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sabato 21 dicembre 2019

Gionzo e i virus...

Era una bella giornata di primavera e tra qualche minuto sarebbero arrivati.
Il bosco vicino al paese era stupendo in questo periodo e vi si poteva ancora trovare qualche fungo selvatico, di quelli che sanno di fungo...
- Nonno, nonno - urlò Giulia come al solito - ecco un fungo, guarda che bello! E senza attendere Giulia si precipitò sul fungo bianco che spuntava da sotto le foglie della grande quercia.
- Aspetta piccola, non toccare fino a che non te lo dico io. Vediamo di che fungo si tratta... - ed il nonno si avvicinò per verificare che si trattasse di un fungo commestibile.
- Si, puoi prenderlo, è un prataiolo, stasera lo cuciniamo.
- Si, me lo mangio tutto io il pratagliolo… 
- Si dice prataiolo, Giulia, non pratagliolo... aggiunse il nonno con voce calma. In questo modo Giulia avrebbe imparato qualcosa di nuovo - Spostiamoci verso quei cespugli di cisto, vedi quei cespuglietti con i fiorellini bianchi? Se siamo fortunati possiamo trovare qualche porcino reale.
- Siii... speriamo di trovarne tanti di questi porcellini reali - disse Giulia correndo via senza attendere che il nonno potesse correggerla. In un attimo si trovava immersa nel cespuglio e quando ne riuscì fuori aveva un sorriso sul viso tipico della piccola peste. 
- Nonno, nonno, guarda che bel porcellino reale che ho trovato... - e mostrò al nonno il suo raccolto... uno splendido fungo con un gambo lungo e liscio e un cappello bianco-grigio un po umido.
- Poggialo subito Giulia - disse il nonno con la voce preoccupata - Quello non è un porcino reale... ma un fungo velenoso, mortale. Quella è una Amanita Falloide...
Al solo sentire il nome pronunciato dal nonno la piccola Giulia si fermò inorridita e lasciò cadere il fungo per terra... Il nonno si avvicinò e verificò che effettivamente 
il fungo fosse velenoso.
- Vieni qua piccola, laviamoci bene le mani. Bisogna fare attenzione coi funghi, ce ne sono tanti buoni ma anche tanti altri che sono pericolosi. Bisogna raccogliere solo quelli che si conoscono, andiamo a vedere assieme se c'è qualche fungo buono ma tu non toccarli se non te lo dico io va bene? Me lo prometti?
Giulia aveva capito perfettamente di aver corso un grosso rischio, non sapeva bene come il fungo avrebbe potuto farle del male ma nella voce del nonno la preoccupazione era forte e lei aveva imparato a sentirla.
- Ecco, vedi quel fungo marrone scuro? Con il gambo grosso e bianco? Quello è un porcino reale e puoi raccoglierlo senza pericoli, è uno dei funghi più buoni che conosco. 
Giulia questa volta si avvicinò al fungo con sospetto, lo osservò con attenzione e solo dopo averlo registrato nella sua giovane memoria lo raccolse per porgerlo al nonno che lo depose nel cesto di vimini.
- Nonno, ho fame, quando facciamo merenda? La mamma ci ha preparato i panini alla Gionzo... ripieni con insalata lunare, pomodorini e tonno ed io ho fame.
- Si, hai ragione, abbiamo camminato molto ed è arrivato il momento di riposarci e mangiare qualcosa. Andiamo a sederci sotto quella grande quercia. Disse il nonno.
Giulia non se lo fece ripetere due volte e raggiunse di corsa la cima della collina dove si sistemò a cavallo di una grossa radice in attesa del nonno.
- Dai nonno, su, quanto sei lento... - disse Giulia ridendo come suo solito.
- Arrivo... arrivo, eccomi. Rispose il nonno senza fiato. Ad una certa età anche una piccola salita può essere difficile, pensò. 
- Nonno, nonno, voglio salire sull'albero... dai su, aiutami.
- Giulia, non puoi arrampicarti in un momento come questo... disse il nonno con la voce più preoccupata che riusciva a fare - il nostro amico Gionzo ha dei problemi e mi ha appena chiamato. Chiede aiuto, vieni ad aiutarmi.
Queste poche parole fecero il miracolo, Giulia si fermò di colpo e il suo visino divenne bianco per la paura. Forse un po troppo, ma almeno si era completamente dimenticata della sua idea di arrampicarsi.
- Dimmi nonno, cosa possiamo fare per aiutare Gionzo? Cosa è successo ancora? Fancesco aveva detto che aveva sconfitto il terribile Accher... non è vero? 
- Si, così aveva detto Francesco, l'aveva aiutato mandandogli un potente programma antivirus ma evidentemente qualcosa è andata male perché Gionzo dice che la sua navicella è sempre più lenta, il Computer di bordo non funziona bene e tutti i monitor si sono spenti. Solo il telelunofono funziona ancora e...
- E il suo casco potenziante? - Urlò Giulia in preda al terrore - Dimmi che funziona ancora... ti prego...
- Si, il casco potenziante funziona bene. Per fortuna è sconnesso dal computer della sua astronave e non si è preso nessuna infezione da virus.
- Per fortuna! - disse Giulia sollevata - Allora sono sicura che riuscirà a guarire il computer, mamma dice sempre che quando c'è un virus in giro bisogna prendere un Antibotoco... una cosa così molto potente che uccide tutti i virus, anche quelli più cattivi. Possiamo mandargli un pacchetto con gli Antibotici? Possiamo, nonno, vero?
- Purtroppo no, piccola mia. Questi virus non si possono sconfiggere con le medicine normali, bisogna usare altri tipi di medicine per i computer. Ci sta lavorando con l'aiuto di Francesco proprio in questo momento.
- Allora sono sicura che riuscirà a risolvere il problema - disse Giulia più tranquillizzata - e Gionzo potrà proseguire il viaggio.
- Si, ne sono sicuro anche io, vedrai che assieme riusciranno a risolvere, dobbiamo solo avere pazienza. Ora però sarà meglio rientrare, si sta facendo tardi e la mamma sarà preoccupata.
- Si nonno - disse Giulia ubbidiente, mentre nella sua testolina un enorme vermone usciva fuori dallo schermo del computer della navicella di Gionzo con un'aria per niente amichevole...

Alessandro Rugolo

Francia, Red Team: come costruire il futuro

Qualche giorno fa il Ministro delle Forze Armate francesi, Madame Parly, ha annunciato il lancio di un programma che mira a costituire il Red Team, una squadra mista di pensatori che dovrebbero aiutare ad individuare le sfide militari e tecnologiche del futuro e ad aiutare la costruzione delle capacità militari necessarie ad affrontare tali sfide. Del Red Team faranno parte, come ben specificato nel messaggio, alcuni “prospectivistes et d’auteurs de science-fiction pour ‘imaginer au delà’ “. Per chi non conosce il francese diciamo subito che i “prospectivistes” sono, per semplificare, degli specialisti in analisi di scenari futuri (1). Ma ciò che più colpisce è il ricorso a scrittori di fantascienza. Di ciò il Ministro aveva già parlato tempo addietro quando aveva costituito l’Agenzia per l’Innovazione della Difesa. Qualche mese fa tale iniziativa aveva probabilmente sollevato una certa l’ilarità di chi, in tutto cio’, vedeva una punta di eccentricità dei nostri cugini francesi ma a mio parere le cose sono ben diverse e vanno prese seriamente. Iniziamo col dire che la Francia non è l’unico Paese ad aver fatto una cosa del genere, vediamo chi l’ha preceduta. Cominciamo con gli Stati Uniti d’America. Esiste un documento interessante in cui trovare diverse informazioni storiche, intitolato “The role and status of DoD Red Teaming activities” (2) in cui si accenna alla composizione dei Red Team concludendo che non esiste un Red Team ideale ma che la sua composizione dipende dallo scopo da raggiungere e citando tra gli specialisti i cosiddetti “futuristi”. Nel 2004 gli USA cominciarono a standardizzare l’uso dei Red Team per osservare i propri processi interni da punti di vista differenti, per vedere come fosse possibile migliorarli, trovandone le falle (altro significato di Red Team, impiegato come punto di vista del nemico) e per capire come la tecnologia può influenzare il futuro. Naturalmente nel tempo gli USA si sono spinti fino a dare al “Army Directed Studies Office” le capacità e il compito di aiutare i Comandanti Operativi ad analizzare i piani operativi. Analoghi esempi potremmo trovare probabilmente in Russia, Cina o più vicino, in Gran Bretagna, con la sua “Red Teaming guide”, edita nel 2010 e attualmente disponibile su internet nella versione del 2013. Da questa guida estraiamo per semplicità la definizione di Red Teaming, ovvero: “the independent application of a range of structured, creative and critical thinking techniques to assist the end user make a better informed decision or produce a more robust product”. Potremo andare avanti con le analisi ma preferisco fermarmi qui per dare ai più curiosi la possibilità di approfondire personalmente, avendo dato, a mio parere, sufficienti spunti di riflessione sulla importanza del pensiero creativo nella analisi del futuro.

