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venerdì 15 gennaio 2021

Il progetto AIDA: Intelligenza Artificiale al servizio delle Forze dell’Ordine nel contrasto a Cybercrime e terrorismo.

Un progetto di ricerca e innovazione finanziato dall'UE per sviluppare nuovi strumenti che sfruttano sistemi di Intelligenza Artificiale e tecniche di apprendimento automatico (Machine Learning) per le forze dell'ordine.

Tecnologia e crimine.

Il postulato dell’eterna lotta tra guardie e ladri viene confermato anche nella sua trasposizione digitale.

Il perfezionamento strategico e tecnologico di una delle due parti segue il perfezionamento dell’altra, in un potenziale infinito circolo (vizioso o virtuoso lo decida il lettore a seconda della prospettiva di partenza). Le attività criminali più sofisticate sono ormai, e sempre più, compiute attraverso tecnologie avanzate. E tecnologie all’avanguardia sono dunque imprescindibili per potervi porre freno.

Per identificare, prevenire e combattere i crimini moderni, è ormai necessaria l'implementazione di tecnologie e metodi innovativi trasversali a diverse tipologie di reati: criminalità informatica (cybercrime) e terrorismo pongono per esempio problemi distinti alle forze dell’ordine. La prevenzione di un crimine informatico poggia certamente sull’analisi di diversi set di dati di input rispetto a quelli utilizzati per il contrasto al terrorismo. Tuttavia la stessa analisi di questi dati può trarre vantaggio dall'applicazione e dall’utilizzo di un denominatore comune: un framework tecnologico dotato di algoritmi di Intelligenza Artificiale e Deep Learning (apprendimento profondo) applicati all'analisi di Big Data, e cucito su misura per fornire alle forze dell’ordine strumenti analitici aggiuntivi specifici per il contrasto alle singole attività criminali.


Il progetto.

É questa l’intuizione alla base del progetto di ricerca Europeo AIDA (Artificial Intelligence and advanced Data Analytics for Law Enforcement Agencies - Intelligenza Artificiale e Analisi avanzata dei Dati per le Forze dell'Ordine - www.project-aida.eu): sviluppare una piattaforma di analisi dei dati descrittiva e predittiva e un insieme di tool satellite per prevenire, rilevare, analizzare e contrastare attività criminali di diversa matrice.

Il progetto, finanziato con quasi 8 milioni di euro dall’Unione Europea all’interno del programma Horizon 2020 (grant agreement n° 883596) è ufficialmente partito a Settembre 2020 e avrà una durata complessiva di 24 mesi.


Il risultante framework integrato prodotto da AIDA sarà modulare e flessibile e includerà servizi di
Data Mining e di analisi, appositamente studiati per le forze dell’ordine: tool automatizzati per gestire flussi di lavoro di intelligence e investigazione; acquisizione massiva di contenuti, estrazione e aggregazione di informazioni; gestione della conoscenza (knowledge management) e ottimizzazione attraverso nuove applicazioni per l’elaborazione di Big Data; strumenti di analisi predittiva e visiva basati su Machine Learning e Intelligenza Artificiale. Il progetto, sebbene fondi il proprio lavoro sulla ricerca di base, si propone di sviluppare e fornire un prodotto maturo: la soluzione finale raggiungerà il livello di preparazione tecnologica catalogato dalla UE come livello 7 (livello raggiunto dai prototipi in grado di fornire una dimostrazione del sistema in ambiente operativo).

Il sistema e gli strumenti AIDA saranno quindi messi a disposizione delle forze dell’ordine (coinvolte a diverso titolo nel progetto) attraverso un ambiente sicuro (sandbox) che mira ad aumentare il livello di prontezza tecnologica delle soluzioni, attraverso la loro applicazione prototipale in ambiente operativo e tramite l’utilizzo e l’analisi di dati e indagini reali.

Il progetto ha una forte componente Italiana: guidato da Engineering Ingegneria Informatica, responsabile inoltre delle attività di integrazione dei servizi nella suite finale, vede la partecipazione della sarda Pluribus One nella guida del Work Package dedicato alla generazione di sistemi di Intelligenza Artificiale per la gestione e l’acquisizione delle informazioni e per l’analisi dei gruppi criminali (AI-supported actionable intelligence and knowledge generation). Il consorzio è inoltre composto da altri 19 partner, provenienti da 11 distinti paesi, tra Università, Agenzie, aziende e attori di primo piano nel contrasto al crimine e al terrorismo: Europol, CENTRIC - Centre of Excellence in Terrorism, Resilience, Intelligence & Organised Crime Research, Bitdefender, Cybercrime Research Institute, Police Service of Northern Ireland, Guardia Civil, Hellenic Police, Inspectoratul General al Politiei Romane, Dutch National Police, Polícia Judiciária, Estonian Police and Border Guard Board, Information Technologies Institute (CERTH), Sheffield Hallam University, Vicomtech, Instituto Tecnologico De Informatica, Expert System Iberia, Lingea, Voiceinteraction, University College Dublin, KEMEA.


Il sondaggio.

Nelle prime fasi di attività il progetto propone un approccio orientato al coinvolgimento della società a tutti i livelli e punta a mettere il cittadino al centro della ricerca, consentendo a tutti di partecipare a un sondaggio internazionale e disponibile in tutte le lingue utilizzate nei paesi dei partner coinvolti nel progetto.

L'Intelligenza Artificiale è una tecnologia promettente ma non esente da criticità, specialmente quando se ne parla in ambito "sicurezza" e quando ad adottarla sono i tutori dell’ordine pubblico. Per questo motivo nasce l’esigenza di comprendere meglio il punto di vista dei cittadini sull'uso di sistemi di Intelligenza Artificiale da parte delle forze dell'ordine: cosa è accettabile e utile, a quali condizioni, quali sono i relativi benefici e quali potrebbero essere le possibili sfide, derive o preoccupazioni.

Lo sviluppo della piattaforma AIDA e dei tool correlati sarà guidato infatti dal rispetto della privacy e terrà conto di questioni etiche che l’uso dell’Intelligenza Artificiale solleva e dell'impatto sociale del progetto, per il quale questa indagine fornirà un importante contributo.

Il sondaggio è condotto da CENTRIC, centro d'eccellenza nella ricerca contro il crimine e nel contrasto al terrorismo, con sede presso l’Università di Sheffield Hallam (Regno Unito), ed è promosso in Italia da Engineering Ingegneria Informatica, Europol e Pluribus One.

Il link per partecipare al sondaggio, del tutto anonimo e compilabile in 6 minuti, è il seguente: https://tinyurl.com/AIDA-AI.

Link utili:

Sito web ufficiale del progetto: www.project-aida.eu

Sondaggio sull'uso dell'Intelligenza Artificiale da parte delle forze dell'ordine: https://tinyurl.com/AIDA-AI

Contatti: info-aida-project@eng.it


Matteo Mauri 

(Scientific dissemination, exploitation & communication manager)

domenica 3 gennaio 2021

Money muling: un modo per riciclare denaro

In questo articolo vi parlerò del “money muling”: una pratica illegale che favorisce il traffico di droga, il traffico degli esseri umani, le frodi online e che rischia di mettere nei guai, anche penali, chi ne diventa protagonista a sua insaputa.

Si tratta di uno dei cyber fenomeni criminali in più rapida espansione in tutto il mondo, consistente nel riciclaggio di denaro proveniente da attività illecite: in particolar modo derivante da frodi informatiche, attacchi ai sistemi bancari e campagne di phishing, fenomeni di cui parliamo spesso nella sezione Cyber di DifesaOnline.

La criminalità per tentare di ripulire il “denaro sporco” ottenuto con le predette cyber-attività malevoli si serve di persone disposte a trasferirlo a proprio nome, spesso in altri Paesi, attraverso conti correnti, carte di credito ed altri strumenti di pagamento. Il tutto in cambio di una commissione media (del 10%) sull'importo. Può capitare di ricevere anche l’offerta di una commissione aggiuntiva per ogni nuovo money mule che si riesce a reclutare.

L’etimo del “money mule” deriva dall’accostamento delle parole “moneta” e “mulo”: infatti, mulo veniva chiamato originariamente chi trasportava - magari senza saperlo - esplosivi, armi, droghe, e non di rado questi soggetti appartengono a organizzazioni criminali oppure agiscono spinti dal bisogno ma sempre più spesso sono vittime inconsapevoli, attirate in trappola con vari espedienti.

Si sa, per “cadere in trappola” serve sempre un’esca: la preferita sono gli annunci di lavoro online (ad esempio, “cercansi agenti di trasferimento di denaro” o “di beni”) o via social (ad esempio, post di Facebook su gruppi chiusi), con offerte di lavoro apparentemente leciti e normali. Da notare che non sono descritte le mansioni lavorative specifiche e la posizione da ricoprire non elenca particolari requisiti di istruzione o esperienza. Altro aspetto che deve farci dubitare risiede nel fatto che tutte le interazioni e le transazioni saranno online e che l’offerta promette un potenziale guadagno a fronte di un piccolo impegno…

Gli annunci indicano di sovente che una società estera cerca queste figure “evanescenti” che agiscono per loro conto per un certo periodo di tempo, a volte per evitare alti costi di transazione o le tasse locali.

Altre volte vengono costruiti siti clone di società famose o vengono utilizzati indirizzi web simili all'originale per mascherare ad arte la truffa invece di un dominio aziendale: spesso infatti l'indirizzo di posta elettronica associato all'offerta utilizza un dominio web, come Gmail, Yahoo, Libero, Hotmail ecc.

A caderci sono più gli uomini che le donne, con un'età media compresa tra i 18 e i 34 anni (ma comunque si registrano anche casi di minorenni) ed una larga incidenza di disoccupati, studenti e persone in difficoltà economiche o trasferitesi di recente in un Paese.

Prestando attenzione ad alcuni segnali, è possibile difendersi: la polizia raccomanda di diffidare di email o contatti inaspettati via social o tramite app di messaggistica istantanea (WhatsApp, Viber, Telegram ecc…) contenenti proposte di “soldi facili” ma anche di offerte di impiego troppo generiche, che non necessitano di particolare competenza o esperienza.

Bisogna tener conto del fatto che i seguenti aspetti non indicano in maniera inequivocabile un adescamento di potenziali money mules, tuttavia sono spesso segnali premonitori e molto comuni nella realtà di tutti i giorni.

Un altro campanello di allarme consiste nella richiesta specifica che sarà utilizzato il conto corrente dell'aspirante lavoratore per effettuare transazioni di denaro, mentre quasi sempre le email sospette contengono vistosi errori grammaticali o di sintassi e provengono da indirizzi riconducibili a società di service provider e non al dominio di una società specifica. In quest'ultimo caso non si deve mai cliccare sui link ma cercare informazioni più precise sulla società ed evitare di fornire le proprie coordinate bancarie!

Risulta infatti fondamentale non rivelare mai ad altri le proprie credenziali di accesso ai servizi di online banking, né i dettagli della carta (es. PIN, codice CVV).

L’Operazione di Polizia EMMA 6

Ai primissimi di dicembre 2020, le Forze dell’Ordine di 26 Paesi europei ed Europol hanno diffuso i risultati di “EMMA 6” (European Money Mule Action) ossia un'operazione mondiale contro i sistemi di money mule. Tra settembre e novembre 2020, l’operazione "EMMA 6" è stata condotta per il sesto anno consecutivo con il supporto dell’EBF (Federazione Bancaria Europea), FINTRAIL, INTERPOL e Western Union. Come risultato, 4.031 money mule sono stati identificati insieme a 227 reclutatori e 422 persone sono state arrestate in tutto il mondo. Durante l'operazione, sono state avviate 1.529 indagini penali. Con il sostegno del settore privato, tra cui più di 500 banche e istituzioni finanziarie, sono state identificate 4.942 transazioni fraudolente di money mule, evitando una perdita totale di circa 33,5 milioni di euro. Inoltre, sempre alla fine del 2020, Europol e le Forze dell’Ordine di diversi Paesi europei, insieme al CERTFin e ad altri partner internazionali e istituzioni finanziarie, hanno lanciato la campagna con l’hashtag #DontBeaMule per sensibilizzare il cittadino sui rischi del money muling. L’iniziativa, promossa a livello nazionale dalle autorità competenti, ha lo scopo di informare sulle modalità con cui operano i criminali, su come è possibile proteggersi e che cosa fare se si è coinvolti. 

In sintesi, un money mule (mulo di denaro) è una persona che trasferisce ad altri del denaro (digitalmente o in contanti) ricevuto da una terza parte, ottenendo in cambio una commissione. Fare il money mule non è solo illegale, ma contribuisce anche ad aiutare gruppi criminali organizzati nel riciclare e trasferire i proventi illeciti all'estero. Il riciclaggio di denaro è un reato. I soldi facili sono sempre pericolosi.

Ecco allora cosa fare se pensi di esser stato coinvolto in uno schema di money muling:

1) smetti immediatamente di trasferire il denaro;

2) avverti la tua banca o il tuo fornitore di carte di pagamento;

3) informa la Polizia di Stato.

La morale?

Se sembra troppo bello per essere vero, probabilmente non lo è!

Danilo Mancinone


LINK UTILI:

https://www.poliziadistato.it/

https://www.certfin.it/

https://www.europol.europa.eu/

https://www.ebf.eu/

mercoledì 30 dicembre 2020

2020: un anno di Hacking

Il cyberspazio è la cosa più complessa che l’uomo abbia mai costruito: da un lato, rappresenta l’unione di migliaia di reti che rendono difficile anche solo avere una fotografia istantanea di chi vi è connesso, dall’altro è una sorta di stratificazione di programmi software e protocolli sviluppati negli ultimi quarant’anni. Questa complessità è generatrice di vulnerabilità: dagli errori software alle errate configurazioni e alle debolezze nei protocolli, che vengono sfruttate dai cybercriminali per sottrarre dati o arrecare danni.

La cybersecurity è considerata una delle principali emergenze in tutto il mondo assieme al cambiamento climatico e alle migrazioni di persone e sono allo studio iniziative concrete per affrontare tale emergenza. Blocco della operatività di aziende, controllo surrettizio dei servizi di infrastrutture critiche, furto della proprietà intellettuale o di informazioni cruciali per la sopravvivenza di un’azienda, sono esempi delle minacce che un Paese deve affrontare.

In un mondo sempre più digitalizzato, gli attacchi informatici suscitano allarme nella popolazione, causano danni ingenti all’economia e mettono in pericolo la stessa incolumità dei cittadini quando colpiscono reti di distribuzione dei servizi essenziali come la sanità, l’energia, i trasporti, vale a dire le infrastrutture critiche della società moderna ma anche piattaforme che offrono servizi che per molti sono diventati una commodity quali Netflix, Play Station, ecc. Nel nostro Paese, interi settori di eccellenza, come la meccanica, la cantieristica, il made in Italy, il turismo, l’agroalimentare e i trasporti, potrebbero subire pesanti ridimensionamenti di fatturato a causa di attacchi perpetrati nel cyberspazio da stati sovrani o da concorrenti.

Un attacco informatico di successo potrebbe rappresentare un momento di non ritorno per la credibilità di un’azienda, lo sviluppo del suo business e la capacità di vendere prodotti in un regime di sana concorrenza. Ugualmente, un attacco informatico riuscito potrebbe destabilizzare il mercato azionario facendo sprofondare interi Paesi nel caos oppure bloccare i rifornimenti di gas in inverno o la gestione del ciclo dei rifiuti urbani.

Molte volte i danni di attacchi informatici dipendono da un anello debole e spesso questo è il fattore umano. L’uomo è ormai parte integrante del cyberspazio e rappresenta la più importante e impredicibile vulnerabilità di questo macrosistema. Un click sbagliato può in alcuni casi distruggere qualsiasi linea di difesa tecnologica di un apparato, di un’organizzazione, di un Paese. Sono le persone che si fanno “pescare” da una campagna di phishing, che usano come password il nome del gatto o del consorte, che usano lo stesso smartphone per far giocare i figli e per accedere alla rete aziendale. Esse sono le prime ad aprire le porte ai criminali verso i siti, le reti e i database delle loro organizzazioni, con effetti pericolosi e imprevedibili.

Non solo l’industria, ma anche la democrazia può essere oggetto di attacchi cyber. Le “fake news” sono l’evoluzione degli attacchi basati su ingegneria sociale: create e diffuse attraverso il cyberspazio, le false informazioni tendono a confondere e destabilizzare i cittadini di un Paese, immergendoli in uno spazio informativo non controllato, con un insieme pressoché infinito di sorgenti di notizie.

L’anno che sta per volgere al termine è stato lo spot migliore che il cybercrime potesse avere. Il 2020 è stato un anno difficile per molte ragioni e, non ultima, le violazioni e gli attacchi che hanno colpito in maniera indiscriminata, a livello mondiale, utenti finali ed organizzazioni di qualsiasi settore. La minaccia ransomware ha dominato i titoli dei giornali, con un flusso infinito di compromissioni che hanno colpito scuole, governi e aziende private a cui ha fatto da contraltare anche una quantità enorme di dati violati. Il tutto, mentre i criminali chiedevano riscatti per milioni di dollari.

Come ogni anno, amo tracciare il “meglio” di quanto avvenuto nell’anno appena passato. È un modo per ritornare bambino, quando l’ultimo giorno dell’anno mi sedevo davanti alla televisione e, innamorato di sport come sono sempre stato, amavo guardare
 “Un anno di sport😊



Qui, usando un titolo simile e, senza dubbio, più drammatico, possiamo assistere ad “Un anno di Hacking”. 

Possiamo affermare che non si salva più nessuno ed è importante riconoscere come, soprattutto in merito agli ultimi attacchi, non sia più da considerare una impresa ardita associare il termine “geopolitica” al digitale. In effetti, la geopolitica porta in sé un riferimento geografico, quello di un’analisi delle dimensioni di potere contestualizzate nel territorio. Per questo motivo la geopolitica ha spesso mostrato dei limiti, diventando a volte il pretesto per sviluppare un pensiero realista piuttosto datato, in quanto molto legato alle frontiere e all’estendersi del dominio del controllo. Seguendo questo filone può, dunque, sembrare un controsenso associare una riflessione sulle conseguenze del digitale nella politica internazionale a una riflessione geopolitica, anche perché il digitale del world wide web veicola l’idea di un “non territorio”, o piuttosto quella di un territorio universale. L’uso del termine geopolitica, però, non è casuale: nello scenario internazionale si sta, difatti, in misura crescente assistendo a una serie di sviluppi che tendono verso una territorializzazione del dominio digitale, una dimensione che sembra intrisa di tendenze contradittorie, fra aperture e chiusure ma che mostra un denominatore comune e cioè il fatto che gli attacchi informatici non hanno confini, che vengono perpetrati ai danni delle infrastrutture critiche e degli operatori di servizi essenziali e che, sempre più, assumono la dimensione politica, atta a mettere in ginocchio i singoli Paesi. 

L’attacco a Solarwinds

Il 2020 ha deciso di lasciarci, come ultimo regalo, una delle più devastanti violazioni degli ultimi anni, non tanto come dimensione economica, forse, ma come ingegneria e sottigliezza dell’attacco.

Gli hacker, che molti funzionari pubblici sostengono possano avere alle spalle il governo russo, hanno iniziato a compromettere il sistema di distribuzione del software Orion di SolarWinds dalla fine del 2019. Come abbiamo imparato a conoscere, Solarwinds è una delle più importanti aziende americane nell’ambito dello sviluppo di soluzioni per il monitoraggio delle reti, utilizzate da decine di migliaia di organizzazioni. Gli hacker hanno violato i server di aggiornamento riuscendo, così, a generare un effetto domino tramite il quale avrebbero avuto la possibilità potenziale di violare tutti i clienti dell’azienda. Ci vorrà molto tempo prima che gli investigatori riescano a valutare il danno. Questo perché non tutti coloro che hanno installato gli aggiornamenti “malevoli” hanno, poi, ricevuto attacchi. Ciò di cui si è sicuri è che la società di sicurezza FireEye ha dichiarato che gli hacker hanno cercato informazioni in merito ai propri clienti governativi e hanno rubato strumenti utilizzati dal Red Team, non di dominio pubblico, utilizzati dall’azienda per testare le difese della sicurezza dei clienti stessi. Nel frattempo, i funzionari americani hanno affermato che dozzine di email del Dipartimento del Tesoro sono state compromesse. Sebbene la portata complessiva di un simile attacco e, soprattutto, gli effetti della violazione non saranno noti se non tra qualche mese, è già chiaro che l’attacco a SolarWinds ha messo in luce come la “supply chain” possa essere debole e come in uno scenario simile la catena di cui ogni azienda rappresenta un anello sia estremamente critica. Non si può e non si deve più considerare la sicurezza come un elemento che appartiene ad una singola entità.

È importante sottolineare come la compromissione a livello industriale sia venuta alla luce dall’indagine di FireEye che è stata oggetto dell’attacco e non da parte di alcuna delle agenzie di sicurezza governative. Si tratta solo di un caso oppure questo episodio dimostra la diversa forza e capacità delle aziende nel comparto della sicurezza informatica?

Compromissione massiccia degli account di Nintendo e Twitter

A luglio Twitter ha perso il controllo dei suoi sistemi interni a causa di un attacco hacker realizzato attraverso una truffa basata su criptovalute. La violazione è stata notevole perché ha compromesso gli account di politici, celebrità e dirigenti d'affari, molti dei quali con milioni di follower. Nonostante il danno sia stato modesto in termini economici (circa 100.000 dollari in Bitcoin e alcuni dati personali rubati) risulta chiaro che un attacco come questo avrebbe potuto essere utilizzato per fare ben altri danni. Si provi per un momento a pensare agli effetti che un simile annuncio avrebbe potuto avere sui mercati internazionali in termini di manipolazione degli stessi. Un altro elemento che ha reso particolarmente critico questo attacco è stato chi l'ha perpetrato e le tattiche utilizzate. Le autorità hanno accusato un diciassettenne, un diciannovenne e un ventiduenne che avrebbero utilizzato attacchi di tipo “spear phishing” per rubare una password amministrativa ad un dipendente di Twitter che era in smart working durante la pandemia COVID-19. Nintendo, nel mese di aprile, ha subito una compromissione simile.

Attacchi Ransomware all’ospedale Universitario di Dusseldorf, Garmin e Foxconn


Si tratta di violazioni separate, ma messe insieme, sottolineano come non ci sia stato solo un prezzo in danaro da pagare per le organizzazioni colpite ma anche l’impatto su milioni di persone coinvolte in modo diretto o indiretto. La messa fuori uso dei sistemi dell’ospedale di Dusseldorf ha provocato la morte di un paziente che, in fin di vita, è stato respinto dal Pronto Soccorso ed è morto mentre veniva trasportato in un ospedale più lontano. E’ possibile o anche probabile che il paziente sarebbe morto comunque, ma la compromissione mette in luce, se ce ne fosse ancora bisogno
, di come gli attacchi informatici non solo possono provocare la morte ma abbiano un impatto sugli equilibri sociali e sulla vita di tutti i giorni.

L'attacco a Garmin ha causato un blocco di quattro giorni di tutti i servizi GPS non solo per gli amanti dello sport ma anche per le compagnie aeree che avevano necessità di pianificare mappe e rotte di volo.

Un altro attacco con richiesta di riscatto che ha attirato l'attenzione è stata la violazione del gigante elettronico Foxconn. Gli attaccanti hanno chiesto 34 milioni di dollari per permettere all’azienda di tornare in possesso dei dati. Si è trattato della richiesta di riscatto più alta mai registrata in precedenza, naturalmente tra quelle rese pubbliche.

Data breaches hitting Marriott and EasyJet

Si è trattato di due attacchi separati che hanno avuto lo stesso esito: la compromissione di dati personali appartenenti a centinaia di milioni di persone. Per Marriott si tratta della seconda volta in tre anni. Stiamo parlando di una perdita di informazioni per oltre cinque milioni di ospiti. La violazione di EasyJet ha colpito nove milioni di passeggeri.

An iPhone zero-click exploit and the extraction of an Intel CPU crypto key

Non tutti gli hacker sono cattivi. Anzi, molto spesso, siamo in presenza di “hacker buoni” che, a volte, sono così eleganti che vanno ammirati per l’ingegno e la bontà d’animo che li caratterizza. Nel 2020 la palma di migliore va data a Ian Beer, membro del gruppo di ricerca di vulnerabilità del progetto Zero di Google. Ha ideato un attacco che, finché Apple non ha sviluppato l’aggiornamento, gli ha dato accesso a qualsiasi iPhone si agganciasse al suo punto malevolo di accesso Wi-Fi. Il suo attacco non richiedeva che l’utente dell’iPhone facesse qualcosa ma dimostrava come lo sfruttamento di una vulnerabilità, in gergo exploit, potesse permettere la diffusione malevola da un dispositivo all’altro purché questi facesse parte della stessa area, in questo caso definita da una rete Wi-Fi. L’exploit è una delle caratteristiche di hacking più impressionanti nella storia recente e mostra il danno che può derivare da una singola vulnerabilità. Ricorda un po' l’esempio della mela marcia. Apple ha sviluppato la patch per il difetto (buffer overflow flaw) scoperto da Beer dopo essere stata avvisata da Beer stesso in modo privato. Un altro degli attacchi Top del 2020 è stato l'estrazione di una chiave segreta usata per criptare il microcodice su una CPU Intel; una prima assoluta negli annali della sicurezza e del reverse enigineer. La chiave permette di decriptare gli aggiornamenti del microcode che Intel fornisce per fissare le vulnerabilità di sicurezza e altri tipi di bug. Avere una copia decriptata di un aggiornamento può permettere agli hacker di fare reverse engineer e di risalire al baco di sicurezza.

C’è un vecchio detto nel mondo della sicurezza secondo il quale “gli attacchi possono soltanto migliorare”.

Il 2020 ha dimostrato che il detto è, assolutamente, vero, e possiamo essere certi, senza ombra di dubbio e senza volere essere uccelli del malaugurio, che nel 2021 sarà lo stesso.

L’augurio è che questa frase

Un Paese che non mette la cybersecurity al centro delle proprie politiche di trasformazione digitale è un Paese che mette a serio rischio la propria prosperità economica e la propria indipendenza.

che ci ha accompagnato in questi anni possa essere, finalmente, smentita.

Buon 2021

Carlo Mauceli


Per ulteriori approfondimenti:



martedì 22 dicembre 2020

IMD WORLD DIGITAL COMPETITIVENESS RANKING 2020: Italia al 42° posto

Digital competitiveness ranking 2018, 2019 and 2020

Ancora un risultato da dimenticare!

Questa volta a dirlo è un'organizzazione svizzera, si tratta dell'International Institute for Management Development, IMD in breve.

L'IMD, nato nel 1990 dall'unione di due istituti svizzeri, è un istituto privato che si occupa di studi economici e manageriali ed offre prodotti di altissimo livello (MBA ed Executive MBA). Da diversi anni ormai pubblica alcuni report annuali incentrati sullo sviluppo economico e sulla competitività, da differenti punti di vista.

Le principali classifiche sono tre:
- World Competitiveness Ranking, da cui emerge chiaramente che piccoli paesi, ben guidati, sono più competitivi di grandi paesi. In prima posizione Singapore, seguito da Danimarca, Svizzera, Paesi Bassi e Hong Kong. Gli Stati Uniti d'America occupano la decima posizione, mentre la Cina è ventesima e la Russia cinquantesima. L'Italia in questa classifica è quarantaquattresima su 63 stati, preceduta dall'India e seguita dalle Filippine.
- World Talent Ranking, per questa classifica vengono misurati tre fattori chiave: "Investment and Development" che misura le risorse impiegate per far crescere la forza lavoro interna, "Appeal", che misura l'attrazione esercitata da un paese nei confronti dei talenti locali e stranieri, "Readiness" che misura qualità delle abilità e competenze disponibili in un paese. In questa graduatoria la prima posizione è detenuta saldamente dalla Svizzera, seguita nell'ordine da Danimarca, Lussemburgo, Islanda e Svezia, gli Stati Uniti d'America sono quindicesimi, la China quarantesima e la Russia cinquantaquattresima. L'Italia risulta essere trentaseiesima, preceduta dalla Polonia e seguita dalla Grecia.
- World Digital Competitiveness Ranking, per questa classifica, che in definitiva è quella che più ci interessa, sono analizzati 52 criteri, da cui si possono calcolare tre fattori principali: "Knowledge", "Technology", "Future Readiness", impiegati per stilare la classifica finale. In questa classifica troviamo in prima posizione gli Stati Uniti d'America, per il terzo anno consecutivo. Singapore occupa la seconda posizione, Danimarca, Svezia e Hong Kong sono rispettivamente terza, quarta e quinta. La Cina occupa la sedicesima posizione mentre la Russia è solo quarantatreesima. L'Italia si posiziona quarantaduesima, prima della Russia e dopo il Cile. 
Entriamo nel merito di quest'ultima classifica. 
Dalla lettura dello studio è possibile notare che gli USA sono in prima posizione principalmente per merito dei fattori "Knowledge" e "Future Readiness", in particolare dalla concentrazione scientifica, dall'impiego dei robots nel settore educativo e della ricerca, dalla disponibilità di capitali e dalla attitudine adattativa di imprese e forza lavoro.
L'Italia negli ultimi cinque anni è passata dalla trentaseiesima posizione alla quarantaduesima, registrando i punteggi più bassi nel settore "Training & Education" (58° posto) e "Capital" (54° posto).
Particolarmente preoccupanti, a mio parere, alcuni valori del fattore "Talento", in particolare l'incapacità ad attirare dall'estero personale di elevate capacità e la scarsa esperienza internazionale ma anche il basso livello di abilità digitali (51°), per non parlare del 60° posto nel addestramento del personale dipendente.
L'impressione che ho avuto dalla lettura del report è quella di un paese bloccato, vecchio, incapace di reagire, nel quale mancano investimenti e capacità digitali. 
Spero di sbagliarmi!  

sabato 19 dicembre 2020

Sunburst: una Pearl Harbor Cyber?


L’
ANNUS HORRIBILIS TERMINA CON LA SCOPERTA DI UNA DELLE OPERAZIONI DI CYBER SPIONAGGIO PIÙ SPREGIUDICATE DELLA STORIA

Tra qualche anno, quando l’attuale terribile pandemia sarà finalmente sotto controllo, il 2020 non sarà ricordato soltanto per l’esplosione dell’infezione da COVID-19 e per le sue tremende conseguenze, bensì probabilmente rappresenterà anche una pietra miliare per gli studiosi e per i professionisti (nonché per i curiosi come me) della dimensione cyber, a seguito di una vicenda che sta assumendo i contorni di una delle più spregiudicate spy-story di successo di tutti i tempi. Il riferimento è all’attacco cyber subito dalla società informatica statunitense SolarWinds, i cui prodotti, diffusi a livello globale, sono stati impiegati quali “cavalli di troia” per penetrare nelle reti e nei sistemi di aziende ed enti governativi di mezzo mondo, i veri obiettivi dell’attività di spionaggio. In gergo, questa tipologia di attacco viene denominata “supply chain cyber attack e, in realtà, dietro questi termini altisonanti e apparentemente complessi, si celano declinazioni moderne di tecniche di spionaggio che esistono da molto tempo: la sicurezza dell’obiettivo viene compromessa indirettamente, attaccando la relativa “catena logistica”, ossia un bene o un servizio fornito legittimamente da una terza parte (tipicamente un’azienda). Nell’ambito cyber, si tratta di beni o servizi informatici di cui ormai nessuna azienda o ente governativo può fare a meno per svolgere i propri compiti. Un esempio eclatante di questo tipo di cyber attacco è l’operazione che la National Security Agency, secondo l’ex collaboratore Edward Snowden, avrebbe posto in atto per anni facendo in modo che venissero distribuiti in commercio apparati di rete prodotti da un’azienda leader a livello mondiale, appositamente modificati dall’Agenzia, al fine di poter intercettare e ritrasmettere tutte le comunicazioni trattate da tali sistemi. Oppure, l’incredibile vicenda di Crypto-AG (v. articolo), azienda con sede in Svizzera che ha prodotto e distribuito macchine cifranti a Paesi sia appartenenti alla NATO che al di fuori dell’Alleanza (per un totale di 130 governi!), anch’esse modificate allo scopo di consentire all’intelligence USA e tedesca di intercettare le comunicazioni classificate di Paesi “amici” e di avversari per oltre 50 anni! Infine, un altro esempio di supply chain cyber attack è costituito da NotPetya, un malware devastante, “inoculato” nel 2017 nell’aggiornamento di un software di gestione aziendale molto diffuso in Ucraina (v. articolo). Al riguardo, se è vero che, verosimilmente, non sarà mai possibile quantificare il reale impatto di queste operazioni, è certo che, considerati l’alto numero di obiettivi coinvolti e la durata dell’attività offensiva compiuta, in tutti i casi si tratta di una mole di informazioni intercettate o distrutta immensa, con danni gravissimi per la sicurezza delle vittime. Lo stesso scenario sta emergendo anche per l’attacco a SolarWind mano a mano che stanno filtrando i dettagli (ovviamente quelli che si vogliono far sapere) delle indagini in corso. Potrebbe trattarsi dell’equivalente cyber dell’attacco alla base navale di Pearl Harbor del 1941, ossia di un atto ostile così vasto e dalle conseguenze così gravi, da implicare una risposta senza precedenti, magari che non si sviluppi soltanto nella dimensione cyber? Cosa succederà adesso?

Procediamo con ordine. Pochi giorni fa la società FireEye, azienda leader nel campo della cyber security, ha reso noto di essere stata vittima di un grave attacco cyber che, tra l’altro, avrebbe permesso l’esfiltrazione di alcuni software sviluppati per effettuare i test di sicurezza per conto dei propri clienti (v. articolo). In particolare, si è appreso che tale attacco è stato perpetrato sfruttando un aggiornamento del sistema Onion di SolarWinds compromesso ad arte, ossia apparentemente “genuino” ma, in realtà, modificato per consentire di penetrare nei sistemi e nelle reti di FireEye. Questo particolare dell’attacco, una volta noto, ha conseguentemente allargato l’orizzonte delle indagini anche a tutte le altre aziende ed enti statali che si avvalgono degli stessi servizi di SolarWinds, obiettivi che potrebbero essere stati colpiti fin dallo scorso marzo, periodo a cui risale la distribuzione dell’aggiornamento fraudolento in questione. La lista delle vittime si arricchisce di ora in ora sulla base delle analisi in corso sulle prove raccolte e comprende ormai migliaia di soggetti pubblici e privati distribuiti a livello globale (si parla di oltre 17.000 vittime), nella maggior parte dei casi comunque concentrati negli USA. Pertanto cercare di fornire un elenco aggiornato lascia il tempo che trova. Tuttavia, senza paura di essere smentiti, è possibile affermare che in molti casi si tratta di enti governativi afferenti a settori anche cruciali (come, ad esempio, il Dipartimento per l’Energia USA) e di aziende di primo piano su scala mondiale che, a loro volta, forniscono prodotti e servizi. In particolare, una volta aggiornati i propri sistemi Onion con il software modificato, l’attaccante si è potuto introdurre nelle reti degli obiettivi e in molti casi ne ha preso il controllo, lanciando ulteriori attacchi sfruttando la “breccia” aperta nei sistemi difensivi altrui. Allo stato attuale non si ha ancora contezza né dei dati trafugati in tal modo né delle ulteriori conseguenze degli attacchi, in quanto sono state impiegate tecniche particolarmente sofisticate per sviare le indagini (in gergo, per “offuscare” gli indizi). Questo particolare, unitamente alle tecniche di programmazione impiegate per far apparire come originale l’aggiornamento di SolarWinds compromesso, intanto battezzato SUNBURST, sono ritenute essere indici di capacità di altissimo livello possedute da parte dell’attaccante. Già, chi c’è dietro tale ardita operazione? Come di consueto, le indagini non consentono di attribuire con certezza la paternità dell’azione di spionaggio, tuttavia si tratta certamente di un’organizzazione in possesso di ingentissime risorse (personale tecnico esperto, finanziamenti, personale addetto alla pianificazione, infrastrutture, ecc.) appartenente a un governo o sponsorizzata necessariamente da una nazione. Oppure si potrebbe trattare di un gruppo criminale che offre servizi al miglior offerente, divenuto il leader del mercato nero delle informazioni nel dark web, il “lato oscuro” di Internet. Chi può dirlo? Nessuno con assoluta certezza. Qualche analista ed esponenti dell’attuale Amministrazione USA ritengono che sia implicato il gruppo di hacker noto con i nomi in codice APT29, Cozy Bear, CozyCar, CozyDuke o Office Monkeys, che sarebbe legato al Služba Vnešnej Razvedki (SVR), il servizio estero di intelligence russo (che il 19 dicembre ha festeggiato i suoi primi 100 anni di storia) e che vanterebbe un curriculum di sofisticate operazioni cyber particolarmente corposo. Tuttavia, il governo della Federazione Russa ha prontamente negato qualsiasi coinvolgimento. Le indagini sono appena cominciate e, come accade quasi sempre in questi casi, difficilmente saranno raccolte prove sufficienti a individuare con ragionevole certezza i colpevoli e a punirli penalmente. Sarà anche molto difficile quantificare i danni subiti dalle vittime e sapere che fine hanno fatto le informazioni sottratte, o meglio “copiate”, senza che nessuno se ne accorgesse. In definitiva, non è possibile ricostruire completamente tutte le operazioni che ha compiuto l’attaccante nell’arco dei circa otto mesi di “permanenza” nei sistemi e nelle reti delle vittime. Questo scenario ha portato alcuni osservatori a trarre un’inquietante conclusione: dovremo fare i conti con le conseguenze di questo attacco per molti mesi o anni, in quanto l’attaccante potrebbe aver disseminato le reti e i sistemi target di altri malware. Infatti, se è vero che si tratta di un gruppo particolarmente esperto ed efficiente, gli analisti fanno notare che sicuramente è stata pianificata in anticipo l’eventualità che l’operazione venisse scoperta e, pertanto, ritengono che siano state predisposte tutte le misure volte a continuare la campagna di spionaggio, anticipando le contromisure delle vittime. Ultimo aspetto della vicenda, forse solo apparentemente secondario, è quello finanziario: SolarWinds è una società quotata in borsa e un attacco del genere potrebbe risultare fatale per la sua reputazione e, quindi, per il suo futuro. Inoltre, pare che ci sia chi è riuscito a lucrare sopra tutta la questione, compiendo movimenti di mercato più che sospetti.

In conclusione, puntualmente, ogni anno in questo periodo ci ritroviamo su queste pagine a fare consuntivi sulla cyber security, da cui scaturiscono scenari dalle tinte sempre più fosche. Ogni anno “l’asticella” viene spostata sempre più in alto, avvicinandosi pericolosamente alla soglia dello scontro vero e proprio tra Stati e i limiti tecnologici vengono immancabilmente abbattuti, superando spesso la stessa immaginazione. In tale contesto, se da un lato la società diventa sempre più dipendente dalla dimensione cyber, dall’altro questa è ormai diventata un terreno di caccia totalmente privo di regole sia di governi che di gruppi criminali senza scrupoli. La preda di questa caccia senza quartiere è l’informazione che, in un mondo sempre più interconnesso, costituisce la chiave di volta per dominarlo dal punto di vista militare, finanziario, economico, scientifico, tecnologico o politico. Chi non l’ha ancora capito o chi non vuole accettare questa realtà, è destinato a soccombere.

Buon 2021!


Ciro Metaggiata


Foto NASA https://solarsystem.nasa.gov/solar-system/

Principali fonti:

https://www.corrierecomunicazioni.it/cyber-security/crypto-ag-cyber-scandalo-senza-precedenti-cambridge-analytica-allennesima-potenza/

https://www.ncsc.gov.uk/collection/supply-chain-security/supply-chain-attack-examples

https://www.infoworld.com/article/2608141/snowden--the-nsa-planted-backdoors-in-cisco-products.html

https://www.govinfosecurity.com/solarwinds-supply-chain-hit-victims-include-cisco-intel-a-15619

https://krebsonsecurity.com/2020/12/solarwinds-hack-could-affect-18k-customers/

https://www.wired.com/story/cozy-bear-dukes-russian-hackers-new-tricks/

https://blogs.microsoft.com/on-the-issues/2020/12/17/cyberattacks-cybersecurity-solarwinds-fireeye/

https://www.ilpost.it/2020/12/18/attacco-hacker-stati-uniti/amp/

sabato 12 dicembre 2020

FireEye hackerata, da chi?

La società statunitense FireEye, colosso della cyber security, in questi giorni ha denunciato di essere stata vittima di hacker, probabilmente supportati da uno stato.

Ricordiamo che FireEye è la società che supporta agenzie governative e stati della Federazione, tra cui FBI ed NSA, per non parlare dell'industria americana.

E' stata FireEye ad informare i propri clienti dell'accaduto attraverso un post sul blog della società in cui si descrivono gli hackers come altamente professionali e si dice che l'attacco è stato effettuato impiegando tecniche e procedure mai impiegate prima e studiate appositamente per l'occasione, cosa che fa pensare che ci sia dietro uno stato ben addentro nel settore con intendo di effettuare attività di spionaggio.

FireEye sta collaborando con FBI e Microsoft per svolgere tutte le indagini necessarie. 

Nel corso delle investigazioni FireEye si è accorta che gli hacker hanno sottratto alcuni degli strumenti impiegati dai propri Red Teams per eseguire attività di pentesting. Strumenti che se impiegati da malintenzionati potrebbero essere molto pericolosi. La società ha affermato che, per precauzione, ha sviluppato più di 300 tools per minimizzare l'impatto dell'eventuale impiego di tali strumenti contro i propri clienti (o del rilascio di tali strumenti al pubblico).

In un altro post la società spiega quali tools sono stati sottratti e indica un elenco di contromisure già rilasciate.

Che dire di più? Sembra che tutto stia procedendo per il meglio...

Ma mi viene spontaneo esprimere qualche mio pensiero a voce alta.

In primo luogo tutti sanno che i tools per fare penetration testing sono generalmente pubblici (ma non quelli privati delle società che li hanno sviluppati per proprio business), ciò che fa la differenza sono le capacità delle organizzazioni che li impiegano, la capacità di una organizzazione di sostenere una operazione per lungo tempo, l'esperienza degli hacker...

I tools di penetration testing sono in pratica delle armi, più o meno potenti, che vengono usati (dai buoni) per testare i sistemi amici e indicare come è possibile proteggerli meglio. Se concordate fino a qui, concorderete sul fatto che trattandosi di "armi" personalizzate, sicuramente erano ben custodite e pensare che una delle principali società del settore si sia fatta sottrarre delle "armi" da un altro stato, quando si sa che gli Stati Uniti sono i più forti nel settore, beh, diciamo che qualche dubbio viene. Se le cose stanno così, è più facile pensare ad un furto dall'interno che non ad un attacco dall'esterno. Inoltre sembra che questa volta la FireEye non abbia indicato quale stato potrebbe essere dietro all'attacco, cosa strana dato che una delle sue attività è proprio quella di individuare la provenienza delle ATP. 

La società ha affermato che tra i tools sottratti non vi sono Zero-Day exploits ne tecniche non note. Però ha anche affermato di aver rilasciato più di 300 contromisure... anche in queste frasi mi sembra vi siano delle contraddizioni. A cosa servono delle specifiche contromisure se non vi è niente di nuovo? Se fosse vero che non gli è stato sottratto niente di nuovo non penso sarebbe stato necessario rilasciare centinaia di tools di contromisure... ma tant'è!

Infine, e purtroppo si tratta della questione più sensibile, siamo sicuri che non sia stato sottratto altro? Spesso, per poter effettuare lavori di pentesting, occorre raccogliere informazioni sui sistemi che si vuol rendere più sicuri, informazioni che in mano a persone capaci mostrano i punti deboli dei sistemi. Sappiamo che la FireEye lavora con agenzie nazionali americane per cui è pensabile che tra i dati in suo possesso vi siano anche dati riguardanti le infrastrutture critiche sulle quali stanno lavorando o hanno lavorato. Se questi dati sono andati in mano a malintenzionati, semplici criminali o stati nemici, le cose potrebbero complicarsi per tutti... 

Alessandro Rugolo 


Per approfondire:

FireEye Shares Details of Recent Cyber Attack, Actions to Protect Community | FireEye Inc

FireEye, a top U.S. cybersecurity company, says it was hacked (nbcnews.com)

Unauthorized Access of FireEye Red Team Tools | FireEye Inc

FireEye hacké ! Ses outils Red Team ont été dérobés ! (programmez.com)

GitHub - fireeye/red_team_tool_countermeasures

FireEye piraté : le géant de la cybersécurité y voit la main d’un Etat - CNET France

FireEye, a Top Cybersecurity Firm, Says It Was Hacked by a Nation-State - The New York Times (nytimes.com)