Capitolo I
Era
da tanto tempo ormai
che passando di fronte alla vetrina della libreria centrale,
vedevo
sempre lo stesso libro:
"Cronache Marziane",
di Ray Bradbury.
Dopo tanti anni
in cui avevo desiderato leggerlo esclusivamente per piacere, come si
fa per un romanzo del proprio autore preferito,
l'avrei acquistato proprio ora che la possibilità di colonizzare il
pianeta Rosso era diventata realtà,
con la speranza di trovarvi qualche spunto utile al mio lavoro.
Il progetto
"Colonizzando Marte" era diventato realtà dopo anni di
discussioni e tentativi sempre abortiti di creare un team
internazionale di paesi volenterosi e problemi di budget che si erano
dimostrati quasi insormontabili.
Poi di colpo le cose si erano
appianate da sole. Se
ne era parlato talmente tanto che i decisori erano stati presi per
sfinimento e senza ammetterlo ufficialmente avevano cominciato a
comportarsi come se la cosa fosse già stata decisa da altri, prima
di loro, per cui non si
doveva far altro che andare avanti verso la meta.
Ancora
qualche anno e i principali paesi industrializzati avrebbero infisso
le loro bandiere sul terreno polveroso del pianeta rosso.
Quella
mattina entrai nella libreria, con l'idea fissa che qualcosa, forse
il Destino inesorabile, avrebbe potuto cambiare il futuro.
-
Buongiorno signore, come posso servirla?. Mi disse il commesso appena
entrai.
L'avevo
visto tante volte dietro il bancone, attraverso le vetrate della
libreria. Era un uomo alto e magro, cui non riuscivo ad attribuire
un'età, forse a causa del ciuffo di capelli bianchi in mezzo a una
folta chioma bruna. Dal vivo sembrava ancora più magro di come
appariva dal di fuori. Il colorito della pelle era scuro, come fosse
abbronzato da un sole cocente che l'aveva quasi disseccato. Gli
zigomi alti e sporgenti in un viso allungato e leggermente
schiacciato ne facevano un tipo molto particolare, una di quelle
persone che non si possono dimenticare. L'avrei potuto scambiare
tranquillamente per un maratoneta etiope se non fosse per i modi
ostentatamente italiani e per la voce squillante quasi da bambino.
-
Cerco Cronache Marziane, di Bradbury. Risposi guardando negli occhi
il commesso che mi fissava da sopra i suoi occhialini a mezzaluna che
gli conferivano un'aria da intellettuale d'altri tempi.
-
Glielo devo ordinare signore. Rispose con voce impersonale e un
sorriso di circostanza che mi fece pensare, per un attimo, ad un uomo
falso.
- Ma
ho notato che ne avete una copia proprio in vetrina, nell'angolo, in
basso a destra...
- Mi
scusi. E' sicuro? Verifico subito anche se il terminale dice che non
abbiamo il volume che lei cerca. A volte però anche le macchine
possono sbagliare...
-
Guardi pure! Ribattei con stizza. Come si fa a non sapere cosa si
espone in vetrina?
- Sa
che ha ragione? Non l'avevo notato. E ancora quel sorrisino stupido.
-
Pacco regalo?
- No
grazie, non occorre. Pagai e uscii dalla libreria senza voltarmi. Non
vi sarei più entrato, pensai.
Cronache
Marziane, finalmente... L'avrei letto durante la pausa pranzo, in
Ufficio. L'Ufficio Centrale per la pianificazione della
Colonizzazione di Marte.
Anche
se scritto da Bradbury nel 1950, quasi ottanta anni prima, e senza le
conoscenze di oggigiorno sul pianeta e sul volo spaziale, magari
avrei potuto comunque trovarci qualcosa di utile per il mio lavoro.
D'altra parte la colonizzazione di un pianeta era qualcosa di
assolutamente inusuale e senza precedenti, almeno a dar retta alla
storia ufficiale e l'ausilio di grandi pensatori e di scrittori di
fantascienza era ormai comune per la realizzazione di grandi
progetti. Certo, Bradbury era passato a miglior vita nel 2012, ma ciò
non significava che non avesse potuto avere qualche intuizione e che
l'avesse riportata nel suo romanzo.
Bradbury
scrisse che su Marte vi era un'atmosfera respirabile dall'uomo, anche
se povera di ossigeno. Oggi sappiamo che non è così, l'ossigeno è
solo lo 0,13 per cento, non sufficiente ad ospitare la vita umana.
Scrisse
di estati calde e inverni freddi. Noi sappiamo che la temperatura
oscilla tra i -140 e i +20 gradi Celsius. Non proprio il massimo per
la vita che conosciamo ma in qualche modo gestibile con le tecnologie
di cui disponiamo.
L'acqua
è presente, anche se quasi sempre allo stato solido a causa delle
temperature rigide, ma anche questo non è un problema a patto di
avere un'ottima fonte di energia e di calore.
Ma
quali siano gli effetti di queste condizioni estreme sull'organismo
umano e sugli esseri viventi di cui avremo bisogno per sopravvivere
non possiamo dire niente perché non sappiamo niente! E' vero che
negli ultimi quarant'anni sono stati effettuati esperimenti per
studiare il comportamento umano e la condizione di salute di piccoli
gruppi isolati dal mondo e in condizioni estreme, ma in ogni caso
queste persone potevano contare sulla possibilità di soccorso in caso di necessità. Una volta installati i
primi insediamenti su Marte un eventuale soccorso non sarebbe stato
così immediato.
Come
si poteva pianificare la colonizzazione di un pianeta senza le minime
informazioni necessarie?
Era
stata la mia prima domanda al momento in cui mi avevano chiamato a
ricoprire l'incarico appena creato di responsabile della
pianificazione della missione.
- Non
lo sappiamo! Era stata la risposta. - Per questo ci rivolgiamo a Lei,
professor Ruffoli. Lei è uno scienziato di chiara fama e...
- Ha
detto bene, scienziato. Non uno stregone! Completai la frase con
ironia.
Eppure,
cosa avrebbero potuto fare quei burocrati se non rivolgersi ai
migliori centri di ricerca?
Così,
dopo un fine settimana di discussioni animate con la mia coscienza,
accettati l'incarico. Per lo meno avrei avuto la possibilità di
scegliermi la squadra di lavoro. Cosa che non capita tutti i giorni,
pensai. Venti persone per iniziare. Poi diventate quaranta e avevo
anche la possibilità di assumere temporaneamente chiunque avessi
ritenuto necessario per la buona riuscita dell'impresa. Budget
considerevole e soprattutto niente burocrazia per un progetto di tale
livello.
La
colonizzazione di Marte aveva avuto la benedizione del Presidente in
persona che ci aveva voluto incontrare per discutere le sue idee in
proposito. Indiscutibilmente un onore per noi tutti!
Il
lavoro procedeva incessante e frenetico. L'industria si era buttata
sullo sviluppo di nuovi materiali e dei processi di purificazione
dell'aria e di produzione dell'acqua e dei vegetali sintetici che ci
sarebbero occorsi nei prossimi vent'anni.
I
progressi nello sviluppo di materiali resistenti al calore e
ultraleggeri si potevano vedere e misurare ma i problemi erano altri
e su questi non si facevano passi avanti. Occorreva infatti creare
una nuova specie vegetale a crescita accelerata che fosse in grado di
sopravvivere con bassissime quantità di ossigeno e assorbisse molta
anidride carbonica.
Eravamo
partiti dalla canna da zucchero, una delle specie a crescita più
rapida sulla Terra ma ci eravamo arenati subito sulla sua possibilità
di adattamento alle basse temperature. Qualunque modifica si facesse
al suo DNA il risultato era sempre lo stesso: nulla di fatto!
Il
problema era legato alla sintesi degli zuccheri, simulando le
condizioni di luminosità del pianeta e del terreno particolarmente
ricco di ferro le proiezioni indicavano che - a meno di un qualche
miracolo - non si sarebbe riusciti ad aumentare considerevolmente la
presenza di ossigeno se non dopo almeno un millennio. E un millennio
non era un lasso di tempo compatibile con i piani di
colonizzazione...
(Continua...)
Alessandro RUGOLO