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martedì 31 luglio 2007

Chi troppo vuole...


Erano tempi difficili... i bambini giocavano con bastoni e pietre, le bambine con bambole di pezza...
Capitava, talvolta, che ci si contendeva un giocattolo e, allora come ora, si sentiva urlare “E' mio...”, “Nooo, è mio...”

Era in quei momenti che il nonno interveniva, anche per evitare interventi ben più energici di chi doveva lavorare. Seduto ai piedi di un albero ombroso, chiamava a se tutti i bambini: “piccioccheddusu, benei innoi ca si contu...”(1).
A quelle parole, una torma di ragazzini urlanti si sedeva intorno al vecchio in attesa del racconto. Quando finalmente si era fatto silenzio, iniziava il racconto... “Una volta in paese passava un fraticello, indossava un saio vecchio e consunto ed un paio di sandali consumati dal tempo... sulle spalle aveva una bisaccia in cui mettere le offerte dei paesani. Arrivava a piedi, ogni anno nello stesso periodo, subito dopo il raccolto. Quell'anno, recatosi nella prima casa, gli fu offerta una “mesuredda”(2) di grano. Il fraticello accettò e riempito il sacco ringraziò, benedì la casa e andò via. Si fermò poco dopo e per evitare di portarsi appresso il sacco chiese ad una contadina di custodirglielo mentre lui proseguiva la questua. Durante la notte le galline, trovato il sacco, si mangiarono il grano. Quando il fraticello tornò, la contadina spiegò l'accaduto ma il frate non volle sentir ragioni e disse: “Mi deve restituire il grano... altrimenti mi da la gallina!”. La donna, addolorata per la perdita ma consapevole delle sue responsabilità, consegnò la gallina e il fraticello andò via.

Prima di proseguire la questua si fermò in una casa li vicino e chiese che per cortesia gli custodissero la gallina. E così fu che durante la notte, mentre la gallina beccava qualche sassolino dal selciato del cortile, i maiali l'aggredirono e se la mangiarono. Quando al mattino si cercò la gallina si trovò solo qualche piuma insanguinata e ci volle poco a capire l'accaduto... Allora il fraticello disse “o la gallina o il maiale”. Non avendo altre galline la padrona di casa gli diede il maiale. Alla sera il fraticello si recò da un'altra famiglia e chiese di tenergli in custodia il maiale fino al giorno dopo e così fu che la padrona di casa mise il maiale nella stalla con i cavalli. Questi, imbizzarritisi, lo uccisero a calci. La mattina dopo, visto l'accaduto, il fraticello disse “o il maiale o il cavallo”e così gli fu dato il cavallo.
Alla sera, come suo solito, il fraticello chiese che gli venisse custodito il cavallo e spiegò che se avesse agitato la testa significava che aveva fame, se invece raschiava la terra con la zampa aveva sete. E così fu che durante la notte al cavallo venne sete. La padrona di casa allora chiamò la figlia e le disse di portare il cavallo a bere. La ragazza prese il cavallo e lo condusse all'abbeveratoio. Quando arrivò all'abbeveratoio c'erano altri cavalli. Il cavallo condotto dalla ragazza si imbizzarrì e scappò via... la ragazza tornò a casa e raccontò l'accaduto alla madre... in quel mentre arrivò il fraticello che, sentito l'accaduto disse “o il cavallo o la ragazza...”
E così, non avendo un altro cavallo gli fu data la ragazza! Il fraticello la mise nel sacco e andò via.
Lungo la strada però si fece sera e, vista una casetta di povera gente, il fraticello si fermò e chiese di poter lasciare in custodia il sacco... La padrona di casa accettò. Quando il fraticello si fu allontanato la ragazza, che aveva riconosciuto la voce della nonna, la chiamò e, fattasi liberare, le raccontò l'accaduto. La saggia nonna allora, presi due cani affamati dal cortile li rinchiuse nel sacco al posto della nipote. Al mattino, quando si presentò il fraticello gli fu riconsegnato il sacco e lui felice andò via... Lungo la strada sentiva dei mugolii provenire dall'interno del sacco e lui, credendo si trattasse della ragazza diceva “un po di pazienza... come arriviamo all'albero che c'è lungo la strada ti faccio uscire... e facciamo l'amore...” Così, quando giunsero all'albero lungo la strada, il sacco venne poggiato a terra e aperto... i due cani, con sua grande sorpresa, lo aggredirono...

