domenica 25 luglio 2021

Sindrome della Guerra del Golfo e Alzheimer: cos'hanno in comune?

Da militare ho sentito spesso parlare della sindrome della Guerra del Golfo.
Da civile mi sono spiacevolmente imbattuto in malattie degenerative del cervello come l'Alzheimer.
Non avevo però mai associato le due cose come problemi aventi una possibile causa comune.
La lettura di un interessante articolo uscito su "Le Scienze" del mese di luglio 2021, "Un cervello troppo permissivo", di Daniela Kaufer e Alon Friedman mi ha fatto riflettere sulla questione assieme all'influenza che ha, nel bene e nel male, il fenomeno sociale che va sotto il nome di "guerra".
Parlando della guerra è inutile negare che il pensiero dei più vada immediatamente alla crudeltà di immagini viste tante volte nei film o nei documentari, o vissute qualche volta in prima persona e che lasciano tracce indelebili nella memoria del singolo e della collettività (provate a parlarne coi nostri anziani che hanno vissuto la seconda guerra mondiale!).
E' altrettanto innegabile che la guerra (o a causa della guerra) la società sia sottoposta a stimoli particolarmente forti e che spesso le menti più brillanti, adeguatamente sostenute, abbiano superato ostacoli altrimenti insormontabili e dato alla società mezzi, tecniche e soluzioni del tutto nuove e mai pensate prima.
Per tornare al titolo di questo articolo, cos'hanno in comune la sindrome della Guerra del Golfo e una malattia come l'Alzheimer, gli autori raccontano che nel 1994 lavoravano ad un progetto comune: cercavano infatti di capire a cosa fosse dovuta la sindrome della guerra del Golfo.
Molti militari americani (ma non solo!) al termine della guerra soffrivano di "fatica cronica, dolori muscolari, problemi del sonno e deterioramento cognitivo". Per alcuni medici si trattava di un effetto secondario della "piridostigmina", un farmaco usato per proteggere i soldati dall'effetto di alcune armi chimiche.
La piridostigmina però, almeno teoricamente, non avrebbe dovuto essere in grado di superare le barriere naturali dei vasi sanguigni. Infatti il cervello è costruito in modo tale da limitare al massimo il passaggio di agenti patogeni e di medicinali grazie alla "barriera ematoencefalica" (BEE).
La domanda che i due autori si posero è: "cosa accade se la BEE si danneggia? E poi: lo stress può essere causa del danneggiamento della BEE?
Nell'articolo si raccontano con dettaglio gli esperimenti che da quella lontana notte del 1994 sono stati condotti su topi da laboratorio e che nel tempo hanno portato a capire come lo stress fosse con molta probabilità all'origine della sindrome del Golfo associato, forse, alla piridostigmina. Lo stress sembra infatti la causa dell'indebolimento della barriera ematoencefalica, indebolimento che si verifica nella maggior parte delle persone col fenomeno naturale dell'avanzare dell'età: ed eccoci giunti all'Alzheimer.
L'Alzheimer è infatti una malattia che si manifesta con l'età e comporta tutta una serie di problemi che oltre a colpire il singolo malato, sono sempre più rilevanti in una società come la nostra, sempre più "vecchia".
Negli anni i due scienziati hanno continuato a collaborare nella ricerca, orientatasi nella direzione delle malattie neurodegenerative e hanno dimostrato che l'invecchiamento e lo stress indeboliscono la BEE che non riesce più a trattenere una proteina del sangue, l'albumina, che una volta raggiunto il cervello innesca una serie di reazioni infiammatorie che agiscono indebolendo o distruggendo i circuiti neurali.
Negli anni si è giunti a capire che esistono dei metodi per impedire all'albumina di provocare reazioni infiammatorie e che, con l'impiego di un farmaco antitumorale chiamato IPW è possibile ridurre l'infiammazione dovuta alla presenza di albumina nel cervello e, in definitiva, ringiovanire il cervello stesso. Perlomeno, sui topi la cosa sembra funzionare.
Ed eccoci giunti alla fine dell'articolo.
Partendo dalla ricerca sulle origini di una "malattia di guerra", la sindrome del Golfo, si stà arrivando alla soluzione di un problema della nostra società, quello delle malattie neurodegenerative come l'Alzheimer, con la speranza di alleviare, seppure in parte, le sofferenze dovute al fenomeno sociale della guerra.

Alessandro Rugolo


https://www.ncbi.nlm.nil.gov/books/NBK222848/

https://www.fda.gov/news-events/press-announcements/fda-grants-accelerated-approval-alzheimers-drug

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