martedì 29 aprile 2014

Borametz

- Ecco, siamo arrivati!
 
Le parole erano giunte piacevoli alle orecchie degli uomini del gruppo. Si tolsero gli zaini dalle spalle e li poggiarono sulle rocce assolate. Di fronte a loro un piccolo pianoro, dietro di loro il baratro che avevano appena scalato. Davanti a loro, oltre il pianoro che si estendeva per alcune decine di metri, una enorme vallata verde, ricca di corsi d'acqua e di piante, senza alcuna traccia della civiltà!
 
- Ora possiamo riposare. Mettete tutti gli zaini sulle rocce, non lasciateli a terra. Josè, Mario, montate le tende. Juan, prepara il fuoco. Noi invece vediamo se riusciamo a trovare dell'acqua fresca, con tutte queste rocce ci sarà pure una sorgente. Alejandro era abituato a comandare e i suoi uomini erano abituati ad obbedire. Si conoscevano da tempo e avevano tutti piena fiducia nelle sue doti di condottiero. Era il capo indiscusso, l'amico fedele, il fratello maggiore e il padre severo. Era giusto e per questo lo seguivano.
 
Il campo fu pronto nel giro di pochi minuti. La legna secca raccolta aveva dato vita ad un focolare improvvisato. Acqua fresca era stata raccolta e patate arrostivano tra la cenere. Il cielo era diventato rosa e poi sempre più scuro. La notte scendeva fredda ma le tende li avrebbero riparati dall'umidità. Il giorno dopo sarebbero ripartiti nella direzione che Alejandro avrebbe loro indicato.
 
- Alejandro!
 
La voce era forte, sempre più forte, come se il lungo viaggio avesse accorciato la distanza che lo separava.
Le parole erano solo nella sua testa ma per lui era come se fossero reali. Risuonavano, consigliavano, ordinavano, aiutavano lui e la sua tribù. E non si poteva dubitare, tutto ciò che veniva lui detto subito si realizzava.
 
- Alejandro, non c'è più tempo! Domani mattina dovete riprendere il viaggio.
 
- Sarà fatto! Rispose nella sua mente. L'indomani mattina sarebbero ripartiti per il loro viaggio.
 
La notte passò veloce e serena come le notti di chi è stanco per il lungo cammino. senza sogni.
 
- Andiamo, dobbiamo riprendere il cammino! Disse Alejandro svegliando i suoi uomini. ritirate le tende e pronti a partire tra mezz'ora.
 
- Mario, prendi con te due uomini e fate provvista d'acqua per due giorni, non potremo fermarci più. Non c'è più tempo!
 
- Va bene Alejandro. Rico, Marcelo, prendete due otri a testa e venite con me. La piccola squadra si diresse verso la sorgente poco lontana.
 
Trenta minuti dopo tutti erano pronti. Gli uomini erano stanchi ma tutti sapevano che la loro missione doveva essere compiuta e solo Alejandro aveva la forza per farlo. Erano in viaggio da trenta giorni ormai ed erano vicini alla fine. Poi il ritorno, se ci fosse stato ritorno, sarebbe stato più tranquillo. Senza più fretta. Ma ora dovevano muoversi. Alejandro diceva che non c'era più tempo e nessuno metteva in dubbio la sua parola.
 
- Abbiamo ancora due giorni di viaggio ma non potremo fermarci. Mettetevi in tasca delle patate cotte ieri sera e prendete l'acqua che vi servirà per il viaggio. Prendete queste foglie. Quando sarete stanchi e penserete di non riuscire più ad andare avanti masticatene una. Solo in quel caso. Solo se proprio non riuscite ad andare oltre.
 
Alejandro si girò e cominciò a scendere sul lato opposto della montagna, verso la vallata verde che si apriva davanti a loro.
La strada non esisteva, veniva aperta passo dopo passo tra la vegetazione bassa e spinosa. Arbusti mai visti prima li circondavano, la vegetazione era lussureggiante nonostante l'altitudine.
 
Arrivò il mezzogiorno, arrivò la sera.
 
Alejandro non accennava a rallentare, mise in bocca l'unica patata che aveva tenuto per sè, la masticò con calma, ben sapendo che sarebbe stata l'ultima.
 
Arrivò la notte, arrivò la mattina.
 
I suoi uomini erano stanchi, li sentiva arrancare alle sue spalle, li sentiva affannarsi dietro il suo passo sicuro. sentiva le loro forze venir meno ma non poteva far niente per loro. Tutto ciò che era in suo potere era già stato fatto. Ora toccava a loro, ad ognuno di loro, cercare nel proprio essere le forze per arrivare alla fine. Lui non si sarebbe più fermato per nessun motivo e loro lo sapevano. Erano consapevoli dei rischi.
 
Arrivò il mezzogiorno, arrivò la sera.
 
- Mangiate le vostre patate, se ancora ne avete. Disse Alejandro alzando la voce per farsi sentire da tutti. Domani mattina all'alba saremo giunti alla meta e non vi serviranno più.
 
- Mangiatele ora e cercate di masticarle bene. Non possiamo ancora fermarci.
 
Ogni uomo aveva ricevuto quattro patate per gli ultimi due giorni di viaggio ma le avevano consumate tutte il primo giorno. non restava che l'erba che gli era stata data. Mario prese una foglia, la guardo riponendo in essa tutte le sue speranze e la portò in bocca masticandola lentamente, cercando di sentire ogni sfumatura del suo sapore. L'essenza degli olii che conteneva ebbero un effetto immediato sul suo spirito e sul suo corpo. Ora gli sembrava di avere le ali ai piedi. Non sentiva più la stanchezza. Sarebbe durato?
 
Arrivò la mezzanotte...
 
Mario crollò a terra. Non s'era accorto di niente. Il passaggio dalla vita alla morte era stato istantaneo. Non aveva sofferto e non si era accorto di niente. Gli altri lo scavalcarono senza fermarsi.
 
- Alejandro.... Mario è caduto. Disse Juan dal fondo della coda.
 
- Lo so, ma non possiamo fermarci ora, ci penseremo più tardi. Ora non possiamo fermarci. La voce era forte, come sempre. Solo un leggero tremolio tradiva il suo dispiacere. Ma non potevano far niente per lui. Se aveva preso la foglia non c'era più niente da fare.
 
- Mancano poche ore! Stringete i denti e andiamo avanti.
 
Erano le tre del mattino. Le stelle si allontanavano e la luce del sole mattutino cominciava ad intravvedersi di fronte a loro. Un tonfo annunciò la caduta di un altro dei suoi. Questa volta era toccato a Juan. Anche per lui il passaggio era stato istantaneo. Un istante prima pensava alla sua famiglia, alla giovane moglie che lo aspettava a casa. Al figlioletto Pablo, che un giorno avrebbe forse compiuto il suo stesso percorso. Poi, di colpo, il buoi. Il cuore era scoppiato istantaneamente.
 
Arrivò l'alba.
 
Alejandro proseguiva il suo viaggio. Da un'ora non sentiva più il rumore dei compagni dietro di se. Era rimasto solo. Solo... con la sua stanchezza e con le sue foglie d'erba nella tasca. Il sudore scorreva lungo la pelle. L'odore della sua pelle era forte, era l'odore della stanchezza, della tensione, della paura.
 
- Eccomi, stò arrivando...
 
Di fronte a lui il Borametz, immobile, lo fissava. Era appena spuntato dalla terra e i primi raggi del sole illuminavano la sua lana dorata.
 
- Perdonami Signore, sono arrivato solo io!
 
Disse rivolgendosi al Borametz. Estrasse il coltello sacro che gli fu consegnato tanti anni prima da suo padre che l'aveva ricevuto dal padre. Così era stato per generazioni e così sarebbe sempre stato, Borametz volendo!
 
- Fai ciò che devi! La voce, forte, era rimbombata nella sua testa.
 
- Fai ciò che devi! Ripeteva continuamente.
 
Il coltello brillò alto sulla sua testa, prima di calare sul Borametz con forza. Alejandro recise le quattro zampe con sicurezza, piangendo.
 
Sangue rosso ricoprì la terra a fecondare i semi del prossimo Borametz.
 
Alejandro raccolse il corpo del piccolo agnello vegetale, raccolse il liquido rosso come il sangue nel suo otre vuoto.
Accese un fuoco e arrostì il Borametz sotto la cenere. Poi lo mangiò e tornò indietro al villaggio. Solo... ora poteva pensare al futuro.
Ora era libero...
 
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

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