Così accadde che il fraticello dopo quella brutta esperienza, non tornò più in paese... e tutti i bambini, finito il racconto, ripresero a correre, urlare ed inseguirsi... almeno fino alla prossima storia!

1. Trad: ragazzini, venite qua che vi racconto...
2. Circa quattro chili.
Alessandro Giovanni Paolo Rugolo

lunedì 30 luglio 2007

Naturales quaestiones - (Lucio Anneo Seneca)

"Dicam, quod magis mirum videbitur: inter caelestia de terra dicendum erit..."

"Farò un'affermazione che sembrerà più sorprendente: della Terra si dovrà parlare fra le realtà celesti."
Così Seneca, figlio di Seneca, cerca di stupire il suo ascoltatore quando, nel LIBER II (VI) del suo "Naturales quaestiones" tratta dei tuoni, dei fulmini e dei lampi...
La Terra è un corpo celeste e, in quanto tale, verrà trattata con i corpi celesti...

E' sorprendente come Seneca spieghi, poco oltre, l'atmosfera...
"in questo senso l'aria è parte del mondo, e parte indispensabile. E' essa infatti che tiene insieme cielo e terra, che separa le regioni più basse da quelle più alte in modo tale però da congiungerle. Le separa perché vi si frappone mettendosi in mezzo; le congiunge, perché le une e le altre comunicano tra di loro per suo tramite: trasmette ai corpi celesti tutto ciò che ha ricevuto dalla terra, e per converso trasfonde negli esseri terreni l'energia siderale."


Ciò che ci dice Seneca... si potrebbe quasi disegnare... e non si arriverebbe lontano dalla verità...
Ma come poteva sapere che la terra è circondata da una fascia d'aria?

Alessandro Giovanni Paolo Rugolo

sabato 28 luglio 2007

Rimini... Rimini...

Ancora una volta...
anche quest'anno stessa spiaggia... stesso mare...
Ancora una volta mi sono fatto incantare...

Pensavo che dopo l'ultima volta, sulla riviera, quel diciannove marzo scorso, mentre il sole lentamente calava alle spalle di Rimini e il cielo si tingeva d’arancio…
e noi due li... soli... con i nostri pensieri... gli sguardi persi nel vuoto per paura di incontrarsi... per paura di dire "è finita"... per paura di sentire "è finita"...

Pensavo che dopo quella volta... mentre un gabbiano volteggiava su di noi... nel silenzio dei nostri pensieri... "A Rimini la spiaggia com’è vuota, quasi inutile di marzo”...
Pensieri... solo pensieri... è finita!
Le parole ti uscirono di bocca come una liberazione...
liberazione...

"Tornando a casa non dimenticherò l’odore del mare di Rimini, né i magici incontri di un estate."
pensavo... ma sbagliavo...
Dopo quella volta... non avevo più pensato a te!

Ma ora, in macchina verso Rimini, accompagnato dalla musica e dalle parole di De Andrè
“Ma voi che siete a Rimini tra i gelati e le bandiere non fate più scommesse sulla figlia del droghiere”
pensavo a te... ancora una volta...
ancora una volta... Rimini...

Rimini...

Alessandro Rugolo

Guida Hotel Rimini

Iraq - Usa e il Diritto Internazionale

Senza voler cercare colpevoli e innocenti in questa guerra... in queste poche righe ho voluto provare a mettere in evidenza il fatto che, in ogni caso, chi esce perdente è la comunità internazionale ed il Diritto Internazionale... spero di esserci riuscito!
(Tratto dalla Tesi di Laurea "Il Diritto Internazionale alla luce del conflitto USA-IRAQ" - A.A. 2002-2003 - Trieste)

Il conflitto USA – Iraq, per mezzo delle sue peculiarità, sta influenzando prepotentemente la comunità internazionale.
L’interesse dei media per il terrorismo internazionale post 11 settembre, per le armi di distruzione di massa, chimiche, biologiche e nucleari, le discussioni e le divisioni all’interno dei governi degli stati interessati, le spaccature interne all’Unione Europea e all’ONU, hanno fatto del conflitto un fatto di interesse mondiale.

Noi siamo interessati ad analizzare i risvolti che questo conflitto potrebbe avere nell’influenzare l’evoluzione del Diritto Internazionale.
Per comprendere a fondo il conflitto USA - Iraq è necessario conoscere le relazioni che negli ultimi vent'anni sono intercorse tra questi due stati e tra l’Iraq e gli altri attori della comunità internazionale.
Tale conflitto non deve essere considerato a se stante, come non può essere considerato figlio di una sola causa, il terrorismo internazionale, ma deve essere studiato in relazione alla complessa situazione politica internazionale.
Si può parlare sicuramente dell’esistenza di una serie di concause, relazionate tra loro e non facilmente separabili, che hanno portato allo sviluppo della situazione di crisi che tutti conosciamo.

Solo la completa conoscenza e la corretta comprensione delle complesse realtà politiche ed economiche regionali e, più in generale, mondiali, unite allo studio dei fenomeni legati agli interessi e alla politica condotta dalle grandi famiglie americane, elezioni politiche, interessi finanziari, situazione economica dell'America, permette di capire (o forse è meglio dire "di intravedere") il perché del conflitto attuale e quale possa essere il futuro della regione.
Allo stesso modo, la conoscenza degli atti aventi rilevanza per la comunità internazionale e la corretta interpretazione di questi alla luce del diritto internazionale possono permettere di ipotizzare se e come il diritto internazionale stesso subirà delle modifiche come conseguenza del conflitto o, più in generale, come conseguenza dell’evoluzione e dello sviluppo dei comportamenti dei membri della comunità internazionale.

Non vi è alcun dubbio, infatti, che il diritto internazionale evolve, si modifica, si trasforma, non sempre sulla spinta di commissioni di studio e di ricerca, peraltro sempre attive, quanto piuttosto sulla base degli accadimenti internazionali, sulla base dello sviluppo dei rapporti di potenza tra Stati e tra questi e le Organizzazioni internazionali.
I rapporti di potenza, come si può facilmente immaginare, sono influenzati dal potere economico, politico, finanziario e militare (inteso come espressione dei precedenti indicatori) e influenzano, a loro volta, le scelte della comunità internazionale e quindi, conseguentemente, delle norme e dei principi che ne regolano le relazioni tra i soggetti della comunità stessa. Un esempio di ciò può essere visto nella diatriba tra Nazioni Unite e USA sulla Corte Penale Internazionale1.

La Corte Penale Internazionale, istituita con lo Statuto di Roma adottato dalle Nazioni Unite il 17 luglio 1998, è un organismo di giustizia internazionale permanente e può esercitare il suo potere sulle persone fisiche per i più gravi crimini di portata internazionale, la sua giurisdizione è complementare alle giurisdizioni penali nazionali2 ed ha competenza sui crimini di genocidio, sui crimini contro l’umanità, sui crimini di guerra e sui crimini di aggressione. Tale Corte è espressione della volontà internazionale di porre freno alle continue violazioni dei diritti umani e nasce a seguito dei lavori (iniziati nel 1947) della Commissione sul Diritto Internazionale.
Non tutti gli stati delle Nazioni Unite hanno firmato lo Statuto della Corte e non tutti l’hanno ratificato, a causa di motivazioni diverse.

Gli Stati Uniti, per esempio, impegnati su sempre più fronti, per “portare o mantenere la pace”, sia come membro ONU sia come guida di coalizioni multinazionali, sono contrari alla sottomissione dei propri militari alla giurisdizione della Corte. Il motivo principale, ma probabilmente non l’unico, consiste nel fatto che, anche se involontariamente, potrebbero verificarsi problemi dovuti alla legalità delle azioni compiute dai militari americani nello svolgimento dei loro compiti in uno dei tanti teatri in cui gli Stati Uniti sono presenti a livello mondiale.
Non potendo ignorare l’esistenza di questa realtà, gli USA tentano di ridurne i possibili effetti negativi per mezzo di accordi bilaterali tendenti a garantire l’immunità dei soldati americani dalla giurisdizione della Corte Penale Internazionale.
Tale iniziativa non è piaciuta a tutti, così diversi Stati si sono rifiutati di aderire ad accordi bilaterali, in tali casi,
“Gli Stati Uniti hanno sospeso l’assistenza militare [..] il Pentagono ha ribadito che la legge sulla protezione dei militari passata dal Congresso nel 2002 non lascia alternative. La legge ha esentato da accordi bilaterali solo gli altri diciotto membri della NATO, nonché l’Australia, Israele, l’Egitto, la Corea del Sud e il Giappone. [..]La sospensione dell’assistenza militare segna il culmine di una campagna scatenata dall’amministrazione Bush contro la Corte penale internazionale un anno fa, dopo che un centinaio di nazioni la sottoscrissero. L’amministrazione è giunta al punto di minacciare la fine di tutte le missioni di pace dell’ONU a meno che i suoi militari non ricevessero l’immunità. Il 12 giugno scorso il Consiglio di sicurezza, che gliela aveva già concessa per dodici mesi, l’ha prorogata di dodici, nonostante le obiezioni del Segretario Generale Kofi Annan. [..].”3

Ecco dunque come, in virtù di un favorevole rapporto di potenza, uno stato possa esercitare pressioni economiche e politiche in grado di influenzare l’evoluzione del Diritto Internazionale rendendo nullo, di fatto, il potere della Corte Penale Internazionale nei confronti dei suoi militari.
E’ lecito chiedersi se ci sarebbe stato questo conflitto nel caso in cui l’ONU avesse avuto la possibilità di intervenire direttamente, con proprie forze, in Iraq e quale sarebbe stata la reazione della comunità internazionale in un caso simile. Seppur indirettamente, infatti, la mancata esecuzione, di alcuni articoli della Carta delle Nazioni Unite ha provocato, nel tempo, un grave vuoto di potere. L’ONU avrebbe dovuto possedere una forza militare propria concepita allo scopo di “contribuire al mantenimento della pace e della sicurezza internazionale”4 che avrebbe permesso di intervenire immediatamente nella risoluzione dei conflitti bloccandoli sul nascere. Per questo motivo i membri delle Nazioni Unite si sarebbero dovuti impegnare
“a mettere a disposizione del Consiglio di Sicurezza, a sua richiesta ed in conformità ad un accordo o ad accordi speciali, le forze armate, l’assistenza e le facilitazioni, compreso il diritto di passaggio, necessario per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale.”5
Tutto ciò non è avvenuto e tuttora, per intervenire militarmente in un teatro l’ONU deve fare ricorso a organizzazioni militari esterne, qual è la NATO, o a “coalition of willings” costituite ad hoc per la risoluzione di un problema.

Come si può facilmente intuire, anche sulla base delle precedenti considerazioni, questo conflitto più di altri ha fatto si che alcuni interrogativi siano balzati prepotentemente alla ribalta, grazie anche all’interesse dei mass media.
Nelle sedi governative nazionali e negli ambienti sovranazionali ci si chiede sempre più spesso se l’ONU sia ancora in grado – sempre che lo sia mai stata - di assolvere il compito cui è istituzionalmente preposta, il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, e la risposta non sempre è affermativa.
La discussione, fino ad ora incentrata sul diritto di veto detenuto dalle cinque potenze fondatrici dell’ONU ma spesso causa di ritardo, d’inazione e di mancato intervento, si sposta ora su altre problematiche.
La discussione è ora incentrata principalmente sulla liceità dell’impiego della forza in mancanza di un’autorizzazione preventiva del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e sul problema legato alla validità della dottrina della legittima difesa preventiva e del diritto d’ingerenza umanitaria. Argomentazioni sempre più spesso invocate a giustificazione di azioni unilaterali condotte direttamente da Stati membri delle Nazioni Unite contro gli avversari del momento.

L’accusa diretta ad uno stato di fomentare il terrorismo internazionale può legittimare una guerra?
Può essere una guerra “preventiva”?
La falsificazione di documenti allo scopo di giustificare la guerra contro uno stato può essere considerato un crimine internazionale soggetto alla giurisdizione della Corte Penale Internazionale?
Nuovi problemi e nuove domande da porsi, la cui risposta non è ne semplice ne scontata anche in funzione delle nuove tendenze comportamentali degli Stati occidentali e dell’inazione dell’ONU.
Con queste domande nella mente mi accingo, dunque, ad affrontare questa tesi in cui attori principali sono gli Stati Uniti, l'Iraq e il Diritto Internazionale.

1 Ratificato con Legge 12 luglio 1999, n. 232.
2 AI sensi dell’Art. 1, “E’ istituita una Corte penale internazionale in quanto istituzione permanente che può esercitare il suo potere giurisdizionale sulle persone fisiche per i più gravi crimini di portata internazionale, ai sensi del presente Statuto. Essa è complementare alle giurisdizioni penali nazionali”.
3 Ennio Caretto, Lite sulla Corte Internazionale, Washington blocca aiuti militari a 35 Paesi, in Corriere della Sera, pag. 11, 02 luglio 2003.
4 Carta delle Nazioni Unite, Cap. VII, Art. 43.
5 Carta delle Nazioni Unite, Cap. VII, art. 43.
Forse, continua....
Alessandro Giovanni Paolo Rugolo

venerdì 27 luglio 2007

TAU

Capitolo I

Cominciavo ad essere stanco di girare per l’isola... dopo un giorno di ricerche infruttuose avevo perduto tutte le speranze di trovare un qualunque segno di civiltà.
Ero solo, dovevo arrendermi!
Solo... su di un’isola nel mezzo dell’Oceano Pacifico, probabilmente a centinaia di miglia dalla più vicina rotta battuta dalle navi di linea.

Nessuno a casa che mi aspettasse, quindi nessuno mi avrebbe cercato!
Possibilità di lasciare l’isola: nessuna.
Dovevo arrendermi all’evidenza, avrei vissuto per mesi, forse per anni prima di rivedere un mio simile.
Sempre che fossi sopravvissuto!

Ma tutto sommato non era proprio quello che cercavo?
Ero partito dieci giorni prima, col mio motoscafo d’alto mare alla ricerca di un luogo solitario dove stabilirmi, dove passare il resto dei miei anni, disgustato dalla società “civile”, dove si ammazza per un pugno di dollari, dove l’unica cosa che conta è avere un posto in società, una macchina nuova e un ben fornito conto in banca.

Se hai queste cose nessuno verrà a controllare tra le pieghe della tua coscienza sporca...
Certo non intendevo finire su di un’isola deserta, ma cosa c’è di meglio se uno vuole star solo?
L’unico aspetto positivo stava nel fatto che sulla mia barca avevo di che vivere per almeno tre mesi, avevo viveri, una tenda da campeggio, segnalatori luminosi, armi, munizioni e quant’altro possa servire ad un campeggiatore solitario... peccato che non si fosse salvato niente, il tifone aveva inghiottito tutto!

La furia delle onde aveva portato via tutto ciò che avevo. Era arrivato a sorpresa, senza nessun preavviso. Tutti coloro che navigano in quest’angolo di Oceano sanno riconoscere l’arrivo di un tifone dai piccoli avvertimenti che la natura fornisce.
Gli uccelli di mare, che normalmente seguono gli scafi alla ricerca di qualche resto di cibo, si allontanano e, se possono, si dirigono verso la terraferma, i pesci ugualmente s’immergono in acque più profonde e più sicure, lo stesso mare, prima della tempesta, diventa stranamente piatto, come se si riposasse prima di scatenare la sua forza sotto i colpi delle raffiche che a volte superano le ottanta miglia.
Tutti questi segnali che salvano il pescatore indicandogli l’avvicinarsi di un tifone non c’erano stati!

C’era stato un ronzio, come quello che si sente passando sotto una linea ad alta tensione... non avevo capito di che cosa si trattava, poi il vento si era sollevato... di colpo, e nel giro di qualche minuto l’aria si era fatta pesante.
Le nuvole, nere, gonfie di pioggia, danzavano in un cielo che era stato azzurro fino ad un attimo prima.
Contemporaneamente il mare si era fatto grosso, le onde raggiungevano altezze inimmaginabili, la barca pareva un guscio di noce e già pensavo che da un momento all’altro avrei raggiunto i miei avi.

Devo aver urtato la testa contro qualcosa di duro, poi più niente, solo il buio!
Mi ero risvegliato solo al mattino sulla spiaggia di un’isola sconosciuta e disabitata.
La testa mi sembrava un nido d’api, mi resi conto di avere una ferita lungo l’arcata sopraciliare destra. Comunque stavo bene, era un miracolo ma chissà dove mi trovavo!
Le mie conoscenze della zona mi facevano pensare ad una delle isole Desventuradas, ma non potevo certo esserne sicuro, il vento poteva avermi trascinato per dieci, venti, forse anche cento miglia e non avevo con me nessuna carta di navigazione.

Ci sono stati dei naufraghi convinti di trovarsi in una certa zona, che sono stati ritrovati, con loro grande sorpresa, a centinaia di miglia dal punto del naufragio.
Al momento del naufragio mi trovavo a circa ottocento miglia dalla costa del Cile, ero partito da Valparaiso secondo una rotta che mi doveva condurre verso Emily Rock, dove avrei trascorso il resto dell’anno.
Se mi fossi trovato bene forse mi sarei stabilito lì.
Come tutte le cose programmate, anche questa era stata un fallimento, dovevo forse affidarmi al caso?
Oppure Dio stesso si serviva del Caso per evitare di parteggiare per l’uno o per l’altro?
Fossi stato Dio avrei probabilmente fatto così, un lancio di dadi per decidere della fortuna di una persona, un giro di poker per stabilite il futuro di un Paese, Testa o Croce per la vita o la morte…

Al momento però avevo altri problemi da risolvere, dovevo trovarmi un riparo per la notte e poi qualcosa da mangiare...
Avrei avuto molti giorni a disposizione per analizzare il motivo del mio isolamento, del mio escludermi dalla società, della mia voglia di solitudine...

Alessandro Giovanni Paolo Rugolo
P.S. Che dite val la pena provare a scrivere il cap. II?

mercoledì 25 luglio 2007

Futuro

(dal "Diario millenovecentonovantasei")

Polvere catodica frantumazione di cristalli
Di notte e di giorno sempre accesa.
Odo vedo assaporo la nebbia eclatante
Di questa terra troppo piena dei morti e dei vivi

Scorgo una stella brillante all’orizzonte scuro
Ma il dubbio m’assale e mi desta dal sonno
Che sia un nuovo neon di un ‘insegna ?

Giuseppe Marchi

martedì 24 luglio 2007

Un'antica preghiera da Osilo...

Quasi per caso, chiaccherando del più e del meno tra vicini di ombrellone... si riscoprono ricordi e tradizioni...
Devo ringraziare Paola Fadda per questa antica preghiera... questa versione viene da Osilo (SS). Chiedo scusa in anticipo a tutti coloro che conoscono e sanno scrivere in dialetto di Osilo, io non sono in grado... ma mi sembra giusto salvare questo piccolo pezzo di tradizione della Sardegna. La preghiera veniva recitata dalla mamma Antonina per mettere a letto i figli...

"Su lettu meu est de batteros cantones, battero anghelos si bi ponede, duoso in pese e duoso in cabitta, sa Regina a costau m'istada. Issa mi narada: "Drommi e riposa, no appas paura de mala cosa, no appas paura de mala fine, s'anghelu Serafine, s'anghelu biancu s'ispiritu santu sa Vergine Maria, tottu a costazu t'istana."

La traduzione dovrebbe essere più o meno così:
"Il mio letto è fatto da quattro blocchi, quattro angeli ci si mettono sopra, due ai piedi e due in testa. La Regina mi resta al fianco. Lei mi dice: "Dormi e riposa, non aver paura delle cose cattive, non aver paura di fare una brutta fine, l'angelo Serafino, l'angelo bianco, lo Spirito Santo e la Vergine Maria, tutti ti stanno a fianco."
Un'altra versione, in dialetto logudorese, mi è stata segnalata da Salvatore Scanu, che ringrazio. La preghiera fa parte della raccolta pubblicata a Cagliari il 2 febbraio 1863, l'autore è Giovanni Spano che afferma di non conoscerne l'autore e di averla sentita raccontare dalla nonna. La preghiera dovrebbe essere intitolata "Aspirazioni agli Angeli custodi".
"Su lettu meu est de battor contones, et battor anghelos si bei ponen, Duos in pès, et duos in cabitta, Nostra Segnora a costazu m'ista, e a mie narat, dormi e reposa, no happas paura de mala cosa, no happas paura de malu fine s'Anghelu Serafine, s'Anghelu biancu, s'Ispiridu Santu, sa Virgine Maria, totu siant in cumpagnia mia mia. Anghelu de Deu custodiu meu custa nott'illuminami guarda e difende a mie, ca eo m'incumando a tie."
A differenze dalla prima versione Giovanni Spano riporta un'ultima frase che più o meno si può tradurre: "Angelo di Dio, mio custodequesta notte fammi luce, custodiscimi e proteggimi, io mi raccomando a te."
Se conoscete altre versioni...
Alessandro Giovanni Paolo Rugolo