domenica 30 ottobre 2016

Marat, di Louis R. Gottschalk

Chi era Marat?

Forse qualcuno l'avrà sentito nominare, magari associato alla Rivoluzione Francese. Altri, immagino, non ne avranno mai sentito parlare.
Io, onestamente, devo dire di averlo sentito nominare ma, altrettanto onestamente, non avevo idea di cosa avesse fatto!
Jean Paul Marat nacque a Boudry, in Svizzera, il 24 maggio del 1743. Il padre è di origini sarde, si chiamava Mara e pare fosse fuggito da un'abbazia dove era probabilmente monaco e medico. La madre si chiamava Luisa Cabrol ed era di Ginevra. Gian Paolo Mara, alias Jean Paul Marat, fu il primo di sei figli.
Intorno al 1765 Marat si reca in Inghilterra. Da alcuni anni aveva lasciato la famiglia dove comunque sembra avesse ricevuto una buona educazione. Studiò medicina a Bordeaux e poi a Parigi.
Nel 1775 ricevette il titolo di dottore in medicina honoris causa presso l'università scozzese di Saint-Andrews. Si occupò di scienze, di medicina e di filosofia, pensando che quando veniva criticato fosse perchè il mondo ce l'avesse con lui, era convinto fautore del complottismo a suo danno.
Comunque fosse andata la cosa, a Newcastle Marat ricevette la cittadinanza onoraria per i servigi resi durante un'epidemia, come medico doveva essere in gamba.
Intorno al 1780 Marat torna in Francia e negli anni successivi esercita medicina a Parigi.
Pubblicò alcuni studi sulle ricerche nel campo dell'elettricità in medicina, sulla luce e sui colori, ma sempre senza grande successo.
Ma per conoscere il vero Marat, occorre aspettare ancora qualche anno. Il suo impegno principale per la politica e per il giornalismo infatti lo si può trovare dal 1789. Marat era a favore della monarchia anche se pensava che il popolo dovesse rispettare solo le leggi giuste.
Marat si lanciò nella sua attività di giornalista politico, senza risparmio di tempo e risorse.
Spesso a lui è stata attribuita la responsabilità delle sollevazioni del popolo. Nel suo giornale "l'Ami du peuple", cioè l'amico del popolo, come finì per essere chiamato lui stesso, spesso incitava alla rivolta contro i soprusi o contro la corruzione dei ministri del Re. Più avanti contestò anche gli organi della rivoluzione, tenendo sempre gli occhi aperti su tutto e su tutti, temendo che il Re potesse annullare con manovre segrete i risultati raggiunti.
Forse si è stati troppo critici nell'attribuire a Marat tante responsabilità, però sicuramente la sua figura di giacobino integerrimo crebbe sempre di importanza fino alla morte avvenuta a causa di una donna, Carlotta Corday, girondina, che lo pugnalò il 13 luglio 1793, facendone un martire della Rivoluzione.
Marat, monarchico, appoggiò nell'ultimo periodo la Repubblica, anche se il suo parere sul popolo non era certo lusinghiero, egli pensava che il popolo dovesse essere guidato e lui si poneva come guida naturale:
"Sappiate che il mio credito sul popolo non deriva dalle mie idee, ma dalla mia audacia, dagli slanci impetuosi della mia anima, dalle mie grida di rabbia, di disperazione e di furore contro gli scellerati che intralciano l'azione della rivoluzione. Io sono l'ira del popolo, ed è perciò che esso mi ascolta e ha fede in me. Le grida d'allarme e di furore che voi scambiate per parole vane sono la più naturale e la più sincera espressione delle passioni che mi divorano l'anima".
Effettivamente ciò che dice è ancora valido e, se nel suo caso è difficile mettere in dubbio le sue intenzioni a favore del popolo francese, in molti altri casi invece rappresenta semplicemente uno dei modi in cui è possibile guidare il popolo: "urlando e inveendo contro qualcosa o qualcuno", tecnica molto usata ancor oggi.

Una biografia interessante che mi ha permesso di conoscere meglio uno dei principali artefici della Rivoluzione Francese, Gian Paolo Mara, alias Jean Paul Marat.

Alessandro Giovanni Paolo Rugolo

Il crepuscolo degli Dei (Parte Prima)

PROLOGO

- Perchè, Padre?
Che senso ha, dopo tutto ciò che abbiamo fatto per loro?

- Non capisci?
Non possiamo più aspettare.
Fino ad ora noi siamo stati gli Dei, se aspettiamo ancora Loro prenderanno il nostro posto.
Dobbiamo farlo. Mi dispiace, ma dobbiamo distruggerli!

A quelle ultime parole, pronunciate con solenne drammaticità dal vecchio, il pubblico si lanciò in un fragoroso applauso.
La prima del "Crepuscolo degli Dei" era stata, contro tutte le previsioni, un clamoroso successo.

- Complimenti papà, è stato un successo.
Urlò Maria all'orecchio del padre, per superare il rumore degli applausi.

- Non avrei mai pensato ad una cosa del genere.
Sembra che il pubblico sia impazzito.
Non capisco cosa ci trovino di così speciale.
In ogni caso sono contento, servirà a lanciare il libro.

- Il libro? Urlò la figlia. Questa volta senza motivo.

- Si, ti avevo detto che avevo grandi progetti. Sono stato contattato da una casa editrice che è interessata a pubblicare la storia romanzata. Ho già presentato una prima bozza e domani ho un appuntamento con il responsabile della Casa Editrice.
Vogliono acquistare i diritti, forse ne faranno un film.
Maria per un attimo sprofondo in un incomprensibile silenzio, da cui si riprese subito.

- Bene, sono contenta per te. Allora oggi andiamo a festeggiare.
C'è un ristorante molto carino appena fuori città, ci sono stata con gli amici. Di solito il lunedì non c'è tanta gente. Vedrai, ci troveremo bene.


Larren Books

- E' in ritardo. 
Non mi piacciono le persone che arrivano in ritardo ad un appuntamento di lavoro. Specialmente se chi deve aspettare sono io.

Il direttore della Larren Books era una persona importante ed era consapevole della propria posizione. Non avrebbe aspettato un autore ritardatario neanche se il libro di cui avrebbe dovuto trattare l'acquisto fosse stato la Bibbia!
Sicuramente non avrebbe perso tempo per un autore quasi sconosciuto, anche se gli era stato raccomandato da persone influenti.

- Se arriva ditegli che non se ne fa niente. Ho aspettato fin troppo.
Si alzò e fece per andar via. Avrebbe tenuto la solita riunione delle dieci con la solita puntualità.

- Signor Larren, aspetti un attimo. Guardi cosa dice il giornale.
L'assistente gli tese una copia della Gazzetta. In prima pagina la notizia della sparizione di John Odges.
"Autore di teatro, scomparso ieri sera al rientro dalla prima te
atrale della sua ultima opera: Il crepuscolo degli Dei. La macchina è stata ritrovata in un torrente di campagna.  Probabilmente il corpo era stato trascinato dalla corrente. Le ricerche erano ancora in corso ma vi erano poche speranze.
La figlia afferma di essere stata a cena con lui. Poi dopo averla accompagnata a casa si era diretto verso il suo appartamento, in via..."

- Trovatemi la figlia. Mi serve la sua autorizzazione a pubblicare il libro. Dobbiamo approfittare del momento.

Le parole erano state pronunciate a voce alta e scandite attentamente. Non un solo accenno di dispiacere sul viso per la tragedia di una famiglia. Della sparizione di Odges a lui non importava niente se non per il fatto che si trattava, forse, di un colpo di fortuna. Il libro di un autore scomparso rende sicuramente più del libro di un autore qualunque. Solo il pensiero di futuri affari affiorava dal labbro appena sollevato in una smorfia di soddisfazione. 
Vincent Larren si voltò e proseguì verso la sala riunioni. Anche quella volta arrivò puntuale.

(Continua --->>

Alessandro Giovanni Paolo Rugolo

Ancora un terremoto ci butta giù dal letto

Roma,06.40 del 30 ottobre  2016.
Ancora una volta, questo mese, siamo costretti a correre sotto il tavolo della cucina.
Stavamo dormendo quando abbiamo sentito i mobili tremare, accendiamo la luce e vediamo che l'armadio trema violentemente.
Si tratta dell'ennesima scossa di terremoto.
Mentre ci mettiamo al riparo il pensiero va a coloro che si trovano nella zona dell'epicentro.
Qualche minuto dopo scopriamo che ancora una volta il terremoto è stato nella zona di Norcia.
In tv trasmettono le immagini dei territori colpiti.
Mi affaccio al balcone e vedo tante persone per strada, al cellulare. Questa volta la scossa è stata forte e nonostante l'ora e la distanza dall'epicentro, nei piani alti delle palazzine l'effetto è stato rilevante.
Certo che in Sardegna queste cose non mi erano mai capitate.
Mi chiedo come mai quest'anno vi siano tutte queste scosse. Ricordo che qualche giorno fa hanno parlato di una nuova faglia apertasi nel territorio italiano, speriamo si sbaglino altrimenti si continuerà a ballare.
Alcuni siti danno una magnitudo di 6.9 e 6.6. In tv hanno detto prima 7.1, pochi minuti fa invece 6.1, vedremo qual'è la verità.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

venerdì 28 ottobre 2016

Lincoln, di J.M.McPherson

14 aprile 1865: l'attore John Wilkes Booth, fanatico, sostenitore della confederazione, si introdusse nel palco in cui si trovava Lincoln al Ford's Theatre di Washington e sparò un colpo in testa al Presidente. 
La commedia alla quale assisteva con la famiglia si trasformò così in tragedia. 
Poche ore dopo, il 15 aprile alle 07.22 del mattino Lincoln morì.
Alcuni giorni prima, il 4 aprile, Lincoln era entrato vittorioso a Richmond, capitale della confederazione, osannato da migliaia di schiavi liberati.
A chi si gettò ai suoi piedi disse: "Don’t kneel to me. That is not right. You must kneel to God only, and thank Him for the liberty you will afterward enjoy.”
(Non inginocchiarti davanti a me. Non è giusto. Inginocchiati per Dio soltanto e ringrazialo per la libertà di cui d'ora in avanti godrai).
C'era chi lo amava, e c'era chi lo odiava fino ad ucciderlo.
Ma perchè tanto odio?
L'America di Lincoln stava uscendo dalla guerra di secessione e si apprestava alla ricostruzione. Lincoln era stato la guida spirituale e materiale del Paese. Coi suoi discorsi aveva infiammato le folle. Con la sua testardaggine aveva vinto la guerra civile più cruenta del secolo.
Lincoln, l'11 aprile 1865, si rivolse agli Stati Unita d'America. 
Nel suo discorso "espresse la volontà di istruire gli afroamericani e i veterani neri dell'Esercito unionista perchè potessero esercitare il diritto di voto nell'Unione restaurata, e promise un nuovo annuncio per la gente del sud."
Booth era li. 
Pare che disse: "Questo significa cittadinanza ai neri. Ora, in nome di Dio, lo metterò a tacere."
E così fece!

Ma chi era Lincoln e come era arrivato alla guida del paese oggi più potente del mondo?
Abraham Lincoln nasce il 12 febbraio 1809 nel Kentucky, a cinquanta miglia da Louisville. Figlio di Thomas Lincoln, falegname e contadino, e Nancy Hanks, analfabeta.
Deve la sua passione per lo studio, forse, alla matrigna: Sarah Bush Johnston. 
Il padre "condannava la pigra inclinazione per la lettura" del figlio, che lo teneva lontano dal sano duro lavoro.
Abraham scelse una strada diversa da quella del padre, lavorò, studiò e intraprese la carriera di avvocato... da li alla politica la strada fu breve.
Nel 1851, il padre in punto di morte lo chiamò al suo capezzale. Lui non si presentò, disse che "se dovessimo rivederci ora, temo che il nostro incontro sarebbe penoso anzichè gradevole".
Non si presentò neanche al funerale...
Questi alcuni aspetti del presidente americano Abraham Lincoln, ucciso all'inizio della sua seconda legislatura.

Il libro di McPherson è una piccola sintesi della vita di Lincoln e della guerra di secessione.
Una veloce lettura, interessante e da usare quale spunto di ulteriori approfondimenti.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

Li trascinatori der popolino

Che dire 
de quelli che nu' fanno artro che sbraità,
pe strada e in televisione
pare c'ar posto de la bocca
c'hanno un cannone!

Nu ce se crede,
ma er popolino li prenne pe campioni da libbertà
pensanno che siccome che urlano tanto
assomijino der tutto a 'n santo.

Ma si rifrettessero un attimino
forse, se renderebbeno conto 
che più che a 'n santo 
assomijino ar cane,
sempre pronto a abbajare
da dietro ar cancello
pe poi scappà alla vista d'un bastone.

Eppure, e' dimmostrato,
er politico sopraffino
è quello che urla de più, 
er più caciarone,
pecchè strascina er popolino
e je fa fa' quello che vole,
come fosse un cagnolino!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO 

martedì 25 ottobre 2016

I trascinatori del popolo: Jean-Paul Marat

"Sappiate che il mio credito sul popolo non deriva dalle mie idee, ma dalla mia audacia, dagli slanci impetuosi della mia anima, dalle mie grida di rabbia, di disperazione e di furore contro gli scellerati che intralciano l'azione della rivoluzione. Io sono l'ira del popolo, ed è perciò che esso mi ascolta e ha fede in me. Le grida d'allarme e di furore che voi scambiate per parole vane sono la più naturale e la più sincera espressione delle passioni che mi divorano l'anima".
(Jean-Paul Marat)

Questa frase è stata detta da Marat, uno dei principali artefici della Rivoluzione Francese.
Effettivamente ciò che dice è ancora valido e, se nel suo caso è difficile mettere in dubbio le sue intenzioni a favore del popolo francese, in molti altri casi invece rappresenta semplicemente uno dei modi in cui è possibile guidare il popolo: "urlando e inveendo contro qualcosa o qualcuno", tecnica molto usata ancor oggi.
Occorre fare attenzione infatti, perchè spesso chi sbraita e urla non è il migliore, ma solo il più chiassoso!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 23 ottobre 2016

Bomarzo, parco dei mostri

Se avete qualche ora da dedicare alla visita di un piccolo paese del viterbese, vi consiglio di recarvi a Bomarzo.
In cima al colle su cui si trova il paese è possibile visitare il palazzo Orsini, ai cui piedi si trova uno dei giardini più curiosi che io abbia mai visitato. Si tratta della seconda visita a dir la verità. Ma ne vale sempre la pena.
Il giardino è stato realizzato nel 1552 su incarico di Pierfrancesco II Orsini (1523-1585) dall'architetto Pirro Ligorio. Il nome originale del giardino è "Sacro bosco" ma è oggi più conosciuto come parco dei mostri. Al suo interno è possibile ammirare splendide opere "fantastiche".
Un mascherone enorme chiamato Proteo Glauco, immerso nella vegetazione, può accogliervi interamente tra le sue fauci aperte.
Poco oltre, lungo un percorso ricco di vegetazione e di ottime bacche di corbezzolo, potete ammirare la statua enorme di Ercole che strazia l'avversario Caco, un mostro della mitologia romana, che sputava fuoco dalle fauci.
Poco sotto,seminascosta dal sottobosco di felci, una splendida tartaruga di pietra e poco oltre un elefante gigante


Uno splendido drago lotta con alcuni animali che, credo, siano dei giovani leoni.


Echidna, col corpo di donna e la coda da serpente, attende i visitatori lungo il percorso, pronta a divorarli, come una volta...

Ma l'opera più stupefacente è forse la casa pendente, quando vi si entra non si riesce a stare in equilibri e si rischia sempre di cadere...

Naturalmente i "mostri" sono molti di più di quelli che avete visto in queste foto... ma i  "veri mostri" sono quelli che hanno lasciato andare in rovina il giardino per tanti anni, dopo la morte di Pierfrancesco II Orsini, mentre gli angeli sono Giancarlo e Tina Severi Bettini, coloro che nella seconda metà del '900 lo riportarono agli antichi splendori. 

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

Caprarola, Palazzo Farnese

Se siete nel Lazio non potete non
visitare Caprarola, piccolo paese del viterbese, dove potrete gustare ottimi piatti, tra cui i pici all'amatriciana, le tagliatelle di farina di castagne coi funghi porcini, la porchetta appena sfornata... oppure immergervi nella storia.
Si, perchè Caprarola ha ospitato una delle famiglie più importanti d'Italia: i Farnese.
Palazzo Farnese è ancora li a ricordarcelo.

La costruzione, a forma pentagonale, iniziò nel 1530, affidata all'architetto Antonio da Sangallo il Giovane. Il Palazzo venne terminato da Jacopo Barozzi da Vignola, che ne prese il posto alla sua morte. 
Tutto intorno si possono ancora ammirare gli splendidi giardini e i giochi d'acqua.
Dal piazzale antistante l'ingresso si può ammirare Caprarola.
L'opera fu commissionata da Alessandro Farnese il Vecchio (1468-1549), ovvero Papa Paolo III, 220° Papa della chiesa cattolica (1534-1549).All'interno del Palazzo vi è un cortile circolare circondato da uno stupendo portico affrescato con gli stemmi delle famiglie imparentate con i Farnese.
Una scalinata circolare permette di salire al piano superiore, dove si trovano le sale più belle, tutte affrescate con immagini classiche.

La volta dell'antro della scalinata è stupenda!
Ma in verità, ogni parete, ogni angolo, ogni particolare ci ricorda la potenza della famiglia Farnese.
 Nelle pareti è possibile ammirare splendide immagini di unicorni bianchi, presenti negli affreschi e in numerosi stemmi.
Anche al piano superiore un bel porticato permette di spostarsi da una stanza all'altra al riparo dalle intemperie... oggi non serve, è una splendida giornata.
Questo  splendido affresco è intitolato  "ERMATENA", ovvero Ermes e Atena"
 Ed ecco un piccolo particolare, lo scudo ai piedi di Ermes con la testa di Medusa al centro.
 La sala più bella, secondo me, è la sala delle mappe, dipinte nel 1573-1574 da Giovanni da Varese, detto il Vanosino. Nelle mappe è già ben visibile la configurazione del mondo "quasi" come lo conosciamo noi. Assente solo l'Australia, tra i continenti.

 In una parete si trova l'Italia, con l'indicazione delle città principali e delle grandi isole, Sicilia, Sardegna e Corsica.

 Ed ecco la sala, per intero, veramente stupenda.
I giardini poi sono stupendi, con le splendide statue e le fontane progettate per stupire e divertire gli ospiti dei Farnese.


Come detto all'inizio dell'articolo, Caprarola non è solo storia, nei piccoli negozi e osterie si trova di tutto, e non possiamo esimerci dall'assaggiare castagne, nocciole e ... porchetta!


Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 16 ottobre 2016

L'elezzione, di Trilussa

In Italia siamo sempre in periodo d'elezioni, e così avendo appena trovato un vecchio libro di Trilussa, vi rendo partecipi del suo pensiero in merito.

L'elezzione

Se nun pagava sprofumatamente
Te pensi che votava quarchiduno?
Nu' j'è tornato conto a fa' er tribbuno,
Povero amico! Adesso se la sente!

E spenni e spanni, nu' lo sa nessuno
Li voti ch'ha comprato! Solamente
Quelli del Comitato Indipendente
Je so costati trenta lire l'uno!

Fra pranzi, sbruffi e spese elettorali
C'è Pietro lo strozzino che c'ha in mano
Quarantamila lire de cambiali!

Un'antra de 'ste sbiosse, bona notte!
La volontà der popolo sovrano
Je costa cara quanto una cocotte!

Trilussa

Che dire?

Sarà cambiato qualcosa?

Sicuramente si, con trenta lire ormai
nun ce se compra propio gnente!

E Pietro lo strozzino
ha ceduto er posto ar banchiere
dietro l'angolo, che pure lavora di fino
e de cambiali er mazzo,
sur tavolo fa capolino!

E poi dicono "la volontà der popolo sovrano!
Nu' so che dire, ma mai possibbile
che io, der popolo sovrano,
nun faccio mai parte
che quelli c'ho votato tante vorte
ar governo nu' ce so mai arivati?
Come fussino senz'arte ne parte?

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

Porto Torres nella "Relazione sull'isola di Sardegna" di William Henry Smyth

William Henry Smyth, , Capitain della Royal Army, nel 1828 pubblicò il libro: "Sketch of the present state of the Island of Sardinia" in cui raccoglie e orgnizza tutte le osservazioni dei suoi precedenti viaggi nel Mediterraneo, e in particolare in Sardegna.
Ne risulta un bel libro di viaggi, ricco di informazioni utili ai naviganti ma anche economiche, etnologiche e storiche.
Mi voglio concentrare in questo breve articolo sulle osservazioni riguardanti la città di Porto Torres.
"Porto Torres è un piccolo porto a due moli, difeso da una solida torre ottagonale"

I due moli di quel periodo immagino siano stati inglobati nell'attuale porto, non grandissimo, ma sicuramente più esteso di allora. La torre ottagonale invece è sempre li, anche se risente del passare del tempo.

"Può accogliere poche piccole navi, quelle grandi stanno alla fonda ad un miglio. Poichè le navi da guerra fanno raramente rotta da queste parti, il nostro arrivo fu un evento eccezionale e tutti visitarono la nave, dal capitano generale al contadino più povero. Su un lieve pendio sorgono la chiesa e il piccolo borgo di San Gavino, ai cui abitanti sono riconosciuti i diritti di cittadinanza sassarese in onore a Baingio (San Gavino). Questo santo venerato qui non è conosciuto nel martirologio romano; tuttavia la storia della sua conversione, della sua decapitazione a Balai e della sua apparizione in sogno a Calpurnio è accettata dai sassaresi come una verità indubitabile, senza alcun esame dei dati su cui è fondata."

Oggi la venerazione di San Gavino non è meno forte. Forse la chiesa non è piena come un tempo, ma il nome Gavino è ancora il preferito per i bambini maschi, o perlomeno così sembra passeggiando per le strade del paese.

"La chiesa è uno degli edifici religiosi più antichi della Sardegna, perchè è stata costruita verso il 1200 ed è stata usata come cattedrale fino alla distruzione di Torres nel 1441."

Studiando la storia di Porto Torres su altri testi antichi ho scoperto che la basilica è ben più vecchia, risalendo al 514 d.C., anno in cui il giudice Comida di Torres e Oristano fece costruire la Basilica dedicata ai martiri Gavino, Proto e Gianuario, sul Monte Angellu, a seguito di un sogno in cui gli veniva chiesto di innalzare la cattedrale. 
Della distruzione della città nel 1441 per ora non so ancora niente, sto indagando e spero a breve di scoprire qualcosa!"

"E' diversa dalle altre chiese dello stesso genere in Sardegna, perchè ha il tetto di piombo. Lungo il tetto vi sono settanta brutte torrette dello stesso metallo, che sono il simbolo tradizionale di Turris Lybisonis: nome derivato dal presunto insediamento in questo luogo, dei discendenti di Ercole Libio.
L'interno è sorretto da 28 antiche colonne ed una Porta Santa, da cui passò il santo e che è accuratamente chiusa con un muro di pietre ma per venire aperta ogni cento anni con grande pompa e cerimonia."

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO
 

sabato 15 ottobre 2016

L'estronauta sulla luna

Un piccolo libro di storie per bambini che sognano l'avventura, magari diventando astronauti, e di scoprire altri mondi, bizzarri ma belli. Ecco la nuova edizione economica del libro, rivista per cercare di risparmiare. Come al solito è un libro cartaceo, gli ebook non mi piacciono. E' un libro da tenere sul camino, per le sere in cui i nipotini vogliono ascoltare i nonni (anche se mi sembra che queste cose accadano sempre più raramente...). In quei momenti, io bambino, ero pronto ad assorbire tutto. Ecco perchè il libro, un po bizzarro, contiene tanti argomenti istruttivi, tanti termini (molti inventati) che servono a stimolare la fantasia e la memoria e a insegnare ai bambini tante piccole cose. Il personaggio principale è un estronauta dal nome impronunciabile: 
Giovanbattistamarialorenzo, Giozo per gli amici.
Coprotagonisti sono un nonno e la sua piccola nipotina, Giulia.
Poi ci sono mostri di tutti i tipi, i "lunimali" ovvero gli animali lunari, e tanti popoli abitanti sulla luna, oggetto di visita da parte di Gionzo.
Ogni storia cerca di avere qualcosa di istruttivo, infatti questo era il mio intento principale (dopo il piacere di scrivere per se stesso) nello scrivere questi racconti. Non so se ci sono riuscito, ma ci ho provato.
Spero che chi lo leggerà possa divertirsi e imparare qualcosa.
Vi lascio con la prima storia, buona lettura.

L'estronauta sulla luna

- C'era una volta un estronauta che...
- Si dice astronauta, nonno! Disse Giulia al nonno che la teneva sulle gambe.
- Hai ragione e hai torto Giulia - disse il nonno senza scomporsi - quelli normali si chiamano astronauti, quello di questa storia si chiama estronauta perchè era un astronauta molto particolare, ricco di fantasia e sempre pronto alle novità. Dunque dicevo che questo estronauta aveva appena messo piede sulla Luna...
La bambina guardava il nonno non troppo convinta, la spiegazione era stata sufficientemente chiara ma lei non aveva mai sentito parlare di estronauti. Comunque decise di non interrompere il nonno e ascoltare la storia fino alla fine prima di esprimere un suo giudizio. Il nonno era sempre stato bravo a raccontare storie.
- quando una lepre dalle lunghe orecchie gli balzò davanti andando quasi a sbattere contro il suo casco da estronauta.
- hei! - Urlò la lepre, fai attenzione tu, non hai visto i segnali? Non sai che noi lepri abbiamo la precedenza su voi astronauti sulla Luna?
- Nonno, ma sei sicuro che sulla Luna ci siano le lepri? Disse Giulia con un sorriso beffardo sulle labbra.
- Ma certo! Vorresti forse metterlo in dubbio? Non sai che sulla luna vivono tantissimi tipi di animali? Ci si possono trovare i porciali d'India, le lucianatre, gli ipposcorfani, i volpesci, le pecorelle nane da cratere e anche le lumalline verdi. E poi il nostro estronauta aveva una fervida fantasia e quindi anche se per caso quella lepre dalle lunghe orecchie non fosse stata proprio una lepre ma qualcosa di simile o di diverso, occorre far finta di niente e stare ad ascoltare. Disse il nonno spazientito e facendo finta di metter su il broncio.
- Dai nonno, non ti offendere, sai che scherzavo. Continua a raccontare la storia di questo signor estronauta e della lepre dalle lunghe orecchie. Io stò zitta, promesso!
- Bene, allora riprendiamo la storia anche se purtroppo mentre noi discutevamo la nostra lepre dalle lunghe orecchie è ormai scappata via. Non possiamo certo pretendere che si fermi ad aspettare che noi si finisca di discutere. Tutti sanno che le lepri dalle lunghe orecchie sono velocissime e che le lepri lunari sono ancora più veloci. Dovremo accontentarci di seguire il nostro amico estronauta, che per semplicità chiameremo con il suo nome di battesimo: Giovanbattistamarialorenzo, Gionzo per gli amici.
- Gionzo? Ma che nome è mai questo? Protestò vigorosamente la piccola Giulia. Ricordandosi poi che aveva promesso di non interrompere più, si portò velocemente le mani alla bocca facendo finta di sigillarla.
- Dicevo dunque che il nostro amico Gionzo, ancora esterrefatto dall'incontro con la lepre dalle lunghe orecchie, muoveva i suio primi passi sul suolo della Luna, quando ad un tratto sentì un urlo di dolore provenire dal basso. Preoccupatissimo abbassò il capo per vedere cosa avesse combinato, sperando di non aver calpestato una delle orecchie della lepre dalle lunghe orecchie. Infatti queste ultime erano veramente molto lunghe e nonostante la lepre fosse già passata da qualche secondo, le orecchie erano ancora davanti a lui.
- Ma che tipo di lepre era, nonnino caro, una lepre simile non l'ho mai vista ne sentita nominare. Disse Giulia ridendo sotto sotto.
- Non saprei, la prossima volta le chiederò i documenti. Rispose il nonno restituendo il sorriso. - Dicevo dunque che il nostro amico Gionzo abbassò lo sguardo e, davanti a lui, a mezzo metro di distanza, vide una piccola lumallina verde che si lamentava debolmente. Tutto preoccupato si abbassò e gli domandò cosa fosse accaduto, che male avesse e se poteva essere d'aiuto.
- Ma nonno, cos'è una lumallina verde?
- Non conosci le lumalline verdi? Ecco, lo sapevo che sarebbe stato meglio cambiare storia. La prossima volta ti racconto quella del Capitan Fracotta in viaggio su Marte! Comunque, visto che sei così curiosa ti faccio un disegno così puoi capire. Preso un foglio di carta dallo scrittoio e alcuni pennarelli Carioca che conservava dai tempi della scuola, il nonno si cimentò nella difficile arte del disegno con risultati a dir poco comici. Dai colori emerse uno strano essere, con il corpo da lumaca, compresa la sua casetta mobile, e la testa da gallina con due occhioni grandi e pieni di lacrime da far compassione ad astronauti ben più duri del nostro amico estronauta.
- Povera lumallina, disse immediatamente Giulia, cercando di non ridere.
E si - povera lumallina verde - disse anche il nostro amico estronauta vedendo che la lumallina non accennava a smettere di piangere.
- Cosa posso fare per te? Disse tendendole una mano in segno di aiuto.
- Come sarebbe a dire - cosa posso fare per te? - Non lo capisci da solo testatonda? Disse nervosamente la lumallina verde, accusando Gionzo di essere l'artefice delle sue pene.
- Nonno, nonno, perchè hai chiamato l'estronauta "testatonda"? Disse Giulia mentre con una mano nascondeva la bocca per non far vedere che rideva.
- Veramente non sono stato io - rispose il nonno - ma la lumallina verde, dovresti chiederlo a lei e non a me.
- Perchè mi chiami testatonda? Disse Gionzo alla lumallina verde, togliendo le parole dalla bocca del nonno e dando così soddisfazione alla piccola Giulia che ascoltava con sempre maggiore interesse.
- Come dovrei chiamarti? Ti sei forse presentato? Ti devo forse chiamare nasorosso? Oppure braccialunghe? Come posso chiamarti se da gran maleducato non ti sei neppure presentato? Io sono una lumallina verde lunare, della specie lumallina lumallinax, e questo è chiaro, ma tu chi sei? Da cosa dovrei capirlo? Sbraitò la lumallina verde, dando segno di essere proprio una lumallina lunare, cosa che si poteva senza dubbio arguire dal suo carattere bizzoso e scontroso. Dicendo tutto ciò, naturalmente, non smise di lamentarsi un attimo, alternando ogni parola con un ahi hai, ohi ohi, uhi uhi.
- Ma si può sapere cos'hai? Disse il nostro estronauta ormai spazientito e quasi sul punto di andar via - Io comunque mi chiamo Giovanbattistamarialorenzo, Gionzo per gli amici.
- ma che razza di nome hai! Disse maleducatamente la lumallina verde - Chiamati pure come vuoi, io ti chiamo testatonda, mi piace di più e a proposito delle mie lamentele, visto che ancora non l'hai capito te lo dico io. Vedi la scia che lascio dietro di me? Non vedi che il tuo grosso piede (o dovrei forse chiamarlo appendicegigantedallabuffaforma) si trova sopra la mia scia?
Come dovrei sentirmi secondo te? Dovrei fare i salti di gioia?
Il povero Gionzo, sentendosi in colpa ritrasse immediatamente il piede dalla scia e la lumallina verde, sollevata e libera di proseguire, lo guardò un'ultima volta con i suoi occhioni verdi prima di proseguire il suo viaggio sulla Luna. Il nostro estronauta, stupito ma soddisfatto, la salutò agitando una mano, rischiando così di colpire col suo grande guanto di metallo la coda di un volpesce che proprio in quel momento arrivava da destra. Ma questa è un'altra storia. Adesso è tardi, chiudi gli occhietti, piccola Giulia e dormi bene fino a domani.
- Ma nonno, raccontami almeno come è fatto un volpesce... provò a lamentarsi Giulia senza successo. Poi diede un bacio al nonno e si addormentò, sognando la Luna, la lepre dalle lunghe orecchie e la lumallina verde...
Se volete potete trovare il libro su ilmiolibro.itilmiolibro.it
 


Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO




domenica 9 ottobre 2016

Museo laboratorio della mente

Roma, domenica 9 ottobre 2016.
Come (quasi) tutti i giorni andiamo a fare una bella camminata veloce. Il parco dell'ex ospedale psichiatrico di Roma è perfetto. Niente rumori molesti, niente traffico, solo natura e altri che come noi amano camminare (o correre) a piedi o andare in bicicletta.
Ci attende una sorpresa, l'ASL Roma 1 ha organizzato una gara per amatori. Ma c'è spazio per tutti e noi riusciamo a fare la nostra passeggiata con la solita tranquillità, cercando di non disturbare i corridori...
Fatti i nostri chilometri notiamo che il museo della mente oggi è aperto. Decidiamo di visitarlo.
 La prima cosa che ci colpisce è la camera di Ames, un ambiente particolare costruito per ingannare il cervello. Progettata da Adelbert Ames junior nel 1935, la camera fa capire come le nostre percezioni possano essere ingannate. Si tratta di due ambienti contigui che, visti dal foro di fronte, dall'esterno dell'ambiente, fanno si che non ci si renda conto della reale disposizione degli oggetti, che effettivamente si trovano a diverse distanze dall'osservatore.
 Poco dopo, una parete ci mostra i ritratti di alcuni ospiti dell'ospedale degli anni '30, realizzati dallo psichiatra Romolo Righetti.

 Le sale sono strane, un misto di effetti sonori e di luci ti porta a dubitare di ciò che senti e vedi. Qui sotto la stanza degli imbuti. Quando passi sotto un imbuto puoi sentire delle voci, forse anche la tua...
 Poi, affianco, c'è un'altra stanza dove ti sembra di essere dentro un film degli anni '30, in bianco e nero. La tua immagine viene proiettata su uno schermo a velocità diverse.
 Si prosegue il percorso entrando nella sala chiamata "inventori di mondi". Su una parete alcuni disegni che sembrano realizzati da bambini...
 inquietanti...
Affissi senza regola alla parete si vedono vari oggetti, armadio, letto... ad indicare, immagino, lo sconvolgimento di una mente malata...
 il mondo sembra capovolto...
 e per un attimo anche noi possiamo provare, forse, ciò che prova un malato, non riuscendo a spiegarci ciò che vediamo.
Affianco, un proiettore proietta diapositive e racconta parte della storia della chiusura dell'ospedale.
Alcuni oggetti raccontano di medici, di cartelle cliniche, 
Di malati, di esami, ancora primitivi, se paragonati ad oggi... di cervelli dall'aspetto non sempre normale...
Dal buco di una porta si osserva l'ambiente in cui vivevano i malati
e si può solo immaginare le loro sensazioni, la loro tristezza, la loro... solitudine!
Oggetti dimenticati, o lasciati volontariamente
Oggetti di altri tempi
 Strumenti di cura, come quello per fare l'elettroshock

Oppure oggetti banali come una scatola di whisky, usata per contenere alcuni pennelli, occupano le stanze...
Al centro della stanza, la riproduzione delle scritte e dei graffiti ritrovati in alcune stanze, opera di alcuni ospiti.
Si leggono ancora alcune parole, si intuisce il significato dei disegni


Ci si può ancora stupire, di fronte alla rappresentazione di un uomo, con le braccia legate nella camicia di forza... abbruttito dalla malattia e dalla solitudine
 La stanza del refettorio...

 e la farmacia concludono la nostra visita in questo angolo di mondo dimenticato...



 
All'uscita un registro raccoglie i pensieri e le firme dei visitatori... e la tristezza ti assale di fronte all'impossibilità di capire la malattia e all'impotenza di chi la vive nella propria famiglia...
Grazie per aver conservato questi ricordi, tristi...

Usciamo all'aria aperta e raggiungiamo il centro del parco, dove stanno premiando i vincitori della gara.
Alcuni vip si muovono con disinvoltura tra la gente...

La passeggiata è finita, è ora di rientrare...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO