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lunedì 14 luglio 2008

La macchina dell'esperienza - 3

Caro Alessandro, le tue considerazioni mi consentono di approfondire ulteriormente l’argomento della “Macchina dell’esperienza” e di chiarire oltretutto la posizione di Nozick circa la decisione dell’uomo di farne uso o meno (almeno nei termini di ciò che ho capito di una tale posizione …).
Io intravedo due grosse differenze tra il ricorso alla nostra macchina e l’atto del sognare senza ricordare i propri sogni.
La prima è che, mentre la nostra simpatica invenzione ci consentirebbe di provare le sensazioni che vogliamo a nostro completo piacimento, noi non possiamo scegliere cosa sognare e infatti molta della nostra vita onirica è tutt’altro che piacevole, riflettendo, spesso in maniera metaforica, frustrazioni, sconfitte e paure della nostra vita cosciente.
Ma, e vengo alla seconda differenza ben più importante (e, grazie alla tua provocazione, introduciamo forse il nocciolo della questione), il sogno è una esperienza strettamente legata alla nostra vita cosciente e, in quanto tale, costituisce un fatto assolutamente reale. I nostri sogni, infatti, riflettono, come si diceva prima, le esperienze, i successi, le mille lotte, le delusioni, le aspirazioni, le paure della nostra vita. Invece, tutte le sensazioni indotte dalla macchina dell’esperienza sarebbero assolutamente sconnesse dalla nostra vita effettiva, in altre parole sarebbero completamente false. Per esempio, io vorrei tanto che mio figlio primeggiasse al ginnasio in latino e greco e la macchina dell’esperienza mi potrebbe dare la relativa sensazione anche se nella realtà mio figlio è stato bocciato!
E’ questo il motivo per cui, secondo Nozick, l’uomo si rifiuterebbe di collegarsi per sempre ( ricordate, questa era la condizione richiesta: “accettereste di collegarvi per tutta la vita a questa macchina della felicità?”) alla nostra invenzione: perché egli aspira intimamente ad una vita reale e non di mere illusioni, a provare piacere per cose che effettivamente stiano in un certo modo: ” Vogliamo che le nostre credenze o alcune di loro siano vere e esatte (...) vogliamo avere un rapporto significativo con la realtà, non vivere nell’illusione.”
Questa conclusione del filosofo mi è parsa molto importante e mi consente di fare ulteriori considerazioni. In fondo l’uomo aspira naturalmente ad essere se stesso, a vivere in maniera autentica e per farlo deve ricercare un rapporto diretto ed esplicito con l’esterno, con il mondo reale. Se egli non riesce o non ha il coraggio (mettersi realmente in discussione è sempre pericoloso!) di stabilire questo rapporto, se si rifugia nelle illusioni o cede alle lusinghe di un mondo solo virtuale inizia a soffrire, a provare ansia o stress, fino a cadere vittima di vere e proprie nevrosi.
In fondo, quanti esempi di fuga dalla realtà si potrebbero fare, oltre a quello un po’ bizzarro della macchina dell’esperienza, pensando al mondo di oggi! Si pensi solo a: adesione acritica a ideologie o religioni semplificatrici della complessità del “reale”; comportamenti consumistici che di fatto stanno distruggendo il mondo naturale; culto narcisistico del proprio status sociale o della cosiddetta “carriera”; mito della bellezza fisica e dell’eterna giovinezza; incapacità di vivere le concrete responsabilità e le inevitabili sofferenze della vita di coppia che non è solo “rose e fiori”; il tifo calcistico; il ricorso a droghe di tutti i tipi.
Ecco, dal nostro esperimento io traggo l’esortazione ad “essere più reali”, ragazzi. Io, per esempio, oggi, grazie all’Accademia dei Tuttologi, non tenendo per me queste mie elucubrazioni e, per così dire, uscendo dal mio guscio, mi sento un tantino più reale…
Isaia De Maria

venerdì 11 luglio 2008

La macchina dell'esperienza - 2

Caro Isaia, raccolgo la tua provocazione e provo a dirti cosa ne penso io sulla macchina dell'esperienza.
Vediamo se ho capito, tu dici che il filosofo americano Robert Nozick nel suo libro “La vita pensata”, si dedica a riflettere “sulla vita e sulle cose importanti nella vita..." mentre di solito tutti noi “tendiamo a vivere come se avessimo inserito il pilota automatico, attenendoci (…) alle opinioni di noi stessi e agli obiettivi che abbiamo acquisito inizialmente”.
Poi ci proponi un esperimento tratto dallo stesso libro che consiste nell'immaginare che sia stata inventata una macchina che possa darci, una volta collegati ad essa, qualsiasi esperienza noi possiamo desiderare: quella di amare, contraccambiati, la più bella donna del mondo; di essere il Presidente degli Stati Uniti; di risolvere il problema della fame nel mondo; di vincere il Nobel per la letteratura... e se l'immaginazione scarseggia la macchina stessa ci aiuta dandoci utili suggerimenti grazie ad una biblioteca delle sensazioni interiori predisposta da abili psicologi!
Ed infine, dulcis in fundo, non vi è alcun modo di capire che siamo collegati a tale macchina e che perciò i piaceri non possono essere rovinati dal fatto di essere prodotti artificialmente.
Se ho capito bene tu (lui, l'autore del libro) mi chiedi se sceglierei o no (e soprattutto: perché) di adottare questa macchina per tutta la vita, vivendo così “dal di dentro” i miei sogni più dolci...

Ci ho riflettuto a lungo in questi giorni e ora provo a spiegarti il mio punto di vista che non so se può essere considerato una risposta, ma almeno è un inizio!
Quando ero piccolo mi capitava spesso di sognare e quando mi svegliavo ricordavo quasi sempre dei pezzi di sogno... talvolta belli, talaltra brutti... ma in ogni caso ricordavo! Ricordavo e mi chiedevo quale delle due fosse la vera vita... se quella vissuta dal mio io nel sogno, oppure quella che vivevo quando mi svegliavo e finiva il sogno. Mi chiedevo quale delle due fosse la realtà... o meglio quale tra le tante fosse la realtà... perchè ogni sogno, salvo poche eccezioni era parte di un mondo a se... diverso da quello che ritenevo essere reale e diverso dagli altri mondi dei miei sogni. Poi sono cresciuto e piano piano ho cominciato a sognare sempre meno o, più realisticamente, ho iniziato a ricordare sempre meno i sogni anche se talvolta mi capita ancora...
Ora, supponiamo che con il passare del tempo io smetta di sognare o meglio, al risveglio mi dimentichi completamente i sogni... credo che ci troveremmo esattamente nella situazione in cui si troverebbe la persona che abbia accettato di vivere attaccato alla macchina...
Per essere chiaro, se non si è in grado di distinguere la realtà dal sogno o dalla realtà artificiale creata dalla macchina, non ha proprio alcun senso porsi la domanda... nè ha senso cercare la risposta... tanto non farebbe alcuna differenza!
Ecco la mia risposta, non so se vada nella direzione indicata dall'autore del libro, ma credo sia l'unica possibile...
Certo che però, se la macchina, come tutte le macchine dovesse prima o poi avere dei malfunzionamenti... beh, in quel caso ci troveremmo di fronte al film "Matrix"....

lunedì 7 luglio 2008

La Macchina dell’esperienza.

Cari amici tuttologi, in questi giorni sto leggendo il libro del filosofo americano Robert Nozick (1938-2002) “La vita pensata”, edito da BUR , che avevo comprato qualche anno or sono, incuriosito dal titolo e dalla intenzione, annunciata dall’autore nella introduzione, di riflettere “sulla vita e sulle cose importanti nella vita, per chiarire il mio pensiero e anche la mia vita” mentre di solito tutti noi “tendiamo a vivere come se avessimo inserito il pilota automatico, attenendoci (…) alle opinioni di noi stessi e agli obiettivi che abbiamo acquisito inizialmente”.
Confesso che il riferimento dell’autore al pilota automatico, pensando a tanti momenti della mia vita, mi ha turbato e mi ha lasciato alquanto pensieroso…
Da questo libro vi propongo il seguente esperimento mentale, che possiamo battezzare La macchina dell’esperienza.
Immaginiamo che sia stata inventata una macchina che possa darci, una volta collegati ad essa, qualsiasi esperienza noi possiamo desiderare: quella di amare, contraccambiati, la più bella donna del mondo; di essere il Presidente degli Stati Uniti; di risolvere il problema della fame nel mondo; di vincere il Nobel per la letteratura.
Se la nostra immaginazione scarseggia, la macchina stessa può darci utili suggerimenti grazie ad una biblioteca delle sensazioni interiori predisposta da abili psicologi!
Si noti che non c’è memoria di essere collegati alla macchina e che perciò i piaceri non possono essere rovinati dal fatto di essere prodotti artificialmente.
Ora la domanda è: sceglieremmo o no (e soprattutto: perché) di adottare questa macchina per tutta la vita, vivendo così “dal di dentro” i nostri sogni più dolci?
Voi che cosa ne pensate?
Isaia De Maria