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Visualizzazione post con etichetta Storia degli ebrei a Ferrara. Mostra tutti i post
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giovedì 4 dicembre 2008

Storia della comunità ebraica di Ferrara

La presenza di una cospicua comunità ebraica contribuì in modo rilevante allo sviluppo della città di Ferrara che, divenuta nel 1267 signoria degli Estensi, fu uno dei principali centri culturali, economici ed artistici del Rinascimento. Le prime notizie certe riguardanti gli ebrei di Ferrara risalgono al 1275, anno in cui il podestà di Ferrara, Obizzo D’Este, conferì loro immunità e protezione, in virtù della loro utilità per la città.
Nei secoli successivi, con il rafforzarsi della signoria degli Estensi, la situazione degli ebrei andò facendosi sempre più florida, non solo per merito dei banchi di credito. Tra il 1400 e il 1500, prima sotto il duca Borso e più tardi sotto Ercole I, D’Este vennero benevolmente accolti in città ebrei profughi provenienti dalla Spagna, dal Portogallo e, sotto Ercole II, anche dall’Europa orientale. Ferrara divenne in quegli anni un crogiolo di varie culture e il livello sociale, finanziario e culturale fu altissimo. La situazione favorevole nei riguardi degli ebrei si deteriorò nel 1597 quando, morto il duca Alfonso senza eredi maschi, Ferrara passò al papato. Iniziò cosi un’epoca di mortificazioni e nel 1627 gli ebrei vennero rinchiusi nel ghetto.
Il vocabolo "ghetto" deriva dal nome comunemente usato a Venezia per indicare l’area urbana della città ad uso esclusivo delle famiglie israelite.
A Ferrara l’area del ghetto comprendeva la zona tra via Mazzini, chiamata anticamente via dei Sabbioni, perché sorta sul letto prosciugato di un corso d’acqua, via Vignatagliata e via della Vittoria. Questa zona venne chiusa da cinque cancelli tra il 1624 e il 1627 e designata come l’unico spazio concesso agli ebrei residenti nella Ferrara dell’epoca. Con tale provvedimento anche Ferrara si allineava alla politica papale vigente che aveva l’obiettivo di limitare l’unione tra le famiglie ebraiche e quelle cattoliche chiudendo le vie già abitate per la maggior parte da famiglie ebraiche e consentendo loro libera circolazione in città solo nelle ore diurne dall’alba al tramonto. Nel ghetto, spesso vittime di angherie e pressioni, gli ebrei rimasero fino alla fine del potere temporale, con due brevi parentesi di libertà: la prima in corrispondenza dell’epoca napoleonica, quando l’editto emanato l’8 settembre 1796 dal commissario del Direttorio esecutivo Salicetti decretò che "gli ebrei di Ferrara ci goderanno i medesimi diritti che gli altri cittadini di questa Legislazione"; la seconda nel 1848. I cancelli vennero abbattuti definitivamente nel 1859. Da quell’anno, pur avendo trascorso due secoli e mezzo nel ghetto, gli ebrei ferraresi si integrarono rapidamente nella comunità cittadina, a tutti i livelli e in tutti i settori. Le restrizioni a cui erano stati sottoposti avevano lasciato in essi un forte desiderio represso di assimilazione: per certi versi gli ebrei di Ferrara erano più ferraresi dei concittadini cattolici. Il loro dialetto ricalcava in larga misura il dialetto ferrarese del Rinascimento; infatti a causa del totale isolamento, gli ebrei quando uscirono dal ghetto parlavano più o meno la stessa lingua di quando vi erano stati rinchiusi. L'avvento del fascismo non interruppe il processo di integrazione, infatti all’ inizio del fascismo, molti ricchi ebrei ferraresi, erano attivi sostenitori, mentre gli antifascisti (sia ebrei che non ) furono esiliati e gli fu tolta la possibilità di lavorare.


Storia del mio prozio che diventò ebreo per amore.

Nel 1938 iniziarono le discriminazioni razziali. Mio Zio classe 1910 aveva 28 anni , si chiama Ermenegildo Sigismondo Ghetti attualmente vive in Brasile, esattamente a Florianopoli, nello stato di Santa Caterina nelle vicinanze di S.Paolo. In questo momento e’ un arzillo vecchietto di 98 anni ancora molto in gamba, si vanta di seguire l’ azienda di famiglia insieme ai figli, e parla correntemente 3 lingue. Con l’ aiuto di mia zia, gli ho fatto un intervista tramite MSN e lui mi ha risposto in modo preciso e scientifico, perché certi avvenimenti sono scolpiti in modo indelebile nella sua mente e tuttora viene chiamato a tenere conferenze per non dimenticare le tragedie della seconda guerra mondiale.

Allora zio come stai?

Devo fare una relazione sulla Comunità ebraica di Ferrara e credo che tu possa essere il diretto testimone di molti fatti accaduti dal 1938 in poi, a seguito delle leggi razziali, raccontami la tua storia e gli avvenimenti di quel periodo.

Ciao piccola Greta, io sto bene, qui c’è un bellissimo sole e un mare stupendo! Tutte le mattine quando apro la finestra della mia camera vedo i gabbiani e il sole che sorge e mi infonde molta tranquillità a parziale ricompensa di tutto quello che ho dovuto patire nella mia giovinezza!. Ma andiamo con ordine: Sono nato il 14 Dicembre 1910 (festeggiamo il compleanno lo stesso giorno! Spero che per il prossimo compleanno tu possa essere qui cosi’ lo festeggiamo insieme !) a Ferrara, da una famiglia cattolica, eravamo 7 figli ed io sono il terzo di 4 maschi e 3 femmine. Io ero la pecora nera della famiglia , infatti frequentai il Liceo Classico a Ferrara e successivamente mi iscrissi alla facoltà di Economia e Commercio a Bologna dove mi laureai brillantemente a 23 anni! I guai per me iniziarono all’ eta’ di 17 anni quando mi innamorai di Anna Levi la mia futura moglie, ma di origine e famiglia ebraica. Le nostre famiglie osteggiarono la nostra storia d’ amore perché di religione diverse, inoltre il padre di Anna voleva che la figlia sposasse un ricco Avvocato Ferrarese. Noi eravamo innamorati e alla minaccia della figlia di scappare di casa, il padre concesse a Anna di frequentarmi e in futuro (dopo la laurea di entrambi) di sposarmi, ma a una condizione: Io dovevo convertirmi alla religione ebraica! . Per me non e’ stato un problema io amavo Anna ma per i miei genitori fu un grosso trauma, ma alla fine capirono e accettarono la mia scelta. Ci sposammo all’ eta’ di 25 anni dopo la laurea di entrambi e andammo a vivere vicino ai genitori di lei in via Vignatagliata in una casa di proprietà della famiglia Levi. Io lavoravo presso uno studio commerciale mentre Anna, laureata in giurisprudenza (evento molto raro in quegli anni ) insegnava alle scuole superiori. In quegli anni si cominciava ad avvertire il clima pesante: Mio suocero era un convinto antifascista e già all’ epoca svolgeva un’attività antifascista clandestina , era anche amico di Italo Balbo al quale era legato da amicizia decennale nata molti anni prima e che andava oltre le ideologie politiche. Balbo aveva assicurato a mio suocero che Mussolini non avrebbe mai introdotto le leggi razziali in quanto all’ interno del partito vi erano forti opposizioni e inoltre Mussolini stesso godeva dell’ appoggio di molti ebrei.

Che cosa avvenne in quel periodo?

Nel 1938, Mussolini per compiacere all’ alleato tedesco, introdusse le leggi razziali, ovvero una serie di provvedimenti che limitavano gravemente i diritti e la dignità degli ebrei , si arrivò alla proibizione dei matrimoni misti, (fortunatamente con Anna io ero già sposato) vennero espulsi gli ebrei dalle forze armate, dalle industrie, dai commerci, dalle professioni, dagli enti pubblici. Si pose un limite alle proprietà immobiliari, si diminuì la capacità nel campo testamentario, in materia di patria potestà, di adozione, di tutela e di affiliazione. Io e mia moglie perdemmo il lavoro, fummo cacciati in modo ignobile dallo studio e dalla scuola, e in casa nostra iniziarono le perquisizioni quasi giornaliere alla ricerca di prove dell’ attività antifascista. Ai miei suoceri e a noi fu requisito il palazzo in cui vivevano. In quel periodo vivevamo in dieci nello stesso luogo sotto continue torture psicologiche. Tuttavia per permettere ai bambini e ai ragazzi ebrei di andare a scuola e di continuare gli studi fu istituito in Via Vignatagliata una scuola ed io e mia moglie insegnavamo li. Alcune autorità erano contrarie, non volevano che gli ebrei avessero l’opportunità di studiare, altri credevano che fosse una cosa positiva radunare tutti gli ebrei nella scuola, così si potevano controllare meglio. Gli insegnanti erano tutti ebrei: mia moglie ed io insegnavamo italiano . Io davo anche lezioni “clandestine “ di inglese. Noi, tutto sommato eravamo fortunati, perché lo zio di mia moglie era cieco e invalido di guerra (1915-1918) e quindi avevamo diritto a tenere, la radio e la televisione cosa che agli altri era proibita. Tra di noi ci consolavamo e aspettavamo che la guerra finisse. Non sapevamo cosa sarebbe poi capitato, al massimo credevamo che ci avrebbero portato nei campi di lavoro o di concentramento, ma tutti insieme. D’altronde dicevamo: "siamo tutti uguali." e lo zio ha una medaglia d’argento, tuttavia si avvertiva il pericolo perché io all’ epoca coordinavo la resistenza antifascista mantenendo i collegamenti con Bologna per mezzo di mio fratello che lui aveva libertà di movimento. Poi avvenne un avvenimento che di colpo spezzo’ la nostra vita.

Ovvero che cosa successe?

A Verona, il 14-15 novembre del 1943 ci fu un grosso convegno fascista e il federale fascista di Ferrara, Ghisellini, partì in macchina per andare a questo convegno, ma fu ammazzato. Non si sapeva se fossero stati gli stessi fascisti o i partigiani: fatto sta che quando tale notizia arrivò a Verona, molti fascisti partirono per Ferrara per punire gli antifascisti ebrei e c’è stata una lunga notte di strage ; Diffusa la notizia di tale assassinio, le squadracce di Verona e di Padova giunsero a Ferrara verso le 20 attraversando in camion le vie deserte del centro. In poche ore i fascisti strapparono dalle case settantaquattro persone, appartenenti a tutti i ceti sociali, metà delle quali ebrei e l’altra metà sospettate di essere antifascisti. In quella maledetta notte fui arrestato sotto gli occhi atterriti di mia moglie e gli strilli di paura di nostro figlio Mauro di due anni, e insieme a me anche mio suocero e lo zio cieco . Ricordo come oggi che uno dei militari disse “ Fai stare zitto il bambino o lo ammazzo!” Anna si paro’ davanti a Mauro e fortunatamente quell’ uomo fu richiamato da un altro !. Il giorno seguente a questa tragica notte mentre mia moglie camminava per la città vide i cadaveri degli uomini ammazzati per rappresaglia davanti al castello. I fascisti non volevano che venissero sepolti perché tale macabro spettacolo doveva essere un chiaro messaggio alla cittadinanza; per fortuna, in seguito il vescovo di Ferrara riuscì a convincerli a seppellirli. Io , mio suocero e lo zio eravamo in carcere non nello stesso ambiente ma in celle divise. Alla mattina verso le 5 le guardie fecero un appello e chiamarono alcune persone, una di loro alzandosi disse: “ per me e’ finita addio”. Io sono stato molto fortunato perché, in principio, mi avevano inserito nell’ elenco delle persone da fucilare poi hanno smesso le fucilazioni in quanto i morti erano sufficienti. Purtroppo dopo quella maledetta notte non ho Più visto ne’ lo zio cieco ne mio suocero al quale nel corso degli anni mi sono molto affezionato. In uno dei colloqui in carcere con Anna le dissi: “ Anna scappa da Ferrara vai in Montagna a Lizzano la sarai Più sicura e sai da chi devi andare”. Lei non voleva andare via, ma visto il precipitare degli eventi scappò con nostro figlio Mauro e sua sorella. Noi la situazione degli ebrei in Germania e in Polonia, non la conoscevamo chiaramente, ma correvano voci. Erano i profughi che passavano per Ferrara che mettevano in guardia gli ebrei ferraresi su quel che stava accadendo in Germania e quello che sarebbe accaduto in Italia. Una delle frasi ricorrenti che si sentivano fino all’ultimo in famiglia e dagli altri ebrei era: "Quello che è accaduto in Germania non è possibile che accada in Italia ".Motivo per cui alla fine solo mia moglie e sua sorella scapparono. Il resto della famiglia rimase a Ferrara.

Come ha fatto la zia Anna e sua sorella a sopravvivere in montagna?

Grazie agli aiuti dei contadini e dei montanari italiani; centinaia di famiglie ebree furono da essi ospitati con semplicità e altruismo. Se gli ebrei rifugiati in montagna avessero dovuto trascorrere due inverni senza tetto, senza coperte, sicuramente sarebbero morti di freddo e di fame; per fortuna ci sono stati gli aiuti delle popolazioni di montagna le quali con generosità ammirevole divisero con loro le poche risorse di cui disponevano. Il momento più difficile per i rifugiati si verificò quando fu ordinata la denuncia degli inquilini e l’indicazione sulla porta di casa delle generalità di ogni singolo locatario. A causa di tale disposizione, molti dovettero abbandonare le case in cui abitavano e ritirarsi in baite sperdute prive spesso di porte e di finestre; pure in questo caso le popolazioni circostanti prestarono il loro aiuto fornendo loro attrezzi e viveri, evitando a questi infelici la morte per inedia e per freddo. Anna e sua sorella ospiti di una famiglia locale ricambiarono l’ospitalità insegnando ai bambini sia l’ italiano che l’inglese (cosi’ quando arrivavano gli americani riuscivano a farsi capire), aiutando le famiglie nei lavori domestici e a mantenere i collegamenti con i partigiani che rimanevano sui monti. Io credo di essere stato molto fortunato perché durante un bombardamento riuscii a scappare dal carcere di Via Piangipane e tra mille peripezie raggiunsi mia moglie e mio figlio a Lizzano e non ti dico la gioia di questa riunione . Non ho saputo Più nulla fino alla fine della guerra ne’ di mio suocero ne’ dello zio, successivamente ho scoperto che erano morti di “morte naturale” cosi’ almeno diceva il rapporto dei carabinieri. Dopo cinquanta anni, nel 1993, aprirono gli archivi della questura, io mi ci recai li e ricevetti i miei dossier e sulla copertina c’era scritto : "Cercare assolutamente la moglie e il figlio, nascosti da qualche parte".

Finita la guerra che cosa avvenne?

Siamo tornati a casa, di quello che era la nostra casa non esisteva più nulla, solo macerie, il resto della famiglia era morto sotto i bombardamenti , mentre i miei genitori e le mie sorelle si erano miracolosamente salvati perché vivevano in campagna e i loro rifugi non erano stati bombardati. Dei miei fratelli non si sapeva nulla tranne che erano stati arrestati e deportati in un campo di concentramento. Dei tre deportati e’ tornato solo mio fratello Guido che come ben sai e’ morto lo scorso anno a 101 anni. Sono stati anni molto duri, erano i soldati americani che ci davano da mangiare, mentre i miei genitori ci ospitarono in campagna o almeno in quello che rimaneva della loro casa. Io parlavo molto bene l’ inglese e iniziai a lavorare con il comando americano come interprete, seguivo gli ufficiali in giro per l’ Italia appena liberata e mia moglie era dai miei genitori insieme a sua sorella e a Mauro che fortunatamente sembrava passato abbastanza indenne a questa terribile esperienza. Oramai a Ferrara non avevamo più nulla che ci legava e cosi’ quando mi proposero un lavoro negli Stati Uniti in un ente governativo accettai ed io, Anna e Mauro ci trasferimmo per iniziare una nuova vita e cercare di rimarginare le ferite e le umiliazioni a noi inferte. Siamo rimasti in America fino al 1975, nel 1960 sono venuti a vivere qui anche mio fratello Guido e la sorella di Anna. Purtroppo nel 1990 la mia amata Anna e’ mancata. In America ci siamo costruiti una nuova vita abbiamo avuto altri due figli Marco e Giovanni. Nel 1980, Mauro ha aperto azienda insieme ai suoi fratelli a Florianopoli , dove viviamo tuttora ,che si occupa di import export per l’Italia di macchine agricole ed io vivo in un appartamento circondato dall’affetto dei miei figli, mogli 9 nipoti e 2 pronipoti.

Che cosa fai ora ?

Dove vivo sono considerato un po’ la memoria vivente di fatti successi e per non dimenticare quello che e’ avvenuto le scuole della comunità italiana ma anche la comunità ebraica locale mi chiamano per raccontare quei terribili avvenimenti.

Provi odio o rancore verso queste persone per il male che ti hanno fatto?

Oggi riesco a raccontare questi avvenimenti con una certa serenità, ma le ferite e le umiliazioni subite non si sopiranno mai nella mia coscienza. Oggi non provo né odio, né rancore: le cose che ti ho raccontato sono terribili ma ci sono stati degli episodi positivi, io non sarei qui se non mi avessero aiutato, poi l’odio credo che sia una reazione sbagliata. Sicuramente oggi e’ molto meglio parlare ai giovani perché più che studiare sui libri di storia fatti che sembrano lontani credo sia meglio raccontare per far capire che la pulizia etnica effettuata in quei terribili anni e’ ancora molto vicina e non si può dimenticare.

Greta PETAZZONI