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giovedì 1 gennaio 2009

Il simbolo del "pesce" e la religione cristiana...

Voglio iniziare questo nuovo anno con un breve articolo sul pesce.
Non parlo di cenone di natale, né di acquariofilia o di pesca, voglio parlare del simbolo del pesce che nei primi secoli della storia del cristianesimo era associato a Gesù Cristo!
Quale era il significato?
Leggendo il libro di Ernesto Renan su "Marco Aurelio e la fine del mondo antico" sto scoprendo tante informazioni, alcune notizie già sentite di passaggio, altre totalmente nuove... il libro é interessantissimo, sullo sfondo o meglio con la scusa di parlarci della vita di Marco Aurelio infatti, l'eminente storico delle religioni, ci parla degli accadimenti religiosi nel mondo dei tempi del grande imperatore...
Tra gnosticismo, sette eretiche, grandi martiri e testi antichi, l'autore ci fa rivivere lo sviluppo del cristianesimo.
Veniamo alle notizie che più mi interessano, in alcuni punti si parla dei libri sibillini, o meglio, degli oracoli...
"Un marmo del III secolo, trovato ad Autun, ci ha conservato un componimento poetico che presenta, come l'ottavo libro degli oracoli sibillini, l'acrostico ιχθυς"...
Dunque, prima di andare avanti ho la necessità di chiarirmi alcuni concetti. Cosa significa "acrostico"?
Un acrostico è un componimento poetico in cui le lettere o le sillabe o le parole iniziali di ciascun verso formano un nome o una frase chiamato acronimo.
Cosa significa ιχθυς ce lo dice l'autore: "Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore che in greco suona così: Ἰησοὺς Χριστὸς Θεοῦ Υἱὸς Σωτήρ, più o meno "Iesous Cristos Teos Iios Soter".
Ma in greco, per chi non conosceva il significato nascosto dell'acrostico, si aveva semplicemente ιχθυς cioè pesce! Il pesce inizialmente fu il simbolo di Gesù Cristo.
Già tutto ciò é di per se interessantissimo, almeno per me, ma proviamo ora ad andare avanti!
Sul marmo era riportato:
"O razza divina dell'ιχθυς celeste, ricevi con cuore traboccante di rispetto la vita immortale tra i mortali; ringiovanisci la tua anima, o mio carissimo, nelle acque divine, tra le onde eterne della Sofia che dà i tesori. Ricevi il cibo dolce come il miele del Salvatore dei santi; mangia fin che hai fame e bevi fin che hai sete; tieni l'ιχθυς tra le palme delle mani".
Ancora più interessante...
ma la cosa più interessante per me non é tanto l'acrostico in se quanto ciò che Renan ci aveva detto poco prima: "Un marmo del III secolo, trovato ad Autun, ci ha conservato un componimento poetico che presenta, come l'ottavo libro degli oracoli sibillini, l'acrostico ιχθυς".
Renan dice che l'acrostico ιχθυς era presente "come nell'ottavo libro degli oracoli sibillini".
Ora, se questo libro di cui si parla é uno dei libri sibillini dei quali ho parlato in un altro mio articolo bisogna ricordare che questi risalivano almeno al tempo di Tarquinio il Superbo - ultimo Re di Roma, tra il 534 e il 510 a.C.!
Se, e ribadisco il se, si tratta degli stessi libri, l'acrostico "ιχθυς" prima di essere attribuito a Gesù Cristo era stato attribuito a qualcun altro!
O, forse, la figura di "Ἰησοὺς Χριστὸς Θεοῦ Υἱὸς Σωτήρ" è molto più antica di quello che dice la religione cristiana...
Interessante credo... non pensate?

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 16 novembre 2008

Sui libri sibillini

I libri sibillini sono dei testi antichi che raccoglievano gli oracoli di Apollo e venivano usati per leggere nel futuro.
La prima volta che ne sentii parlare non ci feci molto caso, mi appuntai su un foglio una breve nota per un successivo approfondimento che poi, come tante altre cose, finì nel dimenticatoio!
Ci tornai poi nuovamente per caso, e questa seconda volta approfondii un pochino...
Così lessi, da qualche parte, che un giorno una vecchia si presentò da un Re di Roma e gli propose di acquistare dei libri antichi ad un prezzo enorme. Il Re di Roma si rifiutò, la vecchia prese tre libri e li bruciò e offrì al Re gli altri libri per lo stesso prezzo.
Il Re rifiutò ancora. La vecchia bruciò ancora tre libri e offrì gli ultimi tre al Re senza cambiar prezzo...
il Re, incuriosito li comprò. La vecchia andò via e non se ne seppe più nulla! Si dice che la vecchia fosse la Sibilla Cumana.
I libri da allora vennero custoditi a Roma, nel Tempio Capitolino. Venivano consultati da un collegio di sacerdoti solo in caso di gravi pericoli incombenti su Roma.
Sallustio li cita nel suo testo "La congiura di Catilina".
"... Lentulo, che stava sulla negativa, oltre che con la lettera, coi discorsi che era solito tenere: che secondo i libri sibillini, la signoria di Roma doveva pervenire a tre uomini della famiglia Cornelia; che Cinna e Silla già l'avevano tenuta ed egli era il terzo cui il destino riservava di impadronirsi della città..."
Siamo nel 63 a.C. e Catilina cerca di conquistare Roma con un colpo di Stato!
In quel tempo, i libri originali che la sibilla vendette ad un Re di Roma (alcuni dicono che il Re fosse Tarquinio Prisco - 5° Re di Roma, morto nel 579 a.C. - altri pensano che si trattasse di Tarquinio il Superbo -ultimo Re di Roma, tra il 534 e il 510 a.C.) già non c'erano più. Pare che andarono distrutti durante l'incendio che il 6 luglio dell'83 a.C. distrusse il Campidoglio. Furono sostituiti, forse da una copia...
Che fine anno fatto?
Esiste ancora traccia di questi libri?

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO