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domenica 16 novembre 2014

Percezioni extra sensoriali

Leggendo il numero di ottobre 2014 di Le Scienze ho trovato interessante, tra gli altri, un articolo dal titolo "Percezioni extra sensoriali" scritto da Gershon Dublon e Joseph A. Paradiso.
L'articolo, anche se dal titolo potrebbe sembrare trattare argomenti di parapsicologia è invece categorizzato "Informatica".

Chi sono gli autori? 
Gershon Dublon è studente di PhD al Media Lab presso il MIT mentre Joseph A. Paradiso è professore associato di arte e scienze dei media presso lo stesso istituto americano.

Su cosa stanno lavorando?
L'articolo riferisce gli sviluppi di un progetto di ricerca sull'impiego massivo di sensori e sulla analisi, interpretazione e rappresentazione spaziale delle informazioni raccolte.
Gli autori hanno sviluppato un programma in grado di gestire, interpretare e rappresentare i differenti segnali raccolti con differenti tipi di sensori, programma che consentirebbe di visualizzare e controllare da differenti punti di vista un determinato ambiente.
Il titolo del riquadro esplicativo è molto chiaro: "Il browser della realtà".  Il programma consente di navigare all'interno del Media Lab del MIT e "vedere" in tempo reale tutto ciò che accade, sentire i suoni degli ambienti, conoscere la temperatura, la luminosità, controllare la presenza di persone e così via...

Gli autori si spingono a indicare possibili utilizzi commerciali sia possibili aree di interesse da sviluppare e possibili riflessi sulla privacy.

Chi è interessato troverà l'articolo nella maggior parte delle biblioteche pubbliche, Le Scienze normalmente è una delle poche riviste che viene acquistata dalle biblioteche.

Io vorrei però dire la mia sull'argomento, soprattutto dal punto di vista della privacy e della sostenibilità di un simile progetto nel tempo.

Io non sarei per niente contento di vivere in un mondo in cui c'è sempre qualcuno che può vedermi o sentirmi mentre mi soffio il naso o canto sotto la doccia, ma questo è un punto di vista personale, vi sono anche vantaggi dal vivere in un mondo simile, soprattutto nel campo della sicurezza.

Quello che però credo sarà il vero problema di un mondo siffatto è legato all'enorme numero di sensori necessario e alla potenza di calcolo e di immagazzinamento delle informazioni con le conseguenti necessità di risorse energetiche impiegate per tutto ciò. Non voglio fare un'analisi quantitativa di un progetto simile anche perché non sono in possesso dei dati di base del progetto ma vorrei porre l'attenzione sul fattore "sostenibilità" attraverso una semplice analisi qualitativa.   
Occorre considerare che la maggior parte dei circuiti utilizzati per la sensoristica contiene elementi rari o comunque di ridotta disponibilità, come pure i circuiti elettronici impiegati per la produzione di processori di calcolo e memorie. 
E' sostenibile un mondo in cui tutti gli ambienti saranno controllati da sensori? Ritengo di no. L'impiego massiccio di sensoristica farà si che i materiali di base diventino sempre più rari e quindi costosi. Già oggi gli USA controllano la produzione mondiale e il consumo (e riciclo) di tanti minerali proprio per essere in grado di prendere decisioni per tempo su un possibile problema di scarsità di risorse, un progetto simile penso potrebbe essere molto "demanding" da questo punto di vista.

Un'altra piccola considerazione. La raccolta di dati da diversi sensori necessita l'impiego di complicati sistemi informatici capaci di raccogliere, analizzare e fondere le informazioni ricevute per arrivare a presentare le informazioni attraverso metodi e sistemi di vario tipo, tutte cose alla base, tra l'altro,  dei sistemi militari di Comando e Controllo.
Quale sarà dunque l'impiego (ufficiale o meno) di un sistema simile da parte delle strutture militari?

Sostenibilità e impiego nel campo dello spionaggio e del Comando e Controllo sono due punti che andrebbero analizzati attentamente e che potrebbero determinare successo o insuccesso di un simile progetto.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 8 novembre 2014

Bertrand Russell: Il mio pensiero (e alcune mie considerazioni sull'Italia)

Bertrand Russell (1872-1970) è stato uno dei più importanti filosofi britannici del '900.
In questi giorni sto leggendo una raccolta delle sue opere intitolata "il mio pensiero". Il libro è in pratica un insieme di brevi articoli scritti durante la sua vita e sui più disparati argomenti. Tra questi ve ne sono molti davvero interessanti ma oggi voglio parlarvi di uno solo di questi: "Gli scopi dell'educazione".
Russell esamina diversi modelli educativi, posti in essere in tempi diversi e in nazioni diverse, mettendo in evidenza le caratteristiche principali e i risultati raggiunti.
La cosa che Russell mette bene in evidenza è il fatto che alla base di un modello educativo vi è un obiettivo (o più) da raggiungere. Un modello educativo veniva adottato per raggiungere uno scopo prefissato. Avevo già riflettuto in passato su questo argomento principalmente perché in diverse occasioni ho cercato di capire perché l'Italia si trovi in queste condizioni e se in qualche modo sia colpa della scuola.
Di tanto in tanto si sente parlare di riforma della scuola in Italia ma mai ho sentito esporre in maniera chiara gli obiettivi che con una riforma si vorrebbero raggiungere.
Perché?
Forse perché coloro che sbandierano riforme non hanno idea di cosa stanno facendo?
Oppure non vogliono dire cosa stanno facendo?
Ma poi, alla fine, cosa hanno ottenuto realmente in questi anni?
Difficile dirlo.
Una riforma scolastica seria dovrebbe intanto dar vita ad un sistema in cui il modello educativo venga applicato per un sufficiente numero di anni affinché buona parte della popolazione venga interessata. 
Fare una riforma ogni cinque anni ha poco senso, rischia solo di creare frizioni all'interno della società tra gruppi che per età e interessi entrano in competizione diretta.
Di contro periodi troppo lunghi potrebbero essere ugualmente dannosi rendendo il paese troppo rigido.
Mi vien da pensare che probabilmente i nostri governanti non hanno la capacità o il coraggio di dire a tutti cosa stiano facendo, in linea di massima ritengo che non sappiano cosa stanno facendo.
Una delle cose che si insegnano ai militari è la pianificazione. 
Bene, può la pianificazione sociale aiutare l'Italia ad uscire dalla crisi (non solo economica ma di valori) che sta attraversando? E, in particolare, come la scuola potrebbe aiutare ad uscire dalla crisi attuale?
Queste domande devono e possono trovare risposta e, una volta trovate le risposte, i nostri politici dovrebbero impegnarsi in una riforma mirata, cosa che purtroppo non faranno perché troppo impegnati in chiacchiere più o meno inutili e in sterili litigi!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO