La storia di Roma antica, si può dire, è la nostra storia. Eppure in quanti sono a ricordare qualcosa dei primi Re e di come si passò alla Repubblica?
Certo, si sa, in linea generale, che vi furono scontri tra i ricchi e potenti del tempo e i poveri diseredati, spesso reduci delle guerre di conquista o di difesa della patria, ma qualcuno ricorda i nomi di coloro che hanno fatto la storia di quegli anni?
Vorrei rispondere "Si", la conosciamo, ma non è così, non per tutti.
Andrea Carandini, con il suo libro Res Publica, richiama alla mente quei giorni, descrive quei personaggi, ne racconta la storia pervenutaci attraverso le fonti antiche: Tito Livio, Catone, Cicerone, per citarne solo alcuni.
Nel libro sono illustrati con attenzione i caratteri dei personaggi principali, tra questi Tarquinio il Superbo e la sua famiglia e i suoi oppositori, Bruto in primis.
Stesso nome di colui che liberò Roma da un altro Cesare, vissuto però quasi cinque secoli prima.
Tarquinio il Superbo, così chiamato per il suo carattere, prese il potere intorno al 534 a.C. uccidendo il suo predecessore Servio Tullio.
Lucio Giunio (detto Bruto) e Publio Valerio (detto Poplicola) saranno coloro che riusciranno a cacciare Tarquinio e a creare la Repubblica.
Non starò qui a raccontarvi la storia, chi vuole può trovarla ovunque, aggiungerò solo poche righe a questo breve articolo per indicare delle altre curiosità che ho trovato nel libro, tra queste vi è un elenco di elementi tipici comuni a tiranni e demagoghi, forse utile, ancora ai giorni nostri, per riconoscere in anticipo una tale figura. Dunque, l'autore riporta un brano tratto dal libro "L'ombra lunga di Napoleone, di Alessandro Campi, in cui si dice che un tiranno si distingue per la sua "carica vitale, forza di volontà, testardaggine, risolutezza, frenesia, egocentrismo, brama di affermazione e rivalsa, magnetismo, carisma, sapienza nell'uso pubblico della propria immagine, culto di se fino all'eroizzazione, capacità di legarsi direttamente al popolo, abilità comunicativa e propagandistica, bisogno di prevalere, talento di seduzione legando moltitudini al proprio destino, brama di comando, di ostentazione, di ricchezza e di potenza, capacità di visione, avversione a forme, a regole e a convenzioni consolidate, volontà innovativa fino all'eversione, capacità demiurgica, organizzativa, gestionale e realizzativa, passione per grandi imprese, manie di grandezza, sfrontatezza, spregiudicatezza, cinismo, istrionismo, gusto per la menzogna, mancanza di scrupoli, voglia di intimidire e inclinazione alla vanità".
Questa lista è molto interessante, a mio avviso. Chiaramente non tutte le caratteristiche indicate prese per se stesse, sono negative, anzi alcune sono caratteristiche tipiche dei grandi uomini, però messe tutte assieme descrivono i tiranni.
Un'altra cosa degna di ricordo è l'arrivo a Roma dei libri sibillini, acquistati da Tarquinio il Superbo e da allora diventati oggetto di culto. La storia dell'aqcuisto è molto interessante e vi consiglio di leggerla, anche questa è nota.
Una delle cose che non avevo mai letto prima era l'uso in Roma di sacrificare bambini, che l'autore afferma fosse in uso nell'antichità e che Tarquinio il Superbo aveva reintrodotto. Fu poi Bruto a abolire nuovamente il sacrificio e reintrodurre l'uso di offrire a Giove teste di cipolla, capelli e sardine al loro posto, come aveva fatto in precedenza Numa Pompilio.
Sacrifici cruenti come questo erano in uso in antichità tra altri popoli, per esempio tra i Fenici.
E' ancora importante ricordare, a mio parere, la stesura del primo trattato tra Romani e Cartaginesi, firmato al tempo della Repubblica, è Polibio che ce ne parla.
Il trattato, è interessante anche perchè vi si parla della Sardegna, per cui lo riporto integralmente:
"Né i Romani né i loro alleati navighino oltre il Capo Bello, a meno che non vi siano costretti da un fortunale o dall'inseguimento di nemici. Chi vi sia stato costretto con la forza, non faccia acquisti sul mercato, né prenda più di quanto gli sia indispensabile per rifornire la nave e celebrare i sacrifici, ed entro cinque giorni si allontani. I trattati commerciali non abbiano valore giuridico se non siano stati conclusi alla presenza di un banditore o di uno scrivano. Delle merci vendute alla presenza di questi, il venditore abbia garantito il prezzo dallo Stato, se il commercio è stato concluso nell'Africa settentrionale o in Sardegna. Qualora un Romano venga in Sicilia nella parte in possesso dei Cartaginesi, goda di parità di diritti con gli altri. I cartaginesi a loro volta non facciano alcun torto alle popolazioni di Ardea, Anzio, Arenta, Circei e Terracina, né di alcuna altra città dei Latini soggetta a Roma; si astengano pure dal toccare le città dei Latini non soggette ai Romani e qualora si impadroniscano di una fra esse, la restituiscano intatta ai Romani. Non costruiscano in territorio latino fortezza alcuna e qualora mettano piede nel paese in assetto di guerra, è proibito loro passarvi la notte".
Questo trattato è, a mio parere, interessantissimo, perché fa capire su quali territori effettivamente i Romani erano influenti.
Spero di avervi incuriosito abbastanza per spingervi alla lettura di questo libro.
A presto.
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO