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sabato 12 luglio 2008

Aristotele: etica Nicomachea

Solo il titolo spaventa... mi dicono degli amici quando faccio loro vedere il libro appena comprato!
Un bel libro pagato 2 euro e mezzo da Melbook, in via Nazionale a Roma!
Eppure, dico loro, perché spaventarsi prima di averlo letto?
Secondo me il problema fondamentale è che chi ha frequentato il liceo da ragazzo, ha dovuto affrontare lo studio dei classici latini e greci contro la sua volontà... e certo il professore non è riuscito a trascinarli nella scoperta dei testi del nostro passato! Io questo problema non l'ho dovuto affrontare avendo studiato ai geometri...
Ho sempre letto tanto e di tutto... dai fumetti ai romanzi per passare ai testi di fisica e scienze in genere fino ai libri di storia e ai testi sacri delle religioni del mondo... Da alcuni anni ho smesso di leggere romanzi... o almeno lo faccio sempre più raramente, per dedicare tutto il tempo disponibile allo studio dei testi classici e antichi... e non ci trovo niente di pesante... anche perché lo faccio per curiosità, non certo per dare l'ennesimo esame della mia vita! Lo faccio per ricercare ciò che ad oggi non ho ancora trovato... è un percorso di ricerca interiore, diciamo...
Etica Nicomachea... che significa il titolo? Prima domanda da soddisfare... così sfoglio le prime pagine del testo, in metropolitana, mentre torno a casa... e scopro che esistono tre versioni dell'etica di Aristotele. La Grande Etica, l'Etica Eudemia (cioè divulgata da Eudemo di Rodi, discepolo di Aristotele) e l'Etica Nicomachea (cioè divulgata da Nicomaco, figlio di Aristotele)... della Grande Etica pare che non si sappia granché e non tutti concordano sulla sua autenticità! Abbiamo dunque risposto alla prima domanda cioè al significato del titolo... ma siamo sicuri?
E si vi chiedessi cosa significa "Etica"? Probabilmente in tanti lo sanno... altri credono di saperlo ma poi posti di fronte alla domanda secca cercano di articolare una risposta improbabile oppure si precipitano su wikipedia per trovarne la definizione...
"L'etica (il termine deriva dal greco "ethos", ossia "condotta", "carattere", “consuetudine”) è quella branca della filosofia che studia i fondamenti oggettivi e razionali che permettono di distinguere i comportamenti umani in buoni, giusti, o moralmente leciti, rispetto ai comportamenti ritenuti cattivi o moralmente inappropriati. Si può anche definire l'etica come la ricerca di uno o più criteri che consentano all'individuo di gestire adeguatamente la propria libertà; essa è inoltre una considerazione razionale, dei limiti entro cui la libertà umana si può estendere. Spesso viene anche detta filosofia morale. In altre parole, essa ha come oggetto i valori morali che determinano il comportamento dell'uomo."
Dunque, ora sappiamo cosa è l'etica... ora possiamo dire di aver risposto ala prima domanda... o forse manca ancora qualcosa?
Riflettendo mi rendo conto che sto commettendo un errore... per farvi capire quale sia l'errore vi devo raccontare cosa mi è accaduto.
Mentre leggevo un passo delle Metamorfosi di Ovidio ho trovato una frase in cui si parlava di "sbarre d'acciaio"... incuriosito dall'uso di un termine moderno, armato delle mie scarsissime conoscenze di latino ho affrontato il testo latino in contropagina... il termine tradotto con "acciaio" era "adamante"... Adamante significa "non domo" o "indomabile" usato come durissimo o resistentissimo! Nella traduzione diventa "acciaio"! Ecco dunque cosa manca, la contestualizzazione. Devo cercare di capire, prima di andare avanti nella lettura, penso, cosa Aristotele intendesse per "etica" per evitare di fare riferimento alla definizione dei giorni nostri...
Ma per fortuna la ricerca è abbastanza semplice e cosa Aristotele intende per etica è lo stesso Aristotele che ce lo dice nel primo capitolo.
"Ogni arte e ogni ricerca scientifica e similmente ogni azione e ogni proponimento pare che abbiano come scopo un bene. Perciò il bene fu giustamente definito come ciò a cui tutto mira [cioè il fine!]. [..] Il conoscerlo ha, quindi, grande importanza per la vita; e invero, conoscendolo, non riusciremo meglio in ciò che dobbiamo fare, come gli arcieri che hanno una mira sicura? Se così è, si deve cercare di comprendere sommariamente che cosa esso sia e di quale scienza o facoltà sia oggetto: senza dubbio della scienza principale e più fondamentale di tutte: e tale è evidentemente la politica. Essa dispone infatti quali scienze debbano esservi nello stato e quali ciascuno debba imparare e fino a che punto; e vediamo che anche le facoltà tenute in maggior conto, come l'arte militare, l'economica, la retorica, sono subordinate ad essa. Poiché essa si serve delle altre scienze pratiche e inoltre stabilisce per legge cosa bisogna fare e da quali cose astenersi, il suo fine comprenderà in se quelli delle altre scienze e sarà per conseguenza il bene umano. Invero, pur essendo lo stesso il bene per il singolo e per lo Stato, è cosa più grande e più perfetta conseguire e conservare il bene dello Stato"
Dunque, andando avanti nella lettura è possibile capire che per Aristotele l'etica è la scienza che studia il bene, etica e politica hanno lo stesso fine ma l'etica studia il bene in relazione all'individuo mentre la politica studia il bene in relazione allo Stato.
Ecco, abbiamo chiarito alcuni dei concetti fondamentali su cui Aristotele disquisisce nel suo Etica Nicomachea"... cosa c'è dunque di difficile?
Niente, mi pare... l'unico problema è che chi vuole studiare l'etica deve avere molta esperienza della vita per comprenderne i principi e per questo che risulta poco adatta ai giovani... e questo vale ancor di più per la Politica!
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

Viaggio in Libia: Tripoli e Leptis Magna

Tripoli è una città malinconica e vuota, dove regna una triste dittatura.
A differenza della vicina Tunisia, la Libia è molto meno evoluta: camminando per le vie tripolitane, anche all’occhio del turista più distratto non può sfuggire l’abissale divario tra ricchezza e povertà... Continua...

venerdì 11 luglio 2008

La macchina dell'esperienza - 2

Caro Isaia, raccolgo la tua provocazione e provo a dirti cosa ne penso io sulla macchina dell'esperienza.
Vediamo se ho capito, tu dici che il filosofo americano Robert Nozick nel suo libro “La vita pensata”, si dedica a riflettere “sulla vita e sulle cose importanti nella vita..." mentre di solito tutti noi “tendiamo a vivere come se avessimo inserito il pilota automatico, attenendoci (…) alle opinioni di noi stessi e agli obiettivi che abbiamo acquisito inizialmente”.
Poi ci proponi un esperimento tratto dallo stesso libro che consiste nell'immaginare che sia stata inventata una macchina che possa darci, una volta collegati ad essa, qualsiasi esperienza noi possiamo desiderare: quella di amare, contraccambiati, la più bella donna del mondo; di essere il Presidente degli Stati Uniti; di risolvere il problema della fame nel mondo; di vincere il Nobel per la letteratura... e se l'immaginazione scarseggia la macchina stessa ci aiuta dandoci utili suggerimenti grazie ad una biblioteca delle sensazioni interiori predisposta da abili psicologi!
Ed infine, dulcis in fundo, non vi è alcun modo di capire che siamo collegati a tale macchina e che perciò i piaceri non possono essere rovinati dal fatto di essere prodotti artificialmente.
Se ho capito bene tu (lui, l'autore del libro) mi chiedi se sceglierei o no (e soprattutto: perché) di adottare questa macchina per tutta la vita, vivendo così “dal di dentro” i miei sogni più dolci...

Ci ho riflettuto a lungo in questi giorni e ora provo a spiegarti il mio punto di vista che non so se può essere considerato una risposta, ma almeno è un inizio!
Quando ero piccolo mi capitava spesso di sognare e quando mi svegliavo ricordavo quasi sempre dei pezzi di sogno... talvolta belli, talaltra brutti... ma in ogni caso ricordavo! Ricordavo e mi chiedevo quale delle due fosse la vera vita... se quella vissuta dal mio io nel sogno, oppure quella che vivevo quando mi svegliavo e finiva il sogno. Mi chiedevo quale delle due fosse la realtà... o meglio quale tra le tante fosse la realtà... perchè ogni sogno, salvo poche eccezioni era parte di un mondo a se... diverso da quello che ritenevo essere reale e diverso dagli altri mondi dei miei sogni. Poi sono cresciuto e piano piano ho cominciato a sognare sempre meno o, più realisticamente, ho iniziato a ricordare sempre meno i sogni anche se talvolta mi capita ancora...
Ora, supponiamo che con il passare del tempo io smetta di sognare o meglio, al risveglio mi dimentichi completamente i sogni... credo che ci troveremmo esattamente nella situazione in cui si troverebbe la persona che abbia accettato di vivere attaccato alla macchina...
Per essere chiaro, se non si è in grado di distinguere la realtà dal sogno o dalla realtà artificiale creata dalla macchina, non ha proprio alcun senso porsi la domanda... nè ha senso cercare la risposta... tanto non farebbe alcuna differenza!
Ecco la mia risposta, non so se vada nella direzione indicata dall'autore del libro, ma credo sia l'unica possibile...
Certo che però, se la macchina, come tutte le macchine dovesse prima o poi avere dei malfunzionamenti... beh, in quel caso ci troveremmo di fronte al film "Matrix"....

lunedì 7 luglio 2008

La Macchina dell’esperienza.

Cari amici tuttologi, in questi giorni sto leggendo il libro del filosofo americano Robert Nozick (1938-2002) “La vita pensata”, edito da BUR , che avevo comprato qualche anno or sono, incuriosito dal titolo e dalla intenzione, annunciata dall’autore nella introduzione, di riflettere “sulla vita e sulle cose importanti nella vita, per chiarire il mio pensiero e anche la mia vita” mentre di solito tutti noi “tendiamo a vivere come se avessimo inserito il pilota automatico, attenendoci (…) alle opinioni di noi stessi e agli obiettivi che abbiamo acquisito inizialmente”.
Confesso che il riferimento dell’autore al pilota automatico, pensando a tanti momenti della mia vita, mi ha turbato e mi ha lasciato alquanto pensieroso…
Da questo libro vi propongo il seguente esperimento mentale, che possiamo battezzare La macchina dell’esperienza.
Immaginiamo che sia stata inventata una macchina che possa darci, una volta collegati ad essa, qualsiasi esperienza noi possiamo desiderare: quella di amare, contraccambiati, la più bella donna del mondo; di essere il Presidente degli Stati Uniti; di risolvere il problema della fame nel mondo; di vincere il Nobel per la letteratura.
Se la nostra immaginazione scarseggia, la macchina stessa può darci utili suggerimenti grazie ad una biblioteca delle sensazioni interiori predisposta da abili psicologi!
Si noti che non c’è memoria di essere collegati alla macchina e che perciò i piaceri non possono essere rovinati dal fatto di essere prodotti artificialmente.
Ora la domanda è: sceglieremmo o no (e soprattutto: perché) di adottare questa macchina per tutta la vita, vivendo così “dal di dentro” i nostri sogni più dolci?
Voi che cosa ne pensate?
Isaia De Maria

Ancora un Tuttologo, benvenuto Isaia!


Anche oggi ho la possibilità di presentarvi un nuovo amico Tuttologo... ma lasciamo fare a lui! Io dico semplicemente benvenuto a nome di tutti!


Caro Alessandro, amici tutti dell’Accademia dei Tuttologi, accolgo con grande piacere l’invito a far parte della “compagnia”. Spero solo di poter dare un contributo interessante...
Qualche breve parola di presentazione: mi chiamo Isaia De Maria e sono originario di Cusano Mutri in provincia di Benevento, ma nella mia vita ho vissuto a Napoli, a lungo a Pisa (che mi piace considerare un po’ la mia città di adozione), a Roma e da un annetto risiedo a Monterotondo, sempre in provincia di Roma.
Di professione sono un ufficiale dell’Aeronautica militare chiamato ad occuparsi essenzialmente di questioni giuridiche. Ma, almeno nella vita privata, preferisco al diritto ( scienza che, in verità, ho sempre considerato un po’ lugubre) la letteratura, il cinema, la storia, le discussioni filosofiche dal sapore antico, magari con un occhio all’attualità politica e sociale.
Inoltre, amo molto la natura e i viaggi, gioco a scacchi e ho un debole per i sigari toscani (dimenticavo, quello in fotografia sono io “al giorno d’oggi”…).
Un saluto a tutti!


Isaia.

domenica 6 luglio 2008

Tracce (2000)

Sancire l’inizio del millennio
Il nostro abuso sul tempo
L’ineluttabile necessità di vivere
Appoggiati fieramente al confine
Valli e monti di deserto
Sabbia sopra e sotto l’acqua
Sono uomini che vengono da lontano
Nel cielo annunciati da nessuna stella
Al posto degli occhi dardi fiammeggianti
Ora spenti alla fine del viaggio
Tracce di secolo rechiamo loro in dono
Brandelli di carni dal filo spinato strappate
Odore acre di guerra perduta e morte
Dalla periferia della terra e nei visceri suoi.

In fondo a tutti i naufragi nel volo nero dei cormorani
Ombre e flutti avvolti e intrecciati come mani
Nel nucleo incessante dei pensieri umani
Abbiamo intravisto due fantasmi segnati dal dolore
Il morbo come Cristo sulle mani e sui piedi
Un occhio splendente al posto della croce
Abbracciavano quei delitti su barche annerite
“non c’è pace senza giustizia”.

Giuseppe MARCHI

sabato 5 luglio 2008

Ovidio, le Metamorfosi e la suddivisione del mondo.

Publio Ovidio Nasone è il nome completo del poeta latino Ovidio, autore, tra l'altro delle "Metamorfosi". Nato nel 43 a.C. a Sulmona, comincia a viaggiare da subito. Si reca a Roma, ad Atene, in Asia Minore, in Egitto e in Sicilia. Muore all'età di circa 60 anni.
La sua opera più conosciuta è intitolata "Metamorfosi" e tratta del "mutamento di corpi", cioè di trasformazioni, tra queste vi è spazio anche per la formazione dell'universo a partire dal Chaos.
Ma veniamo al punto che mi interessa trattare in questo breve articolo, la suddivisione della terra in fasce in base alla temperatura.
Ci dice Ovidio che:
(Cap. I, 47 e seguenti)
"la provvidenza divina ripartì con lo stesso numero la massa della Terra avvolta dal cielo, sicché altrettante zone sono delimitate sulla terra. Delle quali quella mediana non è abitabile per il calore; due altre sono coperte di neve alta: altrettante zone dispose tra l'uno e l'altro spazio, e creò un giusto equilibrio mescolando il caldo con il freddo. Su di esse sta sospesa l'aria; la quale quanto è più leggera del peso della terra e dell'acqua, di tanto è più pesante dell'etere."
Su questa frase dall'apparenza scontata e banale è possibile fare alcune osservazioni:
1. la suddivisione della Terra in cinque fasce, visto il tempo in cui scriveva non doveva essere banale; eppure ad Ovidio è chiaro che la terra è suddivisibile in due fasce polari agli estremi, due fasce temperate e una fascia calda, equatoriale;
2. la disposizione delle fasce e delle temperature sulla terra crea un certo equilibrio;
3. l'aria ha un peso, inferiore al peso di terra e acqua ma comunque superiore al peso dell'etere...
Ora, sulla base di queste semplici osservazioni, proviamo a porci delle domande:
1. Come poteva Ovidio sapere della suddivisione della terra in fasce sulla base del parametro "temperatura"?
2. Perché ci parla di "equilibrio"?
3. Come poteva sapere che oltre l'aria c'è qualcosa di diverso e più leggero, l'etere per l'appunto?
Queste domande sono solo alcune che possiamo porci e alle quali vorrei poter trovare risposta...
Chi mi sa aiutare?
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO