 Disertori
 in avanti, così definì Filippo Tommaso Marinetti gli autori 
dell’impresa fiumana capeggiati dal poeta Gabriele D’Annunzio. Poco meno
 di tremila legionari fuoriusciti dal regolare Regio Esercito 
occuparono, nel settembre del 1919,
 la città di Fiume e la dichiararono italiana. Pietro Badoglio, che in 
quel periodo era stato nominato dal Governo Nitti Commissario 
Straordinario per la Venezia-Giulia li dichiarò disertori e ne voleva la
 testa. Si sfiorò una guerra civile in un territorio,
 quello fiumano, che veniva annesso al Regno d’Italia senza che il Re e 
il Governo lo volessero, tra l’altro D’Annunzio diede a Fiume una 
costituzione repubblicana scritta dal leader del Sindacalismo 
Rivoluzionario Alceste de Ambris. Fiume, dopo la Prima Guerra
 Mondiale, essendo a maggioranza italiana, divenne territorio di contesa
 sull’onda dell’irredentismo italiano che aveva contribuito alle ragioni
 stesse dello scoppio della guerra. Alla fine del conflitto, la 
Conferenza di Parigi stabilì che Fiume non poteva
 essere Italiana, e a molti nazionalisti italiani questa decisione non 
piacque, perché contraddiceva uno dei principi della Conferenza stessa, 
quello della “Autodeterminazione dei Popoli”. D’Annunzio si fece 
portavoce di questa contraddizione e con i suoi legionari
 occupò Fiume.
Disertori
 in avanti, così definì Filippo Tommaso Marinetti gli autori 
dell’impresa fiumana capeggiati dal poeta Gabriele D’Annunzio. Poco meno
 di tremila legionari fuoriusciti dal regolare Regio Esercito 
occuparono, nel settembre del 1919,
 la città di Fiume e la dichiararono italiana. Pietro Badoglio, che in 
quel periodo era stato nominato dal Governo Nitti Commissario 
Straordinario per la Venezia-Giulia li dichiarò disertori e ne voleva la
 testa. Si sfiorò una guerra civile in un territorio,
 quello fiumano, che veniva annesso al Regno d’Italia senza che il Re e 
il Governo lo volessero, tra l’altro D’Annunzio diede a Fiume una 
costituzione repubblicana scritta dal leader del Sindacalismo 
Rivoluzionario Alceste de Ambris. Fiume, dopo la Prima Guerra
 Mondiale, essendo a maggioranza italiana, divenne territorio di contesa
 sull’onda dell’irredentismo italiano che aveva contribuito alle ragioni
 stesse dello scoppio della guerra. Alla fine del conflitto, la 
Conferenza di Parigi stabilì che Fiume non poteva
 essere Italiana, e a molti nazionalisti italiani questa decisione non 
piacque, perché contraddiceva uno dei principi della Conferenza stessa, 
quello della “Autodeterminazione dei Popoli”. D’Annunzio si fece 
portavoce di questa contraddizione e con i suoi legionari
 occupò Fiume.
Perchè questa vicenda ci porta ad Antonio Gramsci, dato che D’Annunzio e 
Gramsci militavano su fronti molto diversi?
D’Annunzio, borghese, di destra, nazionalista e successivamente vate del fascismo poco sembrerebbe avere in comune con Gramsci, operaista, di sinistra, internazionalista e fondatore successivamente del Partito Comunista d’Italia. Per capirlo dobbiamo partire da alcune considerazioni e dalla figura di Alceste de Ambris, colui che scrisse la Costituzione della Fiume italiana.
D’Annunzio, borghese, di destra, nazionalista e successivamente vate del fascismo poco sembrerebbe avere in comune con Gramsci, operaista, di sinistra, internazionalista e fondatore successivamente del Partito Comunista d’Italia. Per capirlo dobbiamo partire da alcune considerazioni e dalla figura di Alceste de Ambris, colui che scrisse la Costituzione della Fiume italiana.
Gramsci
 non ha mai disprezzato ne la borghesia nel suo profondo ne l’Unità 
d’Italia, certo lui da sinistra pensava ad una società diversa da quella
 borghese e monarchica uscita dal processo dell’Unità d’Italia. Gramsci 
voleva più protagonismo
 per le classi subalterne soprattutto per i braccianti del sud che, a 
suo dire, erano stati traditi dal Risorgimento. Tuttavia Gramsci vedeva
 nella Borghesia una classe emancipata ed evoluta rispetto alla classe 
parassitaria dei nobili e vedeva nell’Unità
 d’Italia comunque un progetto di emancipazione e una opportunità anche 
per la classe operaia. Nell’impresa di Fiume Gramsci vede esplodere tutte 
le contraddizioni della monarchia, della borghesia dominante e del 
processo unitario. La quasi guerra civile
 che sembrava esserci tra d’Annunzio e il governo Italiano 
testimoniavano l’incompiutezza del processo risorgimentale, e la 
fragilità della classe dominante. D’Annunzio, dal canto suo, affidò la 
costituzione della
Reggenza Italiana del Carnaro – così si chiamò la repubblica 
italiana di Fiume - ad un Repubblicano e fondatore del sindacalismo 
rivoluzionario, il socialista Alceste de Ambris. La Costituzione di de 
Ambris (nota come Carta del Carnaro) superava di molto
 lo statuto Albertino in termini rivoluzionari, termini cari anche ad 
Antonio Gramsci. Riporto qui due degli articoli più significativi, della
 carta del Carnaro, perché a ben vedere assomigliano molto alla nostra 
attuale Costituzione Repubblicana:
« Art.
 2 - La Repubblica del Carnaro è una democrazia diretta, che ha per base
 il lavoro produttivo e come criterio organico le più larghe autonomie 
funzionali e locali. Essa conferma perciò la sovranità collettiva di 
tutti i cittadini
 senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di classe e di 
religione; ma riconosce maggiori diritti ai produttori e decentra, per 
quanto è possibile, i poteri dello Stato, onde assicurare l'armonica 
convivenza degli elementi che la compongono. »
« Art.
 5 - La Costituzione garantisce inoltre a tutti i cittadini, senza 
distinzione di sesso, l'istruzione primaria, il lavoro compensato con un
 minimo di salario sufficiente alla vita, l'assistenza in caso di 
malattia o d'involontaria
 disoccupazione, la pensione per la vecchiaia, l'uso dei beni 
legittimamente acquistati, l'inviolabilità del domicilio, l'habeas 
corpus, il risarcimento dei danni in caso di errore giudiziario o di 
abuso di potere. »
Sembra
 la nostra costituzione, anzi essa si porta avanti, prevede addirittura 
il salario minimo garantito. Queste posizioni che evidentemente venivano
 dal repubblicano e socialista de Ambris colpirono l’attenzione di 
Gramsci. Gramsci sembra
 scorgerci le soluzioni ai problemi del processo unitario così come li 
aveva intravisti anche lui. Gramsci cercò di incontrare d’Annunzio, ma 
non fece in tempo (in realtà non lo sappiamo per certo), l’esperienza 
fiumana finì presto. D’Annunzio ritornò su posizioni
 di destra che lo portarono a sostenere Mussolini, Gramsci uscì dal 
Partito Socialista per andare verso posizioni più radicali e fondare il 
PCd’I . Sullo sfondo resta la figura poco nota di Alceste de Ambris. De 
Ambris fu antifascista, ma restò nel Partito
 Socialista Italiano, si trasferì a Parigi per scampare al fascismo, 
anche se Mussolini, che da giovane condivideva le stesse idee di de 
Ambris, cercò di portarlo nel partito fascista. In Francia de Ambris si 
adoperò per fondare la LIDU (Lega Italiana per i
 Diritti dell'Uomo) ma morì a soli 60 anni. Dopo la seconda guerra 
mondiale, nel 1964, alcuni Socialisti e Repubblicani con una 
sottoscrizione fecero tornare la salma in Italia – oggi sepolta a Parma –
 e sulla lapide hanno fatto scrivere:
"Alceste de Ambris - scrittore-tribuno-combattente per la libertà e la giustizia. Licciana 1874 - Brive 1934".
Alessandro GHINASSI
 
 
