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domenica 17 febbraio 2008

DA BAMBINO (Settembre 2000)

Da bambino ero affascinato da curiosi lampadari che ornavano i portici della piazza del mio quartiere. Roma è una città strana. Anzi esistono più città. La mia si chiamava e si chiama tuttora col nome di un santo piemontese. Don Bosco. I salesiani gestiscono l’oratorio, la scuola e la chiesa. Una chiesa costruita negli anni ‘50. L’architetto pensava a San Pietro ma vedeva l’EUR. Due braccia di portici come quelli del Brunelleschi ma non più ellittici, quadri. Come se il futuro rappresenti la quadratura della sfera. Per se stessa e per gli antichi perfetta. Per noi moderni troppo rotonda. Colonne a parallelepipedo. Finestre piccole e quadrate. Troppi occhi ciechi sull’abbandonato giardino di ghiaia. Una fontana neanche al centro, piena di carte e rifiuti. Sul bianco del granito una scritta nera. “ La nato non è un fiore”.
Non so dire se oggi quei lampioni ci siano ancora. Dalla finestra del primo piano che ospitava il coiffeur per signore dove si acconciava i capelli mia madre, guardavo l'asta lignea che reggeva una sorta di esaedro da cui scaturiva la luce. Avevo otto anni. Troppo piccolo per restare solo a casa, troppo grande per starmene lì buono a giocare, mentre le signore parlavano, parlavano. Dino era il parrucchiere. Mi piaceva, avrà avuto qualche anno meno di mia madre, giocava col nome, io per tutti ero Pino.
Adesso ha attraversato l’oceano e accompagna turisti a Santo Domingo.
Dal centro del mondo alla periferia dei nostri sogni.
Era così vicino che sembrava potessi toccarlo, solo fossi stato più grande. Qualche centimetro più alto. Era inutile protendere le braccia poiché risultavano sempre troppo corte per afferrare il lampadario.
E poi perché prenderlo? Forse per usarlo come uno strano trapezio da circo, per dondolarmi nell'aria del sottopotico.
Lo escludo, perché ho sempre sofferto delle altitudini ! Ancora adesso, i ponti guardando giù in basso, mi fanno star male. Ma un male atipico, che fa girare le budella, che da nausea, ma è controllabile, basta allontanarsi un poco dalla balaustra. E dà l'ebbrezza della sofferenza, della caducità.
Il sapore sconosciuto del suicidio. Parola magica e tabù. Chi ha saputo superare la barriera estrema dell'amor proprio. “Salvata da un pino" recitava il giornale della Sera. Mai viste conifere in periferia di Roma. Forse per il distratto giornalista di cronaca nera era meglio che la folle donna morisse e invece si ruppe solo le ossa principali, meschina! Trattenuta nel volo a cadere da un povero oleandro mezzo piegato. Eppure non erano bastati sei piani per mandare in frantumi quel corpo. Ma chi cura quell'anima fratturata ? Senza via di scampo...o scelta lucida. Non ho avuto possibilità di chiedergli la cosa più importante, la domanda che il frettoloso giornalista botanico non si è posta: dove stavi andando, volando o cadendo signora cinquantenne di un condominio popolare del mio quartiere-città?
Noi, che stiamo dall'altra parte a guardare attoniti, non sappiamo nemmeno immaginare il vuoto dentro e fuori. In ogni posto del mondo, c'è la morte. Lo so da quando ero bambino e gioivo silenzioso e incauto dietro qualche funerale di parenti. Poi l'uomo è maturato e quel cinismo innocente è diventato angoscia, tutte le volte ed ogni volta ancora. Quando la morte è passata, non so se soddisfatta del suo lavoro, ingrato. Chi prima e chi dopo. E noi ad insultare l'intelligenza e la vita stessa, col pianto. Ovunque ho visto la morte. Quegli occhi neri come buchi vuoti sfiorarmi o prendermi decisamente la mano senza vedermi.
Una stretta rapida e calda. E poi mi è rimasto il tiepido ricordo dell'inesistente. E noi ciechi a non vedere la vita, perché è questa la vertigine invisibile, l'unica giustificazione alla morte. La vita stessa che è necessaria, tanto veloce da non sentirne i passi, come un viaggio da solo, senza o con ritorno.
Adesso sto seduto su un treno e si fa notte. Non sono più bambino. Seguo ancora un attimo i fili paralleli dell'elettricità e il leggero nistagmo rappresenta un paesaggio sfocato, che non può appartenermi, visto nella velocità.
Il silenzio si impadronisce dei miei sensi, in mezzo a tanta gente. Qualcuno dorme e aspetta di arrivare , quell’altro per fretta parla di niente allo sconosciuto al suo fianco.
Solo un brusio di fondo del respiro, un mondo intero dalle dimensioni impossibili. Questo tacere è il preludio al suono magico della preveggenza. Così si allontana la vertigine di certi ricordi imbarazzanti, di certi cedimenti alla sconfitta. Non alla morte sorella, perché pur essendo ottimista, ammetto di essermi alla fine arreso alla vita.
Da bambino non ce l'ho fatta ad arrampicarmi a quel lampadario e volare. Sono rimasto coi piedi nelle scarpe, davanti al davanzale. La finestra socchiusa e lontano il via-vai delle strade della metropoli. La capitale del mondo. Così lontana eppure raggiungibile un tiepido giorno di maggio , prendendo un treno come questo. Siccome c'era troppo da sognare, da scrivere e da vivere.
Giuseppe MARCHI

giovedì 14 febbraio 2008

Tradizioni della Sardegna, la Sartiglia di Oristano

La sartiglia e il suo rituale traggono forza dalla maschera della sua figura principale: il "Cumponidori", e a quella maschera in tanti hanno dedicato anni di studio e proposto ipotesi sulla sua origine. Suggestiva, suffragata da studi storici e spirito di osservazione.
La domenica mattina, tentennanti (pioveva a dirotto) partiamo per Oristano. Al nostro arrivo come per incanto smette di piovere, il sole fà capolino, ci terrà compagnia per tutta la giornata. Lasciata la macchina, ci accodiamo al corteo del "Cumponidori" diretto verso la sede dove avverrà la sua vestizione. Il gruppo dei tamburini e trombettieri apre il corteo composto dalle "massaieddas" (le giovani ragazze vestite nel costume tradizionale oristanese, che portano sulle corbule gli abiti del Cumponidori), dalla" massaia manna" (la donna che dovrà sovrintendere al cerimoniale della vestizione), dai componenti del "GREMIO" (i contadini), che custodiscono le spade e gli stocchi per la corsa e dal Cumponidori. Una sala, penso, addobbata per l'occasione e gremita di gente, accoglie il corteo. Il cavaliere, tra gli applausi della folla e il rullo dei tamburi raggiunge quindi "sa mesita", il tavolo sul quale si compirà il rito. A partire da quel momento solo al rientro dalle corse, al termine della cerimonia di svestizione, potrà nuovamente scendere dal tavolo e quindi toccare suolo. Seduto sullo scanno il cavaliere indossa gli antichi abiti, aiutato dalle giovani ragazze. Sulla camicia viene indossato il "coietto", una giacca smanicata che termina a gonnellino a protezione delle gambe e che ricorda un antico indumento da lavoro, stretta da lacci di pelle sul petto del cavaliere che guida la corsa della domenica. La giacca è chiusa da borchie d'argento a forma di cuore. L'impiego delle fasce intorno alla fronte e sotto il mento prepara il viso ad accogliere la maschera. Un brindisi d'augurio e un ultimo saluto segna l'ormai imminente metamorfosi del cavaliere. Squilli di trombe e l'incessante rullo dei tamburi accompagnano la posa della maschera sul viso del cavaliere ormai trasfigurato in Cumponidori... Con la posa della misteriosa maschera il passaggio è avvenuto. Per tutti ora è su Cumponidori. La maschera impenetrabile color terra distingue il "cumponidori dei contadini". La maschera pallida ed impassibile è invece indossata dal "Cumponidori dei falegnami". Il posizionamento del velo ricamato e del cilindro sul capo avviano il cerimoniale alla conclusione. Il cilindro e il velo, rappresentano l'essenza delle divinità maschile e femminile... Ultima le operazioni la sistemazione di una camelia sul petto del Cumponidori: sarà rossa quella del capocorsa della domenica, rosea quella del Cumponidori del martedì... cessa in quel momento il tripudio di trombe e tamburi. Cessano gli applausi... In religioso silenzio un artiere introduce nella sala il cavallo del capo corsa che viene accompagnato sotto "sa mesitta". Dal tavolo su Cumponidori monta direttamente sul cavallo... In quel momento il presidente del "GREMIO" gli consegna "Sappia e maiu", il doppio mazzo di pervinche e viole mammole, simboleggiante la primavera che incalza. Con segni di benedizione, salutando, il Cumponidori si porta verso l'uscita... Nel piazzale lo accolgono i suoi due aiutanti di campo, tutti i cavalieri e una folla immensa festante. Il corteo si dirige alla volta del sagrato della cattedrale per dare inizio alla corsa della stella... Anche lì vari rituali, cerimonie, cavalieri al galoppo sfrenato per cercare d'infilzare la stella, posta a una certa altezza... poi per chiudere la giornata... le pariglie... acrobazie dei cavalieri sui cavalli lanciati al galoppo sfrenato... tutto molto bello e coinvolgente. La sartiglia è una giostra equestre che esiste da oltre 500 anni...
Per concludere, tra sacro e profano, colori, gente, zippole, pische de Oristano e vernaccia, è stata una giornata fantastica, che vale la pena di essere vissuta!




Paola e Gavino FADDA

lunedì 11 febbraio 2008

DIARIO DAL KOSOVO II 30 Giugno 1999

Alla finestra dell’Albania
Stanno milioni di bambini piccoli e sporchi
A salutare i cingolati dei vincitori
Come nei ricordi dei padri e delle madri
Come in certi vecchi e nuovi films
Le manine alzate le vocine acute
Gridate con una rabbia non fanciullesca
“italiani, ciocolata”
un po’ come gli americani mi sento
cinquant’anni dopo le stesse case bruciate
le stesse donne ai bordi delle strade
delle vie di sabbia e sassi
i negozi devastati i tetti sfondati.

Il dopoguerra coi carretti appena in piedi
A portare qualche frutto qualche verdura
Ma i visi della gente inspiegabilmente felici
Docile semplice apparenza
Nei dopoguerra!

Giuseppe MARCHI

domenica 10 febbraio 2008

Antichi sapori di Sardegna - Is zippuasa (Le zeppole)

Non potrò mai dimenticare quell'odore forte di olio per friggere... e noi bimbi tutti attorno a correre e urlare e lei, mia madre, che strilla "State lontani... è pericoloso!"
Poi le prime frittelle vengono calate nell'olio caldo e l'odore si diffonde per le stanze...
Solo pochi secondi e le frittelle vengono pescate, scolate e girate nello zucchero semolato per finire nelle bocche di noi bambini, finalmente fermi!
Quest'oggi l'ambiente era più tranquillo, chi ha più quattro figli urlanti in famiglia?
Ma c'era aria di festa mentre io e mia moglie mettevamo alla prova i nostri ricordi di ricette quasi dimenticate...

Cosa ne dici se proviamo a fare le zeppole? Dice mia moglie...
Certamente... rispondo io!
Non occorre altro, ci buttiamo subito nella preparazione, qualcosa la ricordiamo, per il resto c'è il telefono e l'esperienza delle nonne a disposizione e così, senza troppo faticare, anche noi ci troviamo con le mani sporche di farina... unte di strutto... profumate di buccia d'arancia... scottate dalle patate bollenti ma, infine, soddisfatti!
Ed ecco il momento più bello, la prima frittella calata nell'olio per la prova della temperatura...

Mh... l'olio è ancora freddo... non è cotta ben...
Ma la prossima è già cotta, inzuccherata e bella che mangiata!
Un pezzo a testa, il primo pezzo a nostro figlio e poi un morso a testa...
E così, tra due frittelle cotte ed una mangiata è passata la serata e noi, ancora una volta, abbiamo rievocato un pizzico della nostra terra, la Sardegna, grazie ad uno dei suoi antichi dolci... is zippuasa!


Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 9 febbraio 2008

Come io cambierei l'Italia

Sarebbe ora di finirla con le pagliacciate!
Non pensate anche voi?
E' iniziato il nuovo carosello che ci traghetterà fino al 13 e 14 aprile prossimo. Fino alle elezioni...
Ancora una volta assistiamo inermi alla grandiosa macchina della propaganda politica, indecisi non tanto sul chi votare quanto sul se votare... vista la totale inutilità del gesto!
Lamentele e ancora lamentele direte... proponi qualcosa, osserverete... e avete ragione!
Ecco la mia proposta per un'Italia diversa... per l'Italia nella quale mi piacerebbe vivere e non per quella in cui vivo!
Primo: chi ha la fedina penale sporca non può candidarsi alle elezioni, di nessun tipo o genere, e non può ricoprire alcuna carica politica o pubblica! Corollario: quanto detto vale anche per chiunque sia indagato, fino al riconoscimento della sua innocenza.
Secondo: i politici non hanno maggiori diritti dei comuni cittadini ma hanno maggiori doveri soprattutto nei confronti dei cittadini. Corollario: devono comportarsi sempre come il buon padre di famiglia, altrimenti devono essere allontanati dall'incarico che ricoprono (vedasi Napoli emergenza immondezza!). Secondo corollario, i politici non hanno diritto ad alcun vitalizio per il semplice fatto di aver compiuto mezza legislatura, è un privilegio che noi cittadini non possiamo accettare! Limite d'età: oltre i 55 anni d'età non si può più fare politica! basta con i vecchi che continuano a giocare con il nostro presente negando una anche se minima possibilità di cambiare in meglio a chi ha voglia di mettersi in gioco!
Terzo: basta con i privilegi di casta! E parlo di tutti i tipi di caste... Corollario: i medici devono fare un solo lavoro, o per la pubblica amministrazione o da privati fuori dalle strutture pubbliche! I magistrati idem, niente cattedra nelle Università, per intenderci... o l'uno o l'altro! Analogamente per ogni impiego statale, senza eccezioni!
Quarto: le tasse devono essere giuste ed eque, non è possibile che si aumentino le tasse perchè occorre risanare i conti pubblici e allo stesso tempo i nostri politici si aumentino lo stipendio! Corollario: se c'è da tagliare, si tagli per primo lo stipendio dei nostri amministratori, vista la loro incompetenza nella guida del Paese!
Cinque: Ordine! In tutti i campi, intendo. A partire dalle scuole e a finire nelle strade! Ordine significa tante cose, in primo luogo rispetto per le Istituzioni! Ma anche Polizia e Carabinieri per le strade, anche a costo di richiamare chi oggi è impiegato in missioni fuori dal territorio nazionale! Prima si pensa al nostro Paese, poi al resto del mondo, anche a costo di essere antipatico e politicamente scorretto!
Sei: l'istruzione è una cosa seria e comincia dalle scuole elementari... non è possibile che si arrivi alla laurea senza saper scrivere e leggere decentemente. Non è possibile che si svolga un lavoro che richiede la laurea senza avere le capacità ma solo perchè "mamma e papà" hanno avuto i soldi per mantenere gli studi a chi non aveva alcuna voglia di studiare... i risultati sono sotto gli occhi di tutti! E per ultimo ma non meno importante, i professori universitari, ad una certa età devono andare in pensione e lasciare il posto ai più giovani e meritevoli, non ai loro figli o nipoti!
Spero di non aver offeso nessuno, non è mia intenzione, spero inoltre che qualcuno abbia voglia di discutere com me su questi argomenti... per aiutarmi, tra qualche anno, ad entrare in politica e provare a cambiare l'Italia!
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

Padova di notte...

Padova, città millenaria...
Le rive del Medoacus
ti diedero i natali,
33 secoli di arte e di storia!














Padova, città possente,
di mura fortificate
e palazzi e chiese,
e piazze magnifiche...


















Padova, meta di pellegrini
a Sant'Antonio,
custode di Sacre reliquie
incorniciate tra cieli stellati...





















Padova, splendida perla dorata
da Giotto affrescata
per il potente Scrovegni,
signore d'altri tempi...











Padova, e i suoi scorci notturni...





















Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO




sabato 2 febbraio 2008

Analisi di una nazione che invecchia


Oggi iniziamo a parlare dell'Italia, dell'Italia che invecchia, in particolare.



Credo che non vi sia bisogno di dimostrare che l'Italia è vecchia, è possibile vederlo in ogni istante ed in qualunque aspetto della società.


L'immagine a lato, elaborata sulla base dei dati dell'ISTAT del 2005, è tratta da Wikipedia (http://it.wikipedia.org/wiki/Demografia_dell) e ci permette di capire la distribuzione per età della popolazione. In celeste i maschi, in rosa le donne!
Ciò che salta subito all'occhio è il fatto che circa 14.000.000 di italiani hanno più di 60 anni d'età... quasi un quarto della popolazione!
Ma semplicemente guardando il grafico è difficile capire qualcosa, allora proviamo a fare delle considerazioni.


Cerchiamo di capire, per esempio, quale parte della popolazione è produttiva.

Secondo l'ISTAT il numero di occupati nel 2007 è risultato pari a 22.846.000 unità, con una crescita su base annua dello 0,4 % e con una percentuale di disoccupazione nazionale del 6,4% e apparentemente in discesa. Ma se è così, perchè tutti questi problemi in Italia?



Andiamo avanti con le nostre considerazioni... per esempio, vediamo quanti sono i frequentatori di cittadinanza italiana iscritti in una facoltà universitaria nell'anno accademico 2007-2008... i dati sono tratti dal sito del Ministero (http://anagrafe.miur.it/php4/home.php) ed è possibile vedere che 1.048.022 sono di cittadinanza italiana.
Vediamo ora come sono distribuiti per fasce d'età...
Si può vedere benissimo come, anche in questo caso, la popolazione degli studenti universitari sia vecchia... circa 450.000 studenti hanno più di 23 anni!
Per contro, nello scorso anno accademico si sono laureati solo 73.000 studenti, che su una popolazione di più di un milione corrisponde a meno del dieci per cento...
Ma tutto ciò cosa significa?
Andiamo avanti con le nostre considerazioni...
L'Università italiana ha circa 62.000 tra Professori Ordinari, Associati e Ricercatori (dati al 31 dicembre 2006, tratti dal sito ufficiale del MUR, all'indirizzo http://statistica.miur.it/scripts/visione_docenti), possiamo anche vediamo la distribuzione per anno di nascita e possiamo fare un calcolo veloce da cui vediamo che circa 30.000 hanno meno di cinquanta anni, meno della metà! Ma la cosa che colpisce maggiormente è che circa 20.000 hanno tra i 60 e gli 80 anni... un terzo della popolazione in argomento potremo considerarla anziana e vecchia!
Bene, è chiaro a tutti che queste poche righe non sono e non vogliono essere esaustive, ma credo che meritino considerazione.
Ma se prendiamo per buona la tesi che la popolazione italiana è vecchia, dobbiamo cercare di capire gli effetti che tutto ciò ha sulla società e sull'economia italiana... ma tutto ciò lo vedremo un'altra volta.
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO