La
Guerra d’Inverno fu uno dei primi conflitti disputati durante la
Seconda Guerra Mondiale, svoltosi durante l’inverno del 39’ e
terminato durante i primi mesi del 40’, vide lo scontro tra l’URSS
e la Finlandia. La prima, grande potenza mondiale che pur avendo
firmato il patto Molotov-Ribbentrop con la Germania, manifestava
interesse nell’ottenere porzioni di territorio finlandese, in
particolare la zona della Carelia e il suo istmo, situato tra il
golfo di Finladia e il lago Ladoga per facilitare la difesa di
Leningrado.
La
Finlandia d’altro canto non aveva intenzione di cedere una parte di
territorio così importante sia sotto il punto di vista economico che
culturale ed allo stesso tempo perdere reputazione internazionale, la
Carelia infatti rappresentava una gran parte dell’economia della
nazione e la stessa Vyborg, la seconda città finlandese per
grandezza, si trovava nella suddetta zona.
Con
queste premesse, il 30 Novembre del 1939 la Russia cominciò
l’invasione, con 21 divisioni attive per un totale di circa mezzo
milione di soldati, rompendo ben 3 patti di non-aggressione con la
Finlandia, fatto che causò successivamente l’espulsione della
Russia dalla Società delle Nazioni.
La
Russia sottovalutò ampiamente questo conflitto, potendo contare su
un numero di soldati almeno tre volte superiore ai finlandesi e su
numerosi tank e velivoli contro quelli praticamente inesistenti dei
difensori, adottando una tattica di guerra frontale, decisione le
che costò numerose perdite.
I
finlandesi conoscevano bene il loro territorio, fitte foreste e
numerosi laghi ghiacciati durante il gelido inverno nordico
ricoprivano le aree in cui si svolse il conflitto e adottando una
tattica di guerriglia riuscirono a bloccare l’avanzata delle truppe
sovietiche per lunghi mesi.
I
russi, poco attrezzati e addestrati per combattere un conflitto in
zone così ostili, dove le temperature raggiungevano anche i -40
gradi, decisero di basare la loro tattica sull’utilizzo massivo di
carri armati, ispirandosi alla tecnica che venne utilizzata
soprattutto dai tedeschi già dall’inizio della guerra durante
l’invasione della Polonia e rinominata Blitzkrieg.
Questo
approccio tuttavia non risultò particolarmente efficace in quanto i
carri non riuscivano a muoversi agevolmente tra paludi, foreste e
laghi ghiacciati, oltretutto i russi non erano equipaggiati di tute
bianche mimetiche e indumenti adatti alle dure condizioni climatiche
finlandesi.
Il
morale delle truppe russe, sconfitta dopo sconfitta, andava sempre
peggiorando e il prestigio dell’Armata Rossa andava sgretolandosi
agli occhi delle altre nazioni, soprattutto della Germania che
cominciò a covare l’operazione Barbarossa proprio osservando gli
insuccessi russi in questa campagna finlandese, che si concluse a
favore della russia ma ad altissimi costi in vite umane e prestigio
internazionale.
In
questo scenario una figura emerse dalla fredde nevi della Carelia.
Non si trattò di
un generale o di un politico, bensì di un semplice soldato che
sarebbe diventato un vero e proprio eroe nazionale per i finlandesi,
stiamo parlando di Simo Häyhä.
Nato
nel 1905 a
Rautjärvi in una famiglia di
contadini e cacciatori, si arruolò a 20 anni nella Guardia Bianca,
svolse il servizio militare per un anno e partecipò in seguito alla
guerra come cecchino, nella battaglia di Kollaa, che durò fino
all’epilogo del conflitto.
Operò
per circa tre mesi in condizioni climatiche incredibilmente ostili,
vestito con la sua tuta mimetica bianca, rendendosi invisibile tra le
fredde nevi finlandesi, con temperature che variavano dai -20 ai -40
gradi.
Simo
utilizzava un Mosin Nagant 28/30 di produzione finlandese e un mitra
Suomi KP/-31. Durante
i tre mesi di operatività uccise tra i 500 e
i 540 soldati russi, la metà dei nemici fu
abbattuta usando il suo Mosin, il che lo rende il cecchino con il
maggior numero di uccisioni accreditate di sempre.
Egli
stesso raccontò che per non essere avvistato dalle pattuglie russe,
usava riempirsi la bocca di neve per evitare la fuoriuscita di vapore
e di spargere acqua sul terreno su cui poggiava il fucile, al fine di
farla congelare
e non far alzare lo strato di neve più fresca dopo aver sparato per
evitare di essere individuato.
Ma
ciò che rende ancora più straordinarie le sue gesta è il fatto che
Simo non usava nessun tipo di ottica sul suo fucile in quanto il
riflesso dei raggi del sole sulle lenti lo avrebbe reso più visibile
agli occhi dei russi e per usare l’ottica era necessario sporgere
la testa più in alto, oltre lo strato di neve che lo avrebbe dovuto
riparare dagli sguardi dei nemici. La sua conoscenza del territorio,
la sua scaltrezza nello spostarsi per non essere mai individuato e la
sua incredibile pazienza, calma e tenacia lo resero temuto tra le
fila russe e le sue gesta divennero presto popolari tra i
finlandesi.
La propaganda e i giornali crearono dalla sua figura un vero e
proprio eroe nazionale e venne ribattezzato dagli stessi russi
“Belaya
Smert” ossia “Morte Bianca”.
Tra
i tentativi russi per eliminare Simo, vi è anche un bombardamento a
colpi di mortaio in un area dove era stato avvistato, e il ricorso di
altri cecchini per poterlo scovare, questi attacchi fallirono finchè
il 6 marzo del 1940 fu colpito alla mandibola da un proiettile
esplosivo che lo mandò in coma per quasi due settimane.
Si
svegliò dal coma il 13 marzo, il giorno stesso in cui fu firmato
il trattato di pace a Mosca e Simo fu promosso a sottotenente.
Dopo
la guerra fu decorato di numerose medaglie al valore e ritiratosi a
vita privata, tornò a cacciare e lavorò come allevatore di cani,
morì a 96 anni in un ospizio per veterani di guerra ad Hamina il 1
Aprile del 2002 ed
è sepolto
a Ruokolahti.
Fu
intervistato
numerose volte durante i suoi ultimi anni di vita da Tapio
Saarelainen che scrisse su di lui un libro intitolato “ White
Sniper” .
Da
buon finlandese, fu sempre modesto discutendo delle sue azioni in
battaglia e queste furono le sue parole a proposito della Guerra: “
Feci ciò che mi fu ordinato, come meglio potevo” e quando gli
veniva chiesto il segreto della sua bravura nello sparare rispondeva
semplicemente che non c’era nessun segreto, solo la pratica.
Pratica,
tenacia e talento che lo resero la leggenda che conosciamo oggi, il
cecchino più infallibile di sempre, più temuto dai russi nemici
della sua patria, la Morte Bianca.
Francesco RUGOLO
Foto delle armi tratte dai siti sotto indicati:
https://www.tactical-life.com/firearms/mosin-nagant-m28-30/
http://armedbutnotdangerous.blogspot.com/2015/05/heavy-metal-suomi-kp31.html
https://www.linkiesta.it/it/article/2016/04/23/simo-hayha-il-cecchino-infallibile-nelle-nevi-della-finlandia/30104/
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