lunedì 8 dicembre 2014

Raimondo di Sangro, Principe di Sansevero.

Napoli, con la sua vitalità, con la sua musica da strada, con le sue bancarelle piene di fantasiose cianfrusaglie o di splendidi presepi, con i suoi venditori di fortuna, mostra a chi è capace di vedere "oltre", il suo splendido passato.

Una gita a Spaccanapoli mi ha permesso di conoscere qualcosa di stupefacente: la Cappella del Principe Raimondo di Sangro con le sue incredibili opere d'arte. Da lì all'acquisto del libro di Antonio Emanuele Piedimonte il passo è stato breve.

La famiglia Sansevero, e in particolare il Principe Raimondo di Sangro, è ben nota ai napoletani per le opere custodite nella cappella di famiglia e per le storie ad esso legate.

Raimondo di Sangro nacque a Torremaggiore, in Puglia, il 30 gennaio 1710. La madre muore quando è ancora piccolissimo, il padre sarà sempre lontano, il piccolo Raimondo viene cresciuto dai nonni paterni. Riconosciuta in lui una certa vivace intelligenza viene iscritto al Collegio dei Gesuiti di Roma dove dimostrò ben presto le sue capacità. Imparò otto lingue e studio soprattutto materie fisiche diventando assiduo frequentatore della biblioteca e del museo di scienze creato il secolo prima dallo storico e filosofo tedesco Athanasius Kircher (1602-1680),

La vita del Principe sarà una continua esplorazione dei segreti della natura e le sue invenzioni lo dimostrano. Si occupò di studiare la materia e inventò e regalò al re di Napoli un "archibuso" capace di funzionare con la polvere da sparo e con aria compressa. Qualche anno dopo regalò al re un cannone realizzato con una  lega leggera di sua invenzione e un mantello di un tessuto impermeabile da lui inventato.

I suoi studi ed esperimenti lo portarono ad occuparsi del corpo umano, di tessuti, colori, stampa, gemme preziose, colorazione delle pietre, macchine, orologi, medicinali... lasciando ogni volta a bocca aperta le persone che lo avvicinavano.

La sua opera più importante è sicuramente la Cappella di famiglia, che lui fece restaurare da alcuni artisti chiamati a lavorarvi.

Al centro della Cappella il Cristo Velato di un giovane scultore napoletano, Giuseppe Sanmartino.

Alla sinistra dell'altare la statua dedicata alla madre, la "Pudicizia Velata", realizzata da Antonio Corradini.

Alla destra dell'altare l'opera che mi è piaciuta di più, "il Disinganno", statua che rappresenta il padre del Principe, opera di Francesco Queriolo. 
Credo di non aver mai visto niente di simile, non capisco proprio come si possa realizzare un'opera in marmo di questo genere. La rete da pesca che riveste il corpo principale sembra vera!

La volta della Cappella è affrescata dal pittore Francesco Maria Russo che realizzò la "gloria del Paradiso" utilizzando colori di invenzione del Principe e che stupiscono ancora oggi per la vividezza.

Infine, in una saletta sotto la Cappella sono esposte due cosiddette "macchine anatomiche", opera del medico Giuseppe Salerno, che rappresentano i corpi di un uomo e una donna e mettono in evidenza apparato circolatorio, scheletro e organi interni.

Il Principe era studioso appassionato di alchimia e si occupò di problemi che oggi diremo di fisica e chimica sperimentale.
Nel 1750 divenne affiliato ad una Loggia Massonica e poco dopo fu eletto Gran Maestro della Loggia Nazionale sotto cui vennero raccolte tutte le Logge preesistenti.
Raimondo di Sangro scrisse anche diversi libri su argomenti vari, dall'arte militare ad argomenti relativi ai suoi studi e intrattenne corrispondenza con scienziati e intellettuali di tutta europa.

Il Principe Raimondo si divertiva a stupire amici e conoscenti e difficilmente spiegava come aveva raggiunto i risultati creando così attorno a se un alone di mistero e attirando purtroppo anche il sospetto di invidiosi del suo successo e della chiesa. Il Papa e il re, per i suoi studi alchemici l'uno, per l'appartenenza alla massoneria l'altro, gli negarono i favori e così Raimondo si trovò nei guai.

Il 22 marzo 1771 il Principe Raimondo di Sangro muore, lasciando dietro di se il ricordo perenne dei suoi studi e misteri che lo accompagnarono per tutta la vita e di cui io vi ho dato solo un piccolo accenno.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO 


sabato 6 dicembre 2014

John Maynard Keynes: come uscire dalla crisi

John Maynard Keynes (1883-1946), forse il più grande economista britannico del XX secolo, illustra il suo punto di vista sulla crisi che mise in ginocchio il mondo ed ebbe il suo culmine nel '29 con il crollo di Wall Street.
Keynes fece diversi viaggi in America ed ebbe l'opportunità di conoscere i presidenti Hoover e Roosevelt con i quali intrattenne una cordiale corrispondenza.

Questo libro è una raccolta di suoi articoli scritti durante il periodo della crisi. Articoli pubblicati su vari giornali diretti quasi sempre ai politici del tempo allo scopo di tentare di aiutare il mondo ad uscire dalla crisi.

Keynes analizzò la situazione nazionale e internazionale alla ricerca delle origini della crisi e provò nel tempo a dare suggerimenti sul come uscirne.
Le relazioni esistenti tra occupazione, investimenti pubblici, piani di assistenza, finanza, tassazione, tassi di interesse, politiche monetarie e altri fattori macroeconomici, sono spiegate con dovizia di particolari ed esempi chiari che in qualche modo potrebbero essere ancora oggi utili all'analisi della crisi attuale.

I problemi legati ai bassi costi di produzione in alcuni paesi esteri e alla facilità con cui era possibile spostare i capitali erano ben chiari a Keynes che invitava il governo britannico a favorire gli investitori che investivano nel proprio paese anche a costo di ridurre le spese assistenziali.

Il circolo vizioso in cui entra una nazione che perde la fiducia nel futuro è ben illustrato e per certi versi pienamente applicabile anche al nostro paese. Chi non ha fiducia nel futuro, anzi chi teme il futuro, mette da parte i soldi che può, facendo più danni che altro. Quando infatti occorre consumare per spingere la produzione e il lavoro, i consumatori diventano invece eccessivamente prudenti causando così ulteriori problemi.
Ma chi poteva convincere l'uomo comune a spendere quando tutto andava a rotoli?

Un libro illuminante, non troppo complesso, che i nostri politici ed economisti dovrebbero riprendere alla mano, anche se con le dovute considerazioni in relazione alle differenti condizioni a contorno.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 16 novembre 2014

Percezioni extra sensoriali

Leggendo il numero di ottobre 2014 di Le Scienze ho trovato interessante, tra gli altri, un articolo dal titolo "Percezioni extra sensoriali" scritto da Gershon Dublon e Joseph A. Paradiso.
L'articolo, anche se dal titolo potrebbe sembrare trattare argomenti di parapsicologia è invece categorizzato "Informatica".

Chi sono gli autori? 
Gershon Dublon è studente di PhD al Media Lab presso il MIT mentre Joseph A. Paradiso è professore associato di arte e scienze dei media presso lo stesso istituto americano.

Su cosa stanno lavorando?
L'articolo riferisce gli sviluppi di un progetto di ricerca sull'impiego massivo di sensori e sulla analisi, interpretazione e rappresentazione spaziale delle informazioni raccolte.
Gli autori hanno sviluppato un programma in grado di gestire, interpretare e rappresentare i differenti segnali raccolti con differenti tipi di sensori, programma che consentirebbe di visualizzare e controllare da differenti punti di vista un determinato ambiente.
Il titolo del riquadro esplicativo è molto chiaro: "Il browser della realtà".  Il programma consente di navigare all'interno del Media Lab del MIT e "vedere" in tempo reale tutto ciò che accade, sentire i suoni degli ambienti, conoscere la temperatura, la luminosità, controllare la presenza di persone e così via...

Gli autori si spingono a indicare possibili utilizzi commerciali sia possibili aree di interesse da sviluppare e possibili riflessi sulla privacy.

Chi è interessato troverà l'articolo nella maggior parte delle biblioteche pubbliche, Le Scienze normalmente è una delle poche riviste che viene acquistata dalle biblioteche.

Io vorrei però dire la mia sull'argomento, soprattutto dal punto di vista della privacy e della sostenibilità di un simile progetto nel tempo.

Io non sarei per niente contento di vivere in un mondo in cui c'è sempre qualcuno che può vedermi o sentirmi mentre mi soffio il naso o canto sotto la doccia, ma questo è un punto di vista personale, vi sono anche vantaggi dal vivere in un mondo simile, soprattutto nel campo della sicurezza.

Quello che però credo sarà il vero problema di un mondo siffatto è legato all'enorme numero di sensori necessario e alla potenza di calcolo e di immagazzinamento delle informazioni con le conseguenti necessità di risorse energetiche impiegate per tutto ciò. Non voglio fare un'analisi quantitativa di un progetto simile anche perché non sono in possesso dei dati di base del progetto ma vorrei porre l'attenzione sul fattore "sostenibilità" attraverso una semplice analisi qualitativa.   
Occorre considerare che la maggior parte dei circuiti utilizzati per la sensoristica contiene elementi rari o comunque di ridotta disponibilità, come pure i circuiti elettronici impiegati per la produzione di processori di calcolo e memorie. 
E' sostenibile un mondo in cui tutti gli ambienti saranno controllati da sensori? Ritengo di no. L'impiego massiccio di sensoristica farà si che i materiali di base diventino sempre più rari e quindi costosi. Già oggi gli USA controllano la produzione mondiale e il consumo (e riciclo) di tanti minerali proprio per essere in grado di prendere decisioni per tempo su un possibile problema di scarsità di risorse, un progetto simile penso potrebbe essere molto "demanding" da questo punto di vista.

Un'altra piccola considerazione. La raccolta di dati da diversi sensori necessita l'impiego di complicati sistemi informatici capaci di raccogliere, analizzare e fondere le informazioni ricevute per arrivare a presentare le informazioni attraverso metodi e sistemi di vario tipo, tutte cose alla base, tra l'altro,  dei sistemi militari di Comando e Controllo.
Quale sarà dunque l'impiego (ufficiale o meno) di un sistema simile da parte delle strutture militari?

Sostenibilità e impiego nel campo dello spionaggio e del Comando e Controllo sono due punti che andrebbero analizzati attentamente e che potrebbero determinare successo o insuccesso di un simile progetto.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 8 novembre 2014

Bertrand Russell: Il mio pensiero (e alcune mie considerazioni sull'Italia)

Bertrand Russell (1872-1970) è stato uno dei più importanti filosofi britannici del '900.
In questi giorni sto leggendo una raccolta delle sue opere intitolata "il mio pensiero". Il libro è in pratica un insieme di brevi articoli scritti durante la sua vita e sui più disparati argomenti. Tra questi ve ne sono molti davvero interessanti ma oggi voglio parlarvi di uno solo di questi: "Gli scopi dell'educazione".
Russell esamina diversi modelli educativi, posti in essere in tempi diversi e in nazioni diverse, mettendo in evidenza le caratteristiche principali e i risultati raggiunti.
La cosa che Russell mette bene in evidenza è il fatto che alla base di un modello educativo vi è un obiettivo (o più) da raggiungere. Un modello educativo veniva adottato per raggiungere uno scopo prefissato. Avevo già riflettuto in passato su questo argomento principalmente perché in diverse occasioni ho cercato di capire perché l'Italia si trovi in queste condizioni e se in qualche modo sia colpa della scuola.
Di tanto in tanto si sente parlare di riforma della scuola in Italia ma mai ho sentito esporre in maniera chiara gli obiettivi che con una riforma si vorrebbero raggiungere.
Perché?
Forse perché coloro che sbandierano riforme non hanno idea di cosa stanno facendo?
Oppure non vogliono dire cosa stanno facendo?
Ma poi, alla fine, cosa hanno ottenuto realmente in questi anni?
Difficile dirlo.
Una riforma scolastica seria dovrebbe intanto dar vita ad un sistema in cui il modello educativo venga applicato per un sufficiente numero di anni affinché buona parte della popolazione venga interessata. 
Fare una riforma ogni cinque anni ha poco senso, rischia solo di creare frizioni all'interno della società tra gruppi che per età e interessi entrano in competizione diretta.
Di contro periodi troppo lunghi potrebbero essere ugualmente dannosi rendendo il paese troppo rigido.
Mi vien da pensare che probabilmente i nostri governanti non hanno la capacità o il coraggio di dire a tutti cosa stiano facendo, in linea di massima ritengo che non sappiano cosa stanno facendo.
Una delle cose che si insegnano ai militari è la pianificazione. 
Bene, può la pianificazione sociale aiutare l'Italia ad uscire dalla crisi (non solo economica ma di valori) che sta attraversando? E, in particolare, come la scuola potrebbe aiutare ad uscire dalla crisi attuale?
Queste domande devono e possono trovare risposta e, una volta trovate le risposte, i nostri politici dovrebbero impegnarsi in una riforma mirata, cosa che purtroppo non faranno perché troppo impegnati in chiacchiere più o meno inutili e in sterili litigi!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 26 ottobre 2014

Enrico Fermi, fisico, di Emilio Segrè

La fisica è sempre stata la mia passione, anche se non l'unica.

Qualche mese fa presi un appunto: "Approfondire progetto Manhattan, leggere biografia di Fermi". Non ricordo perchè presi l'appunto ma in ogni caso ho ordinato una biografia di Fermi e appena arrivata ho messo da parte i libri che stavo leggendo per tuffarmi nella lettura appassionante di uno degli uomini più geniali e produttivi della storia della fisica italiana e mondiale.

L'autore del libro è Emilio Segrè, anch'egli fisico, amico e allievo di Fermi.
Enrico Fermi (1901-1954) sin da ragazzo mostrò la sua ferma volontà di studiare fisica. Aveva preso l'abitudine di andare a prendere il padre la sera all'uscita dal lavoro e con lui ed un amico ingegnere (Adolfo Amidei). 
L'ingegnere ricorderà qualche anno dopo che la prima domanda che il giovane Fermi, allora tredicenne gli fece fu: E' vero che esiste un ramo della geometria in cui senza ricorrere alla nozione di misura si trovano importanti proprietà geometriche?"
L'ingegnere il giorno successivo prestò un libro al suo giovane amico, La geometria di posizione, di Teodoro Reye. Fermi restituì il libro dopo due mesi e interrogato dimostrò di averne assimilato il contenuto e di essere in grado di utilizzare le nozioni contenute. Fermi aveva una memoria di ferro che lo aiutò negli studi ed una grande capacità di risolvere i problemi più difficili con calma e con semplici strumenti allora disponibili ma era soprattutto in grado di spiegare in modo semplice e lineare le teorie più complesse e di infondere fiducia nei suoi studenti.
Fermi dimostrò in ogni occasione le sue straordinarie capacità, riuscendo a diventare professore universitario a Roma all'età di appena 26 anni.

Nel 1938 gli fu assegnato il premio Nobel per la Fisica. Dalle parole di chiusura del professor Pleijel dell'Accademia Svedese si capisce la motivazione: "per la scoperta di nuove sostanze radioattive appartenenti all'intero campo degli elementi e per la scoperta da Voi fatta, nel corso di tali studi, del potere selettivo dei neutroni lenti. Vi presentiamo le nostre congratulazioni e Vi esprimiamo la più viva ammirazione per le Vostre geniali ricerche, che gettano nuova luce sulla costituzione dei nuclei atomici e aprono nuovi orizzonti all'ulteriore sviluppo dalle indagini atomiche".

Durante la sua carriera si occupò di tutti i rami della fisica, dello studio delle particelle atomiche e subatomiche ma anche di problemi di astrofisica ma la sua importanza è da ricollegarsi principalmente alla seconda guerra mondiale e al progetto Manhattan che lo ha visto protagonista nella realizzazione della bomba che consentì agli Stati Uniti d'America di sconfiggere con immediatezza il Giappone. La lettura delle pagine del libro dedicate a questa impressa sono veramente interessanti e la discussione pubblica che seguì all'uso della bomba contro Hiroshima e Nagasaki, cui anche Fermi prese parte, consentono di capire la profondità di pensiero del Fermi Uomo e non solo fisico.

Un libro veramente interessante e che ha apportato nuove note nella mia agenda e nuovi spunti di riflessione.

Buona lettura.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 19 ottobre 2014

Psicologia dei fenomeni occulti, di Carl Gustav Jung

Mi sono imbattuto in questo strano libro diversi anni fa, allora cercavo di approfondire le mie conoscenze di psicologia. Avevo letto alcuni casi clinici di Freud e volevo approfondire Jung ma poi, come tante volte accade, i miei interessi sono cambiati e il libro è finito assieme a tanti altri nella seconda fila di una delle mie librerie.
Di tanto in tanto rispolvero i vecchi libri e alcune settimane fa è riemerso proprio questo.
Jung è stato uno psichiatra svizzero (1875-1961) che si occupò tra l'altro, dello studio di alcuni casi particolari che presentavano stati di coscienza alterati sui quali la scienza non riesce a dare spiegazioni.
Spesso i pazienti davano segni di sonnambulismo o di disturbi della personalità anche gravi, in linea di massima l'interesse di Jung era dovuto al presentarsi, in questi pazienti, di differenti personalità che dimostravano una complessità interiore molto superiore al normale e sfociavano in fenomeni particolari più noti come fenomeni occulti e spiritismo.
Jung descrive diversi casi da lui trattati, mette in evidenza i fenomeni fisici e descrive in alcuni casi ciò che ha visto durante alcune sedute spiritiche cui aveva partecipato.
Jung cerca sempre di affrontare i problemi dal punto di vista scientifico ma senza preconcetti. Affrontando i misteri della coscienza umana con spirito critico e imparzialità giungendo però alla conclusione che con le conoscenze attuali non si possa provare l'esistenza reale degli spiriti ma che allo stesso modo la scienza, in quanto fatto intellettuale, non è sufficiente alla completa rappresentazione del mondo, per la quale è necessario anche il sentimento.

In conclusione, Jung non conclude, lasciando aperta la questione sulla "realtà" degli spiriti o sulle possibili spiegazioni di fenomeni "occulti".

Libro molto interessante, soprattutto per chi è pronto a mettere in gioco le proprie conoscenze, ad aprire la mente a sfide nuove, a chi cerca di capire il perchè delle cose evitando di dire "è impossibile" solo perchè lo dice la scienza o il senso comune.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 12 ottobre 2014

Erwin Schrodinger, la vita, gli amori e la rivoluzione quantistica, di John Gribbin

Bellissima biografia di uno dei più grandi fisici del XX secolo!
L'autore è John Gribbin, fisico e giornalista scientifico, che riesce a raccontare in modo semplice ed efficace non solo la vita di Schrodinger ma anche gli ultimi centocinquanta anni di scoperte della fisica.

E' interessante notare come Austria e Germania a cavallo tra Ottocento e Novecento fossero unite in un unico, enorme ed efficiente centro culturale attivo soprattutto nella ricerca in fisica e matematica. Albert Einstein era uno degli animatori di questo mondo accademico ma non il solo. A Vienna operarono Doppler, Boltzmann, Haisenohrl, Marie e Pierre Curie e tanti altri.

Gribbin nel descrivere la storia della fisica moderna parte dalle tre leggi del moto, formalizzate da Newton per arrivare fino a Schrodinger passando per gli studi sull'ottica di Huygens, Young, Fresnel, Faraday, Maxwell, Boltzmann ed Hasenohrl che sarà il primo riferimento per il giovane Erwin.
Erwin Rudolf Josef Alexander Schrodinger nacque a Vienna il 12 agosto 1887 e diventerà uno dei fisici più conosciuti del XX secolo.
Nel 1908 Schrodinger fu arruolato nell'artiglieria di fortezza, come previsto dalle norme dell'impero Austro-Ungarico e e trascorse un anno al termine del quale fu nominato Cadetto della fanteria di montagna e assegnato alla riserva poté tornare alla vita da accademico a Vienna.
All'inizio della prima guerra mondiale Erwin fu richiamato in servizio e assegnato ad una postazione di artiglieria di fortezza lungo il confine con l'Italia riuscendo comunque a portare avanti i suoi studi di Fisica.
Nel 1917, ormai Tenente, venne inviato a Vienna dove tenne un corso di meteorologia per ufficiali dell'artiglieria contraerea e approfittò dell'occasione per tenere un corso di fisica sperimentale all'università. Pochi anni dopo, dopo la fine della grande guerra, tornerà al suo lavoro di professore e ai suoi studi che lo porteranno a condividere il grande sviluppo della fisica con i grandi nomi del suo tempo.
Negli anni si occuperà della natura del magnetismo, dell'interazione tra atomi e molecole, dell'elettricità atmosferica, dei fenomeni di interferenza dei raggi X, della pressione dei gas, del moto browniano, della capacità dermica dei solidi, del tasso di decadimento di materiale radioattivo. Nel 1917, spinto dalle recenti pubblicazioni di Einstein affrontò alcune questioni sulla teoria della relatività generale. Intorno al 1920 approfondì le problematiche della natura della luce escogitando anche un esperimento che lo convinse sempre più della sua natura ondulatoria, in contrasto con Einstein e Plank. Approfondì inoltre la natura del colore e le reciproche influenze tra saturazione, luminosità e tonalità, applicando la sua tesi anche al problema della comparazione tra i colori delle stesse al fine di determinarne la temperatura. Trasferitosi a Stoccolma si occupò della teoria delle orbite elettroniche. Nel 1921 finalmente, dopo varie peregrinazioni, arriverà a Zurigo dove sarà l'artefice della cosiddetta seconda rivoluzione quantistica. 
La prima rivoluzione quantistica fu opera di Plank che riuscì a chiarire il funzionamento della cosiddetta "emissione di corpo nero", un problema che la teoria ondulatoria di Maxwell non era in grado di spiegare. Plank risolse il problema considerando la radiazione elettromagnetica come se fosse costituita da porzioni di energia identiche invece che un'onda continua, queste porzioni di energia oggi sono note col nome di "quanti". Fu però Albert Einstein nel 1905 a dimostrare la realtà dei quanti di luce, i fotoni.
Le scoperte della fisica di quei primi anni del XX secolo nel libro di Gribbin si intrecciano con la vita dei fisici più conosciuti descrivendo un mondo particolarmente fecondo di idee. Un mondo nel quale Schrodinger aveva un posto molto importante in quanto nel 1926 aveva infine completato la seconda rivoluzione quantistica con la pubblicazione di una serie di articoli che spiegavano la teoria della meccanica ondulatoria.
Sullo sfondo, ma comunque molto importante nella vita di Schrodinger, si trovano i suoi amori, per la moglie Anny ma anche per la giovane amante Ithi, amori che in qualche modo sono stati sempre di stimolo alle sue scoperte.
Erwin Schrodinger morirà nel 1961 lasciando una enorme eredità al mondo anche in campi non direttamente collegati alla fisica, tra questi le sue considerazioni filosofiche e biologiche raccolte nel libro "Cos'è la vita" pubblicato nel 1944 dalla Cambridge University Press.

Alessandro Giovanni Paolo Rugolo 

domenica 28 settembre 2014

Racconti Borgeani e altro... il mio nuovo libro

Cari amici lettori, ben ritrovati.

Con questo mio nuovo libro di racconti brevi voglio festeggiare la mia scoperta di un grandescrittore: Jorges Luis Borges (1899-1986).



Argentino di nascita, fu scrittore, poeta, saggista, traduttore, docente universitario e direttore della Biblioteca Nazionale di Buenos Aires.

Lo spunto mi è giunto dalla lettura di un fumetto, un numero di Martin Mystere in cui la storia era incentrata proprio sul nostro Borges.

Così dopo una breve ricerca nella biblioteca ho iniziato la lettura di Finzioni nella edizione Einaudi del 1978.

Vi chiederete cosa penso del libro e perché ve ne parlo.
Vi rispondo che non lo so!
E' la prima volta che mi imbatto in storie simili e dire che di libri ne ho letti tanti e di tutti i generi!

Eppure, in questi racconti c'è qualcosa di strano.

Il tempo, lo spazio, gli intrecci delle storie, sono particolari, difficili da seguire. Ogni racconto sembra scritto tenendo a riferimento l'idea del labirinto, della stanza degli specchi, del tempo avvolto su se stesso. Il risultato è che i racconti in alcuni tratti non sembrano dei racconti, in altri punti appaiono invece troppo fantasiosi.

In attesa di capire se il libro mi è piaciuto, sono andato avanti con la lettura di altri suoi libri, tra cui una collezione di racconti brevi dal titolo “Il manoscritto di Brodie”. Undici racconti brevi, parte ambientati nella Buenos Aires di inizio novecento, parte invece derivanti dalle innumerevoli conoscenze letterarie di Borges.

Tra i racconti posso dire che il primo, l'intrusa, e l'ultimo, il manoscritto di Brodie, sono i più interessanti anche se completamente differenti come genere. Il manoscritto di Brodie in particolare sembra rifarsi a tradizioni antiche di cui possono ritrovarsi tracce nel saggio di Frazer, il ramo d'oro. Eppure anche gli altri meritano di essere letti con attenzione sia per la costruzione, sia per le idee di fondo, non comuni tra gli autori di racconti. Ma i racconti che troverete in questo libro prendono ispirazione da un altro testo, un saggio breve dal titolo “Manuale di zoologia fantastica” scritto da Borges e da Margarita Guerrero. Nel saggio ho trovato nomi di animali fantastici e le loro brevi descrizioni. A questi “mostri” del passato mi sono ispirato per quasi tutti i racconti che leggerete.
Alcune volte dal libro ho preso solo il nome, in altri casi anche alcune caratteristiche peculiari dei mostri descritti, in alcuni casi, forse, nient'altro che l'ispirazione. Una parte dei racconti infine è stata selezionata tra quelli che hanno avuto più lettori sul mio blog in internet.

Mi chiedo se ne è valsa la pena scrivere questo quinto libro.
E' meglio che a giudicare siate voi ma, vi prego, non siate troppo cattivi.

Buona lettura.

Anteprima disponibile al seguente LINK da cui è anche possibile ordinarlo, per chi ancora ama la carta!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

giovedì 11 settembre 2014

La zattera di Medusa, di Théodore Géricault

Un quadro, di per se, può essere bello se soddisfa il nostro gusto, può d'altra parte, essere interessante per la sua storia.
La zattera di Medusa ricade tra la categoria dei quadri belli e interessanti.
Durante la recente visita al Louvre mia moglie ha attirato la mia attenzione su una splendida tela di un autore a me assolutamente sconosciuto: Géricault.
La tela ricopriva una parete intera al centro di una delle enormi sale del museo, nella sezione dei pittori francesi. Il nome dell'opera, zattera di Medusa, mi colpì e immediatamente mi buttai alla ricerca della immagine della Medusa, che tante volte appare nelle opere d'arte, senza però alcun risultato. La testa di Medusa non c'era!
A questo punto chiesi spiegazioni a mia moglie che mi spiega la storia del quadro.
Medusa era il nome di una nave militare francese con a bordo militari e civili, naufragata intorno al 1816. Il quadro rappresenta i naufraghi che stipati su una zattera inizialmente trainata da una scialuppa, vanno ora alla deriva. Morte e disperazione sono ben rappresentate.
Al rientro a casa, incuriosito, ho cercato ulteriori informazioni.
La nave Medusa, nave ammiraglia, comandata dal Capitano di Fregata Hugues Duroy de Chaumareys, salpò con la flotta nel 1816 diretta nella riconquistata colonia francese del Senegal. Nella flotta si trovavano militari e coloni civili, tra questi anche il futuro governatore del Senegal con la famiglia.
Il Comandante della flotta non era un grande esperto navigatore e non diede retta al suo staff andando a finire su un bassofondo al largo delle coste africane.
La nave si arenò e nonostante i tentativi fatti per disincagliarla, anche a causa di una tempesta, sembrò essere sul punto di affondare per cui venne deciso di abbandonarla.
Le altre navi della flotta erano lontano in quanto la nave ammiraglia era più veloce e il Comandante non aveva viaggiato in formazione.
Nobili e ricchi vennero imbarcati sulle scialuppe, il resto del personale su una zattera costruita inizialmente per alleggerire la nave nel tentativo di disincagliarla.
La zattera, con a bordo 152 tra marinai, soldati e civili, venne fissata ad una delle scialuppe ma ben presto, non si sa bene perché, finisce alla deriva. Sulla zattera non vi sono viveri sufficienti per tutti e la convivenza non è delle migliori. Liti e ammutinamenti si susseguono mentre si cerca di raggiungere senza successo la costa. Diversi uomini vengono buttati in mare e si verificano omicidi e episodi di cannibalismo. 
Tredici giorni dopo, la nave Argus inviata dal Comandante sul luogo del naufragio a recuperare oro e argento, trova i resti della zattera con a bordo quindici sopravvissuti, di questi cinque moriranno prima di attraccare al porto di Saint-Louis, in Senegal.
Questa brutta pagina di storia marinara francese viene rappresentata con grande realismo dall'autore Théodore Géricault, decretandone la fortuna.
 
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

mercoledì 10 settembre 2014

Albert aveva ragione: Dio non gioca a dadi, di Walter E.R. Cassani

Dunque, come iniziare a parlare di questo libro?
Iniziamo a dire che io sono appassionato, tra le altre cose, anche di Fisica.
Sono tra quegli appassionati che quando può si legge un libro di Fisica per approfondire qualche concetto studiato all'Università o per curiosare tra le nuove scoperte della fisica subatomica.
Non sono un esperto per cui cerco di evitare le trattazioni matematiche perché generalmente molto complesse anche se so bene che per capire a fondo determinati concetti la parte matematica dovrebbe essere approfondita.
Diversi anni fa, nel 2001  per la precisione, lessi questo libro per la prima volta e ne rimasi profondamente colpito per la semplicità con cui i concetti della fisica classica venivano raccontati e spiegati ma anche per l'apparente semplicità con cui l'autore introduceva la sua nuova teoria del tutto, da lui chiamata Teoria Ondulatoria del Campo.
Al termine di quella prima lettura aggiunsi a matita un commento molto stringato: "da rileggere!"
L'idea era quella di rileggerlo al più presto, magari approfondendo i concetti con la lettura di altri testi sugli argomenti di volta in volta trattati, ma così non fu.
Questa estate riordinando la libreria mi sono imbattuto nuovamente sul libro di Cassani e così, quasi per caso, ho aperto proprio la pagina in cui avevo lasciato il commento e da li a decidere che era finalmente arrivato il momento per la seconda lettura passò un solo istante.
Presi il libro e lo aggiunsi alla pila di quelli in lettura che allora ammontava a cinque.
Ad agosto finalmente è arrivato il suo turno e così, qualche giorno fa ho terminato la seconda lettura e ho aggiunto una frase di commento subito dopo quella lasciata tredici anni fa: "Intuitivamente convincente in molte sue parti!".
E in effetti è proprio così.
Nell'esposizione della sua teoria Walter Cassani ripercorre ogni volta la storia delle scoperte e delle teorie in voga nel tempo per poi spiegare la sua teoria e la sua interpretazione dei fenomeni sperimentali secondo la sua teoria. In questo modo mette in evidenza le mancanze delle altre teorie e cerca di ristabilire ciò che a suo parere manca nella Fisica degli ultimi cento anni, la causalità.
Proprio la causalità infatti, o per meglio dire la sua mancanza, introdotta con l'accettazione del Principio d'Indeterminazione di Heisemberg, è infatti secondo l'autore alla base degli errori che hanno portato la fisica lungo una strada senza uscita.

Cassani dimostra una profonda conoscenza della Fisica e una grande forza di volontà nel combattere con tutte le sue forze contro verità prestabilite, ponendosi contro tutto e contro tutti, alla ricerca della teoria del tutto che possa consentire alla Fisica, ripristinando il principio di causalità, di uscire da quella che a suo parere è una strada senza uscita che ha portato i fisici a introdurre strutture artificiose come i buchi neri per giustificare fenomeni altrimenti inspiegabili.

Io non sono un fisico per cui il mio parere è quello di un semplice appassionato ma voglio comunque darlo: "Intuitivamente convincente, in molte sue parti!"

A voi ora la lettura del testo che a mio parere dovrebbe essere approfondito seriamente dalla Fisica Ufficiale, intanto io comincio la terza lettura!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

A Roma "The innovation week" e "Maker Faire"

Anche quest'anno si terrà a Roma l'evento tecnologico Maker Faire.
Appuntamento per tutti gli appassionati ma anche per chi è in cerca di business il prossimo 27 settembre all'auditorium Parco della Musica a Roma.
E' prevista la partecipazione di 600 tra inventori e start up da tutto il mondo il cui business ruota attorno alle nuove tecnologie e all'informatica.
Il fine settimana precedente l'evento si terrà al MAXXI una maratona di sviluppo informatico il cui argomento è il futuro della casa.
Il 4 e 5 ottobre si chiude l'evento con il Maker Faire vero e proprio.
Espositori, inventori e conferenzieri ci intratterranno con le loro idee futuristiche sempre alla ricerca di un futuro sempre più prossimo in cui le idee della fantascienza di qualche anno fa diventano parte integrante della nostra vita quotidiana.
 
Per maggiori informazioni e acquisto biglietti visitate il sito http://www.makerfairerome.eu/.

Appuntamento dunque a fine settembre!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

mercoledì 3 settembre 2014

Anteprima: Storia della Sardegna antica, la preistoria che vediamo tutti i giorni

La mia terra è una terra misteriosa e senza storia o, per meglio dire, tutta preistoria.

E' sufficiente percorrere la Strada Statale 131 Cagliari-Porto Torres per rendersi conto di cosa intendo dire.

Di tanto in tanto tra i cespugli verdi e odorosi di macchia mediterranea è possibile scorgere la sagoma di un nuraghe, le antiche torri in pietra che ricoprono il territorio. Si dice ve ne siano settemila sull'Isola, ma forse nessuno li ha mai contati!

Più piccole e spesso nascoste, ma non meno interessanti le "domus de janas" che tradotto letteralmente significa “case delle streghe”. Si tratta di piccole abitazioni con funzione forse funeraria scavate nella roccia. Le tombe dei giganti, i dolmen, i mehnir e i pozzi sacri completano la serie di costruzioni megalitiche! Storia a parte andrebbe raccontata per il Sardus Pater e i giganti di Mont'e Prama, splendide statue litiche raffiguranti diversi personaggi dell'antichità, guerrieri e forse antichi dei, ritrovate nei pressi di Oristano e ancora oggetto di studio.

Una preistoria esagerata, che fa risalire la civiltà nuragica al 2000 a.C. circa, ma forse a periodi ancora precedenti.

Alcune scritte su pietra, solitamente attribuite a popolazioni estranee all'isola, sono state ritrovate negli anni. La più importante e anche la più dibattuta è conosciuta col nome di "stele di Nora" dal luogo di ritrovamento, Nora per l'appunto, città marittima a sud dell'isola. Mi chiedo per quale motivo un ritrovamento effettuato in Sardegna debba essere attribuito ad un popolo straniero, ma così è sempre stato. Come se la Sardegna non possa essere luogo di produzione di cultura. In ogni caso è chiaro che anche tutti coloro che si sono cimentati nel tentativo della traduzione devono avere le idee confuse dato che non riescono a mettersi d'accordo sul significato della scritta. Al momento esistono solo tante differenti versioni, talmente diverse l'una dall'altra che ci si potrebbe chiedere se gli esperti si siano cimentati nella traduzione sulla base di conoscenze scientifiche o sul gioco del "tiriamo ad indovinare"!

Io propendo per la seconda. La stele si può ammirare al Museo nazionale di Cagliari e chi vuole può provare a dare la sua interpretazione.

E che dire dei bronzetti? Antiche testimonianze di tempi passati, opere da ammirare per la splendida fattura.

Si tratta di oggetti in bronzo rinvenuti generalmente all'interno dei nuraghe. Vi sono statue di guerrieri, di sacerdoti, ma anche modelli di navi, nuraghi e animali oltre, naturalmente, ad armi di vario genere.

Forse più antiche le statuette della Gran Madre, la dea della fertilità per eccellenza, trovate tanto in Sardegna come nel resto del mediterraneo e considerata dea dell'Asia Minore.

Strabone ci racconta che Cybele, uno dei nomi della Gran Madre, era la dea dei Frigi e dei Troiani... e questo è un particolare da tenere a mente! Chissà qual'è la relazione tra le due dee?

Certo che se si pensa che la dea dell'Asia Minore era considerata la prima a dotare di torri le città come ci ricorda Ovidio nei Fasti quando si domanda: "Ma perché la sua testa è gravata da una corona di torri? Forse fu lei a dare le torri alle prime città?"

Torri o nuraghi?

Dea frigia, troiana e sarda allo stesso tempo?

Forse non si saprà mai, resta il fatto che le statuette della dea trovate in Sardegna sono una realtà!


Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO


martedì 2 settembre 2014

Considerazioni di fisica e chimica

Una delle leggi, credo, universalmente riconosciuta (da sempre?) è la seguente: Nulla si crea, nulla si distrugge,tutto si trasforma". Ma siamo sicuri che ciò sia valido sempre e incondizionatamente? Sembrerebbe una domanda stupida per una persona con una preparazione prevalentemente scientifica... ma a volte le grandi scoperte derivano dal riconsiderare ciò che era dato per certo! In fisica, una ...delle ipotesi, la principale e più conosciuta ipotesi sulla formazione dell'Universo afferma che lo stesso Universo si è sviluppato da un punto, una singolarità dotata di energia infinita concentrata e massa zero, sarebbe poi accaduto qualcosa che ha permesso all'Universo di svilupparsi e crescere. L'energia liberata (da cosa? qual'è la causa?) ha creato la massa infinita di stelle e materia e tutte le forme di energia che conosciamo, ma come si mette in relazione questa teoria con la precedente legge del "Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma"?
A mio parere non vi è modo di mettere d'accordo queste due ipotesi!
E se una delle due (o entrambe) fossero sbagliate?
Assurdo, mi direte...
Si, ma un tempo era assurdo volare, era assurdo un viaggio sulla Luna, era assurdo pensare che con una bomba si potesse distruggere una città, era assurdo duplicare un essere vivente...
 
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 31 agosto 2014

Il gioco dell'angelo, di Carlos Ruiz Zafon

Ho sempre amato i libri, non ho mai smesso di leggere da quando, in prima elementare, con enorme fatica ho letto il mio primo libro, 20.000 leghe sotto i mari.
Così un giorno dell'estate del 2013 mi sono imbattuto in un libro che parlava di libri e nonostante fosse ormai da tempo che non leggevo romanzi decisi di fare un'eccezione. In quel periodo stavo approfondendo la conoscenza della lingua spagnola per cui comprai la versione in lingua originale del libro e mi tuffai nella lettura mettendo da parte gli scrupoli per il tempo dedicato ad un passatempo quale "la lettura di un romanzo".
La storia ambientata agli inizi del 1900 ha inizio nella redazione di una oscura rivista barcellonese. Ad un giovane giornalista, David Martìn, che lavora per "La voz de la industria", grazie al ricco amico Pedro Vidal, viene offerta la possibilità di scrivere qualcosa che cambierà la sua vita.
Sei ore di tempo per scrivere il racconto che avrebbe segnato l'inizio di un nuovo corso...
Il racconto piacque al pubblico al primo ne seguiranno altri, con cadenza settimanale... prende corpo la serie dei "Misteri di Barcellona", serie di successo, ma col successo iniziano anche le invidie e le gelosie...
Passa il tempo e un giorno Martin riceve un'offerta che non può rifiutare... scrivere un libro per un editore francese, Andreas Corelli che aveva notato i suoi precedenti lavori ed era interessato a lui per le sue capacità. Un libro che, lui ancora non lo sapeva, avrebbe condizionato la sua vita.
Amicizia, amore, odio, paura, pazzia, tutti stati d'animo che si intrecciano senza sosta nelle quasi cinquecento pagine nelle quali il lettore non può non essere trascinato.
Una casa maledetta, un libraio appassionato, un cimitero dei libri segreti, morti e sparizioni, sono solo alcuni degli aspetti più intriganti di questo splendido libro che conduce fino a...
 
Devo ammettere di aver letto raramente romanzi così avvincenti.
 
Devo aggiungere, a onor del vero, che da quel giorno d'estate ho ripreso a leggere romanzi e finchè esisteranno scrittori come Zafon, credo proprio che non riuscirò più a smettere!


A voi ora, buona lettura.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO


venerdì 22 agosto 2014

Allan Quatermain, di Rider Haggard

Henry Rider Haggard, nato a Bradenham in Inghilterra nel 1856, è l'autore di uno splendido libro di avventure: Allan Quatermain.
Ambientato in Africa, il romanzo fa parte di una serie di romanzi aventi Allan Quatermain quale personaggio principale.
Il romanzo inizia con un estratto del diario di Allan Quatermain, in cui racconta della morte precoce del figlio Harry e della voglia di tornare sul luogo della sua prima avventura, l'Africa.
Leggendo la vita dell'autore colpisce il fatto che, qualche anno dopo la pubblicazione del libro (uscito nel 1887) il primo figlio muore ancora piccolo di morbillo (1891).
Ma torniamo al libro.
Allan Quatermain, conosciuto anche come "il cacciatore" o ancora Macumazahn, un giorno viene raggiunto dai vecchi amici di avventura, Sir Henry Curtis e il Capitano John Good. Gli amici non si vedevano dai tempi della loro precedente avventura nel Kukuanaland, tre anni prima, alla ricerca delle miniere di Re Salomone.
In pochi istanti i vecchi amici decidono di lasciare la civiltà e partire per l'Africa, alla ricerca di una fantastica tribù dalla pelle bianca che vive isolata all'interno di una vallata di una catena montuosa non ancora esplorata: il popolo di Zu-Vendis.
Le avventure si susseguono senza sosta. I tre amici incontrano lungo la strada Umslopogaas, un nobile combattente Zulu, già loro compagno di viaggio nella precedente avventura. Combattono contro i selvaggi, lottano contro mostri e rischiano di morire tra le acque di un fiume sotterraneo, per la lava di un vulcano, tra le chele di mostri giganteschi...
Poi, finalmente giungono alla meta dove due splendide regine, Sorais e Nyleptha li salvano dalla morte, li accolgono e si innamorano... ma con l'amore arrivano anche i guai!

Infatti "Hell hath no fury like a woman scorned", e se la donna è una regina...
 
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 2 agosto 2014

La sicurezza delle informazioni, di Nicola AMATO


(... nel contesto evolutivo del binomio comunicazione-informatica).
 
Ho conosciuto Nicola diversi anni fà e questo è il suo secondo libro che leggo sull'argomento e anche questa volta sono restato piacevolmente colpito dalla sua capacità di rendere semplici e comprensibili argomenti in realtà molto complessi.
Comunicazione e informatica, due settori importanti che necessitano sempre più l'uno dell'altro.
 
Di cosa si parla nel libro?
Gli argomenti del libro sono tratti principalmente dalle lezioni tenute all'Università Insubria di Scienze della Comunicazione di Varese e trattano di sicurezza delle informazioni, dell'evoluzione delle tecnologie informatiche e delle relazioni con la comunicazione e di crittografia.
 
Nicola nella parte iniziale del libro chiarisce qual è l'importanza della sicurezza delle informazioni non solo ai giorni nostri, dalla sicurezza delle informazioni sono infatti dipesi gli esiti delle guerre di tutti i tempi.
 
Ma quali sono gli obiettivi della sicurezza informatica?
Quali sono le tipologie comunicative?
Come si garantisce la sicurezza delle informazioni?
Quali sono gli attacchi più frequenti ai sistemi informativi?
Spoofing, sniffing, shadow server, denial of service, browser hijacking e altre tecniche sono spiegate in modo semplice e con esempi alla portata di tutti.
 
Queste e tante altre le curiosità che nel libro (in edizione e-book) trovano risposta...
 
All'autore e amico Nicola Amato vanno i miei complimenti!
 
A tutti i lettori curiosi auguro buona lettura...
 
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO
 

lunedì 7 luglio 2014

Dracula, di Bram Stoker



Son so perchè ma ero convinto di aver letto da tempo uno dei classici del romanzo gotico, "Dracula", di Bram Stoker, scrittore irlandese (1847-1912). Eppure si trattava di una mia falsa convinzione, forse basata sui tanti film di vampiri che sono usciti in questi ultimi anni, forse un semplice errore.
Qualche settimana fa, mentre mi aggiravo tra gli scaffali della mia libreria personale, ho ritrovato il libro di Dracula, in lingua originale, comprato anni fa e mai letto, così mi sono reso conto che non conoscevo la storia del Dracula di Stoker ma solo alcuni luoghi comuni sui vampiri, il loro odio per l'aglio, la mancanza di immagine riflessa nello specchio, i poteri mentali che i vampiri esercitano sulle loro vittime e poco altro.
La storia si svolge tra la Transilvania e Londra e vede un gruppo di uomini impegnati nella lotta contro il male rappresentato da Dracula, un Conte non-morto, che dopo secoli di vita ritirata nella lontana Transilvania ha deciso di trasferirsi a Londra.
Stoker racconta la lotta contro questo mostro per il tramite dei diari dei protagonisti del romanzo attraverso articoli di giornale attraverso cui è possibile ricostruire lo sviluppo delle azioni.
Talvolta questi diari si sovrappongono, si intrecciano, sembra perfino che si allontanino dal filo principale del racconto per poi farvi immancabilmente ritorno.
Jonathan Harker, avvocato londinese, viene inviato dalla sua società presso il Conte Dracula per aiutarlo a preparasi alla nuova vita a Londra.
Il viaggio di avvicinamento al castello viene raccontato con maestria da Stoker che mette ben in evidenza i sentimenti della popolazione circostante nei confronti del Conte, temuto da tutti.
Jonathan porta a compimento il suo lavoro, rendendosi conto troppo tardi di trovarsi prigioniero nel castello del Conte...
 
Riuscirà a fuggire?
Riuscirà a tornare a Londra dalla sua amata Mina?
Chi è veramente il Conte Dracula?
 
Il libro ci racconterà tutto con dovizia di particolari... per cui, buona lettura a tutti!
 
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO 

giovedì 3 luglio 2014

Su goppai miu de Casteddu (Il mio compare di Cagliari)

Ancora si raccontano, a Gesico, storielle antiche che parlano dell'ingenuità delle persone umili.
Eccone una, raccontata da mia nonna Annunziata Carboni, che la cara zia Nina pochi giorni fa ha riportato alla mia memoria.

Un signore deve mandare un dono ad un compare che abita a Cagliari.
Siamo negli anni '50.
Chiama la domestica e le dice: "Porta custu presenti a goppai Luigi".
     (Porta questo regalo a compare Luigi)
La ragazza, un po preoccupata risponde: "Sissignore, ma in dui dia deppi pottai?"
     (Sissignore, ma dove lo devo portare?)
"A Casteddu 'ndui bivvidi su goppai miu!"
     (A Cagliari, dove vive compare Luigi)
"A Casteddu?" Risponde la domestica.
     (A Cagliari?)
"Ma su merixeddu miu caru, deu non mi sciu giostrai beni in Casteddu, ma bandu cun d'una amiga mia cara, issa esti prusu acculturada de mei".
     (Ma, padroncino mio caro, io non mi so giostrare bene a Cagliari, ma vado con una mia amica che è più acculturata)
Così le due ragazze partono per la città.
Una volta arrivate, la ragazza più sveglia chiede all'altra quale fosse l'indirizzo.
La domestica risponde: "Su merixeddu m'a nau de bussai e domandai de goppai Luigi"
      (Il padroncino mi ha detto di bussare e chiedere di compare Luigi)
Così le due ragazze bussano alla prima porta che trovano.
- "Cosa volete?" Risponde una voce da dietro la porta chiusa.
"Esti vi signoria goppai Luigi?" Dicono timidamente le due ragazze paesane.
      (E' Lei compare Luigi?)
- Andate via, puttane zozze! Risponde una voce dall'interno scambiandole per donne di malaffare.
Le ragazze, capendo male, ringraziano e si allontanano.
"Duncasa, deppeusu bussai in cussa via e in cussa porta! DIce la più acculturata alla domestica.
     (Dunque, dobbiamo bussare in quella via e in quella porta.)
Si spostano di pochi metri e bussano ancora: - Toc, toc...
"Bivvidi innoi su signori nostru?" Chiedono ancora le due ragazze.
     (Abita qui, il signore nostro?)
Affacciandosi, una voce gentile risponde: "Chi cercate, signorine belle?"
"Ciccausu su signori nostru. Pottausu uno presenti de su goppai de vi signoria"
     (Cerchiamo il nostro signore. Portiamo un dono del suo compare.)
- Entrate pure - risponde l'uomo pregustando i doni - Cosa mi manda il mio bravo compare? Chiede interessato.
"Pottausu unu porceddu, pani de simbua e is pardulasa po fai una bella Pasca."
     (Portiamo un maialetto, pane di semola e le formaggelle per fare una buona Pasqua)
- Ma prego, accomodatevi pure. Risponde l'uomo furbescamente, approfittando della ingenuità delle due ragazze.
- Siete arrivate nella casa giusta e ringraziate tanto il compare per essersi disturbato con tutto questo ben di dio.
Le ragazze così tornano a casa soddisfatte.
Al loro rientro il padrone chiede come è stato il viaggio e se è stato facile trovare il compare.
"Facili facili, eusu bussau in sa prima porta e s'anti arrespustu - in cussa via e in cussa porta! -
      (Facilissimo, abbiamo bussato alla prima porta che ci è capitata e ci hanno risposto "in quella via e in quella porta")
Il padrone è così soddisfatto del lavoro svolto, ignorando però che il suo compare non aveva ricevuto niente!

Demuro Fernanda

sabato 14 giugno 2014

Il Cardinale di Richelieu, di Michele L. Straniero

Diversi anni fa lessi, per la prima volta, la biografia di Richelieu. Probabilmente lo feci in un momento in cui la mia mente era occupata da tanti pensieri perchè in linea di massima non ricordavo niente oltre il fatto di aver già letto il libro.
Così qualche giorno fa, mentre sceglievo nella mia biblioteca il libro che mi avrebbe accompagnato per una settimana, imbattendomi sulla vecchia copertina in finta pelle della biografia del Cardinale, non ho avuto dubbi, avrei riletto un libro, come se fosse la prima volta!

Richelieu, al secolo Armando Giovanni du Plessis, duca di Richelieu, nasce a Richelieu, nel Poitou, il 9 settembre 1585. Nei primi anni il giovane Richelieu, era un ragazzo di salute cagionevole. Fu istruito a casa fino all'età di nove anni, poi frequentò il collegio di Navarra e quindi l'Accademia militare. Qualche anno dopo il fratello Alfonso, rifiutò il vescovado di Lucon, da tempo appannaggio della famiglia Richelieu; Armando, allora diciassettenne, prese la palla al balzo e si buttò nello studio della teologia per diventare vescovo. All'età di ventun anni diviene vescovo, conclude anche gli studi accademici e si reca a Roma a fare scuola di vita. Grazie alla sua intelligenza entra velocemente nelle grazie del papa Paolo V.
L'incontro casuale tra Richelieu e il nobile Francesco Leclerc du Tremblay (che sarà conosciuto come eminenza grigia), diventato cappuccino nonostante il volere della famiglia, diede vita ad una coppia inseparabile e vincente, che avrebbe affrontato assieme le vicissitudini del tempo guidando la Francia di Luigi XIII attraverso le guerre e gli intrighi di corte per portarlo verso la creazione di una nuova Francia.

La vita di Richelieu e gli intrighi di corte sono magistralmente raccontati nel libro anche facendo spesso parallelismi con il più famoso libro "I tre moschettieri" di Dumas e con precedenti biografie tra queste una sicuramente interessante che spero di riuscire a leggere di Aldous Huxley.

Un'ultima frase di Richelieu mi ha colpito per la sua forza e per il valore che ha mantenuto nel tempo: "Essere rigoroso verso i privati che si fanno una gloria di disprezzare le leggi e le ordinanze dello Stato, vuol dire fare il bene pubblico".

Bellissima biografia, da leggere per chi vuole capire meglio le origini della Europa dei nostri giorni.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

venerdì 6 giugno 2014

Churchill , di Martin Gilbert

Chi non ha sentito parlare di Churchill?
Chi non ha visto qualche sua immagine, magari col sigaro in bocca e il pastrano tutto sdrucito?
Winston Churchill mi ha sempre affascinato e il desiderio di conoscerlo meglio mi ha portato a leggere la sua biografia, scritta da Gilbert, suo biografo ufficiale.
Winston Leonard Spencer Churchill nasce il 30 novembre 1874 nel palazzo di famiglia, Blenheim Palace, a Woodstock, nei pressi di Oxford, il nome altisonante dovrebbe far capire che la sua sarà un vita ricca e interessante ma il piccolo Winston era un po ribelle e il padre non lo considerava all'altezza dei compiti che avrebbe dovuto affrontare in qualità di membro di una importante famiglia quale la loro era. A scuola era irrequieto e il rendimento generale non era elevato anche se col tempo imparò ad essere più disciplinato. La famiglia era sempre lontana e lui crebbe nei vari istituti scolastici con brevi visite presso la famiglia.
Entrò al Royal Military College di Sandhurst dove scopre come incanalare le sue energie in un lavoro faticoso quale è quello del militare. Nel mentre scrive per i giornali del luogo e tiene comizi politici per il partito cui fa il tifo partecipando a pieno titolo alla vita sociale e politica del Paese.
Nel 1895 Churchill diviene Ufficiale di Cavalleria e viene assegnato al 4° Ussari, dove inizia la sua carriera militare, che amerà per tutta la vita e alternerà alle attività di politico, giornalista e scrittore.
La vita militare lo entusiasmava, partecipò a diverse guerre, la Gran Bretagna gliene dava l'occasione grazie all'Impero sempre in subbuglio. Durante i suoi viaggi conobbe tanti militari cui resterà sempre affezionato. La sua carriera politica lo porterà comunque a incontrarli ancora.
Il periodo in cui visse, con le due guerre mondiali, fece di Churchill un eroe della resistenza antinazista in Europa e, forse, il maggior artefice della sconfitta di Hitler, che lo temeva per la sua acutezza e forza di volontà.
Churchill, nonostante i suoi incarichi importanti, non dimenticò mai di parlare con i suoi uomini, civili o militari che fossero, per incitarli in ogni occasione a fare del loro meglio e questo forse fu il suo più grande merito.
 
La biografia di Churchill non può mancare nella biblioteca di casa e la sua vita andrebbe sempre tenuta ad esempio per le giovani generazioni, non solo inglesi!

Alessandro Giovanni Paolo Rugolo

domenica 1 giugno 2014

Anteprima: Storia della Sardegna antica

Cari amici, penso sia arrivato il momento di cominciare a parlare del mio prossimo libro, Storia della Sardegna antica, che dopo anni di ricerche sto terminando di scrivere.
Oggi, vi voglio regalare un capitolo, anche perchè vorrei avere vostri suggerimenti.
Ma non voglio farvi perdere tempo, ecco il capitolo che parla della storia dei nomi della nostra amata isola, la Sardegna, sperando sia di vostro interesse e che possiate trovare parte delle radici della nostra terra.
Sardegna... storia di un nome

Prima di passare la parola agli storici vorrei parlare brevemente del nome "Sardegna".

Tutti i sardi sanno che l'isola in passato ha avuto altri nomi, uno dei più famosi è Ichnusa1, ma non è l'unico e non è neanche il più antico.

Francisco de Vico, nel suo testo "Historia generale de la Isla y Reyno de Sardeña"2ci dice che il primo nome che ebbe l'isola gli fu dato dai suoi primi abitatori, gli ebrei, che la chiamarono "Cados Sene" il cui significato sarebbe "Calzare Sacro", probabilmente per la sua forma simile all'impronta di un piede o calzare. I greci diedero poi il nome di Ichnusa che vuol dire la stessa cosa, calzare santo.

Sempre De Vico ci dice che secondo Beroso, sacerdote babilonese del terzo secolo a.C. (perché poi un babilonese si sia occupato della Sardegna è tutto da capire!), il termine Sandaliotes era stato attribuito all'isola dagli abitanti che avevano preceduto i greci, a detta sua questi furono i principi vetuloni o toscani, gli etruschi. Poi arrivò in Sardegna Ercole che chiamò l'isola Iolea, per alcuni dal nome di Iole sua moglie,secondo un'altra versione dal nome di Iolao, suo nipote. Dopo Iolao, un figlio di Ercole di nome Sardo divenne Re e da lui l'isola prese il nome che porta ancora oggi: Sardegna.

Qualche secolo dopo De Vico, nell'anno 1792, l'abate gesuita Matteo Madao nelle sue “Dissertazioni Storiche e apologetiche critiche delle Sarde Antichità” scrive: “Assai più forte congettura che le sposte non sono, per provar e chiarire il nostro argomento, e per mostrare l'antidiluviana popolazione di quest'isola, pare che sia un'altra, che qui addurremo, la quale si tira dal primo e prisco nome Cadossene, onde, secondo Beroso, Solino, Plinio, Annio di Viterbo, Pineda, Albertino, ed altri storici autori, la Sardegna fu chiamata sin dal principio dell'antichissima sua fondazione: nome ebraico, composto di due vocaboli, i quali uniti significano pianella, o sandalo santo e divino (epperò Cados valesanto, e Sene pianella, o sandalo in lingua ebrea, o aramea), che per trovarlo i Greci, antichissimi abitatori d'essa Sardegna, assai proprio e significante, e adattato alla di lei figura di uman vestigio, il voltaron poi nel greco Sandaliothis, affatto corrispondente a Cadossene, non meno nel significato che nel congiungimento dei due vocaboli, i quali al pari de' due suddetti ebrei esprimono in greco la forma della stess'isola dacchè Sandalion significa sandalo, o pianella, e Theion, forma neutra di theios, santo e divino”.

Il nostro Madao riporta anche i commenti di Francesco Sansovino al testo di Beroso: “Cadossene, che i Greci dicono Sandalioti, i Latini Sancta Crepida, e noi Sardigna”...

Poco avanti, nello stesso libro, il padre gesuita, parlando della discendenza di Adamo e del significato dei primi nomi dati alle regioni del mondo dai colonizzatori ebrei, aggiunge: “Cadossene, onde l'isola di Sardegna da' primi di lei abitatori fu chiamata, ed al quale poi nei secoli postdiluviani altri nuovi nomi via via succedettero per appellarla, come Sandaliotis, Icnusa, Munivia3,Sardon, Sardinia, inventati da' Greci, da Fenicj, e Romani”.

Ed ecco così ancora due nomi, Sardon e Munivia, che riemergono dal passato e dai testi di autori antichi ormai dimenticati. Procopio invece dice che “Sardò è il proprio nome di questa che chiamasi ora Sardegna".

Come avrete notato non sempre gli autori concordano sull'origine dei nomi, questa è una cosa molto comune quando si parla dei tempi antichi, ed essendo la Sardegna terra antichissima, purtroppo è soggetta a questo problema.

Come comportarsi allora, vi chiederete.

Se volete, fate come faccio io, raccogliete tutte le testimonianze e fatevi una vostra idea della cosa più probabile, senza pretendere di arrivare alla verità, probabilmente persa per sempre nelle nebbie del passato più remoto.

Riassumendo, la terra che oggi è conosciuta col nome di Sardegna di oggi ebbe diversi nomi nel tempo e a seconda delle lingue dei popoli usate per descriverla: Cados Sene, Iolea, Munivia (e forse, Gadyla), Ichnusa, Sandaliotis, Sardon, Sancta Crepida e infine Sardegna, probabilmente ve ne sono altri che non conosco e ciò mi spinge a proseguire le ricerche.

Note:

1Ιχνουσσα in greco antico, traslitterato come Hyknusa o Icnussa.

2 Testo pubblicato a Barcellona nel 1639.

3 Sulla "Revue des deux mondes. Sept. 1836, tomo 7, pag. 543-564", in un testo di natura controversa, ho trovato anche il nome di Gadyla, ma di questo non sono certo. Vedi: Sulla scoperta d'un manoscritto contenente la traduzione di Sanchuniathon, di Filone di Biblos. sul mio sito, all'indirizzo http://tuttologi-accademia.blogspot.it/2013/07/sulla-storia-dei-fenici-secondo.html.


Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

venerdì 23 maggio 2014

L'Europa crolla sotto il suo stesso peso

Europa, un sogno di molte generazioni.
Il sogno di vedere le Nazioni europee finalmente in pace, desiderio sempre più forte di chi visse e combattè le due Guerre Mondiali, un sogno troppo lontano dalle generazioni attuali, che di quelle guerre ricorda forse poche cose, sentite forse durante una lezione di storia.
Dell'Europa oggi cosa vediamo?
L'Euro e poco altro.
Non esiste neanche una rete televisiva europea che ci tenga informati su quello che si sta facendo per tutti.
Non esiste un documento che dica, in vece che "Italiano", "Spagnolo", "Tedesco", semplicemente "Europeo".
Non esiste una lingua usata da tutti per il lavoro quotidiano o anche solo per la burocrazia. E dico di più, non esiste e non esisterà, anche perchè la lingua più parlata è l'Inglese e gli inglesi non fanno neanche parte a pieno titolo dell'Unione Europea!
Ma cosa ha affossato realmente l'Europa in questi anni?
L'Europa stessa!
O meglio la mancanza dell'Europa.
Devo dire che mi sono sentito sempre poco europeo, purtroppo.
Cosa ha fatto per me l'Europa?
A occhio e croce niente, anche se forse occorrerebbe mettere sul piatto della bilancia anche l'assenza di guerre negli ultimi settanta anni.
In ogni caso, l'Europa ha creato solo burocrazia e sovrastrutture statuali assolutamente lontane dal cittadino comune che non ha avuto alcun nuovo modo di conoscere l'Europa. Ecco, la burocrazia ha distrutto l'Europa sul nascere.
Un'Europa che voglia contare qualcosa dovrebbe essere più presente nella vita di tutti i giorni, un modo sarebbe quello di aprire un televisione Europea, che trasmetta su tutto il territorio europeo, usando magari le lingue europee a rotazione per trasmettere però gli stessi messaggi: noi europei esistiamo e siamo qui, affianco a voi, tutti i giorni!
Ma ora, forse, è già troppo tardi...
 
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 18 maggio 2014

Gesico - Is berbus de s'ogu pigau (preghiere contro il malocchio)


“Berbu era in Sardo antico il vocabolo ordinario per ‘parola’ [..] oggi si usa solo
al plurale (Logudorese: sos berbos; campidanese: is brebus) e significa gli scongiuri e le formole per attirare la fortuna, per allontanare i fulmini, per trovare le cose smarrite, per fugare i diavoli, i dolori ecc. e per far arrivare le pallottole al cuore del nemico;” (La lingua Sarda, Max Leopold Wagner, pag. 103) in questo modo Max Leopold Wagner, descrive il significato del termine ‘berbu/brebu’.
Ma cos’è ‘s’ogu pigau’?
Il malocchio; quando parlo di quest’argomento con gli anziani del mio paese si sente in loro una certa riluttanza, dicono e non dicono, parlano sottovoce, come se avessero paura o meglio, come se fosse un argomento tabù.
La frase più ricorrente è: “.. le formule sono segrete e devono restare tali perché facciano effetto...”.
Qualche anno fa, quando cominciai ad interessarmi di tradizioni popolari, chiesi di sapere quali frasi venivano pronunciate “da su brusciu”(lo stregone) per curare i porri, mi fu detto che ‘is brebus’ non si potevano raccontare, se volevo conoscerli ‘du su deppìu furai’(avrei dovuto rubarli, sottrarli).
Da allora cominciai a documentarmi, chiesi informazioni, cercai sui testi, tesi le orecchie discretamente ogni volta che si toccava l’argomento finché, non so bene se per caso o per costanza, sono riuscito a carpire alcune frasi ‘de sa meiscina de s’ogu pigau (la cura contro il malocchio) .Ho già parlato in altre occasioni di questo argomento (vedi “In Sardegna” n° 16 e “Il Notiziario n° 6), ma sempre in modo volutamente superficiale in quanto ero in possesso di dati incompleti, ora credo sia arrivato il momento di approfondire il discorso in quanto sono venuto a conoscenza di tre versioni de ‘is brebus’ per cui è possibile fare dei raffronti e delle considerazioni.
In primo luogo vorrei chiarire che ‘is brebus’ sono delle preghiere (che potremo comprendere tra la magia bianca) formulate probabilmente nel tardo Medio Evo e trasmesse sempre oralmente per cui ciò che scriverò potrebbe essere in parte errato o incompleto. Affinché facessero effetto, is brebus, dovevano essere recitati da ‘su brusciu’ che avrebbe dovuto rubarli ad uno stregone anziano al termine della sua carriera. Da parte del malato è richiesta fede incondizionata nel guaritore; quando ciò non è possibile, perché il malato è un bambino piccolo o un animale, devono essere i genitori o il proprietario ad aver fede.
Su brusciu serio non chiedeva compenso per la sua opera ma spesso riceveva dei regali per ringraziamento.Alcuni guaritori, prima di effettuare ‘sa meiscina’ si assicurano che il presunto malato sia effettivamente ‘pigau de ogu’, a tal fine utilizzano un bicchiere d’acqua e dei chicchi di grano o di sale grosso che, fatti cadere nell’acqua, permettono all’occhio attento del guaritore di leggere il responso.
Si procede immediatamente dopo alla recitazione de is brebus che spesso terminano con il segno della croce o con la imposizione delle mani. La trasmissione de is brebus era esclusivamente orale si potevano verificare delle variazioni dal testo originale dovute ad incomprensioni, inoltre normalmente, su brusciu o il suo equivalente femminile, “sa coga”(la strega) , non conosceva il significato delle preghiere in quanto alcune volte vi erano termini in latino o greco e conseguentemente non erano in grado di correggere eventuali errori che quindi venivano tramandati. Per chiarezza espositiva chiamerò le tre versioni con una lettera maiuscola (A,B,C) e numererò le righe (per esempio A.13 significa versione A, riga 13) in questo modo si potranno fare dei riferimenti in maniera semplice e concisa. Per ultimo voglio dire che i versi in sardo sono scritti così come si pronunciano senza utilizzare nessun sistema di trascrizione fonetica che risulterebbe utile solo ai conoscitori della lingua sarda ma di difficile interpretazione per tutti gli altri lettori.
Versione A
A.1 Gesusu e Santu Antiogu - Gesù e Sant’Antioco
A.2 T’anti pigau de ogu - ti hanno attaccato il malocchio
A.3 Santu Liberau - Santo Liberato
A.4 De ogu t’anti pigau - ti hanno attaccato il malocchio
A.5 Santu Pianu Conti - Santo Pianu Conti (?)
A.6 Ti pongiu manu in fronti - ti poggio la mano sulla fronte
A.7 Ti pongiu manu in testa - ti poggio la mano sulla testa
A.8 Chi no timmas nottesta - affinché tu non tema questa notte
A.9 E ni per una notti - e nessun’altra notte
A.10 Santu Giuanni Battista - San Giovanni Battista
A.11 Ti torridi cara e vista - ti restituisca il colorito e la vista
A.12 Santa Maria Clara - Santa Maria Clara
A.13 Ti torridi vista e cara. - Ti restituisca la vista e il colorito.
A.14 Santa Lucia de oristanisi - Santa Lucia d’Oristano
A.15 Tottusu beninti imparisi - tutti arrivano assieme
A.16 Dopu de custa notti - dopo questa notte
A.17 Pregai a Deusu - pregate Dio
A.18 Santi Basili dottori - San Basilio dottore
A.19 Ca fusti meigadori - che fosti guaritore (?)
A.20 Fusti meigheri - fosti guaritore (?)
A.21 Paga no pigheisi - non prendete paga
A.22 Non di pigheisi paga - non prendete paga
A.23 Scetti s’anima salva - solo l’anima (abbiate) salva
A.24 E chi si’nda pigau - e chi si è fatto pagare
A.25 sia pedronau - sia perdonato
A.26 Santu Damiau lusci - San Damiano luminoso
A.27 E ti fazzu sa gruxi - ti segno con la croce
A.28 E ti azziu sa manu - ti impongo la mano
A.29 In nomini ‘e su Babbu - nel nome del Padre
A.30 De su Fillu - del Figlio
A.31 e su Spiritu Santu - e dello Spirito Santo.

Versione B
B.1 Gesusu e Santu Antiogu - Gesù e Sant’Antioco
B.2 T’anti pigau de ogu - ti hanno attaccato il malocchio
B.3 Santu Liberau - San Liberato
B.4 De ogu t’anti pigau - ti hanno attaccato il malocchio
B.5 Santu Giuanni Battista - San Giovanni Battista
B.6 Chi ti torridi forza, poderi e vista - ti restituisca forza, potere e vista
B.7 Santa Maria Clara - Santa Maria Clara
B.8 Chi ti torridi sa gana. - Ti restituisca la voglia
B.9 Santa Lucia de Tertenia, d’Escuveri e de Oristani - Santa Lucia di Tertenia, d’Escuveri e d’Oristano
B.10 Tottus bengianta imparisi - tutte vengano assieme
B.11 Po abrebai a tia - per farti gli scongiuri
B.12 Santu Pianu Conti - Santo Pianu Conti (?)
B.13 Ti pongiu manu in fronti - ti poggio la mano in fronte
B.14 Ti pongiu manu in testa - ti poggio la mano in testa
B.15 Chi no timmas nottesta - affinché non tema questa notte
B.16 E ni per una notti. - ne nessun’altra notte
B.17 Luisu manu e dottori - Luigi (?) mano di dottore
B.18 Ca fu meigadori - che fosti guaritore (?)
B.19 Ca fu meigheri - che fosti guaritore (?)
B.20 Paga non di pigheisi - non prendete paga
B.21 Scetti s’anima salva - solo l’anima (abbiate) salva
B.22 E no di pigheisi paga. - E non prendete paga
B.23 Cristo rendi - Cristo rendi (?)
B.24 D’ognia mali defendi - da tutti i mali difendi
B.25 A chini ti dda pigau - a chi te l’ha preso (?)
B.26 Sia pedronau - sia perdonato
B.27 Cosimo e Damianu - Cosimo e Damiano
B.28 Deu ti fazzu sa meiscina - io ti faccio la medicina
B.29 E Deusu ti azzi sa manu - e Dio ti imponga la mano
(ripetere per tre volte)

Versione C
C.1 Gesusu e Santu Antiogu - Gesù e Sant’Antioco
C.2 T’anti pigau de ogu - ti hanno attaccato il malocchio
C.3 Santu Liberau - San Liberato
C.4 De ogu t’anti pigau - Ti hanno attaccato il malocchio
C.5 Santu Patriarca - San Patriarca
C.6 Ti torridi sa tracca - ti restituisca lo scheletro
C.7 Santu Giuanni Battista (nome del malato) - San Giovanni Battista (..)
C.8 ti torridi gana e vista - ti restituisca voglia e vista
C.9 Santa Maria Clara - Santa Maria Clara
C.10 Chi ti torridi vista e gana. - Ti restituisca vista e voglia
C.11 Santa Lucia de Oristanisi - Santa Lucia d’Oristano
C.12 Tottus bengianta imparisi - tutte vengano assieme
C.13 Aintru de custa die - durante questo giorno
C.14 po abrebai a tie - per farti gli scongiuri
C.15 Santu Pianu Conti - San Pianu Conti (?)
C.16 Ti pongiu manu in fronti - ti poggio la mano in fronte
C.17 Ti pongiu manu in testa - ti poggio la mano in testa
C.18 Chi non timmas nottesta - affinché non tema questa notte
C.19 E ni d’ognia notti - e nessun’altra notte
C.20 Santu Pianu Conti. - San Pianu Conti (?)
C.21 Basili mannu dottori - Basilio gran dottore
C.22 Ca furia meigadori - che fu guaritore (?)
C.23 Ca furia meigheri - che fu guaritore (?)
C.24 Paga non ddi pigheisi - non prendete paga
C.25 Scetti s’anima salva - solo l’anima (abbiate) salva
C.26 non ddi pigheisi paga. - Non prendete paga
C.27 Cristo arrendi - Cristo ‘arrendi’ (?)
C.28 D’ognia mali difendi - da tutti i mali difendi
C.29 A chi ti dda pigau - a chi te l’ha preso
C.30 Chi siada pedronau - sia perdonato
C.31 Cosimo e Damianu - Cosimo e Damiano
C.32 Deus ti torri sa vista - Dio ti restituisca la vista
C.33 E ti pesi sa manu - e ti imponga la mano.
Come si può notare le tre versioni sono molto simili e probabilmente d’origine comune, alla base delle ‘preghiere’ è posta la fede nei santi come guaritori.
Ma come nascono queste preghiere e quando? Difficile dirlo, in Gesico non ho mai trovato niente di scritto attinente ai brebus de s’ogu pigau, sembra che questi esistano solo nella tradizione orale, inoltre diventa sempre più difficile trovare qualcuno che li conosca e si ricordi bene a memoria tutto. Probabilmente vengono tramandati da qualche secolo ma non ho trovato alcun riferimento temporale. Per quanto riguarda la provenienza, penso siano nati nel campidano visti i termini utilizzati e la forma delle frasi, anche se alcuni passi mi lasciano dubbioso, sarebbe interessante effettuare uno studio della distribuzione di questi brebus per capire la zona di provenienza. Ho trovato qualche difficoltà nella interpretazione dei termini ‘meigadori’ e ‘meigheri’, potrebbe darsi che questi siano da ricollegarsi al logudorese ‘meigu’ che significa medico e quindi gli si potrebbe dare il significato di ‘guaritore’, questo significato sembra attribuibile, almeno leggendo la versione A, infatti: A17 Santi Basili dottori A18 ca fusti meigadori A19 fusti meigheri… Eppure la versione A è quella che ritengo più incompleta e meno corretta, così, analizzando bene le altre versioni si nota che nella B sparisce ‘Santi Basili’ per lasciar spazio ad un fantomatico ‘Luisu’ (Luigi?) senza dire niente riguardo alla sua santità. Nella versione C si torna a ‘Basili’ senza chiamarlo ‘Santi’, chiamandolo ‘mannu dottori’ cioè ‘gran dottore’. Come mai tutte queste varianti del tema? Si potrebbe ipotizzare che questo passo fosse particolarmente oscuro a coloro che nel tempo si sono tramandati is brebus, la cattiva comprensione del passo originale potrebbe aver favorito il nascere di diverse versioni, eppure a prima vista non sembra che vi siano cose strane (a parte i termini ‘meigheri’ e ‘meigadori’).
In un primo tempo ho pensato che nella versione C fosse andato perduto l’appellativo di ‘Santi’ per ‘Basili’, ma poi, ripensandoci, è strano che solo in una delle tre versioni si riporti questo termine così importante, si potrebbe pensare che ‘Basili’ non sia un santo e che tutta la frase abbia un altro significato.
E’ stato quasi per caso che, leggendo il libro ‘La lingua Sarda’, mi sono imbattuto nella frase “.. magistrato giudiziario ed amministrativo ad un tempo, che rappresentava il giudice nelle singole regioni (curatorìas) e governava a suo nome. Il curatore maiore corrisponde al "megas courator" (courator ton basilicon oikon della corte bizantina)” (La lingua Sarda, Max Leopold Wagner, pagg. 166-167) Ora, la frase ‘Basili mannu dottori’ potrebbe essere una cattiva interpretazione del greco megas=grande=>mannu e courator=curatore=>dottori, quindi il termine ‘Basili’ non è il nome di un santo ma il 'basilicon' or ora visto.
(Maggio 2014) Voglio aggiungere ancora una possibilità, leggendo "Storia della Medicina e dell'Assistenza per le Professioni Sanitarie" di Enzo Cantarano e Luisa Carini, mi sono imbattuto ancora una volta in San Basilio Magno, che istituì il cenobitismo maschile in Oriente. Riporto direttamente dal testo: "nella sua Regola, ispiratrice di quella di San Benedetto, assegnava un posto preminente alla cura del malato. Egli istituì in Cappadocia, regione dell'Asia Minore, la prima struttura ospitaliero-assistenziale, la Basiliade, che costituì esempio per analoghe istituzioni religiose e statali". A questo punto è probabile che l'interpretazione debba andare verso la direzione di San Basilio in quanto precursore dell'assistenza dei malati.
Vorrei ora evidenziare brevemente le caratteristiche principali delle tre versioni.
I tratti caratteristici della versione A sono: l’uso del termine ‘cara’ come ‘colorito della pelle’; l’appellativo di ‘santi’ per ‘Basili’.
Nella versione B si ha: in B.9 e B.10 si ha concordanza di numero, cosa che non si ha nelle altre versioni. non si cita ‘Basili’ ma ‘Luisu’.
Nella versione C, infine, si può leggere: C.5 Santu Patriarca C.6 ti torridi sa tracca.
Vorrei far notare come nella B e C sia presente la strofa: Cristo (ar)rendi D’ognia mali defendi A chi(ni) ti dd’a pigau Sia pedronau Assente nella A, nella quale compaiono solo le ultime due righe in A.23 e A.24.
Ritengo che le B.23, B.24 e le C.29, C.30 siano da leggere così: a chini ‘de ogu’ t’adi pigau sia pedronau. Il termine ‘rendi’ o ‘arrendi’ non mi è stato spiegato, forse è il termine ‘Rei’ per Re, ma potrebbe anche essere ‘redentore’.
Sono convinto che vi siano ancora tante cose da dire su questi brebus e spero che ciò serva a salvare questi resti di antichità per tanto tempo tenuti nascosti alla conoscenza umana, anche perché queste preghiere giungono a noi direttamente dal passato avendo subito ben pochi cambiamenti, sono quindi testimoni della evoluzione della lingua sarda nel tempo.
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO