Traduttore automatico - Read this site in another language

venerdì 23 dicembre 2022

NATO e Cognitive Warfare

Già in precedenza abbiamo parlato di Cognitive Warfare e dell'importanza di quello che in alcuni ambienti è considerato come un nuovo dominio della guerra.

Oggi approfondiamo cercando di capire cosa sta facendo la NATO in questo settore.

Chi si occupa di ricerca in ambito NATO è la "Science and Technology Organization" (S&T). 

Lo S&T conduce attività di studio e ricerca ad ampio spettro, organizzate in sei Technical Panels e un Gruppo di ricerca, in particolare si tratta di:

- Applied Vehicle Technology (AVT);

- Human Factors and Medicine (HFM);

- Information Systems Technology (IST);

- NATO Modelling and Simulation Group (NMSG);

- System Analysis and Studies (SAS);

- Systems Concept and Integration (SCI);

- Sensors and Electronics Technology (SET).

In particolare, il panel HFM si articola in due sottoaree di ricerca: 

- Healt, Medicine and Protection (HMP), con lo scopo di studiare le basi scientifiche necessarie per garantire la creazione di Forze operative e in salute, il ristabilimento in salute, minimizzare l'impatto di malattie e ferite, ottimizzando la protezione dell'uomo, la sostenibilità e la sopravvivenza;   

- Human Systems and Behaviour (HSB), con lo scopo di studiare le basi scientifiche ed esplorare nuove tecnologie per ottimizzare le performance degli individui, delle squadre e delle organizzazioni e le interazioni con i sistemi socio-tecnologici per raggiungere elevati livelli di efficacia. In quest'area di ricerca si svolgono, tra l'altro, ricerche sulla dimensione cognitiva.

La S&T conduce dunque ricerche mirate a migliorare la conoscenza  nel campo (o dominio) della Cognitive Warfare, considerata come un nuovo campo di battaglia che ha a che fare con la capacità di conoscere e di giudicare dell'uomo, proteggendolo da influenze esterne o influenzandolo a sua volta. La manipolazione della conoscenza e della capacità di comprensione utilizzata per raggiungere un obiettivo strategico.

Come già visto in altri domini o ambienti, l'obiettivo della NATO consiste nel raggiungere la Cognitive Superiority per far ciò occorre studiare attentamente le interazioni tra uomo, gruppi sociali e nuove tecnologie, sia nel campo delle neuroscienze sia nelle tecnologie emergenti come l'Intelligenza Artificiale.

In definitiva la Cognitive Warfare cerca di minare la fiducia in una organizzazione alterando la percezione della società in relazione ad alcuni accadimenti. 

Solo una considerazione: indipendentemente che ci si trovi dalla parte dei buoni o dei cattivi, giocare con la conoscenza e con la capacità di giudicare può essere molto pericoloso. 

L'uomo può essere ingannato ma non è semplice ingannarlo a lungo e può capitare che rendendosi conto di essere oggetto di raggiri continui perda la fiducia in tutte le organizzazioni o istituzioni, senza distinzione di colore o di parte, e ciò potrebbe minare la civile convivenza.

Alessandro RUGOLO

  

Per approfondire:

NATO Review - Countering cognitive warfare: awareness and resilience

NATO Review - Hybrid Warfare – New Threats, Complexity, and ‘Trust’ as the Antidote

Pages - Panel/Group Page (nato.int)

Mitigating and Responding to Cognitive Warfare | Innovation Hub (innovationhub-act.org)



 

 




venerdì 16 dicembre 2022

Knowledge Management e tecnologia

Come sempre accade, arriva un momento in cui occorre cambiare qualcosa, nella vita come nel lavoro o nella società. 
Moltissimi dei cambiamenti sono dovuti o guidati o semplicemente provocati da un cambiamento nella conoscenza del singolo o più verosimilmente del gruppo sociale cui appartiene e alle modalità in cui questa conoscenza viene creata, gestita, valorizzata e trasmessa. La disciplina che va sotto il nome di knowledge management si occupa precisamente di questo: gestione della conoscenza.

Prima di andare avanti però credo sia utile richiamare alla mente la definizione di conoscenza.
Utilizzo in proposito il vocabolario Treccani e, estraendo la parte di mio interesse, posso dire che per conoscenza si intende:  
- l’atto del conoscere una persona, dell’apprendere una cosa; 
- il conoscere, come presenza nell’intelletto di una nozione, come sapere già acquisito. In particolare, teoria della conoscenza, detta anche gnoseologia, ramo della filosofia che indaga sui valori e i limiti della facoltà di conoscere.

Chiarito il significato di conoscenza, proviamo a fare un passo avanti verso una disciplina molto importante ma non molto conosciuta, il "knowledge management" o, in italiano, la gestione o governo della conoscenza. 

Come è facile intuire non intendo parlare della conoscenza nella sua generalità né dell'apprendimento del singolo individuo ma di come la conoscenza influisca su un'organizzazione e su come un'organizzazione possa impiegarla al meglio.

Per farmi aiutare in questo percorso di conoscenza... della conoscenza, utilizzerò e farò riferimento di tanto in tanto ad uno studio interessante: "Knowledge Management: teoria e prassi a confronto", di M. Bonifacio, P. Bouquet e P.F. Camussone, studio che potete scaricare da internet seguendo il link a fine articolo.

La conoscenza è sempre stata importante, soprattutto come mezzo per raggiungere i propri scopi, spesso e volentieri per aiutare nel prendere delle decisioni. Ecco perché in antichità sono nate le prime  biblioteche, come luoghi in cui era racchiuso il sapere, la conoscenza di secoli o millenni di esperienze umane. Il bibliotecario era colui che aiutava a "navigare" questa conoscenza, in quanto era in grado di rintracciare velocemente ciò che occorreva. 

La crescita in complessità della società umana fa sì che vi sia sempre più la necessità di gestire la conoscenza che viene creata. Col passare del tempo si è cominciato ad usare la tecnologia per potenziare ed estendere le capacità cognitive umane e gestire la conoscenza.

L'Information Technology in particolare fornisce da decenni alcuni strumenti che possono aumentare le capacità di creare, mappare, codificare e trasferire conoscenza. 

Proviamo a capire come.  

Il primo passo consiste nel creare conoscenza e con ciò intendo conoscenza utile agli altri, magari a coloro che lavorano nella stessa organizzazione o società. La conoscenza presente nei libri di una biblioteca non serve a niente se nessuno è in grado di leggerne i contenuti o se la biblioteca è chiusa al pubblico. 

Per massimizzare la creazione di conoscenza si possono utilizzare strumenti collaborativi. Tra gli strumenti collaborativi è il caso di citarne alcuni perché più conosciuti, come per esempio forum, blog, social network, shared work space e così via. La funzione principale di questo genere di strumenti è di ospitare dei contenuti (testi, documenti, foto, schede, video...) e facilitare le interazioni tra i partecipanti allo stesso gruppo consentendo loro di fornire pareri, valutazioni, inserire annotazioni, per accrescere la conoscenza su un determinato argomento.  

Come potete immaginare, la conoscenza da sola non serve a niente se non è possibile reperirla velocemente o ritrovarla quando serve. Ecco che a tal fine sono stati creati in passato gli schedari e i metodi di classificazione, necessari anche al giorno d'oggi, nonostante l'aiuto della tecnologia. L'IT infatti fornisce sistemi di information retrieval e di text mining. 

Con information retrieval si intende l'attività che consente di ritrovare informazioni registrate o immagazzinate su dispositivi informatici come data base documentali. Per essere chiari, quando si interroga un database attraverso una query si svolge attività di information retrieval.

Il compito principale di un sistema di text mining o di data mining è invece quello di identificare significati nascosti all'interno di dati apparentemente non  collegati tra loro. Per fare ciò si utilizzano sistemi di intelligenza artificiale più o meno specializzati.

Se si appartiene ad una stessa organizzazione è necessario che la conoscenza prodotta, per esempio i report relativi alla partecipazione ad un gruppo di lavoro o un paper di ricerca, sia diffusa o resa disponibile almeno all'interno del gruppo di appartenenza. Per la diffusione della conoscenza si possono utilizzare sistemi di document management e di publishing. I primi consentono di organizzare documenti digitali in archivi, consentendone la diffusione, i secondi invece sono sistemi che servono per pubblicare informazioni o articoli su portali o siti web.  

Per organizzare la conoscenza è necessario codificarla e per far ciò si utilizzano le ontologie e i linguaggi di rappresentazione. Una ontologia descrive il modo in cui schemi differenti sono combinati tra loro per creare una struttura dati che contiene tutte le entità importanti in un determinato dominio. I linguaggi di rappresentazione si utilizzano per rappresentare in modo organizzato grandi quantità di dati.

L'IT fornisce anche altri supporti, per esempio quello di espandere la capacità di memoria, attraverso repository e sistemi knowledge base

Ogni organizzazione è differente, come le persone, e probabilmente ha scopi differenti e modalità di lavoro calibrate allo scopo da raggiungere e al proprio personale, per questo motivo non è possibile dire a priori cosa occorre per migliorare la conoscenza di una organizzazione. 

Solo la conoscenza profonda dell'organizzazione stessa e dei suoi processi interni, degli obiettivi, del personale a tutti  i livelli, può permettere di capire quali sono le modalità e gli strumenti utili ad accrescere la conoscenza o un aspetto di essa. 

In definitiva, nonostante gli sviluppi tecnologici, lo strumento più importante di una organizzazione è sempre e comunque l'uomo. Ecco perché è necessario far sì che il personale si senta sempre coinvolto nei processi relativi alla conoscenza dell'organizzazione e ne sia partecipe.

Alessandro RUGOLO 

Per approfondire: 

conoscènza in Vocabolario - Treccani

camussone (assioa.it)

Collaborazione e conoscenza: obiettivi sfidanti per le direzioni Hr - Risorse Umane e non Umane (runu.it)

What is Text Mining? | IBM

What is Information Retrieval? - GeeksforGeeks

giovedì 8 dicembre 2022

Colonizzando Marte - Cap. 1

Capitolo I

Era da tanto tempo ormai che passando di fronte alla vetrina della libreria centrale, vedevo sempre lo stesso libro: "Cronache Marziane", di Ray Bradbury. 


Dopo tanti anni in cui avevo desiderato leggerlo esclusivamente per piacere, come si fa per un romanzo del proprio autore preferito, l'avrei acquistato proprio ora che la possibilità di colonizzare il pianeta Rosso era diventata realtà, con la speranza di trovarvi qualche spunto utile al mio lavoro.

Il progetto "Colonizzando Marte" era diventato realtà dopo anni di discussioni e tentativi sempre abortiti di creare un team internazionale di paesi volenterosi e problemi di budget che si erano dimostrati quasi insormontabili. 

Poi di colpo le cose si erano appianate da sole. Se ne era parlato talmente tanto che i decisori erano stati presi per sfinimento e senza ammetterlo ufficialmente avevano cominciato a comportarsi come se la cosa fosse già stata decisa da altri, prima di loro, per cui non si doveva far altro che andare avanti verso la meta. 

Ancora qualche anno e i principali paesi industrializzati avrebbero infisso le loro bandiere sul terreno polveroso del pianeta rosso.

Quella mattina entrai nella libreria, con l'idea fissa che qualcosa, forse il Destino inesorabile, avrebbe potuto cambiare il futuro.

- Buongiorno signore, come posso servirla?. Mi disse il commesso appena entrai.

L'avevo visto tante volte dietro il bancone, attraverso le vetrate della libreria. Era un uomo alto e magro, cui non riuscivo ad attribuire un'età, forse a causa del ciuffo di capelli bianchi in mezzo a una folta chioma bruna. Dal vivo sembrava ancora più magro di come appariva dal di fuori. Il colorito della pelle era scuro, come fosse abbronzato da un sole cocente che l'aveva quasi disseccato. Gli zigomi alti e sporgenti in un viso allungato e leggermente schiacciato ne facevano un tipo molto particolare, una di quelle persone che non si possono dimenticare. L'avrei potuto scambiare tranquillamente per un maratoneta etiope se non fosse per i modi ostentatamente italiani e per la voce squillante quasi da bambino.

- Cerco Cronache Marziane, di Bradbury. Risposi guardando negli occhi il commesso che mi fissava da sopra i suoi occhialini a mezzaluna che gli conferivano un'aria da intellettuale d'altri tempi.

- Glielo devo ordinare signore. Rispose con voce impersonale e un sorriso di circostanza che mi fece pensare, per un attimo, ad un uomo falso.

- Ma ho notato che ne avete una copia proprio in vetrina, nell'angolo, in basso a destra...

- Mi scusi. E' sicuro? Verifico subito anche se il terminale dice che non abbiamo il volume che lei cerca. A volte però anche le macchine possono sbagliare...

- Guardi pure! Ribattei con stizza. Come si fa a non sapere cosa si espone in vetrina?

- Sa che ha ragione? Non l'avevo notato. E ancora quel sorrisino stupido.

- Pacco regalo?

- No grazie, non occorre. Pagai e uscii dalla libreria senza voltarmi. Non vi sarei più entrato, pensai.

Cronache Marziane, finalmente... L'avrei letto durante la pausa pranzo, in Ufficio. L'Ufficio Centrale per la pianificazione della Colonizzazione di Marte.

Anche se scritto da Bradbury nel 1950, quasi ottanta anni prima, e senza le conoscenze di oggigiorno sul pianeta e sul volo spaziale, magari avrei potuto comunque trovarci qualcosa di utile per il mio lavoro. D'altra parte la colonizzazione di un pianeta era qualcosa di assolutamente inusuale e senza precedenti, almeno a dar retta alla storia ufficiale e l'ausilio di grandi pensatori e di scrittori di fantascienza era ormai comune per la realizzazione di grandi progetti. Certo, Bradbury era passato a miglior vita nel 2012, ma ciò non significava che non avesse potuto avere qualche intuizione e che l'avesse riportata nel suo romanzo.

Bradbury scrisse che su Marte vi era un'atmosfera respirabile dall'uomo, anche se povera di ossigeno. Oggi sappiamo che non è così, l'ossigeno è solo lo 0,13 per cento, non sufficiente ad ospitare la vita umana.

Scrisse di estati calde e inverni freddi. Noi sappiamo che la temperatura oscilla tra i -140 e i +20 gradi Celsius. Non proprio il massimo per la vita che conosciamo ma in qualche modo gestibile con le tecnologie di cui disponiamo.

L'acqua è presente, anche se quasi sempre allo stato solido a causa delle temperature rigide, ma anche questo non è un problema a patto di avere un'ottima fonte di energia e di calore.

Ma quali siano gli effetti di queste condizioni estreme sull'organismo umano e sugli esseri viventi di cui avremo bisogno per sopravvivere non possiamo dire niente perché non sappiamo niente! E' vero che negli ultimi quarant'anni sono stati effettuati esperimenti per studiare il comportamento umano e la condizione di salute di piccoli gruppi isolati dal mondo e in condizioni estreme, ma in ogni caso queste persone potevano contare sulla possibilità di soccorso in caso di necessità. Una volta installati i primi insediamenti su Marte un eventuale soccorso non sarebbe stato così immediato.

Come si poteva pianificare la colonizzazione di un pianeta senza le minime informazioni necessarie?

Era stata la mia prima domanda al momento in cui mi avevano chiamato a ricoprire l'incarico appena creato di responsabile della pianificazione della missione.

- Non lo sappiamo! Era stata la risposta. - Per questo ci rivolgiamo a Lei, professor Ruffoli. Lei è uno scienziato di chiara fama e...

- Ha detto bene, scienziato. Non uno stregone! Completai la frase con ironia.

Eppure, cosa avrebbero potuto fare quei burocrati se non rivolgersi ai migliori centri di ricerca?

Così, dopo un fine settimana di discussioni animate con la mia coscienza, accettati l'incarico. Per lo meno avrei avuto la possibilità di scegliermi la squadra di lavoro. Cosa che non capita tutti i giorni, pensai. Venti persone per iniziare. Poi diventate quaranta e avevo anche la possibilità di assumere temporaneamente chiunque avessi ritenuto necessario per la buona riuscita dell'impresa. Budget considerevole e soprattutto niente burocrazia per un progetto di tale livello.

La colonizzazione di Marte aveva avuto la benedizione del Presidente in persona che ci aveva voluto incontrare per discutere le sue idee in proposito. Indiscutibilmente un onore per noi tutti!

Il lavoro procedeva incessante e frenetico. L'industria si era buttata sullo sviluppo di nuovi materiali e dei processi di purificazione dell'aria e di produzione dell'acqua e dei vegetali sintetici che ci sarebbero occorsi nei prossimi vent'anni.

I progressi nello sviluppo di materiali resistenti al calore e ultraleggeri si potevano vedere e misurare ma i problemi erano altri e su questi non si facevano passi avanti. Occorreva infatti creare una nuova specie vegetale a crescita accelerata che fosse in grado di sopravvivere con bassissime quantità di ossigeno e assorbisse molta anidride carbonica.

Eravamo partiti dalla canna da zucchero, una delle specie a crescita più rapida sulla Terra ma ci eravamo arenati subito sulla sua possibilità di adattamento alle basse temperature. Qualunque modifica si facesse al suo DNA il risultato era sempre lo stesso: nulla di fatto!

Il problema era legato alla sintesi degli zuccheri, simulando le condizioni di luminosità del pianeta e del terreno particolarmente ricco di ferro le proiezioni indicavano che - a meno di un qualche miracolo - non si sarebbe riusciti ad aumentare considerevolmente la presenza di ossigeno se non dopo almeno un millennio. E un millennio non era un lasso di tempo compatibile con i piani di colonizzazione...

(Continua...)

Alessandro RUGOLO

venerdì 2 dicembre 2022

Da Information Warfare a Cognitive Warfare

A coloro che seguono l'evoluzione del campo militare non sarà sfuggito che dopo Cyber Warfare, Information Warfare e Hybrid Warfare, è sempre più comune leggere di Cognitive Warfare, allora ho pensato che potesse essere utile fare un po' di chiarezza, per quanto possibile.

Per prima cosa è necessario richiamare alla mente il significato dei termini e le definizioni di base. 

Se guardiamo sulla Treccani, leggiamo che cosa significa "Cognitivo": "Che riguarda il conoscere; in psicologia, processi c., i processi implicati nella conoscenza (percezione, immaginazione, memoria, tutte le forme di ragionamento), intesi funzionalmente come guida nel comportamento; psicologia c., lo stesso che cognitivismo; scienza c., campo di studio interdisciplinare (costituito da intelligenza artificiale, psicologia, linguistica, neuroscienze e filosofia della mente) che ha per oggetto i processi cognitivi umani, dalla percezione all’apprendimento, dalle strategie inferenziali all’elaborazione dell’informazione.

Detto ciò, cerchiamo ora assieme una definizione attendibile per "Cognitive Warfare" nei siti istituzionali militari dei principali paesi come Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Germania, Russia, Cina e delle principali organizzazioni internazionali come la NATO, e proprio da quest'ultima iniziamo. 

Sul sito Innovation Hub è possibile trovare diversi riferimenti agli studi in corso relativi al "Cognitive Warfare Project", tra questi è interessante leggere "The Cognitive Warfare Concept" di Bernard Claverie e François du Cluzel che parlano chiaramente di "sesto dominio" e danno la definizione seguente di Cognitive Warfare:

"Cognitive warfare is the art of using technological tools to alter the cognition of human targets, who are often unaware of any such attempt - as are those entrusted with countering, minimizing, or managing its consequences, whose institutional and bureaucratic reactions are too slow or inadequate."

Nello stesso studio si dice che il termine Cognitive Warfare è stato usato con questo significato per la prima volta negli Stati Uniti,  nel 2017. In quell'anno il generale americano Vincent R. Stewart (USMC, director, Defense Intelligence Agency), nel corso di una conferenza parlò di come le guerre moderne siano delle guerre cognitive in cui il controllo delle informazioni serve a manipolare il nemico. Per dirla con parole semplici: "...it is to know what to do and when to do it... and if you don’t control information or your decision-making cycle is disrupted, or your cognitive ability is degraded, then you are not able to win or fight effectively.”

Per gli autori dello studio, la guerra cognitiva è possibile sfruttando al meglio l'intersezione di due aree: "...PSYOPS and influence operations (soft power)" e "cyber operations" (cyber defence) intended to degrade or destroy physical information assets on the other."

In questo specchio, tratto dallo studio, si capisce quali siano le differenze tra il dominio delle PSYOPS e quello della Cognitive Warfare.  

Come si può notare la Cognitive Warfare è in qualche modo una evoluzione delle PSYOPS, grazie alle possibilità offerte dall'impiego di nuove tecnologie e di nuove conoscenze sui processi cognitivi umani.
Naturalmente gli studi sulla Cognitive Warfare sono solo agli inizi, per cui avremo modo di approfondire.

A questo punto credo sia chiara l'importanza di studiare questo nuovo dominio non fosse altro che per essere in grado di capire meglio cosa accade intorno a noi e cosa potrebbe accadere con l'introduzione di alcune nuove tecnologie, una per tutte, gli impianti cerebrali recentemente annunciati tra gli altri da Elon Musk. 

Alessandro Rugolo

Per approfondire: 

cognitivo in Vocabolario - Treccani

CW documents | Innovation Hub (innovationhub-act.org)

Cognitive Warfare Will Be Deciding Factor in Battle | AFCEA International

China using ‘cognitive warfare’ to intimidate Taiwan, says president Tsai | Taiwan | The Guardian

The Future of China's Cognitive Warfare: Lessons from the War in Ukraine - War on the Rocks

Elon Musk’s company aims to test brain implant in people (breakingnews.ie)