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sabato 18 maggio 2013

Gli Albani, di Elena Kocaqi

Ogni popolo conserva le memorie del passato, la sua storia, nella speranza di mantenere vivo il
ricordo dei propri avi e delle loro imprese. Così noi italiani abbiamo sempre fatto riferimento ai romani, grande popolo del passato, come nostri avi. I romani a loro volta facevano riferimento ai troiani, dicendo di discendere da Enea.
Talvolta la lettura di un libro di storia, scritto da una persona appartenente ad una diversa civiltà, porta a fare delle considerazioni sull'etnocentrismo della storia. Ogni popolo scrive la storia che conosce incentrata sul proprio popolo, tralasciando o ignorando popoli e fatti di cui non è direttamente protagonista.
La lettura del libro di Elena Kocaqi, scrittrice, storica e professoressa di storia e di giurisprudenza, cerca di mettere al centro del mondo antico il suo popolo e la sua nazione, l'Albania con lo scopo dichiarato di dare "un contributo alla conoscenza e alla rivalutazione della storia vera degli albanesi".
Lo fa ripercorrendo i testi antichi alla ricerca di testimonianze sull'origine del popolo albanese e della sua storia.
Leggendo le sue pagine si scopre che i pelasgi e gli illiri hanno la stessa origine e che i troiani sono anch'essi pelasgo-illiri. Così gli albanesi come i romani, gli scozzesi e i britannici hanno origine dagli stessi popoli e sono molto più simili di quanto comunemente si pensi.
L'autrice ripercorre i testi antichi e evidenzia l'origine dei popoli europei riportando alla luce antichi legami spesso dimenticati o ignorati.
Secondo l'autrice la storia antica può e deve essere rivista ridando al popolo albanese la posizione che gli appartiene. Secondo l'autrice la lingua albanese deve essere diffusa e studiata da chi voglia trovare le origini dei popoli, molti termini e nomi antichi infatti possono essere correttamente interpretati solo con questa antica lingua.
L'autrice ci guida per mano alla scoperta delle origini del popolo albanese, spiegando toponimi e nomi grazie all'uso della lingua albanese, ripercorrendone le vicissitudini attraverso le parentele tra famiglie reali europee, arrivando fino ai giorni nostri
Un grande lavoro che ha il pregio di vedere la storia da un punto di vista nuovo per un italiano.
 
E allora a lei, professoressa Kocaqi, i miei complimenti e in bocca al lupo per i suoi studi.
 
A voi lettori curiosi l'augurio di trovare nel libro spunti di riflessione utili per il vostro personale percorso di studio.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 5 maggio 2013

Procopio, la guerra gotica: sulla Sardegna

Ancora una piccola curiosità sul testo di Procopio sulle guerre gotiche.
Riguarda la Sardegna e alcune tradizioni quali il nome antico e il riso sardonico.
Voglio riportarvi il testo di Procopio, sicuro che troverò qualche curioso che andrà a leggersi l'intero libro. Siamo intorno al 552 d.C. e la guerrra contro i Goti di Totila è ormai al termine.
Procopio dice che intorno all'anno 17 dall'inizio della guerra...
 
        "Totila, proponendosi di occupare le isole attinenti all'Africa" - in quel periodo infatti Sardegna e Corsica dovevano essere inserite nella provincia romana dell'Africa - "radunata una flotta e postovi sopra un esercito conveniente, la spedì verso la Corsica e la Sardegna.
Coloro dapprima approdarono in Corsica e, niuno facendo resistenza, s'impadronirono dell'isola. Poscia occuparono anche la Sardegna. Ambedue le isole Totila fecesi tributarie. Saputo ciò, Giovanni che comandava le truppe romane d'Africa, spedì una flotta con molti soldati in Sardegna.  
Questi, giunti presso la città di Cagliari e accampatisi, proponevansi di porvi assedio, poichè non si credevano in grado di darvi assalto essendo colà un considerevol presidio di Goti. Appena sepper la cosa, i barbari, sortiti dalla città, improvvisamente piombarono addosso ai nemici e, messili facilmente in fuga, molti ne uccisero. I rimanenti fuggiti via ripararono pel momento sulle navi e poco dopo, salpati di là, recaronsi a Cartagine con tutta la flotta. Ivi rimasero a svernare, proponendosi di tornare al principio di primavera con maggiore apparato contro la Corsica e la Sardegna..."
 
In questa prima parte Procopio ci racconta uno spaccato della guerra combattuta dai romani (d'Oriente, in quanto l'Occidente era ormai scomparso sotto le macerie delle guerre!) contro i Goti che avevano occupato anche le isole. La Sardegna non doveva essere troppo abitata, anch'essa era stata teatro di guerre. Pochi anni prima, intorno al 535 d.C., era stata invasa dai Vandali...
Ma ora proseguiamo a leggere Procopio, che ci da alcune informazioni sulla Sardegna antica...
 
      "Sardò è il proprio nome di questa che chiamasi ora Sardegna."
 
Ecco che dalle nebbie sorge il ricordo di un antico nome dell'Isola...
 
       "Ivi nasce un'erba che agli uomini che la gustano produce subito letal convulsione di cui muoion poco dopo. E la convulsione produce in essi l'apparenza di certo riso che, dal nome del paese, vien chiamato sardonico."
 
E questo è quanto!
Finisce con la spiegazione del detto "riso sardonico" la digressione di Procopio sulla Sardegna...

E per ora anche per me è tutto!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 4 maggio 2013

Si può risparmiare su RAI e giornali?

Quando cominceremo a risparmiare sulle cose realmente inutili?
 
Quando ero giovane pensavo che qualcuno potesse realmente regalarti qualcosa senza chiedere niente in cambio... ora sono cresciuto e, pur non essendo certo che nessuno farebbe una cosa simile, sono diventato un po più scettico!
Oggi come oggi, dovunque mi giri, vi sono giornali in regalo abbandonati un po dappertutto! Certo, non sono proprio di buona qualità, ma d'altra parte cosa si può pretendere visto che sono gratis?
Gratis?!?
Ma ne siamo sicuri?
E chi è questo benefattore dell'umanità?
Anzi, chi sono questi benefattori, dato che esiste addirittura una certa concorrenza?
Non trovo la risposta... o forse voglio solo evitere di cercarla.
Lo Stato paga e tutti gli editori incassano... alla faccia della concorrenza!
Ecco dunque che in un momento come questo, in cui si dice di voler trovare soluzione alla crisi italiana, eliminare gli aiuti di Stato all'Editoria (e alla Tv) potrebbe essere un modo intelligente per risparmiare e per incentivare la concorrenza. Chi è più bravo va avanti, via le riviste spazzatura che sopravvivono solo grazie ai contribuiti statali, via anche le riviste che non servono ad altro che a finanziare i partiti politici, perchè anche questa è una realtà!
 
Che dire poi della RAI? Quando ero piccolo ricordo che esistevano due canali, RAI Uno e RAI Due che trasmettevano solo per alcune ore al giorno.
Oggi è tutto diverso, non so neanche quanti canali abbia la RAI... però vedo che la quantità non ha certo migliorato la qualità, anzi!
Eppure la tassa sul possesso della Tv, quella si che sale ogni anno, per finanziare...
E dunque, ecco alcuni suggerimenti per il nuovo Governo:
- via i finanziamenti ai giornali;
- via i canali RAI inutili e abbassiamo il canone, effettuando però dei controlli, a cura degli uffici erariali dei Comuni, porta a porta, per verificare che si paghi il canone. Tra l'altro, se si inserisce nel modello delle tasse, la denuncia del canone, occorrerebbe controllare solo quelli che non denunciano il pagamento, ma così sarebbe troppo facile far pagare tutti e dunque non verrà mai fatto!
 
Ma lasciamo perdere, meglio chiudere qui!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO 

mercoledì 1 maggio 2013

Fatto il governo, già iniziano le discussioni!

E' mai possibile che i nostri carissimi politici non capiscano che devono evitare di discutere e iniziare a lavorare?
Eppure credo che sia chiaro a tutti!
Forse mi ripeto ma ciò che occorre all'Italia è semplicemente iniziare a "fare" e smetterla di "parlare".
Io, e credo come me un po tutti gli italiani, voglio iniziare a vedere i fatti, basta con le chiacchiere!
Non parlo di grandi cose, parlo di piccole cose di tutti i giorni.
Alcuni esempi per essere chiaro:
- se si esce per strada in paese i marciapiedi sono sporchi e l'erba e alta, nessuno pulisce per strada. che fine hanno fatto i buoni vecchi spazzini? Qualcuno potrebbe dire che non si chiamano più spazzini, chiamateli come vi pare ma la sostanza non cambia, dove sono andati a finire? Non è che per caso sono stati tutti "promossi" a lavoro d'ufficio? Sono sicuro che qualcuno potrà dire che non ci sono soldi per assumerli e io rispondo, "perchè non si chiede a chi riceve un contributo dallo Stato (disoccupazione, sussidi, cassa integrazione) di rendere un servizio pubblico? Facciamo attenzione perchè gli aiuti sono necessari ma a lungo andare creano dipendenza!
- chi controlla? Tutte le organizzazioni necessitano che qualcuno dia disposizioni (o ordini!) e poi occorre controllare che le stesse sia no state seguite e che il risultato voluto sia stato raggiunto. Ma voi vedete mai nessuno (al di la dei vigili urbani) che controlli? Vi è mai capitato di vedere un funzionario pubblico in un supermercato che controlla i prezzi? Oppure il Sindaco che gira per strada per controllare che i dipendenti pubblici svolgano i l loro lavoro? Qualcuno è mai venuto a csa vostra a chiedere di mostrare i documenti relativi alla vostra residenza? Voi direte, per fortuna non passa nessuno... Bene, allora noi italiani abbiamo ciò che ci meritiamo!
- lo Stato spende milioni di euro per le elezioni... ma per quale motivo? I locali sono dello Stato, quasi sempre si tratta di scuole, il personale è forse la spesa maggiore? Ma allora perchè non fare fare il lavoro a chi, disoccupato, già riceve un sussidio? Oppure ai nuovi maggiorenni, quale contributo gratuito alla nazione? Attenzione, non si tratta di sfruttamento ma semplicemente di applicazione della reciprocità Diritti-Doveri!
- si parla di crisi delle piccole imprese: ma allora perchè si accettano i grandi monopoli? E ne esistono di veramente grandi e istituzionalizzati. Parliamo della CONSIP? Che altro è se non un modo per far chiudere tutti i piccoli produttori e rivenditori dei paesi dell'Italia? Non sapete cosa sia la CONSIP? Male... è vero che (forse) lo Stato risparmi nell'acquisizione centralizzata dei beni per le Pubbliche Amministrazioni ma quali sono gli effetti collaterali sul tessuto economico locale? Qualcuno ha mai pensato che se i piccoli chiudono lo Stato ne paga le conseguenze?
Ma per oggi credo di aver parlato abbastanza, mi auguro che qualcuno prenda queste mie parole come consigli e si dia da fare, magari senza parlare, ma con i fatti!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO