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venerdì 14 aprile 2017

Vincenzo Tiberio, Ufficiale medico della Regia Marina, primo italiano scopritore degli antibiotici.


Il ruolo della fortuna, più o meno casuale (serendipity) od orientata dalle competenze non è appannaggio solo del gioco o di tutte quelle azioni umane o sociali in qualche modo ad esso collegate.
Lo stesso dicasi per quanto riguarda l'informazione e la fama soprattutto se correlate con il Potere!
Anche in ambito scientifico, spesso, la più brillante competenza nella ricerca, pure dimostrata dalle scoperte conseguite, nulla può, nonostante i migliori risultati, contro l'oblio generato dalla ignoranza o superficialità dei contesti accademici o dalla insignificanza relativa delle Istituzioni o dei Paesi in cui le scoperte stesse vengono conseguite e segnalate! Così i Ricercatori e i loro lavori rimangono ignoti al grande pubblico, e addirittura alla comunità scientifica. Così le loro fatiche non solo non vengono premiate, ma non hanno nemmeno le positive ricadute che pure avrebbero dovuto avere, talora per tutta l'umanità!
E' questa la sorte, neanche a dirlo, di un brillane medico e biochimico italiano che fu, anche, Ufficiale Medico della Regia Marina: Vincenzo Tiberio. Egli nacque a Sepino in Molise il 1° maggio 1869 e dopo brillanti studi classici si iscrisse alla Facoltà di Medicina nella R. Università di Napoli. Prima ancora di laurearsi si dedicò con passione alla ricerca microbiologica nell'ambito dell'Igiene e della Microbiologia che continuò per tutta la vita.
Nel 1895, sulla Rivista scientifica “Annali d'Igiene sperimentale dell'Università di Roma”, pubblicò un articolo con il titolo “Sugli estratti di alcune muffe” come resoconto del suo lavoro in cui individuò per la prima volta il potere battericida di alcune particolari muffe: “L’autore ha osservata l’azione degli estratti acquosi [di vari tipi di muffe] su alcuni [microrganismi] patogeni... trovandoli forniti... di notevole potere battericida... Le proprietà di queste muffe sono di forte ostacolo per la vita e per la propagazione dei batteri patogeni.”
Nonostante la estrema esattezza e replicabilità della ricerca ed i suoi evidenti risultati terapeutici, la scoperta non ebbe alcuna diffusione né seguito in ambito universitario. Deluso nelle sue aspirazioni accademiche e cliniche, entrò nel 1896 nella Regia Marina Militare come Ufficiale medico.
Fu imbarcato su diverse Regie Navi e prese parte a numerose missioni anche in Mari lontani. Nel corso di queste operazioni ebbe modo di studiare, curare e risolvere diverse problematiche di natura infettivologia ed igienica.
Nel 1905 sposò la cugina, Amalia Teresa Graniero dalla quale ebbe tre figlie.Durante le attività di soccorso alle popolazioni colpite dal terremoto di Messina (1908) il suo impegno gli fece meritare la menzione d'onore “per essersi segnalato in operosità, coraggio e filantropia”.
Nel gennaio 1913 fu inviato a Tobruk, nella Libia appena conquistata, come Direttore della locale infermeria della Regia Marina. Sulla pubblicazione “Patologia libica e vaccinazione antitifica” riportò i risultati ottenuti con la sua lotta antitifica e l'uso della vaccinazione: in tutto il 1913 nella base di Tobruk ci furono solo due casi di paratifo di lieve entità. Per questo ricevette un elogio dalla Direzione della Sanità militare e la promozione a Maggiore.
Venne trasferito alla fine del 1914 a Napoli come Direttore del Gabinetto di Igiene e Batteriologia dell'Ospedale della Marina. Sperava di riprendere gli studi sulle muffe, a cui, durante gli anni di servizio nella Marina Militare, non aveva potuto dedicarsi in maniera costante e prolungata, ma non ebbe il tempo di farlo poiché un infarto cardiaco lo stroncò il 7 gennaio del 1915, all'età di soli 45 anni.
Nell'ultima decade dell'800 in cui Tiberio frequentò la Facoltà di Medicina e Chirurgia a Napoli, questo Ateneo non era solo luogo di istruzione, ma anche e soprattutto di ricerca, specie in campo batteriologico. In quel periodo, infatti, il professor Eugenio Fazio pubblicava un lavoro sulla Concorrenza vitale tra i batteri della putrefazione e quelli del carbonchio e del tifo e il professor Arnaldo Cantani sperimentava una terapia per la tubercolosi, applicando il principio dell'antagonismo di Louis Pasteur, e ottenendo interessanti risultati.
In questo ambiente, Tiberio, ancora studente in Medicina, iniziò a frequentare i laboratori di Igiene, per verificare alcune sue intuizioni. Nel cortile della casa di Arzano, dove viveva, vi era una cisterna per l'acqua piovana utilizzata anche per bere. Sul bordo della cisterna crescevano muffe che venivano, per ovvi motivi igienici, periodicamente eliminate. Ebbene, Tiberio notò che quando le muffe non c'erano si manifestavano infezioni gastrointestinali a carico degli utilizzatori dell'acqua, quando invece c'erano l'uso dell'acqua era innocuo.
Egli intuì un collegamento tra la presenza delle muffe e la crescita di batteri patogeni per l'organismo umano. Sottoposta a verifica sperimentale tale intuizione, Tiberio riuscì a dimostrare come l'azione terapeutica delle muffe fosse legata ad alcune sostanze presenti in esse. Riuscì inoltre ad isolare alcune di queste sostanze ed a sperimentarne l'effetto benefico fino ad arrivare alla preparazione di una sostanza con effetti antibiotici.
I risultati della sua ricerca, raccolti nella già citata pubblicazione, gli consentirono di osservare che: “Nella sostanza cellulare delle muffe esaminate sono contenuti dei principi solubili in acqua, forniti di azione battericida.”Nel lavoro suddetto sono descritti il metodo di preparazione del terreno di coltura e di prelevamento del liquido dalle piastre, le caratteristiche chimiche ed organolettiche del liquido e le tecniche di studio. La capacità di stimolare la risposta dei Globuli bianchi alle infezioni (chemiotassi), e il potere battericida di vari ceppi della muffa Aspergillus sul bacillo del tifo furono successivamente confermati da diversi ricercatori. 
Quasi contemporaneamente anche Bartolomeo Gosio, a Roma, in una specie di muffa, scoprì una metabolita con delle proprietà antibiotiche, e la purificò.
L'acido micofenolico (MPA) è stato il primo vero antibiotico della storia!
L'attività scientifica di Tiberio, che completò, alla fine dell'800, l'intero ciclo sperimentale dall'osservazione, alla verifica dell'ipotesi iniziale, fino alla preparazione delle sostanza antibiotica, era assai più progredita di quella di Alexander Fleming nel 1928/29. Quest'ultimo, conosceva probabilmente le ricerche di Tiberio e sicuramente quelle di Gosio nonostante la scarsadiffusione delle stesse al di fuori d'Italia, e arrivò alla scoperta della
penicillina, come egli stesso riferì, a causa di un errore: “la contaminazione involontaria di una capsula contenente colonie di Staphilococcus aureus con colonie fungine”, che aveva poi prodotto “un'inibizione della crescita batterica nelle colonie di Staphilococcus aureus”. Tuttavia, Fleming non riuscì poi a preparare sperimentalmente il farmaco, non chiudendo così il ciclo di ricerca, come avevano invece fatto a Napoli, Tiberio ed a Roma, Gosio.
Nel 1947, due anni dopo il conferimento del Premio Nobel ad Alexander Fleming, venne ritrovato il fascicolo degli Annali di Igiene sperimentale dell'Università di Roma del 1895, in cui era stato pubblicato il lavoro Sugli estratti di alcune muffe.
I risultati e le metodiche della ricerca furono diffusi su riviste scientifiche nazionali, ma, ovviamente, non ebbero la risonanza meritata.
Oggi la verità è ben nota, ma la fama di Tiberio è, nonostante tutto, conosciuta solo dai cultori appassionati della Storia della Medicina ed ignorata dai più!





Enzo Cantarano


Bibliografia

Benigno P, Un precursore delle ricerche sugli antibiotici, in Minerva Medica, no 37, II (1946).
Bentley R, Bartolomeo Gosio, 1863-1944: An Appreciation. In: Advances in Applied Microbiology. Vol 48, 2001, p. 229-250
Bucci R, Galli P, Vincenzo Tiberio: a misunderstood researcher, in Journal of Public Health, vol. 8, no 4, IX (2011), pp. 404-406.
Cantarano E, Carini L, Storia della Medicina e della Assistenza per le Professioni Sanitarie. UniversItalia 2013, pag 174.
Corcella R, La penicillina? Una scoperta italiana, in Corriere della Sera, 9 febbraio 2011.
De Rosa S, Aruta S (a cura di), Atti della conferenza Vincenzo Tiberio: il "vero" scopritore della penicillina, Napoli, Associazione Agrippinus, 2007.
Il caso Tiberio, su minerva.unito.it. URL consultato il 19 maggio 2014.
Sterpellone L, I grandi della Medicina. Le scoperte che hanno cambiato la qualità della vita, Roma, Donzelli Editore, 2004, p. 191.

venerdì 7 aprile 2017

La Cyber diventa una scienza?

Un po per caso, un po perché la mia curiosità mi porta sempre alla ricerca di nuove esperienze, qualche giorno fa ho notato che alla Sapienza, presso il Dipartimento di Informatica, organizzato dal Professor Mancini, (presidente del nuovo corso di laurea magistrale in Cybersecurity) si sarebbe svolto un seminario dal titolo interessante: “From Muddle to Model: Modeling and Simulation in Cyber”, ovvero, dal disordine alla modellazione: modellazione e simulazione in ambiente Cyber.
Il relatore era di sicuro interessante: Alexander Kott.
Decisi così di iscrivermi al seminario, aperto a tutti, e fortuna volle che vi fossero ancora posti disponibili.
Così il 3 aprile, nel primo pomeriggio, mi sono recato alla Sapienza a seguire il seminario e non mi sbagliavo. 

Relatore superlativo e seminario interessantissimo, un’occasione persa per chi non ha partecipato, infatti tra studenti, professori e curiosi in tutto saremmo stati in quindici.

Cominciamo però dall’inizio: chi è Alexander Kott?

Il relatore, PhD Alexander Kott, è Chief Scientist presso lo U.S. Army Research Laboratory in Adelphi. 
Autore, tra l’altro di un interessante testo sulla Cyber: “Cyber Defense and Situational Awareness”, pubblicato nel 2015 e che spero di riuscire a leggere presto. I suoi campi di ricerca sono principalmente l’intelligenza Artificiale e la Cyber.
I laboratori della US Army, dislocati in diversi stati tra cui gli USA, Regno Unito, Giappone e Cile, impiegano circa 3000 scienziati nei più diversi campi di ricerca di base, occupandosi di argomenti che diverranno capacità militari tra venti-trenta anni, avvalendosi per le ricerche, di collaboratori e studiosi provenienti da tutto il mondo.
Nel corso del suo intervento sono stati toccati temi interessanti e che meritano attenta riflessione.
In primo luogo è stato evidenziato come la Cyber stia diventando una scienza.
La scienza della sicurezza Cyber può essere descritta come lo studio e l'ottimizzazione delle relazioni tra Policy (P), attaccante (A) e difensore (D), per usare le parole del Relatore, si consideri:

Policy P : a set of assertions about what event should and should not happen. To simplify, focus on incidents I: events that should not happen;

Defender D : a model / description of defender’s defensive tools and techniques Td, and operational assets, networks and systems Nd;

Attacker A : a model / description of attacker’s tools and techniques Ta,

dunque     (I, Td, Nd, Ta) = 0.
Per cercare di essere chiari, lasciando perdere le formule che sono solo ed esclusivamente esemplificative, la sicurezza cyber è in relazione con le organizzazioni in campo, con le loro regole interne, con i vincoli esterni (normativi, tecnologici, economici, ecc...), con la preparazione del personale (attaccante e difensore che sia), con i decisori e la loro preparazione nella materia, con gli strumenti usati per l'attacco e per la difesa, con le reti (informatiche e non - vedasi il concetto di infrastrutture critiche e le relazioni esistenti tra esse e il cyber space).

Tutto ciò che ho detto può essere rappresentato attraverso modelli matematici più o meno complessi.
L'impiego di questi modelli consente, attraverso simulazioni (oppure emulazioni!) di eseguire test e fare previsioni.

Naturalmente il passo dalla cyber verso la "cognitive science" è breve e perchè questi studi abbiano una loro applicazione occorre approfondire il comportamento umano di fronte al rischio derivante da un attacco cyber. Ogni persona è diversa dal suo vicino e ciò fa si che il comportamento (la risposta comportamentale) di fronte ad un evento sia potenzialmente ogni volta diverso.   
Ma non voglio entrare in particolari che sono troppo complessi da trattare in per un articolo divulgativo per cui qui mi fermo.

Occorre però capire che chiunque voglia in qualche modo contare qualcosa nello specifico settore della Cyber Security dovrà organizzarsi per studiare e insegnare questa nuova disciplina.
Disciplina non esclusivamente confinata al mondo informatico ma che, anche grazie alla sua capacità di permeare tutti i settori della società dell’informazione, aspira ad una sua ben definita identità nel mondo accademico.
Nel campo addestrativo, il relatore ha fatto notare come la US Army ha recentemente riconosciuto l’importanza dell’addestrare gli Ufficiali (e non solo i tecnici!) a riconoscere un Cyber Attack.
La cosa non è banale ed è forse il primo passo per la diffusione massiva della conoscenza nel settore. 
Questo è comprensibile e logico in quanto nonostante sia utile che i tecnici siano in grado di riconoscere un attacco Cyber, è sicuramente più utile che gli Ufficiali delle armi non tecniche siano in grado di riconoscere un attacco di questo genere e possano, da una posizione di comando, prendere le corrette decisioni in merito.

Nel corso del seminario è emersa ancora una volta l’importanza, se non la centralità, dell’uomo nel riconoscere attività Cyber poste in essere dal nemico.
Esistono studi e software che cercano di individuare comportamenti potenzialmente pericolosi, ma sembra che niente sia meglio di persone, analisti, capaci, preparati e “open mind”. Non è un caso se gli analisti del settore sono rari e molto ben pagati.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

Fonti:
https://www.arl.army.mil/www/default.cfm?article=2380;
http://mastersicurezza.di.uniroma1.it/mastersicurezza/index.php/master-sicurezza