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mercoledì 10 gennaio 2018

Viswakarma, ingegnere degli dei

Come ho già detto nell'ultimo articolo, i testi sacri indù sono ricchi di riferimenti
alla tecnologia.
E' il caso del Mahabharata. Non sto a discutere sulla sua antichità perchè andrei ad infilarmi in un vespaio, questo perchè la civiltà occidentale e quella orientale hanno modi di vedere completamente differenti. Perciò dirò semplicemente che è antico, molto antico.
Il testo è la storia della dinastia Bharata, una saga epica di 200.000 versi!
Il primo libro o capitolo è intitolato Adi Parva e in questo appare una figura chiamata Viswakarma, cui si attribuiscono tutta una serie di scoperte.
Non conoscendo il sanscrito (per ora!) mi sono avvalso di traduzioni in lingua inglese ed ecco che vi presento il nostro Viswakarma (la traduzione dall'inglese è mia):
"... e lei generò l'illustre Viswakarma, il fondatore di tutte le arti. E lui fù originatore di migliaia di arti, ingegnere degli immortali, il costruttore di tutti i tipi di ornamenti e il primo degli artisti. Ed egli fù colui che costruì i carri celesti degli dei, e così la razza umana fu in grado di vivere grazie alle invenzioni di quest'uomo illustre. E lui, questo Viswakarman, è eterno ed immutabile."
E fino a qui niente di strano. Viswakarman sembra essere come altri saggi uomini che hanno portato la conoscenza alla razza umana. 
Ma più avanti vediamo di cosa era capace il nostro Viswakarma. Tutti gli esseri celesti erano in concilio intorno al Grande Signore e ascoltavano le gesta (negative) dei due fratelli Asura. 
Il Grande Signore, dopo aver riflettuto, decise di distruggere i due fratelli e per farlo chiamò il suo ingegnere...
"... creami una damigella che sia capace di catturare tutti i cuori!"
E Viswakarma la creò. Per farlo raccolse tutti gli esseri stupendi che trovò e li utilizzò per creare la damigella...".
La damigella venne istruita sul suo compito e la fine dei due fratelli fu segnata a causa della gelosia.
Poche pagine più avanti ritroviamo alcuni esseri celesti (Varuna e Pavaka) discutere di una macchina  creata dall'ingegnere degli dei. 
Una macchina da usare in guerra e un arco dotato di grande energia...
"... quest'arco non poteva esserecopito da alcuna arma. Era la più potente di tutte le armi e il loro distruttore... da solo era uguale a centinaia di migliaia di archi... e diede ad Arjuna anche una macchina equipaggiata con le armi degli dei celesti... questa macchina non poteva essere sconfitta ne dagli esseri celesti ne dagli Asura (che in questo tratto sembrano una diversa razza di esseri...). Il suo splendore era grande e il suono delle sue ruote tremendo... Era stata creata da Viswakerma, l'architetto dell'Universo ed uno dei signori della creazione... Il suo splendore, come quello del sole, era così grande che nessuno poteva guardarlo fisso. Era la stessa macchina che aveva utilizzato il signore Soma per sconfiggere i Danavas."
Credo che non vi sia possibilità di erronee interpretazioni: quella che fu donata ad Arjuna era una macchina da guerra, armata con armi potentissime e che era già stata usata in precedenti guerre. La stessa cosa vale per questo potentissimo "arco".
Ebbene, il costruttorre era Viswakarma, l'ingegnere degli dei.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

Immagine by Santosh.sapps - Own work, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=47792713

martedì 3 gennaio 2017

Archimede e l'assedio di Siracusa

Spesso dalla lettura di un libro, nascono delle curiosità da soddisfare che ti condcono inesorabilemnte a leggere altri libri, visitare luoghi, conoscere persone ed opere...
Nel mio caso, dalla lettura della biografia di "Annibale", di Baker, hsono passato ad approfondire alcuni brani di Polibio e a conoscere l'opera di Giulio Parigi.
Ad un certo punto nel libro su Annibale si parla infatti dell'assedio di Siracusa ad opera di Marco Marcello, allora console romano.

Ci troviamo proiettati nel 212 a.C., cosa che non dobbiamo dimenticare!
Siracusa, come tutti sappiamo, era la patria di Achimede.
Di Archimede si racconta sempre che fu l'inventore degli specchi ustori. 
Ma questa non fu l'unica "arma" da guerra del grande matematico. 
Opera di Giulio Parigi - Architetto e matematico fiorentino
Polibio, grande storico dell'antichità, racconta che durante l'assedio di Siracusa da parte dei romani, il console Marco Marcello era a capo della flotta condotta alla conquista di Siracusa.
Nel libro l'autore scrive così delle invenzioni di Archimede: 
"... Archimede sventò i progetti del console. Il muro era stato bucato perché le barbette e gli scorpioni potessero tirare, oggi si direbbe, a bruciapelo. E non solo gli assalitori dovettero subire questi congegni, ma ebbero ad affrontare qualcosa di più spaventoso.: grandi braccia, munite alle loro estremità di una mano di ferro e di una catena, passarono al disopra dei merli. Quelle mani spazzarono i soldati che erano più avanti lasciando cadere enormi pesi; poi afferrarono le prore delle navi. Furono veduti allora i vascelli innalzarsi al disopra dell'acqua. Quando all'uomo che manovrava quelle macchine pareva che il battello fosse abbastanza sollevato in alto, apriva la mano di ferro tirando una corda e lo lasciava ricadere. Alcuni ricaddero su un fianco, altri si capovolsero, altri colarono a picco con tutti gli occupanti... 
Fu necessario battere di nuovo in ritirata."
 
Oggi possiamo dire che il grande Archimede utilizzò, a quanto pare, delle enormi gru come arma, indubbiamente efficaci sul piano materiale. 
Possiamo solo tentare di immaginare quale effetto psicologico ebbe la scienza di Archimede sugli avversari!


Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO