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giovedì 25 aprile 2013

Procopio di Cesarea: la nave di Enea

I compagni di Enea verso la Sicilia, arazzo fiammingo Fondazione “G.Whitaker” – Palermo
L'ultima volta ho iniziato a parlare del libro di Procopio sulla "guerra gotica". Da allora ho proseguito la lettura e oggi voglio raccontarvi una curiosità appena letta.
Nel quarto libro, capitolo XXII Procopio ci parla di come i romani fossero innamorati della loro città e più di tutti i popoli tenessero a conservare i ricordi, sia perchè le costruzioni antiche erano costruite talmente bene che duravano nei secoli (ed ancora oggi Roma ne è testimone!) sia che i romani facessero di tutto per conservare ciò che ritenevano importante per la loro memoria.
Procopio dice dunque di aver visto con i suoi occhi la nave che portò Enea, fondatore di Roma, ad approdare sulle coste del Lazio.
In altri testi ho trovato riferimenti ad Enea e alla fondazione di Roma ma non avevo mai trovato la descrizione della sua nave, fra i tanti ricordi della storia di Roma...:
"fra' quali la nave di Enea, fondatore della città, esiste tuttavia, spettacolo oltre ogni credere interessante. Per quella fecero nel mezzo della città un cantiere sulla riva del Tevere, ove collocata da quel tempo la conservano"
Mi fermo un attimo per ricordare che Procopio scrisse e visse intorno al 500 d.C. mentre Enea dovrebbe essere arrivato nel Lazio tra il 1200 e il 1100 a.C. cioè circa 1600 anni prima di Procopio, eppure, sentite cosa dice subito dopo...
"Com'essa sia fatta io, che l'ho vista, vengo a riferire.
Ha un sol ordine di remi quella nave, ed è assai estesa. Misura in lunghezza centoventi piedi (circa 35 metri), in larghezza 25 (circa 7,5 metri) ed è alta tanto quant'è possibile senza impedire la manovra dei remi."
Una discreta dimensione per una nave del 13 secolo a.C.
"I legni che la compongono, non sono nè incollati fra loro nè tenuti assieme per mezzo di ferri, ma sono tutti quanti d'un sol pezzo fatti sopra ogni credere ottimamente e quali, a nostra notizia, non se ne vider mai se non in quella sola nave."
Doveva essere una nave molto particolare per essere sopravvissuta tutti questi anni e apparteneva a una tipologia che ormai doveva essere scomparsa, un ricordo di altri tempi!
"Poichè la carena, cavata da un solo tronco va da poppa a prua insensibilmente divenendo cava in modo mirabile e quindi nuovamente a poco a poco ridiviene retta e protesa. Tutte le grosse costole, poi, che vengono adattate alla carena (chiamate dai poeti dryochoi, dagli altri nomeis), si estendono ciascuna dall'uno all'altro fianco della nave; ed anche queste, partendo da ambedue i bordi, si adagiano formando una curva d'assai bella forma, in conformità della curvatura della nave, sia che la natura stessa secondo i bisogni del loro uso abbia dato a quei legni già da se quel taglio e quella curvatura, sia che, con arte manuale e con altri ordigni, di piani fossero quei regoli fatti curvi. Inoltre ognuna delle tavole, partendo dalla cima della poppa, giunge all'altra estremità della nave, tutta d'un sol pezzo e fornita di chiodi di ferro unicamente all'uopo d'essere commessa alla travatura in modo da formar la parete."
I costruttori della nave dovevano essere molto bravi se a distanza di mille e seicento anni riuscivano a destare tale stupore in chi guardava la loro opera!
"Questa nave così fatta è mirabile a veder più di quello possa dirsi in parole; ed invero tutte le opere straordinarie sono sempre per natura difficili a descrivere, e tanto superiori al linguaggio quanto lo sono all'ordinario pensiero. Di questi legni non ve n'ha uno che sia imputridito, niuno che si vegga tarlato, ma quella nave sana in tutto ed integra come se uscisse pur ora dalle mani dell'artefice, qual egli fosse, conservasi mirabilmente fino a questi giorni punto..."
Occorre, forse, chiedersi se Procopio dicesse la verità, e poi appurato ciò, come fosse mai possibile che la nave non portasse alcun segno del tempo...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

Immagine tratta da: https://bombacarta.com/2007/11/24/canto-v-dell-eneide/

domenica 21 aprile 2013

Procopio di Cesarea: la guerra gotica

La città di Cesarea, in Palestina, è la patria del nostro Procopio, storico nato intorno al 500 d.C.
Studiò retorica, filosofia e giurisprudenza.
Il primo dato certo si ha nel 527 d.C. quando Procopio risulta trovarsi in Mesopotamia durante la guerra contro i persiani al fianco del Generale Belisario, con l'incarico di consigliere.
Qualche anno dopo, sempre al seguito di Belisario lo troviamo in Africa dove resterà per alcuni anni. Nel 536 viene assegnato all'Italia, dove passò un bel po di anni al seguito di Belisario e poi di Narsete. Muore probabilmente intorno al 570 d.C. dopo aver messo a frutto le sue conoscenze raccontandoci con le sue opere la guerra contro la Persia, la guerra in Africa contro i Vandali e la guerra in Italia contro i Goti. Procopio è anche autore di un testo chiamato "Storie segrete" in cui racconta tutto ciò che ufficialmente non poteva essere detto, mettendo a nudo i difetti dei grandi del tempo.
Ovviamente durante il racconto il nostro Procopio inserisce nei suoi testi le origini dei popoli di cui parla o delle terre che descrive, traendo le informazioni degli storici antichi a lui noti.
Purtroppo, dei suoi libri io possiedo solo la parte che riguarda la guerra gotica e le storie segrete, così mi trovo costretto, por ora, a cominciare dai goti, lasciando ad altro momento i libri precedenti. Come è mio solito non farò una recensione del libro o un suo riassunto, cercherò semplicemente di porre in evidenza alcuni aspetti a mio parere importanti o curiosi, poi chi vuole potrà approfondire per suo proprio conto.
Una delle cose che mi hanno colpito riguarda il fenomeno delle maree, descritto osservando il Po alla sua foce. Procopio infatti parlando dei flussi e riflussi riferisce che: "Questo però non suole così avvenire in ogni tempo; chè quando più fioca è la luce della luna, neppur forte riesce l'avanzarsi del mare; dopo giunta a mezzo però la luna, fino al suo tornare calando a mezzo, più forte suol essere il flusso". E' chiaro che l'influsso della luna sulle maree era allora bene noto.
Procopio ogni volta che può cerca di raccontarci la storia dei protagonisti del suo tempo. Uno di questi era Teodorico, re goto che portò via l'Italia a Odoacre. Teodorico s'impadronisce infatti dell'Impero Romano d'Occidente in pochi anni. Costringe Odoacre a rintanarsi a Ravenna e dopo aver siglato una pace lo elimina con l'inganno, impadronendosi così del regno e governando su italiani e goti. Non starò a raccontarvi di Teodorico ma del suo successore, il nipote Atalarico. Questi divenne re dei goti alla morte di Teodorico, ma essendo troppo giovane d'età era la madre Amalasunta a reggere le sorti del regno.
Amalasunta desiderava che il figlio venisse educato alla maniera dei principi romani e che frequentasse la scuola di lettere... ma ciò ai goti non piacque, infatti: "Raccoltisi i maggiornetifra di loro recaronsi da Amalasunta lamentando che il loro re non fosse rettamente educato nè come ad essi conveniva; dacchè le lettere di troppo sono distanti dal valore e gli insegnamenti di uomini vecchi per lo più han per effetto la timidezza e la pusillanimità; colui adunque che abbia un di a dar prova di coraggio nelle imprese e acquistarsi gloria, dover essere allontanato dal timore de precettori ed esercitato invece nelle armi [..] Or dunque, signora, dai pur congedo a questi pedagoghi e fai che Atalarico si accompagni con suoi coetanei, che passando con lui la florida età lo incitino al valore secondo l'usanza barbarica..."
E con questa lezione per oggi vi lascio, a presto.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 14 aprile 2013

Il preoccupante immobilismo della politica italiana

Io sono un cittadino italiano e come tale mi sento impotente di fronte allo squallido e insensato teatrino della politica che l'italia stà regalando al mondo.

Per essere chiari, non è che il fare una brutta figura internazionale mi interessi più di tanto, di ciò dovrebbero preoccuparsi direttamente i nostri rappresentanti, ciò che invece moi riguarda più da vicino sono gli effetti sulla vita di tutti i giorni.

E' sufficiente uscire di casa e andare a far la spesa per sentire le casalinghe lamentarsi della situazione; prendere il treno per sentire i pendolari "ringraziare" animatamente i nostri politici per la situazione dei trasporti pubblici; prendere la pontina in direzione Roma per essere protagonisti di un viaggio della speranza...

E in tutto ciò, la politica, come interviene?

Non interviene per niente!

Purtroppo sono tutti troppo impegnati nell'ascoltare se stessi, i loro discorsi retorici fatti di interventi programmatici, di grandi problemi filosofici (nell'accezione peggiore del termine!) per capire che se trovassero soluzione ai problemi di tutti i giorni risolverebbero in automatico molti problemi degli italiani.

Voglio evitare di fare come loro e calarmi nella realtà, chissà che tra chi legge non vi sia anche qualcuno di coloro che può intervenire e aiutare a risolvere i problemi.

Parliamo del traffico sulla Pontina, vi sono dei punti lungo la strada in cui si creano code e rallentamenti che purtroppo hanno influenza su tutta la strada.
Uno di questi punti è lo svincolo per Spinaceto, basta passarci per rendersi conto che chi ha studiato la viabilità doveva essere un genio incompreso! Ebbene, cosa ci vuole a capire che occorre intervenire sul posto, ristudiare tutta la viabilità e cercare di velocizzare il traffico?
Niente, lo cpirebbe chiunque!
Ma allora perchè non si fa niente?

Eppure, chiunque riuscisse a trovare la soluzione al problema riceverebbe un enorme grazie dalle decine di migliaia di persone che giornalmente percorrono quella strada!

Ma proseguiamo...

 La soluzione di un piccolo problema (se paragonato a quelli della politica italiana) ha degli influssi positivi su tutto. Pensate al fatto che chi va a Roma a lavorare percorrendo la Pontina, arriva al posto di lavoro già stressato e di conseguenza si comporterà durante la giornata.

Ma non è finita, eliminare i rallentamente significa anche diminuire il livello di inquinamento da polveri sottili migliorando la qualità della vita di chi abita nella zona limitrofa e degli automobilisti.

Ed ancora, pensate al tempo risparmiato... e al carburante e... così via!

Questo era solo un esempio.

E allora, se condividete il mio ragionamento, chiediamoci tutti assieme: "perchè nessuno fa niente, di pratico, per uscire dalla crisi italiiana?"

La mia risposta è....... da censurare, e dunque evito, tanto potete immaginare!

Buona domenica a tutti.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO


domenica 7 aprile 2013

Zanzibar, di Silvano Spaziani

La storia di un viaggio è sempre appassionante da rileggere per chi ha fatto il viaggio.
E' molto più difficile renderla interessante anche per chi invece tale impresa non ha compiuto. Decidere il luogo in cui passare le proprie vacanze non è semplice, prepararsi adeguatamente ad un viaggio lungo e talvolta stancante è spesso un problema legato alla volontà propria e di chi ci acconpagna. Silvano è riuscito a rendere il suo viaggio interessante e appassionante. Mentre leggo mi sembra di essere al suo fianco e vivere i suoi stessi sentimenti, le sue sensazioni, i suoi problemi. E Cristina, che lo accompagna? Ascolta, asseconda, appoggia le scelte di Silvano, anche quando sono contradditorie. Lei è come il navigatore che aiuta il pilota a raggiungere l'obiettivo. Complimenti a entrambi per la splendida avventura e a Silvano per la sua capacità di rendere semplice, scorrevole e interessante il suo descrivere un viaggio che molti di noi lettori vorremmo fare ma che nella maggior parte dei casi dovremo accontentarci di tenere nel cassetto, come i migliori sogni oppure, grazie a Silvano, in bella vista nella libreria di casa nostra.
 
Se vi interessa leggere l'anteprima e magari acquistarlo, eccovi il link: Zanzibar


Bravo e in bocca al lupo!
 
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

venerdì 22 marzo 2013

Le origini di Omero secondo Eliodoro

Eliodoro di Emesa, scrittore greco del ii o IV secolo d. C. autore di un "romanzo" storico dal titolo "Le Etiopiche" in cui racconta la storia d'amore tra due giovani, Cariclea figlia del re d'Etiopia e Teagene.
Come al solito mi piace evidenziare alcune informazioni particolari che potrebbero risultare d'interesse per i curiosi.

"Omero, mio caro, potrà essere chiamato da ciascuno a suo piacere e ogni città potrà ben dirsi la patria di questo saggio, ma in realtà egli era del nostro paese, egiziano, e la sua città era Tebe "dalle cento porte", come la chiama lui stesso".

A raccontare la storia di Omero e delle sue origini è Calasiri, un egiziano, che spiega il fatto a Cnemone.

"Suo padre presunto era un sacerdote, ma in realtà egli era figlio di Ermes, di cui il padre putativo era sacerdote. Infatti mentre un giorno la moglie di costui celebrava una festa tradizionale e si trovava a dormire nel tempio, il dio si unì a lei e generò Omero, che portava un segno di questa unione promiscua: fin dalla nascita ebbe una coscia coperta da peli assai lunghi. Da ciò derivò il nome che gli diedero in grecia, dove trascorse la maggior parte della sua vita errabonda, cantando i suoi poemi. Lui non svelò mai il proprio nome e non nominò mai ne la sua città ne la sua stirpe e nel dargli un nome prevalsero quelli che erano a conoscenza di questo suo difetto fisico."

Interessante non pensate?
Sembra che solo Eliodoro riporti questa versione sulle origini di Omero.

Come al solito, se dovessi trovare altre cose interessanti ve lo farò sapere, e già vi dico che di cose interessanti ve ne sono!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

venerdì 15 marzo 2013

Cosa serve all'Italia per uscire dalla crisi?

Oggi, ancora una volta, ci troviamo di fronte alla totale indifferenza del mondo politico di fronte alla crisi italiana.
Loro parlano e nel mentre l'Italia muore, seppellita dall'immondezza, dalla corruzione e dalle migliaia di leggi e normative assolutamente impossibili da gestire.
Non occorrono tante leggi, ma leggi chiare e giudici onesti. Occorre moralità e etica.
Occorre onestà intellettuale e serietà. Occorre impegno e lavoro.
Non esistono ricette che permettano di creare ottimi manicaretti usando come ingredienti solo scarti e veleni!
Non ho idea di come si possa uscire dal pantano nel quale anni e anni di malgoverno e di assoluta inattività degli italiani ci hanno precipitato.
D'altra parte non lo sa nessuno e si capisce dalla lettura dei programmi politici dei nostri rappresentanti. L'Italia scende in serie B, almeno secondo l'agenzia di rating Fitch, Bbb+ per la precisione!
Secondo quello che si dice il declassamento deriva dall'incertezza creatasi a seguito delle elezioni, ma questa è solo l'ultima di tante ragioni.
Dove si trovano tutti quegli italiani seri che a parole sanno fare tante cose?
Perchè l'italiano medio si nasconde sempre dietro il fatto che "gli altri" devono risolvere il problema?
E poi, chi sono questi "altri"?
Mi ricordo ciò che accadeva quando ero ragazzo, frequentavo allora l'Istituto Tecnico per Geometri Luigi Einaudi di Senorbì, nelle elezioni dei rappresentanti degli studenti.
Nell'istituto si facevano le elezioni per i rappresentanti di classe e d'istituto e, in quelle prime occasioni di esperimenti di democrazia mi resi conto che spesso chi si candidava era il perditempo, quello che voleva semplicemente approfittare della posizione per farsi i cavoli propri, uscire dall'aula, seguire meglio i propri interessi, che normalmente non coincidevano con quelli della comunità che avrebbe dovuto rappresentare.
La cosa mi diede assai fastidio e così decisi di impegnarmi in prima persona per rappresentare il gruppo, prima la mia classe, poi l'Istituto. E così feci, bene o male almeno ci provai, non mi tirai certo indietro nonostante la cosa significasse impegno maggiore e a volte scontri con chi invece pensava solo ai fatti propri. Non mi sono mai pentito della mia scelta e così vado avanti sempre.
Mi da fastidio sentire la gente dire che si è troppo piccoli per poter risolvere il problema, è solo un modo di fuggire le proprie responsabilità.
L'impegno e l'esempio possono tutto.
La preparazione personale, lo studio, l'autocontrollo e la capacità di relazionarsi con il prossimo sono le capacità che servono a chi vuol aiutare l'Italia ad uscire dal pantano in cui si è infilata.
Queste capacità si trovano in tante persone, che purtroppo si sono dimenticate di poter fare qualcosa per tutti, soffocate da una società che sembra promuove solo chi pensa a se stesso!
Basta, occorre dire basta e andare avanti assieme, uscire dal buco in cui ci si è infilati e collaborare per uscire dalla crisi.
Come?
Semplice, ognuno nel suo piccolo può far qualcosa.
Quanti italiani benestanti potrebbero impegnarsi nel dare lavoro ai giovani? Sono convinto che ve ne siano tanti. E allora se potete fatelo!
Quanti dirigenti generali hanno fatto il loro tempo? Sicuramente tanti, allora andate in pensione lasciando ai più giovani l'opportunità di provare a cambiare l'Italia!
Quanti professori universitari hanno fatto il loro tempo ma stanno ancora dietro la cattedra impedendo ai ricercatori di fare il loro lavoro? Tantissimi! E allora fate una cosa memorabile, andatevene in pensione e lasciate libero il posto!
Qualcuno potrebbe pensare che così facendo lo Stato aumenterà le sue spese, ma siamo sicuri? E che mi dite delle innovazioni che i più giovani potrebbero portare?
E della rinascita della speranza nel futuro?
Bene, io comunque non mi arrendo e continuerò a dire la mia fino a che potrò, e poi, forse un giorno farò come fanno in tanti, nascondendomi dentro un cespuglio e aspettando che facciano gli altri!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 9 marzo 2013

Un incontro molto speciale

Era un giorno come tanti altri.
Mi ero alzato all'alba per recarmi al lavoro come tutti i giorni, domeniche comprese.
Mi ero fermato alla bottega sotto casa, come sempre, per prendere una pagnotta calda appena sfornata e due fette di lardo salato, quello sarebbe stato il mio pranzo.
Inforcata la bicicletta, una vecchia Graziella rossa, mi diressi verso la campagna.
Era ancora freddo, come è giusto che sia a febbraio in collina. Il cielo, dopo la pioggia notturna, aveva lasciato spazio ad un pallido sole che stentava ad alzarsi sull'orizzonte.

"Forse anche lui aveva freddo, pensai a voce alta".

Non voleva essere un'offesa verso l'astro nascente, semmai una constatazione.
Eppure, ciò che accadde subito dopo fu straordinario, tant'è che ancora oggi, molti anni dopo quei fatti, non sono in grado capire!
 
Cercherò di raccontarvi ciò che mi ricordo anche se so bene che difficilmente qualcuno mi crederà, ma poco importa. Voglio comunque lasciare ai posteri una testimonianza dell'accaduto, seppure io stesso abbia ancora dei dubbi.
 
L'aria era fredda, l'erba a bordo strada era ricoperta da un sottile strato di brina bianca, un velo di ghiaccio finissimo capace però di bruciare tutto come fosse fuoco.
Le pozzanghere erano ancora ghiacciate e sul fango si potevano leggere le impronte lasciate dagli animali il giorno prima. Gli uccelli iniziavano timidamente a cinguettare e io fischiettavo per passare il tempo, osservando il mio alito condensarsi in sottili fili di fumo.
 
Una mezz'ora e sarei arrivato, anche se la Graziella mi avrebbe fatto faticare non poco. La cosa buona era che il pedalare di continuo mi aiutava a riscaldarmi. Certo, le dita delle mani erano sempre fredde, come la punta del naso e delle orecchie, ma che ci potevo fare?
Ancora venti minuti e avrei raggiunto il cancello in legno della fattoria del mio datore di lavoro, si chiamava Igor, ed era un uomo grande e grosso, biondo di capelli e con una voce roca e cavernosa che incuteva un certo timore.
Io allora avevo appena compiuto tredici anni e avevo lasciato la scuola dopo la seconda elementare. Ero stato promosso, ma quell'anno morì mio padre e dovetti iniziare a contribuire alla vita in famiglia così mia madre mi trovò un bel lavoro, ben retribuito e mi accompagnò da Igor.
Da allora erano passati cinque anni e io intanto ero cresciuto sotto la guida severa ma onesta di quell'uomo che, un po alla volta, divenne come un fratello maggiore per me.
Il lavoro era duro, occorreva pulire il bestiame, raccogliere le uova, dare da mangiare ai conigli e ai maiali. Tagliare l'erba, raccogliere la frutta, fare il formaggio... e fin qui tutto bene. Poi bisognava mettere le trappole per i topi, rivoltare il grano, legare e pulire aglio e cipolla... e così via, di giorno in giorno, per poi ripetere il tutto, con pochissime varianti, l'anno successivo.
Magari un anno si raccoglievano più olive e si faceva più olio, oppure si trovavano meno asparagi, ma la vita era più  o meno sempre quella.
Non c'era ancora la televisione a casa e il tempo per i grilli per la testa non c'era proprio. Qualche volta in testa c'erano i pidocchi e mia madre li ammazzava a furia di strofinare i capelli con l'aceto, ma il tempo per i grilli non c'era mai!
A pranzo mangiavo la mia focaccia con il lardo.
Era veramente saporita e dovevo ringraziare Igor, era lui che pagava il conto. Una focaccia e due fette di lardo al giorno erano parte del mio salario. Il resto arrivava a fine settimana. Dipendeva dalla stagione, a volte una forma di formaggio, altre volte un bidone d'olio d'oliva oppure un capretto da latte.
Così era la vita in quegli anni della mia gioventù, almeno fino ad allora, al giorno in cui, come dicevo prima, inforcata la bicicletta per andare al lavoro, incontrai quell'uomo lungo la strada.
Avevo appena detto a voce alta che forse anche il sole quella mattina aveva freddo quando, di colpo, un uomo si parò di fronte a me, quasi facendomi cadere di sella.
 
Mi fermai in mezzo alla strada, coi piedi puntati in terra per non cadere nel fango ghiacciato delle pozzanghere e lo guardai dal basso verso l'alto.
Era un uomo alto, con dei lunghi capelli neri, avvolto in un lungo cappotto di lana grezza di color marrone.
Stava li, in mezzo alla strada, osservando il sole che a stento sorgeva... poi, senza guardarmi in faccia, mi parlò.
Non capii subito cosa diceva, non era la mia lingua e sembrava più che altro una specie di musica, simile alla melodia degli uccelli che di tanto in tanto cercavo di imitare fischiando.
Poi, un po alla volta, il mio cervello cominciò a capire il significato di quei suoni che si trasformarono in parole e poi in frasi di senso compiuto.
Ecco cosa quell'uomo diceva:
 
"Io sono il Sole, l'Astro nascente, il signore della vita sulla Terra.
Terra è la mia donna, la mia sposa fedele.
Alberi sono i miei figli, come pure gli animali e gli uomini...
e tu chi sei, mio piccolo amico?"
 
Io lo guardavo stupito e impaurito, cercando di capire se poteva esserci modo di scappare se necessario, cercando di interpretare i piccoli movimenti dell'uomo di fronte a me, alla ricerca di una qualche minaccia da cui fuggire all'istante, anche a rischio di perdere la mia bicicletta...
Ma il tono della voce era pacato e niente lasciava pensare ad un pericolo imminente. Solo una cosa mi appariva strana, quell'uomo non guardava mai nella mia direzione ma sembrava osservare il cielo in profondità, con una specie di nostalgia, come se gli mancasse qualcosa che si trovava lontano nel cielo.
 
"Chi sei?" Chiesi con un nodo in gola.
"Posso passare per favore?"
Chiesi a voce bassa, ancora poco a mio agio...
 
"La strada è tua, piccolo amico, ma prima dimmi perchè mi hai cercato affinchè io possa tornare lassù da dove vengo senza indugio.
Non posso stare a lungo quaggiù senza gravi conseguenze"
 
Lo guardai fisso, cercando di vedere il suo viso, per capire perchè mi prendeva in giro... eppure più lo osservavo e meno lo vedevo. Non riuscivo a vedere il suo viso, non vedevo neppure le mani, solo il lungo cappotto scuro mi risultava visibile. Tutto il resto era li ma allo stesso tempo non c'era!
 
"Io sono il Supremo, l'essere sempiterno, colui che non è stato creato ma che crea e, si, hai ragione, oggi ho freddo e avrei fatto a meno di alzarmi questa mattina!"
 
Di colpo mi tornò in mente ciò che avevo appena detto e capii che quell'uomo era li perchè l'avevo chiamato io, avevo di fronte il Sole, solo per me, perchè gli avevo parlato!
Non sapevo che cosa rispondere, cosa potevo dirgli?
E poi, probabilmente stavo sognando ad occhi aperti e presto mi sarei risvegliato, magari a terra, sporco di fango ghiacciato!
 
"Perchè mi prendi in giro?
Io non ti ho fatto niente... scusa, per favore fammi passare, devo andare a lavorare..."
 
L'uomo si voltò verso di me e mi guardò... solo allora mi resi conto che non era un uomo. Mi sorrideva anche se non aveva volto. Mi osservava anche se non aveva occhi.
Nonostante tutto non provai paura. Mi resi conto che era un essere buono, un portatore di morte a volte, di speranza altre volte, di vita sempre.
Mi resi conto di avere un Dio di fronte e di essere fortunato ad averlo incontrato... ed essere ancora vivo!
 
Poi, così come era arrivato, si voltò e scomparve, ma prima disse ancora una frase che mi ha accompagnato per tutta la vita, ora giunta al termine.
 
"Io sono il Sole, Dio se vuoi, padre tuo e di tutti gli esseri viventi, ricordati di me ogni giorno quando rivolgi lo sguardo ad Est e io ti accompagnerò e ti proteggerò, piccolo amico mio... e grazie per avermi chiamato!"
 
Restai muto in mezzo alla strada, poi pedalaiverso la fattoria di Igor e proseguii la mia vita di tutti i giorni.
Da allora ogni mattina alzo lo sguardo al cielo, verso Est, e saluto il mio amico, il mio padre augurandogli una buona giornata!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO