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giovedì 21 novembre 2013

Il mito di Cecrope e la relazione con la nascita del Mediterraneo

In questi giorni ho avuto l'opportunità di leggere "Pericle", di Claude Mossé.
Il libro è molto interessante e prende in considerazione il periodo il cui la democrazia ateniese fu guidata dall'Alcmeonide Pericle.
Pericle visse tra il 495 e il 429 a.C. e fu, nel bene e nel male, artefice della fortuna ateniese del periodo.
Ma in questo articolo non voglio discutere di pericle o del libro che ho letto, mi interessa solo riportare una informazione che vi ho trovato e cercare di correlarla con altre informazioni provenienti da altri libri e di cui ho parlato in alcuni articoli, in particolare:
- Ancora su "Questioni Naturali"... da Lucio Anneo Seneca;
 
In questi due piccoli articoli ho messo in evidenza il fatto che, a detta di alcuni autori antichi, il mar Mediterraneo si sia formato in un'epoca molto più recente di quanto pensi oggigiorno il mondo accademico.
Secondo la scienza infatti il mar Mediterraneo si sarebbe formato tra i cinque e i sette milioni di anni fa, verso la fine del Messiniano. Come ben sappiamo in tale periodo l'uomo era ancora ben lontano da essere ciò che è attualmente e difficilmente avrebbe potuto tramandare un accadimento quale l'apertura dello stretto di Gibilterra e le conseguenti distruzioni dovute all'irruzione delle acque nell'attuale bacino.
Ma tutto ciò è già stato detto e se volete potete leggerlo nei due articoli indicati. Torniamo dunque alla notizia che ho appreso leggendo Pericle, ve la riporto così come l'ho trovata, a pag. 146, mentre vengono descritte le decorazioni che si trovano sul frontone  del Partenone:
 
"Le scene dei frontoni rievocano miti propriamente ateniesi: da una parte la nascita di Atena, dall'altra la disputa tra Poseidone ed Atena per il possesso dell'Attica [..] La disputa tra Poseidone ed Atena per il possesso dell'Attica era legata al mito del primo re di Atene, Cecrope. Costui aveva consultato l'oracolo di Delfi a proposito di un doppio prodigio che si era manifestato in Attica: l'improvvisa apparizione di un  mare di acqua salata e la nascita di un olivo..."
 
E qui mi fermo!
Cosa significa questo mito?
A cosa si riferisce Cecrope con "l'apparizione di un mare di acqua salata nell'Attica?
Ho deciso di approfondirne lo studio, anche perchè, dai pochi dati che risultano a disposizione Cecrope è vissuto intorno al 1560 a.C..
Se il mito fosse interpretabile come il ricordo di un avvenimento reale, la conseguenza dell'apertura della nascita del mar Mediterraneo, allora si potrebbe far risalire a quel periodo l'avvenimento.
Occorre ricordare inoltre che si pensa che proprio in quel periodo abbia avuto fine la civiltà Minoica a Creta, forse proprio a causa di uno  o più terremoti. Ma non cavalchiamo con la fantasia!
Tempo addietro, leggendo un testo antico, trovai un riferimento al fatto che un tempo la Grecia non era come la si conosce oggi, ma si trattava di un altipiano, che poi la forza del mare trasformò in quello che è oggi, terra frastagliata e isole. Non ricordo dove lessi questa storia ma anche questo si va ad aggiungere a quanto precedentemente detto.
 
Vi lascio con una semplice domanda:
E se il mar Mediterraneo si fosse formato, diciamo, intorno al 1500 a.C.?
Vi sono evidenze archeologiche che potrebbero sostenere questa teoria?
 
Io credo che la cosa sia quantomeno possibile ma ne riparleremo più avanti, quando leggendo tra i testi antichi troverò qualche altra traccia di questi avvenimenti antichi!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO


sabato 19 ottobre 2013

Sull'apertura del Mediterraneo secondo Gian Francesco Masdeu Barcellonese

Pubblicata a Firenze nel 1787, la "Storia critica di Spagna", riporta per il piacere degli appassionati di antichità del mondo tantissime notizie sui fenici, sulle colonne d'ercole e Tartesso.
Tra le notizie curiose vi è anche il ricordo dell'apertura del Mediterraneo a causa di un terremoto, notizia che ho già trovato in altre occasioni ma che merita tutta l'attenzione del caso viste le eventuali implicazioni sul passato sviluppo della civiltà umana ed europea in particolare.
Ma vediamo cosa dice il nostro autore (Tomo I, parte II, XXIV), mentre parla delle Colonne d'Ercole:

"Fu antica tradizione, che i suddetti monti di Abila e di Calpe, ultimi termini dell'Africa e Europa, fossero anticamente congiunti insieme, e che Ercole Fenice vi aprisse quella foce, per cui comunica l'Oceano con il Mediterraneo. Questa impresa, che sarebbe stata gloriosissima, da Plinio, e da Pomponio Mela, è stata tenuta per favolosa. Nondimeno Strabone, ed altri scrittori, l'hanno accennat, che l'apertura, che non facesse Ercole, potè veramente essere stata fatta dalla vemenza d'un terremoto, dalla forza d'una straordinaria marea, o da qualche altro simile sconvolgimento della Natura.
Alcuni dotti Ispagnuoli hanno abbracciato questo secondo sistema: e il Ferreras, avendo attribuito quest'accidente a quella gran siccità, di cui parlai nella Spagna Favolosa, ne stabilisce l'epoca negli anni 2.302 del mondo che corrispondono secondo la sua cronologia agli anni 1.698 prima di Cristo.
Ciò che sembra indubitabile si è, che lo stretto Gaditano coll'andar dei secoli si è andato successivamente slargando. Il geografo Scilace, vissuto cinquecent'anni prima dell'era cristiana, gli dà mezzo miglio solo di larghezza, Eustemone del secolo IV, quattro miglia scarse; Turranio Gracile, tragico spagnolo, anteriore di un secolo alla venuta di Cristo, cinque miglia; Tito Livio del secolo primo cristiano, sette miglia; Vittore Vitense del secolo V, dodici miglia; gli odierni Spagniuoli vi trovano nella minor distanza quattordici miglia di larghezza."

La distanza minima tra le due coste, oggigiorno, è di circa quattordici chilometri per cui sembra essersi stretto, probabilmente dipende dal differente livello del mare.

"Queste riflessioni fatte dopo il Florez dal Chiarissimo Lopez de Ayala nella sua storia di Gibilterra, gli resero probabile l'antica comunicazione dell'Africa con la Spagna, e la rottura poi succedutane per qualche accidente.
Io rilevo, dagli antichi autori, che lo stretto Gaditano una volta non solamente era men largo d'adesso, ma ancora men lungo.
Se da' tempi di Strabone e di Solino ha acquistata doppia larghezza, ha parimente acquistata doppia lunghezza. Descrivendolo essi lungo sol quindici miglia, mentre al presente ne ha più di trenta.
Dunque le due lingue di terra, l'Africana e la Spagnuola, quanto più si avvicinavano fra loro, tanto erano più strette e sottili. Possiamo con buona ragione immaginare che la terra, che separava l'Oceano dal Mediterraneo, fosse primitivamente uno spazio di cinque miglia, e forse non tanto. Non dovea poi quel terreno esser molto alto, giacché il successivo allargamento dello stretto, operato a poco a poco dalla forza dell'onde e delle maree, è segno evidente, che le due montagne di Abila e di Calpe, quanto più l'una all'altra si avvicinavano, tanto più andavano in declinazione formando falda e pianura.
Queste riflessioni non sol mi presentano possibile e facile la rottura dello stretto cagionata da qualche rivoluzione naturale ma mi rendon credibile ancora la tradizione antica che ne attribuiva ai Fenici l'aprimento. In una lingua di terra, o piana o poco montuosa, e di sole cinque miglia di larghezza, o forse meno, non era molto difficile aprire un canale di poca profondità, quanta bastasse perché le acque potessero superarlo, colla speranza che lo stesso mare dipoi dovesse per se medesimo andarlo sempre più affondando.
Il canale, progettato da Sesostri per congiungere il Nilo col Mar Rosso, era ben più difficile e faticoso del Gaditano, dovendo aver una lunghezza molto maggiore senza paragone: e pur fu cominciato da quel Re Egiziano, continuato da Dario Re de' Persi e terminato dal primo Tolomeo. Perché dunque non potrà darsi fede alla tradizione del canal Gaditano fatto dai Fenici? Questi eran ricchi e potenti, per testimonianza di tutti gli antichi scrittori crebbero smisuratamente in potere ed in ricchezza fin dal primo loro arrivo in Ispagna: dunque avean danaro e capitali per eseguire il gran progetto. Erano uomini ingegnosi ed industriosi, avvezzi a imprese grandi, e a superare i maggiori ostacoli; dunque non doveano atterirsi per la difficoltà dell'opra. Erano amantissimi della navigazione e trasportati pel commercio: dunque volentieri doveano intraprendere un lavoro che non avea altro oggetto che quel medesimo della loro passione. Apriron, come poi si dirà, per l'Andaluzzia molti altri canali: era dunque in voga, presso loro il sistema di aprir nuove strade, e nuove comunicazioni alle acque per facilitare il commercio, ed avean pratica in quel genere di lavori.
Io non arrossisco di richiamare a vita l'antica tradizione, a cui ordinariamente i severi scrittori di Spagna si vergognano di dar fede."

Ecco, qui mi fermo, non perché il testo non presenti più interesse ma perché vorrei che tutti riflettessimo su quanto letto.
Se fosse vero infatti la storia dell'Europa andrebbe riscritta.

Se volete leggere anche voi il testo potete trovarlo su Google books all'indirizzo: storia critica di Spagna...

Oppure precedenti interventi sullo stesso argomento:
- Dialogo dei massimi sistemi: sull'apertura dello stretto di Gibilterra
- Questioni Naturali (Seneca)



Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO