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lunedì 19 settembre 2016

Appunti storici sulla Cattedrale di Sorres, tradotti in italiano dal Logudorese

Il titolo originale dell'opera era: "Appuntos istoricos de sa Cattedrale de Sorres traduidos in ottavas dialettales Logudorese, libretto scritto da Salvatore Antonio


Sai di Borutta o, in Logudorese, Farantoni Sai de Urutta.
Dopo aver visitato la Cattedrale e l'annesso monastero benedettino (per quanto possibile), dove ho preso il libretto, ho deciso di provare a tradurlo in italiano.
Farantoni Sai lo pubblicò nel 1949 ed era in vendita al prezzo di 100 lire a beneficio della ricostruzione del chiostro.
La Cattedrale infatti era in restauro. Dopo alcuni secoli di abbandono i frati benedettini avevano deciso di ripopolare il convento e restaurare la Cattedrale.
La lettura del libretto non è stata semplice anche perchè il mio dialetto non è il Logudorese, e mi ha permesso di scoprire alcune parole mai sentite prima. Alcune frasi non mi sono molto chiare ma spero che scrivendo ed eventualmente grazie all'aiuto dei lettori, il testo possa essere chiarito per intero.
Ho avuto comunque l'aiuto di mia moglie Giusy e di alcuni amici e amiche che ringrazio: Paola, Gianna e Giommaria. Come è giusto che sia, se meriti vi sono, sono di tutti, se mancanze vi sono, quelle sono solo mie.
Buona lettura.

Unu cantante de mente ottusa
dilettante de sarda poesia,
poverittu e vena e melodia
chi no possedit regula ne musa.
A sos poetas domandat iscusa
e a sos ignorantes cumpagnia.
Riccu de una sola passione
de sa cale nde tratta sa rejone:

Intendide s'isfogu e su coro
in ottavas chi devene sighire,
e solamente pro fagherischire
cennos chi nos presentat su tesoro.
So eo chi defendo e chi adoro
che in puntu e morte pro finire.
Mi presento, no canto pro disputa,
so Farantoni Sai de Urutta.

Trad.
        Un cantante dalla mente ottusa
dilettante nella sarda poesia,
povero di ispirazione e di melodia
senza regola ne musa.
Ai poeti chiede scusa
e agli ignoranti compagnia.
Ricco di una sola passione
da cui trae la ragione:

Ascoltatene lo sfogo del cuore
in ottave, che seguirà,
e solo per farci conoscere alcuni
cenni che ci presenta il suo tesoro.
Sono io che la difendo e che l'adoro
anche in punto di morte, fino alla fine.
Mi presento, non canto per gara,
sono Salvatore Antonio Sai di Borutta.

Istoria e biografia

Faedda maestosa cattedrale!
c'has bidu noe seculos finire,
sa vida tua faghennos'ischire
Ervina de tempus immortale.

Storia e biografia

Parlaci maestosa cattedrale!
che hai visto nove secoli passare,
la vita tua facci conoscere
Rovina (?) dei tempi, immortale.

1. Parizzas boltas in tempus passadu      
pubblichein de te calchi memoria:           
invochende chi torret a s'istoria
dogni bene chi t'hana defrodadu,
e... intantu, nisciunu b'hat pensadu
a ti torrare a s'antiga gloria,
lassende chi domandes caridade
a chie non nde tenet piedade.

Parecchie volte nei tempi passati
pubblicarono su di tealcune memorie:
chiedendo che si restituisca alla storia
ogni bene che ti è stato sottratto,
e... intanto, nessuno ha pensato
di riportarti all'antica gloria,
lasciandoti a chiedere la carità
a chi di te non ha alcuna pietà.

2. Pro sos meritos tuos de valore
pro su Santu chi t'hana cussagrada,
no tias esser gai abbandonada
in dun'istadu chi faghet orrore;
mentre chi rappresenta su fiore
de tantas in Sardigna edificado.
Tue ses bella de ponner a parte
ricca de iscolturas e de arte.

Per merito del tuo valore
per il Santo cui fosti consascrata,
non saresti dovuta esser mai abbandonata
in questo stato che fa orrore;
mentre tu rappresenti il fiore
delle tante (chiese) in Sardegna edificate.
Tu sei bella da conservarti
ricca di sculture e d'arte.

3. Indunu logu su pius adattu
a vista immensa de vastos pianos
ti costruesin sos dottos Pisanos
in su milli vintotto no infattu;
imitende in te unu retrattu
dignu de operosas bonas manos.
Simile a s'insoro Santuariu
de pagu variante s'iscenariu.

In una  località tra le più adatte
con vista immensa sui vasti piani
ti costruirono i dotti Pisani
nel mille e ventotto e non oltre;
copiandoti da un ritratto
degno di mani buone e operose.
Simile al loro Santuario
poco diverso lo scenario.


4. Indun'altura bella e sontuosa
estremidade de monte Sovranu,
dominante de tottu su pianu
chi pares un'istella luminosa;
e visuale de Limbari a Bosa
pares i sa pianta e sa manu.
E dae Alaerru a Macumere
tue ses sa padrona e se sa mere.

Sopra un'altura bella e sontuosa
all'estremità del monte Sovrano,
che domini su tutto il piano
che sembri una stella luminosa;
con vista da Limbara a Bosa
sembri nella pianta della mano.
E da Laerru a Macomer
tu sei la padrona e la dominatrice.

5. Tue se sa Reina e sa bellesa
opera de su geniu infinitu,
e tenes de corona ogni dirittu
ca pro dirittu tene sa difesa;
sas campanas chi sonan a distesa
in sas biddas vicinas a su situ,
indican'a su bonu viandante
a ti mirare ca ses trionfante.

Tu sei la regina della bellezza
opera del genio infinito,
e hai il diritto di corona (?)
che per diritto tieni la difesa; (?)
le campane che suonano a distesa
nei paesi vicini al tuo sito,
invitano il buon viandante
a guardarti, perchè sei trionfante.

6. A ti mirare dae logu tesu
a ti pensare da logu lontanu,
pares unu fiore a su manzanu
collocad'in giardinu mesu i mesu;
ea nisciuna tempesta ti hada offesu
suavemente che è su eranu.
Tale sa bella faccia ti assimizza
ca traschias ne bentos no ti allizza.

A guardarti da lontano
a pensarti da lontano,
sembri un fiore al mattino
collocato nel mezzo del giardino;
dove nessuna tempesta ti ha mai colpito
soavemente come in primavera.
Così un bel viso ti assomiglia
perchè ne gelata ne vento ti fa sfiorire.

7. Cale tet esser s'ora e cale die
c'hat tentu sorte su tou nadale?
A sa mezus ted esser eguale
cale sa manu ted esser'e chie?
Paret chi ballet e gioghet e rie
comente donu sou naturale.
T'hat fattu forte, antiga e moderna
a su matessi tempu ses'eterna.

Qual è stata l'ora e quale il giorno
che hanno avuto la fortuna dei tuoi natali?
Al meglio è a te uguale (?)
qual è la mano e di chi è (?)
Sembra che balli e giochi e rida
come fosse un dono suo di natura.
Ti hanno fatto forte, antica e moderna
allo stesso tempo, sei eterna.

8. Cale ted esser sa bella istajone
e de cal'annu ted esser s'abrile?
Caru fiore a chie se simile
e a chie ti ponzo in paragone?
Dogni coro ti tenet passione
dogni coro ch'est nobil'e gentile.
Ma... tantu no si movet ne s'ischida
a ti torrare a novella vida.

Qual è stata per te la bella stagione
e quale anno è stato il tuo aprile?
Caro fiore, a chi somigli
a chi posso io paragonarti?
Ogni cuore di te si appassiona
ogni cuore nobile e gentile.
Ma... tanto non si muove ne si sveglia (nessuno)
per riportarti a nuova vita.

9. A ti torrare sos derettos tuos
comente l'hamus nois supplicadu;
pro s'ignotos chi t'hana ispozzadu
bi pensen sos guvernus ambos duos.
Torren'a tie sos meritos tuos
dae possessu chi l'hana ocultadu.
E ti torren s'istoria remunida
ca daigussu has perdidu sa vida!

Che ti restituiscano i tuoi diritti
come noi abbiamo supplicato;
e agli sconosciuti che ti hanno spogliato
ci pensino entrambi i due governi.
Ti siano restituiti i tuoi meriti
di possesso chi li ha nascosti.
E ti sia restituita la storia nascosta
che da questo hai perso la vita! (?)
 
10. Vida e noe seculos passados
no si podet no custu trascurare;
tiad esser a cherre calpestare
sos benes dae Deu ereditados.
Si los had'a su mundu signalados
proite los cherides debellare?
Pro unu logu de su Sacru cultu
su trattamentu sou no est cultu.

Vita di nove secoli passati
non si può questo trascurare;
e come volerti calpestare
i beni da Dio ereditati.
Se sono stati destinati al mondo
perchè li volete distruggere?
Per un luogo del culto Sacro
questo non è il trattamento giusto.

11. Deus che sezis tantu poderosu
e Santu Pedru ch'est su Titolare,
su tempus chi li restat a passare
faghide chi no siat dolorosu;
s'un'e i s'ateru sezis'isposu
de custa mama nostra singulare.
Faghide chi entrambos sos guvernos
torren a Issa sos benes internos.

Dio che siedi così potente
e San Pietro che è il Titolare (della Chiesa),
il tempo che le resta da esistere
ffate si che non sia doloroso;
l'uno e l'altro siete sposi
di questa nostra madre eccellente.
Fate si che entrambi i governi
le restituiscano i suoi beni.

12. Faghide chi sos bonos cristianos
generosos si mustren dae coro,
impignende sa volontade insoro
e i sas forzas de ment'e de manos;
particolare sos diocesanos
e abitantes de su Logudoro.
Incutide sa ostra piedade
pro custa mama nostra supplicada.

Fate si che i buoni cristiani
generosi si mostrino di cuore,
impegnando la loro volontà
e le forze di mente e di braccia;
in particolare i diocesani
e gli abitanti del Logudoro. 
Incutete in loro la vostra pietà
per questa nostra madre supplicate.

13. Si bos movides a cumpassione
e chi enides a la visitare,
devides fortemente lagrimare
osservende sa trista cundescione.
Si bos ponides in devossione
bos devide sos muros adorare.
Cando no b'agatades mancu Santu,
zertamente bos benit su piantu.

Se siete presi da compassione
e se venite a visitarla,
dovrete piangere molto
osservandone la triste condizione.
Se ne diventate devoti
dovrete adorarne le mura.
Quando non vi troverete neanche un Santo,
certamente vi verrà il pianto.

14. E' riservada solu pro sa festa
sa presenzia Sua in pompa magna
poi athaversada sa campagna
inghirlandadu cun corona in testa
intrat in domo Sua e si appresta
a sa Vergine Santa si accumpagna.
Si collocat a pese de s'altare
attirende su populus a pregare.

E' riservata solo per la festa
la sua presenza in pompa magna
poi, attraversata la campagna
inghirlandato e con la corona in testa
entra in casa sua e si prepara
alla Santa Vergine si accompagna.
Si colloca ai piedi dell'altare
attirando il popolo a pregare.

15. A ultimada santa funzione
poi e pagas oras mattutinas,
in testa, cumpagnias caddazzinas
e poi, sighit sa pruzessione;
restat sa cheja in desolazione

canto e muros e de moridinas.
Isettat s'aterannu a sa torrada
una olta sa festa zelebrada.

Alla fine della santa funzione
poi, alla mattina presto,
in testa compagnie a cavallo
e poi, segue la processione;
resta la chiesa desolata
come le mura e i muretti.
Si aspetta che arrivi l'anno successivo
una volta celebrata la festa.

16. Beru ch'est logu e pellegrinaggiu
e calchi missa intro de annada;
bei restat sa Vergine adorada
pius de tottu i su mes'e maggiu.
No b'hat difficultade ne disaggiu
como b'est sa piazza e i s'istrada.
Aria frisca dae sa marina
sana finz'a sa festa settembrina.

Vero è che è luogo di pellegrinaggio
e qualche messa nell'arco dell'anno (si celebra);
vi resta la Vergine adorata
maggiormente nel mese di maggio.
Non vi è difficoltà ne disagio
perchè vi è la piazza e la strada.
Aria fresca che viene dal mare
sana fino alla festa settembrina.

17. Memore si cunservat sa tragedia
de enti tres prelado seserciziu,
zelebresin sinsoro sant'uffiziu
treghentos norantannos cussa sedia;
finida santamente sa cumedia
andesit tottugantu in pregiudiziu.
Ultimada sa trista papione
fit distrutta sa popolassione.

Memore si conserva la tragedia
di venti tre prelati l'esercizio (?),
che celebravano il loro sant'ufficio
trecento novant'anni ...... (?)
finita santamente la commedia
se ne andò tutto in malora.
Ultimata la triste farsa (?)
fu distrutta la popolazione.

Vittima e sa plebe saracina
e ateros domimos de usura;
sa zittade tenzesit sepultura
pro iscopu e furtu e de rapina.
E poi su guvernu malispina
Aragona e attera... mistura.
Totta fit zente chi godiat fama
fiza e bonu babbu e bona mama!

Vittima della plebe saracena
e d'altri capi usurai;
la città ebbe sepoltura
a causa di furto e rapina.
E poi il governo Malaspina
Aragona e altre... razze miste.
Tutta era gente che godeva fama
di esser figlia di buon padre e buona mamma!

19. In cussu tempus de calamidade
de guerriglias e de pestilenzia,
gulpa e s'inumana cuscienzia
de Sorres fit distrutta sa zittade,
inue regnaiat s'innossenzia.
E cando fid'i su mezus fiore
bi semenesin tremendu terrore.

In quei tempi di calamità
di guerriglia e di pestilenza,
colpa dell'inumana coscienza
la città di Sorres fu distrutta,
dove regnava l'innocenza.
E quando era nel fior fiore dei suoi anni
vi seminarono tremendo terrore.

20. Cu sa religione de s'ispada
de su samben'e de saccheggiamentos,
ateros duros e bruttos momentos
custa Sardigna nostra tormentada,
dae so Saracinos invasada
suttopost'a sa vida de istentos.
Su settighentos doighi fit s'iniziu
e ruesit in tale sacrifiziu.

Con la religione della spada
del sangue e dei saccheggiamenti.
altri duri e brutti momenti
questa Sardegna nostra tormentata,
dai saraceni invasa
sottoposta a vita di stenti.
Il settecento dodici fu l'inizio
e cadde in tale sacrificio. (?)

21. Antigos iscrittores rinomados
pubblichesini liberos de vaglia,
e dipinghen sa razza e canaglia
ladrona senza tregua ispudorados!
nisciuna caridade ispiedados!
fiumana maligna de iscaglia.
Barbara cantu mai che paganos
contra sa vida de sos cristianos.

Antichi scrittori rinomati
pubblicarono libri di valore,
e descrissero la specie di canaglia
ladrona e senza riposo e senza pudore!
nessuna carità senza pietà!
fiumana maligna bestiale.
Barbari come non mai come pagani
contro la vita dei cristiani.

22. A sa minuscola povera zente
ispaventada dae su terrore,
finant a sos montes cun dolore
pro si salvare sa vida innozente,
e i s'istadu su pius dolente
fit pissighida cun pius furore.
Unu de custos in monte Sorranu
assediada cun s'ispada in manu.

Alla povera gente del popolino
spaventata dal terrore,
fino ai monti con dolore
per salvarsi la vita innocente,
e nello stato più dolente
fu perseguitata con maggior furore.
Uno di questi nel monte di Sorres
assediata con la spada in mano.

23. In su seculo decimu quartu
(segundu opinione de Zurita)
giusta s'opera sua chi ada iscritta
e paret de zertesa pius'inaltu;
sa zittade fit cintas e pedra e crastu
fortificada e bene provista.
Cando dominaiat Aragona
atera custa puru: zente ona!...

Nel secolo decimo quarto
(secondo l'opinione di Zurita)
come dice nell'opera che lui ha scritto
e sembra con massima certezza;
la città fu cinta di pietre e massi
fortificata e ben provvista.
Quando dominava Aragona
anche questa pure: gente buona!

24. Poi e tanta tribulassione
de impoverimentu e de oltraggiu,
de haer fattu fronte a su disaggiu
oprimida e tanta impressione;
fit colpida sa popolassione
de peste, carestia de passaggiu
a sa pius dicciosa eterna vida
cu sa zittade mesu distruida.

Dopo tanta tribolazione
di povertà e di oltraggio,
di aver fatto fronte al disagio
oppressa da tante impressioni
fu colpita la popolazione
dalla peste, carestia di passaggio
alla più dolce vita eterna
con la città mezzo distrutta.

25. Restesit calchi mesu casolare,
truncos de turres e muros crollante,
ateras operas perigulante
e han deidu poi tramontare;
solu su monumentu seculare
chi restesit ancora trionfante.
No bidimus'unateru signale
chi siat testimonzu e tantu male.

Restò (in piedi) qualche mezzo casolare,
tronchi di torri e muri crollanti,
altre opere pericolanti
e che poi sono scomparse;
solo il monumento secolare
è sopravvissuto ancora, trionfante.
Non vediamo nessun altra vestigia
che sia stato testimone di tanto male.

26. A ultimadu passiu cungiuntu
de tempus dolorosu hamontadu,
devo narrer su c'happo sonniadu
e nezessariu fatto unu suntu,
fora e sa rejone de ogni appuntu
subra sos versos chi appo cantadu.
E gai torro como a su cunzettu
de s'istadu dolent'e su soggettu.

Al termine di questo percorso di passione congiunta
di tempi dolorosi appesantito (?)
devo dire ciò che ho sognato
e necessariamente farne un sunto,
al di la di questi appunti ragionati
sopra i versi che ho cantato.
E così torno ancora al concetto
dello stato dolente del soggetto.

27. Su soggettu ses tue cosa amada
mama de custu mundu ifidiadu,
chi su coro ingratu hat dimustradu
dae seculos vivese ispozada;
quasi tottalmente abbandonada
passat doni presettu inosservadu.
Sos fizos tuo si giran'intundu
dedichende s'a cosas de su mundu.

Il soggetto sei tu, cosa amata,
madre di questo mondo senza fede
che di avere il cuore ingrato ha dimostrato
da secoli vivi spogliata;
quasi totalmente abbandonata
passa ogni precetto inosservato.
I tuoi figli si guardano intorno
occupandosi delle cose mondane.

28. Tantu rispettu pro sa vanidade
e poesia pro s'ambizione,
a tenner sempre inaltu sa persone
mancari siat i sa povertade;
e nalzende sa santa veridade
tott'est'ingannu tottu illusione.
Ma contra sa superbia savarizia
Deus emanat sa Sua giustizia.

Tanto rispetto per la vanità
e poesia per l'ambizione,
mantiene sempre in alto le persone
anche se vivono in povertà;
e dicendo la santa verità
tutto è inganno, tutto è illusione.
Ma contro la superbia e l'avarizia
Dio emette la sua giustizia.

29. Deus cheret sos fizos a sa manu
in domo Sua pro los guidare,
e no cheret su logu a disertare
istabilidu pro su cristianu;
unu de custos in monte Sorranu
ses tus monumentu seculare.
De tantos chi faghias numer'unu
e como no ti calculat nisciunu!

Dio vuol prendere per mano i suoi figli
nella sua casa, per guidarli,
e non vuole che il luogo sia abbandonato
stabilito per i cristiani;
uno di questi (luoghi è) nel monte di Sorres
sei tu monumento secolare.
Da quando eri il numero uno
a quando non ti considera più nessuno. 


30. Nara cantos dolores has passadu
cantas penas'ancora se suffrende!
forsi solu ti miro pianghende
cu su coro feridu e attristadu;
e cantas boltas t'appo sonnìadu
che in tempus antigu trionfende!
Mi ses cumparsa totta illuminada
e de arazzos a festa parada.

Racconta quanto dolorehai sofferto
quante pene ancora ti affliggono!
forse solo ti vedo piangere
col cuore ferito e triste;
e quante volte t'ho sognato
trionfante, nei tempi antichi.
Mi sei apparsa tutta illuminata
e di arazzi a festa parata.

31. Comente mi parias lussuosa!
abbellida e santa funzione
sa festosa illuminassione
che in passadu sa pius dicciosa;
dogni pedra pariat una rosa
in oro cunvertidu ogni cantone.
Amada e istatuas e Santos
sos muros risplendian tottugantos.

Come mi sembravi ricca!
abbellita dalla santa funzione
con la festosa illuminazione
che in passato eri la più beata;
ogni pietra sembrava una rosa
in oro trasformato ogni blocco (di pietra).
Amata, e di statue di santi
 le mura risplendevano tutte quante.

32 Santu Pedru cumpalfidu i s'Altare
subra de una musa risplendente;
cantu fit bellu pariat vivente
ispicchende su passu a caminare.
Sos'Anghelos deviana cantare
cun musica sas lodes dulzemente,
poi cun'armonia pius forte
atero Santos li faghian corte.

San Pietro comparso sull'altare
sopra una musa risplendente;
com'era bello sembrava vivo
spiccando il passo per camminare.
Gli angeli cantavano
con la musica le lodi, dolcemente,
poi con armonia, più forte
altri santi gli facevano il coro.

33. Sa Vergine de grazia piena
in'altu tronu si fit presentada,
de sa gloria Sua coronada
cumpariat cu Santa Filomena;
e li fini fatende sa novena
poi su pesperu e missa cantada.
Su populu Sorranu in unione
zelebrende solenne funzione.

La Vergine, di grazia risplendente
su l'alto trono si presentò
coronata della sua gloria
compariva con santa Filomena;
e infine facendo la novena
poi il Vespro e messa cantata.
Il popolo di Sorres tutto unito
celebrando la solenne funzione.

34. Tue fist tottaganta trasformada
ancora pius manna e pius bella,
de lugore parias un'istella
dae sos fizos tuos venerada.
A sughelu t'haiana inalzada
de saltu Regnu parias gemella.
No fisti unu terrenu monumentu
puru chessaret de oro e argentu.

Tu eri tutta trasformata
ancora più grande e più bella,
dal fulgore sembravi una stella
dai figli tuoi venerata.
Al cielo t'avevano innalzata
dell'alto Regno sembravi gemella.
Non eri un monumento terreno
anche se ti mancava oro e argento (?)

35. Cale misteriosu sonnu meu!
e de tantu no poto esser dignu,
ma chi siat de te unu carignu
o palpitu e custu coro meu?
Forsi suggerimentu dae Deu
o de s'anima mia calch'impignu?
De haer fattu votu no mi ammento
e de haer peccadu già mi pento.

Che sogno misterioso!
di tanto non posso esser degno,
ma che sia di te una carezza (?)
o un palpito di questo mio cuore?
Forse fu un suggerimento di Dio
odella mia anima qualche impegno?
Di aver fatto voto non ricordo
e di aver peccato già mi pento.

36. No una olta sola est capitada
custa bella suggesta visione,
provocada e calda passione
ch'intro e coro meu est'incarnada.
Ses continuamente sonniada
doedando tenzusu e rejone.
E meda oltos los'appo isvelados
sos sonnos chi mi sunu capitados.

Non una sola volta mi è capitata
questa bella suggestiva visione,
provocata da calda passione
che dentro il mio cuore s'è incarnata.
Sei continuamente nei miei sogni
da quando ho iniziato a capire.
E molte volte ho rivelato
i sogni che mi sono capitati.

37. Insargumentu chi appo trattadu
no si firmat sa mia attenzione:
atera pius bella visione
durante vida mia appo sonadu,
e in modu diversu e variadu
cun pius giara cumbinazione.
Appo devidu puru faeddare
cun chia? no lu potto ispiegare.

Sull'argomento che ho trattato
non si ferma la mia attenzione:
altre più belle visioni
durante la mia vita ho sognato,
e in modo diverso e vario
con tante combinazioni.
Avrei dovuto parlarne
con chi? non lo potevo spiegare.

38. Si naro custu mi lean pro maccu
e mezus conservare su segretu;
mancari siat in sonnu perfetu
podet a su sabine dare intaccu,
attribuende sonnos a su... baccu
pro su cale bi tenzo pagu affettu.
Pensende viceversa calmu e seriu
so sonnos tenen tott'unu misteriu.

Se raccontassi questo mi prenderebbero per matto
è meglio conservare il segreto;
anche se è un sogno perfetto
può al saggio recare danno,
attribuendo i sogni al... vino
per il quale io ho poco affetto
Pensando, invece, con calma e serietà
i sogni mantengono tutto il loro mistero.

39. Mi dispiaghet chi resto delusu
dae sas visiones ingannadu,
e cantas boltas mi so ischidadu
mi battiat su coro e fit confusu;
sas veridades no fini piusu
ischende chi mi fia sonniadu.
Poi, currende prestu a su balcone
bido sa Cheja in desolassione!

Mi dispiace se resto deluso
dalle visioni ingannato,
e quante volte mi sono risvegliato
mi batteva il cuore ed ero confuso
le verità non finiscono più (?)
sapendo ciò che avevo sognato.(?)
Poi, correndo veloce al balcone
vedo la chiesa in abbandono!

40. Bido sa mama mia isconsolada
inistadu e pena e de piantu;
no intendo più su dulze cantu
e ne Anhelos bido i sa contrada;
apparit dae nou cambiada
orfana, sola senza b'haer Santu.
Già chi s'altare Sua l'han distrutta
Santu Pedru allogiat in Burutta.

Vedo la madre mia sconsolata
in stato pietoso e in pianto;
non sento più il dolce canto
e neppure angeli vedo nel quartiere;
appare di nuovo trasformata
orfana, sola e senza Santo.
Da quando il suo altare è stato distrutto
San Pietro alloggia a Borutta.

41. Su milli noighentos vintisese
tempus de una noa volontade, chi pariat amore caridade
basende a tottu sos manos e pese;
visitas e... prommissas pius de trese
bei faghiat s'autoridade.
Poi, unu terribile flagellu
ha postu tottu su logu in burdellu.

Nel millenovecento ventisei
tempi di nuove volontà,
che sembrava d'amore e carità
baciando a tutti mani e piedi;
visite e... promesse più di tre
ci facevano le autorità.
Poi, un terribile flagello
ha messo tutto in disordine.

42. In custu noighentos barantotto
s'affacciat dae nou a s'orizzonte,
e paret chi si ponzat pius de fronte
su trattadu progettu postu i mottu,
sutta sa bona guida e dotto
pro su risvegliu dei cussu monte.
A riedificare su Guventu
comente prima dae fundamentu.

In questo millenovecento quarantotto
s'affaccia di nuovo all'orizzonte,
e sembra stia per realizzarsi
il già detto progetto rimesso in moto,
sotto la buona guida d'un dotto
per il risveglio di quel monte.
Per riedificare il convvento
com'era un tempo, dalle fondamenta.

43. A riedificare sa memoria
de s'antigu tesoro abbandonadu,
de su tempus c'hat perdidu e lassadu
de un'era chi torrat a s'istoria.
A laude, osanna e gloria
de s'Altu Regnu chi l'hat motivadu.
E poi chi no restet a sa sola
torran sos Padres e faghen'iscola.

A ricostruire la memoria
dell'antico tesoro abbandonato
del tempo perduto e passato
di un'era che torna alla storia.
A lode, osanna e gloria
dell'Alto Regno che l'ha voluto.
E poi affinchè non resti sola
tornano i Padri a farvi scuola.

44. Pro custa noa generazione
dae bonu caminu traviada,
dae tempus hat perdidu s'istrada
pro elementos fora e rijone;
contrari a su cultu in funzione
cheret s'idea sua rispettada.
E no approdat a su cumprendoniu
de l'opera maligna e su dimoniu.

Per questa nuova generazione
bal buon cammino traviata,
che da tempo ha perso la strada
a causa di elementi estranei
contrari al culto in vigore
vogliono che la loro idea sia rispettata
e non riescono a capire
che è opera del diavolo.

45. Custu cheret sa zente Uruttesa
cun sas vicinas popolassiones
In sa Cheja Sorrana funzione
e Sazerdotes a s'antiga mesa.
Sa cristianidade sa difesa
chi li pretendet sa religione.
Da edade minore professada
dae sos genitores imparados.

Questo vuole la gente di Borutta
con le vicine popolazioni.
Nella chiesa di Sorres, funzione
e sacerdoti all'antico altare (tornino).
La difesa della cristianità
che la religione pretende
Sin da piccoli professata
dai genitori insegnata.

46. Ecco finidu su cantigu meu
e i como li ponzo su cappellu.
Mancari chi no sia tantu bellu
so seguru chi mi perdonat Deu;
si no appo cantadu tottu a reu
siet s'antigu che i su novellu.
Chie legge mi devet cumpatire
si cosas noas no li fato ischire.

Ecco terminato il mio canto
e questa è la chiusura.
Anche se non sarà tanto bello
sono sicuro che Dio mi perdonerà;
se non ho cantato tutto in giro
sia il vecchio che il nuovo.
Chi legge mi deve compatire
se cose nuove non ho fatto conoscere.

Fine

Aggiungo a quest'opera solo poche righe, per cercare una spiegazione ad alcuni fatti accennati in alcuni dei versi storici.
Partiamo dal n. 17: potrebbe trattarsi infatti dei ricordi di un fatto storico accaduto nel 390 d.C., l'autore probabilmente si riferisce alla strage di Tessalonica. In quegli anni a Tessalonica fu ucciso il Magister Militum Boterico che a causa di continui disordini in città aveva impedito agli abitanti di Tessalonica di presentarsi ai giochi con la propria fazione. Questi si erano ribellati e l'avevano ucciso e fatto a pezzi. Teodosio è allora imperatore e si vendica dell'uccisione di Boterico organizzando dei giochi solo per i cittadini, poi chiuse le porte dell'arena, fa uccidere tutti. Si dice che fossero novemila le vittime, in pratica fu distrutta una città.
L'autore nel n.20 ci parla dei saccheggi dei saraceni avvenuti nel settecento dodici, effettivamente in quegli anni i saraceni attaccano la Sardegna, e non per la prima volta.
Al numero 23 e 24 infine ci parla di una peste che colpì la città nel XIV secolo.

Sono convinto che la traduzione sia approssimativa e chiedo l'aiuto della rete per completarla, in particolare alcune frasi non trovano un completo significato e nel testo sono evidenziate in giallo.
Ringrazio chi è arrivato alla fine per la pazienza e spero di aver contribuito a riportare alla luce un bel pezzo di poesia sarda e la memoria del suo autore: Farantoni Sai.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO