Lo pensano UK e India che, proprio qualche giorno fa hanno deciso di rafforzare gli accordi (già in essere dal 2018 sotto il nome di "India-UK framework for the Cyber Relationship") e di lavorare assieme per capire come affrontare i rischi emergenti.
L'occasione è stata offerta dal primo meeting del "India-UK Joint Working Group on Cyber Deterrence", tenutosi in videoconferenza giovedì 25 novembre.
Già in passato abbiamo trattato l'argomento della cyber deterrenza, cercando di spiegare che l'impiego delle capacità cyber come deterrenza può essere efficace solo se associato ed grandi capacità di intelligence, per aiutare nell'attribuzione di un attacco, cosa che confermiamo ancora oggi.
Ricordiamo che la cyber deterrenza può ottenersi principalmente in due modi: diventando sufficientemente forti nel proteggersi così da rendere ogni tentativo d'attacco inutile, cosiddetta "cyber deterrence by denial" oppure avendo la capacità di colpire l'avversario in modo tale da metterlo in ginocchio, cosiddetta "cyber deterrence by punishment".
L'idea che due potenze (nucleari) come UK e India decidano di lavorare assieme in un settore importante come quello della Cyber Deterrence la dice lunga sull'importanza del settore e sul fatto che occorrono alleanze forti se si vuol ottenere un effetto strategico.
E l'Italia cosa sta facendo?
Chi potrebbe essere l'alleato con cui sviluppare le capacità cyber, e in particolare di cyber deterrence?
Potrebbe trattarsi della Francia, con la quale nei giorni scorsi è stato stipulato il "Trattato del Quirinale"?
E' una ipotesi, anche se non se ne parla esplicitamente nell'articolo 2 (Sicurezza e difesa), dove si fa genericamente riferimento all'impegno nel "promuovere le cooperazioni e gli scambi sia tra le proprie forze armate, sia sui materiali di difesa e sulle
attrezzature, e a sviluppare sinergie ambiziose sul piano delle capacità e su quello operativo ogni qual volta i loro
interessi strategici coincidano".
Qualche apertura invece viene dall'articolo 5 (Cooperazione economica, industriale e digitale) in cui il comma 3 asserisce che "Le Parti riconoscono l’importanza della loro cooperazione al fine di rafforzare la sovranità e la transizione digitale
europea. Esse s’impegnano ad approfondire la loro cooperazione in settori strategici per il raggiungimento di tale
obiettivo, quali le nuove tecnologie, la cyber-sicurezza, il cloud, l’intelligenza artificiale, la condivisione dei dati, la
connettività, il 5G-6G, la digitalizzazione dei pagamenti e la quantistica. Esse si impegnano a lavorare per una migliore
regolamentazione a livello europeo e per una governance internazionale del settore digitale e dello spazio cibernetico.
Si potrebbe obiettare che spesso le frasi dei trattati bilaterali sono solo un modo per stabilire delle comunanze d'intenti e che da li a vedere dei programmi sul tavolo la strada è lunga, ma preferiamo essere ottimisti e pensare che i nostri decisori abbiano compreso la necessità di lavorare assieme, in bilaterale, alla ricerca di soluzioni a problemi comuni.
Alessandro Rugolo e Federica Maria Rita Livelli
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