in porpozione
Fi mezzus magari a razione.

Così tristi sei mesi sono stati
facendo la vita da contadino
a trascinar l'aratro non riuscivo
Ero debole di forza e vigore
E poi mi hanno cambiato mestiere
E mess' m'hanno a far il pastore
Così la vita in proporzione
Era meglio, anche se a mezza razione. 

S'aria ca fi troppu apititosa
Aria marittima isolana
A mandigare non b'aia cosa
Solu che custu ranciu non li dana
Sa minestra fu pagu saporosa
Su brou fi che abba e funtana
Su ranciu ispariad'a sa lestra
Ca fini trinta grammos de minestra.

L'aria faceva venire fin troppo appetito
Aria marittima, isolana
Da mangiare non c'era niente
Solo questo rancio ci davano
La minestra era poco saporita
Il brodo era come acqua di fontana
Il rancio spariva in fretta
Perchè erano trenta grammi di minestra.

E puru a tribagliare fi forzosu
Cun custu ranciu si es cosa bella
In custu logu tremendu e paurosu
Si non trabaglia lu ponen in cella
Su carceradu è sempre affannosu
Brivo de aria de lughe e istella
Los'obbligan malaidoso e sanos
Chi paren chi non sian cristianos.

Anche lavorare era pesante
Con questo rancio sempre penoso
In questo luogo tremendo e pauroso
Se non lavori finisci in cella
Il carcerato è sempre stanco
Privo d'aria, di luce e di stelle
Sono costretti, malati e sani
come se non fossero cristiani.

Cun tristos trinta grammos de minestra
Los'obbliga a forza e tribagliare
E airados nalzende a sa lestra
Cherene cun lestresa a fadigare
Chie osservata a manca chie a destra
Chirchende elvas pro si accibare
Sia connotta o no sia connotta
Dae su famine isparia totta.

Con tristi trenta grammi di minestra
li si obbliga con la forza a lavorare
Irati vogliono che ci si alzi in fretta
Ci comandano velocemente a lavorare 
Chi osserva a sinistra, chi a destra
Cercando erba da mangiare
Fosse nota o sconosciuta
Dalla fame spariva tutta!


In cue sa vida l'han distrutta
E cantos poverittos carcerados
Mandigaiana sas'elvas'adeputta
Chi pariana caddos afamadoso
E poi chi'istaiana un'iscuta
Morian dae s'elva avvelenadoso
Moriana in sattu e dolore
Senza mancu arrivu e su dottore.

In quel luogo la vita l'han distrutta
E quanti poveri carcerati
Mangiavano l'erba come facendo a gara
come fossero cavalli affamati
E dopo un po'
Morivano dall'erba avvelenati
Morivano in campagna con dolore
senza che arrivasse neppure il dottore


Sa vida ca fi troppu patidora
In cuss'isola indigna fu ruina
Mandigaian s'orighes coloras
Figu morisca fina cun s'ispina
Senza ispiegare atter'ancora
Finamenta brutes de istentina
Ca narzende su giustu a parre meu
Pare chi peche fina contr'a Deu.

La vita che era troppo penosa
In quell'isola indegna fu rovina
Mangiavano topi e bisce
Fichi d'india con tutte le spine
Senza star a spiegare cos'altro
Con tutte le interiora sporche
Che a dire il giusto a parer mio
Sembra peccare anche contro Dio. 

De fronte finas a s'umanidade
pare chi fetta unu grave peccadu
E no est falzu che sa veridade
Ca cussu totu cantu es capitadu
Da esser brivu de sa libertade
E non è falzu su chi appo notadu
Prite su famin'ha fattu progressu
Tottu custu in s'isola è suzzessu.

Di fronte anche all'umanità
pare sia un grave peccato
E non è falso che la verità
Che tutto quanto è accaduto
Di esser privo della libertà
E' non è falso ciò che ho annotato
Poichè la fame era sempre presente
Tutto ciò sull'isola è accaduto. 

Eo chi l'isco e l'appo proadu
It'è su famine nde do rejone
E cantas boltas mai consoladu
Debile de fisicu e persone
Ma a cussas cosas non mi sò ettadu
Sempre po una brutta impressione
E cando mandighende lo bidia
A corpus boido reggetaia.

Io che lo so e l'ho provato
cos'è la fame gliene dò ragione
E quante volte sconsolato
Debole di fisico e di corporatura.
Ma su quelle cose non mi son buttato
Sempre per una brutta impressione
E quando mangiandone li vedevo
Anche se a digiuno, vomitavo.

Chimb'annos so istadu pattidore
E poi sa pena mi es finida
Poto ringraziare su Segnore
Chi m'ha torradu a sa libera vida
Ogni condonu m'es dadu in favore
In chimb'annos pro me s'è concluida
E chimb'annos prezzisu so istadu
Cun sette chi min d'hana condonadu.

Cinque anni sono stato a patire
E poi la pene è terminata
Posso ringraziare il Signore
Che mi ha restituito alla libera vita
Ogni condono mi è stato favorevole
In cinque anni per me si è conclusa
Cinque anni precisi sono ci sono stato
Con i sette che mi hanno condonato.


Sett'annos appo tentu 'e condonu
Potto ringraziare d'ogni santu
Chi m'hana salvadu in tottugantu
Dae sa tumba ancora biu e bonu
Però chimb'annos so istadu intantu
Trabagliende pro issos sempre in donu
E co pro me sa pena concluida
In su barantasese s'è finida.

Sette anni ho avuto condonati
Posso ringraziare tutti i santi
Che mi hanno salvato tutti assieme
Dalla tomba ancora vivo e sano
Però cinque anni sono stati intanto
lavorando per loro sempre in dono
E cosi per me la pena si è conclusa
nel '46 è terminata. 

Lettores faghide attenzione
Chie est'avvertidu è mesu campadu
Innozente comente un'anzone
Niunu enza che deo carceradu
A tristos doig'annos de presone
Senza faghe reattu cundannadu
Sa disfortuna m'es dada in pienu
Ca non manca destinu in su terrenu.

Lettori, fate attenzione
Chi è avvisato è per metà salvato
Innocente come un agnello
Nessuno sia come me carcerato
A tristi dodici anni di prigione
Senza commetter reato condannato
La sfortuna mi ha preso in pieno
Che non manca il destino sulla terra.


Cari amici lettori, ancora due parole per ingraziare tutti coloro che ci hanno aiutato nella traduzione e nella correzione di alcune parole: Giovanna Piredda, Salvatore Scanu e Domitilla Mannu. Adesso la traduzione ha sicuramente maggior senso. Alcune imprecisioni nel testo originale sono dovute forse alla scarsa conoscenza della scrittura o ad errori in fase di stampa. Domitilla Mannu mi ha mandato un testo corretto che per ora non pubblico perchè occorre troppo tempo per integrarlo nel presente lavoro con delle note. Cosa che farò più avanti con calma.
Ancora grazie a tutti e vi sarò grato se diffonderete questo pezzo di storia della poesia sarda.
Così facendo si rende merito ad un grande della poesia: Barore Testoni di Bonorva.

Deus si du paghidi!

Alessandro Rugolo

mercoledì 28 giugno 2017

Il cammino delle fate: sa pedra Mendalza

Tanto e tanto tempo fa... 
 - Ci stai forse raccontando una favola? Intervengo io... 
Noo, quando mai. 
Si tratta di una leggenda che circola nel mio paese. So che a voi piacciono le leggende. Hai mai sentito parlare de "Sa pedra Mendalza"? 
- No, mai. Rispondo io...
Così smettemmo per un attimo di mangiare la pizza per ascoltare ciò che Giommaria aveva da dire su un'antica leggenda del suo paese. 

Sa pedra mendalza è una roccia che si trova nel territorio di Torralba. Quando eravamo piccoli ci portavano li perchè si diceva che la pietra avesse poteri curativi. 

- Interessante. Giommaria, mi spieghi meglio dove si trova che appena posso voglio andare a vederla? 
La cosa al momento finì la forse distratti da qualcuno della compagnia che reclamava attenzione...
Finimmo di mangiare la pizza con gli amici. Uscimmo dalla pizzeria e io ebbi un piccolo incidente. Scivolai sul marciapiede e andai a finire all'ospedale di Sassari con un bel trauma cranico. 
La gita alla pedra Mendalza, allora, passò in secondo piano. 

Da allora è passato un anno e qualche tempo fa abbiamo incontrato nuovamente Giommaria e abbiamo ripreso lo stesso discorso. 
Sa pedra Mendalza aleggia su di noi... 

Così, questa volta, con mia moglie Giusy, abbiamo deciso di andare a vedere questa particolarità della Sardegna. 
Naturalmente prima di partire abbiamo cercato qualche informazione. Abbiamo così scoperto che non esiste una pedra Mendalza nel territorio di Torralba (o, se esiste, su internet non se ne parla!) mentre esiste nel territorio di Giave. 
Dato che non si vive di solo mare decidiamo di partire. 
Alle 10 ci mettiamo in macchina e dopo una mezz'ora siamo sul luogo. Sa pedra Mendalza è visibile dalla 131. 
Attraversiamo il paese di Giave e dopo pochi minuti ci troviamo di fronte la spettacolare formazione rocciosa. Sembra si tratti di ciò che resta di un camino vulcanico spento. Un enorme tappo di roccia vulcanica scura. circondato dal niente. 
La collina su cui si trova la roccia mette in risalto la sua forma e particolarità. Ci avviciniamo al luogo osservando le rocce e gli alberi di fico selvatici, contorti dal vento. Se fosse notte probabilmente il paesaggio metterebbe paura, ma è giorno, il sole splende alto e nessuno ci disturba nella nostra opera di esplorazione. 


Qualche cespuglio, l'erba secca e i resti del passaggio di qualche pecora ci ricordano che ci troviamo sulla terra. 
Raggiungiamo senza fatica la roccia. La osserviamo, curiosi, da vicino. Osserviamo le spaccature, i minerali di formazione vulcanica, la disgregazione dovuta agli agenti atmosferici che sembra stiano sfogliando la roccia, strato dopo strato... 

 
Un raggio di sole colpisce i nostri occhi, tramortendoci quasi... 
Sento un rumore provenire dal paese di Giave, alle nostre spalle. Mi volto ma non vedo nessuno. Cerco mia moglie con lo sguardo ma non la trovo. Dev'essersi spostata dietro la roccia. Meglio raggiungerla, penso. 
Provo a muovermi ma non ci riesco. Sento la testa pesante, forse è colpa del caldo. 
Allora vedo uno roccia vicino a me e mi siedo. Strano, non l'avevo notata prima... 

Cerco di chiamare mia moglie. Forse è meglio andar via. C'è troppo caldo per me. 

- Alessandro... 
- Alessandro... Qualcuno mi chiama. Eppure non sembra la voce di mia moglie. Mi volto verso la voce. Proviene dalla roccia, qualche metro sopra di me. 

Un'ombra si muove, eterea... come se volasse... mi chiama... sento il desiderio irresistibile di raggiungerla. Nonostante la spossatezza mi alzo e comincio ad arrampicarmi... 

Poi, una mano salda mi richiama alla realtà! - Cosa stai facendo? 
E' pericoloso salire lassù... e poi c'è troppo caldo.  Andiamo via!

Io e mia moglie ci avviamo verso la macchina, dopo aver dato ancora uno sguardo alla strana pietra e al suo mondo... 


Quello reale e quello nascosto, fatto di miti, leggende e favole in cui le fate rapiscono gli uomini...

Alessandro RUGOLO