Chi non ha letto da ragazzo Isaac Asimov o Frank Herbert?
Chi l’ha fatto può senza dubbio rendersi conto di come questi due grandi autori siano talvolta arrivati veramente molto vicino alla nostra attuale realtà, tanto vicino da far pensare che, forse, immaginare il futuro serve a costruirlo.

Alessandro Rugolo

(1) La Prospective è definita come la “Science ayant pour objet l'étude des causes techniques, scientifiques, économiques et sociales qui accélèrent l'évolution du monde moderne, et la prévision des situations qui pourraient découler de leurs influences conjuguées.

(2) E’ molto interessante notare che il documento fa diversi esempi di impieghi con successo di Red Team nella storia e afferma che “ ideal team members are most likely nonexistant. The art is to mix quite different skills. Technology is often an issue; should an engineer, scientist, specialist, systems type, or futurist be the team member?”

- https://www.defense.gouv.fr/dga/actualite/lancement-de-l-appel-public-a-la-concurrence-pour-la-constitution-de-la-red-team - https://www.defense.gouv.fr/aid - https://www.larousse.fr/dictionnaires/francais/prospective/64476 - https://www.suasnews.com/2016/08/army-science-technology-systems-adaptive-red-team-uas-threat-experiment-2-16/ - https://www.hqmc.marines.mil/Portals/138/Docs/PL/PLU/Mulvaney.pdf - file:///C:/Users/39347/Desktop/20130301_red_teaming_ed2.pdf

sabato 14 dicembre 2019

Perso nel cyberspace!!! (Seconda puntata)

- Ciao papà. Scusa se ti disturbo a quest'ora ma devo chiederti la cortesia di passare a prendere Giulia, se puoi… purtroppo io non posso uscire, sto aspettando che la torta finisca di cuocere. Vi raggiungo più tardi per cena.
Giulia naturalmente ascoltava con attenzione, appesa alla gonna della mamma, cercando di capire cosa avrebbe risposto il nonno. Lei adorava il suo nonno, un po perché da lui poteva fare tutte quelle cose che a casa erano vietate (anche infilare il dito nel barattolo della nutella!), ma soprattutto perché ogni volta c'era una nuova avventura del suo amico Gionzo, il suo estronauta preferito. E ora che ci pensava, la sera prima Gionzo si trovava in grave difficoltà, perso nel cyberspace: e dire che lei non sapeva neanche cosa fosse questa cosa...
- Certo mia cara, nessun problema. C'è anche Francesco da me per cui sono sicuro che si divertiranno. Arriviamo. Giulia aveva sentito a sufficienza. Senza attendere che la mamma mettesse giù il telefono, già correva verso la sua cameretta per afferrare alcune cose indispensabili (in particolare la statuetta in legno di Gionzo che gli aveva regalato il nonno tempo addietro) e per indossare il cappotto e la sciarpa. Anche se la strada da fare era poca meglio non rischiare un raffreddore (diceva sempre la mamma) altrimenti rischi di non essere in grado di aiutare il tuo amico Gionzo proprio quando ce n'è più bisogno. E Gionzo questa volta era nei guai...
- Giulia, è arrivato il nonno... vai ad aprire la porta!
- Si mamma... corro. E mentre rispondeva già correva per la stanza con la sciarpa a penzoloni e Gionzo stretto in braccio.
- Nonno!!! - urlò Giulia saltandogli al collo - Finalmente! Dimmi subito che Gionzo sta bene… ero molto preoccupata per lui. Allora ? Come sta? E' riuscito a tornare a casa dalla sua bella famiglia? Naturalmente tutto ciò era stato urlato nell'orecchio del nonno che per poco non cadde all'indietro.
- Giulia, non urlare e stai tranquilla. Gionzo sta bene, anche se si è perso riesce a telefonare grazie al suo nuovo telelunofono e Francesco sta cercando di aiutarlo ad uscire dal Cyberspazio. Adesso andiamo anche noi ad aiutarlo… quindi fece l'occhiolino alla figlia, la mamma di Giulia, e senza dire altro uscì di casa con la nipotina in braccio, visibilmente preoccupata!
La casa del nonno distava poco più di mezzo chilometro e non ci volle molto a raggiungerla. Giulia correva avanti, girandosi di tanto in tanto verso il nonno, pregandolo di fare presto, come se Gionzo fosse in fin di vita. Il suo visino esprimeva preoccupazione ma anche furbizia e i suoi occhioni assomigliavano tanto a quelli del gatto con gli stivali del film animato...
Qualche minuto dopo erano a casa del nonno.
- Ciao Fancesco! - urlò Giulia appena entrata in casa - hai parlato con Gionzo? Come sta? Puoi aiutarlo a tornare a casa? Le domande, come al solito, erano state poste con la sua voce alta e acuta e Francesco si era dovuto portare le mani alle orecchie per proteggersi. Poi l'aveva abbracciata e sollevata per portarla faticosamente sulla poltrona vicino al camino, dove Giulia si sedette in attesa che qualcuno rispondesse alle sue domande. Questa volta fu Francesco che parlò...
- cara cuginetta, Gionzo sta bene. Però non riesce a tornare. Il suo vascello spaziale è stato hackerato e lui non riesce a riprendere il controllo. Francesco diceva questo con la massima disinvoltura e serietà e Giulia pendeva dalle sue labbra. Certo, non aveva capito tutto, tra cibospazio e accherato non sapeva giudicare quale parola fosse più pericolosa per il suo amico Gionzo ma capiva che Gionzo era in pericolo e questa volta chissà se il nonno o Francesco potevano aiutarlo. 
- Ma, ma... - balbettò Giulia - possiamo aiutarlo? Voglio parlarci io. Sono sicura che se sente la mia voce si sentirà meglio.
- No Giulia, - disse Francesco - adesso non puoi. E' impegnato al computer di bordo della sua navicella. Sta cercando di fare pulizia con un potente Antivirus per cercare di riprendere il controllo della navicella. Giulia, sentendo la terza parola misteriosa della giornata diventò pallida e solo allora capì veramente quanto il suo amico Gionzo fosse in pericolo. Non le era mai capitato di sentire tre parole sconosciute in così poco tempo. 
- Ma io devo fare qualcosa per lui - urlò Giulia sul punto di piangere - non posso stare qui senza far niente. Fancesco, devi spiegarmi cosa sono tutte queste parole strane… dimmi la verità, Gionzo è... morto? Quest'ultima parola era stata pronunciata quasi sottovoce, come se detta a voce bassa fosse meno pericolosa. 
- Ma no Giulia, che dici. Gionzo non può morire - disse il nonno, intervenendo prontamente per evitare una tragedia - stai tranquilla, vedrai che Gionzo riuscirà a trovare una soluzione, non è vero Francesco? E mentre parlava guardava il nipote con aria implorante. Dalla sua risposta probabilmente sarebbe dipesa la salute delle sue orecchie per i prossimi dieci minuti almeno!
- Ma certo nonno. Gionzo se la caverà di sicuro. Gli o appena inviato un antivirus potentissimo e gli ho spiegato come funziona. Gionzo ci sta lavorando ancora ma con il suo casco potenziante sono sicuro che riuscirà a trovare una soluzione. Le parole avevano fatto il loro effetto. Giulia riprese colore e cominciò a correre per il salotto e saltare dalla gioia. Nella sua fervida immaginazione un mostro chiamato "Accher" aveva assaltato la navetta di Gionzo e si era impossessato del computer (prima o poi avrebbe dovuto chiedere a Francesco di spiegargli cosa fosse un computer...) ma un cavaliere bianco che si chiamava "Antivirus", inviato da suo cugino Francesco era corso in suo soccorso. La lotta era dura, ma Gionzo avrebbe vinto...
- Francesco, puoi andare ad aprire la porta? Suonano… Disse il nonno, che intanto cercava di impedire che la piccola Giulia distruggesse gli ultimi soprammobili rimasti ancora interi!

Alessandro Rugolo 

Phishing e Fake news, dalla propria e-mail ai governi

Quando la maggior vulnerabilità è (inconsapevolmente) tra la tastiera e il computer!

Vi sarà capitato di ricevere almeno una volta delle e-mail in cui un qualche figuro, funzionario di una non specificata banca di un paese a caso, vi ha chiesto qualche migliaio di dollari per sbloccare una pratica tramite la quale vi sareste trovati milionari da un momento all’altro.

Questo tipo di e-mail sono comunemente contrassegnate come spam e sono un esempio di come gli attaccanti cerchino di sfruttare la vulnerabilità più grande di un sistema informatico, ovvero l’essere umano.

Questo tipo di attacco viene chiamato “phishing”, ovvero il tentativo di sfruttare la credibilità di un nome od un logo per indurre la vittima a fornire informazioni personali o credenziali, le quali vengono raccolte dall’aggressore e sfruttate o rivendute.

Il phishing non è una tecnica proprietaria dell’informatica, si pensi ad esempio alle truffe ai danni degli anziani, dove l’aggressore si finge un addetto dell’azienda fornitrice di un servizio per poter entrare nell’abitazione, o farsi fornire tramite l’inganno il codice segreto riportato nella bolletta.

Nel campo informatico, il phishing è ampiamente sfruttato non solo per rubare credenziali bancarie o social, ma anche per propagare malware (questo tipo di tecnica viene chiamata appunto “malspam”).

Di solito, anche per via delle normali emozioni umane, si tende a non dare peso al phishing, o si tende a pensare che “tanto io ne sono immune… lo so riconoscere”.
Ebbene, il consiglio è quello di essere sempre sospettosi, e non prendere mai sottogamba questi tentativi di attacco, in quanto alcuni possono essere molto elaborati.

Prendiamo, ad esempio, questa pagina (link: https://loremitalia.altervista.org/testp/ ):

Questa è una copia “pixel-perfect” della home-page di Facebook, creata ad hoc da me proprio per questo articolo.
Se in questo momento lanciassi una campagna di phishing mirata agli utenti americani del famoso Social Network, quante vittime riuscirei a fare?

Ho voluto inoltre pubblicare una dimostrazione (anche se è solo una facciata, non ho inserito ovviamente nessuna funzione di cattura dei dati) per dimostrare anche la semplicità di un simile attacco.

Per produrre un attacco simile è stato sufficiente:
- Recuperare gli “asset” dal sito (circa 30 secondi).

- Modificare un minimo il codice HTML per renderlo compatibile, visibile e “navigabile” al di fuori dei server della Piattaforma (circa 60 secondi).

- Caricarlo su un hosting (circa 15 secondi).

- Modificare l’htaccess (vedremo in seguito cos’è – circa 20 secondi).

Per chi esegue attacchi del genere “per mestiere”, inserire una funzione di salvataggio dei dati richiede al massimo 10 minuti.

In pratica, andando con calma e curando il “contenuto”, un “phisher” esperto può costruire una campagna di successo in un quarto d’ora.

Con una tecnica simile, si possono creare campagne anche per applicazioni web create con framework moderni come Angular, React o Vue.

L’htaccess, inoltre, serve proprio a questo.
I framework sopra citati sono stati creati per facilitare gli sviluppatori nel creare applicazioni che funzionassero da subito come applicazioni multi-piattaforma, su dispositivi diversi, e che supportassero da subito un design “responsive”, ovvero che si adattassero subito agli schermi di vari formati e dimensioni.
Data la loro struttura, le applicazioni vengono eseguite direttamente nel browser, evitando quindi un oneroso lavoro da parte dei server.
Il componente che permette all’applicazione di funzionare viene chiamato “service worker”.

La struttura delle applicazioni create con dei framework può essere molto complessa e strutturata in varie sotto-cartelle.

Ovviamente il phisher non sempre può riprodurre il service worker in maniera perfetta (quasi mai a dire la verità), così lavora per scaricare gli “asset” dal sito.
Gli “asset” sono dei file CSS e Javascript (CSS è un linguaggio che descrive come deve essere visualizzata la grafica di un sito – può essere paragonato ad un “motore grafico” per pagine web, mentre Javascript permette ai vari componenti di funzionare, ad esempio i pop-up che compaiono sui siti per farci accettare i cookies).

L’insieme di HTML, CSS e Javascript permette al sito di funzionare esattamente come dovrebbe, quindi una volta che il phisher ha questi componenti, la struttura dell’applicazione e la pagina iniziale da visualizzare, non deve fare nient’altro che caricare questa “struttura simulata” all’interno di un hosting e modificare l’htaccess.

Il file “.htaccess” (il punto davanti non è un errore), è un file di configurazione che dice ad Apache (un server web) come deve funzionare una cartella o un’intera applicazione PHP.
PHP è un linguaggio di programmazione per il web che permette di creare delle applicazioni che, a differenza dei framework precedenti, è “server-side”, ovvero tutte le operazioni vengono eseguite dal server e non dal browser.
Apache supporta applicazioni PHP, e tramite il file “.htaccess” il phisher dice ad Apache dove prendere la pagina iniziale.
In questo modo, per quanto possa essere complessa la struttura dell’applicazione, il phisher può rispettarla, potendo “riprodurre” qualunque pagina lui voglia (evitando qualunque errore grafico).

Un tipo di attacco del genere è molto difficile da evitare se non si è particolarmente attenti ma, se si è davanti al proprio computer, si può comunque controllare l’indirizzo del browser.
Per questa dimostrazione, ad esempio, si può leggere https://loremitalia.altervista.org/testp/ che ovviamente non è l’indirizzo di Facebook.

Ma davvero possiamo ritenerci al sicuro semplicemente verificando il link?

In linea generale il consiglio è quello di fare sempre attenzione a quali dati si stanno immettendo e dove, ma non è sempre così semplice.

E’ possibile accorgersi di un furto di dati, in quanto nella maggioranza dei casi una volta immesse le credenziali, l’Utente viene redirezionato su una pagina di errore, questo perchè il resto della struttura del sito web e le informazioni cui l'utente dovrebbe accedere non sono (ancora) noti per cui non riproducibili.

Nel caso in cui non ci si renda conto di essere caduti nella trappola, le conseguenze possono essere gravi: di solito l’obiettivo è il furto di dati personali o industriali, il furto di coordinate bancarie oppure (tramite malspam), infettare il dispositivo dell’Utente per farlo rendere inconsapevolmente un “complice” del criminale (una rete di questo tipo, formata da PC “zombie” controllata dall’aggressore da remoto, viene definita “botnet”).

Proprio per la gravità di tali conseguenze, si consiglia sempre di osservare con attenzione il link della pagina dove si sta navigando, il mittente delle e-mail che si ricevono e gli eventuali link riportati.

Molte volte, per scoprire se si tratta di truffa, basta cliccare con il tasto destro del mouse, cliccare su “copia indirizzo” ed incollarlo sul blocco note.
Si noterà subito se trattasi di link originale o di una truffa.

Nel caso si ricevano ripetute e-mail di questo tipo, si può provvedere ad inviarne segnalazione, tramite apposita procedura, tramite il sito web https://www.commissariatodips.it/

Alcune volte non basta, e ad aiutare i “bad guys” ci pensano le innumerevoli vulnerabilità software, o applicazioni malevole.
Per fare un esempio, mentre sul computer possiamo installare dei software anti-virus, anti-spam e “reputazionali” che ci aiutano a distinguere se stiamo navigando su un sito sicuro o meno, il discorso cambia per I dispositivi mobili.

Proteggere la navigazione su smartphone risulta molto più difficoltoso, sia perchè non esistono delle suite di protezione ben sviluppate, sia perchè sullo smartphone siamo legati a delle “app”, le quali ci guidano verso il servizio da noi richiesto.
Le app (di qualsivoglia servizio) di solito vengono pesantemente testate prima del loro rilascio e in linea generale ricevono aggiornamenti costanti, ma come ben sappiamo “poggiano” le loro basi sul sistema operativo dello smartphone, il quale rappresenta un ecosistema molto più grande e maggiormente prono alle vulnerabilità.

Per fare un esempio, ultimamente è stata resa nota una vulnerabilità che è stata chiamata “StrandHogg”, che affligge tutte le versioni di Android.
Questa particolare vulnerabilità sfrutta il sistema di multitasking del sistema operativo, ovvero quel sistema che permette di avere aperte molteplici applicazioni contemporaneamente.
La vulnerabilità, per essere specifici, sfrutta un particolare controllo del sistema Android chiamato “taskAffinity”, che permette ad un’applicazione (anche malevola), di assumere qualsiasi “identità” nel sopracitato sistema multitask.

Sfruttando questa vulnerabilità è possibile, per un’applicazione malevola, di “prendere il posto” (tecnicamente viene effettuato un “hijack”) dell’applicazione originaria.
Questo consente di reindirizzare l’utente in una falsa schermata e poter quindi rubare credenziali, ma anche superare le autenticazioni a due fattori (pensiamo ad esempio alle app bancarie e all’SMS di controllo).

Anche in questo caso, il phisher può rubare i nostri dati ed è molto più complesso per l’utente rendersi conto di ciò che sta accadendo.
E’ anche vero, però, che l’applicazione malevola deve essere installata sullo smartphone della vittima, è quindi necessario fare estrema attenzione a cosa si installa.
Aziende come Google ed Apple, che gestiscono i marketplace più grandi attualmente sul mercato, rimuovono sistematicamente molteplici app dannose, ma comunque l’utente deve sempre fare estrema attenzione per non avere problemi.

Ora cerchiamo di pensare a cosa può portare un attacco di phishing, stavolta mirando ad un intero Stato.

ATTENZIONE: LO SCREENSHOT CHE SEGUE E’ UN FALSO, ED E’ STATO CREATO APPOSITAMENTE COME DIMOSTRAZIONE.


Come detto in precedenza questo è un falso, ed è solo una dimostrazione creata ad hoc per l’articolo, ma analizziamolo nel dettaglio:


Come si può immaginare, se fosse vero questo tweet, ne risulterebbe uno scandalo e una possibile rottura dei rapporti tra due Paesi.
Ma sappiamo che non è reale, è appunto una dimostrazione, ma perchè farlo?

Gli attacchi informatici non sono mai casuali, e spesso hanno radici nelle situazioni geopolitiche dei Paesi coinvolti.
Un attacco informatico di questo genere è economico, non causa vittime e difficilmente può essere attribuito, è quindi utile per creare delle pressioni verso una Nazione, creare una destabilizzazione controllata e contemporaneamente mantenere i canali diplomatici aperti.

Un “fake” come lo screenshot sopra riportato, potrebbe essere utile per creare una destabilizzazione nell’opinione pubblica.
Nel momento in cui qualcuno andasse a verificare la presenza del tweet, si potrebbe sempre pensare che sia stato rimosso, mantenendo vivo il dubbio.

Questo comportamento, tipico delle fake news, è utile per creare una spaccatura nell’opinione pubblica la quale, a seconda delle preferenze politiche, potrebbe credere o non credere che il post sia vero.

Si può usare questa tecnica anche per “distrarre” l’opinione pubblica rispetto ad un determinato problema.

Per massimizzare l’efficacia di una campagna simile, si può utilizzare una tecnica relativamente nuova, chiamata “deepfake”.

Il deepfake è una speciale tecnica che permette di elaborare un’immagine sovrapponendo e modificando tramite l’Intelligenza Artificiale l’immagine originale, creando quindi un falso indistinguibile dall’immagine di partenza.

Questa tecnica è ampiamente utilizzata, ed è famoso il caso del deepfake mandato in onda dal programma Striscia la Notizia (link al video: https://www.youtube.com/watch?v=E0CfdHG1sIs )

Per realizzare un video deepfake è necessario ricorrere ad una scheda video NVIDIA che supporti l’architettura CUDA, ovvero che permette l’elaborazione dei calcoli in parallelo.
Attualmente è quindi sufficiente impiegare un normale computer da gaming, e il software che è possibile reperire in rete.

E’ normale aspettarsi che, per chi ha abbastanza risorse, è molto facile creare delle strutture, campagne e pagine/immagini/video talmente ben fatte da portare un attacco su vasta scala e di sicura efficacia.

E’ comunque possibile proteggersi da tutto ciò, e vorrei dare un suggerimento in merito:
come avete avuto modo di vedere, per quanto complessa fosse l’operazione, quì il target dell’attacco non è una macchina ma la singola persona, la quale rappresenta la “vulnerabilità” maggiore, in quanto le proprie esperienze e le proprie emozioni, possono influenzare o meno un giudizio.

Per difendersi è necessario “aggiornarsi”, senza pregiudizi dettati da un colore politico o da una preferenza personale, analizzando secondo il proprio buon senso le varie situazioni, informandosi, per non cadere vittime di una truffa o per evitare di fare il gioco di chi trae profitto da una destabilizzazione. 


Alessandro Fiori



Per approfondire:




martedì 10 dicembre 2019

Europeancybersecuritychallenge: Italia seconda in classifica.

Intervista a Emilio Coppa, Giovanni Lagorio e Mario Polino allenatori della squadra italiana di cyber defender "TEAM ITALY" formata da allievi del percorso formativo Cyberchallenge.IT (https://cyberchallenge.it/team).

Emilio Coppa è un assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Ingegneria informatica, automatica e gestionale della Sapienza Università di Roma. Ha ricevuto un dottorato in Informatica nel 2015 e i suoi interessi di ricerca si focalizzano su tecniche di analisi statica e dinamica del software. Dal 2017 fa parte del comitato organizzativo di CyberChallenge.IT ed è uno dei responsabili della squadra nazionale per l'European Cyber Security Challenge (ECSC).

Giovanni Lagorio è ricercatore presso il DIBRIS dell'Università di Genova. Interessato alla sicurezza informatica e ad attività di ethical hacking, è fra i fondatori del team ZenHack e organizzatore di CyberChallenge.IT per la sede di Genova. Dal 2019 è uno dei responsabili della squadra nazionale di cyber-defender per l'European Cyber Security Challenge (ECSC).

Mario Polino è assegnista di ricerca presso il DEIB del Politecnico di Milano dove si occupa di Malware e Binary Analysis. Dal 2009 partecipa a competizione CTF con il team Tower of Hanoi e dal 2018 con mhackeroni. Dal 2019 è l’allenatore del team nazionale di cyber-defender per l'European Cyber Security Challenge (ECSC)

Prima di tutto una breve panoramica sui componenti della squadra. Quali sono le città di provenienza? Quali i corsi di studio di provenienza?
Ricordiamo ai nostri lettori che i componenti della squadra vengono dal percorso di formazione CyberChallenge.IT, organizzato dal Laboratorio Nazionale Cybersecurity del CINI, che ha visto inizialmente 20 ragazzi formarsi in ciascuna delle 18 sedi universitarie partecipanti. Terminato il periodo di formazione, ciascuna sede ha selezionato quattro ragazzi per formare la squadra locale che ha partecipato alla finale nazionale a Chiavari, lo scorso 27 Giugno.
Grazie alla finale nazionale è stato possibile formare il team nazionale.
Il team è composto da dieci ragazzi che provengono da diverse realtà italiane.
Andrea Biondo (il capitano) e Riccardo Bonafede sono due studenti dell’Università degli studi di Padova. Il primo vive a Cassier (Treviso) ed è attualmente iscritto alla Magistrale in Informatica, mentre il secondo viene da Padova e sta completando la Triennale in Ingegneria Informatica. Sempre dal Veneto arriva Antonio Groza, che vive a Mirano (Venezia) e dopo essersi diplomato nel 2018 all’ITIS Levi Ponti ha deciso di intraprendere direttamente una carriera professionale.
Marco Bonelli, Andrea Laisa e Samuele Turci studiano a Milano. Marco viene da Terni e frequenta la triennale in Ingegneria Informatica presso il Politecnico di Milano. Andrea invece viene da Bergamo, studia sempre al Politecnico di Milano ma è iscritto alla triennale in Informatica. Infine, Samuele viene da Gatteo (Forlì-Cesena) ed è iscritto alla triennale in Informatica presso l’Università degli Studi di Milano.
A Roma studiano tre partecipanti del team: Qian Matteo Chen, Dario Petrillo e Michele Lizzit. Matteo vive a Roma ed è uno studente triennale di Informatica presso l’Università La Sapienza di Roma. Anche Dario vive a Roma e studia alla Sapienza, ma frequenta la triennale di Ingegneria Informatica. Infine, Michele vive a Pasian di Prato (Udine) e frequenta la Triennale in Management and Computer Science presso la Libera Università Internazionale degli Studi Sociali (LUISS) Guido Carli.
Scendendo geograficamente ancora più a sud, Davide Palma studia alla triennale di Informatica dell’Università degli studi di Bari e vive a Apricena (Foggia).

Con quale criterio sono stati selezionati i componenti della squadra nazionale a partire dai partecipanti alla finale?
Il pool di scelta era composto dai partecipanti di CyberChallenge.IT del 2019, ma anche degli anni precedenti. L’iniziativa è stata molto efficace e ha introdotto a questo tipo di competizioni molti giovani capaci, che nel tempo sono migliorati tanto fino ad arrivare a competere ai massimi livelli nonostante la loro giovane età. Scegliere non è stato facile, ci sono molti ragazzi in gamba, ma alcuni vincoli sulla composizione della squadra presenti nel regolamento della competizione hanno semplificato questa scelta. 
Tutti e 10 i giocatori devono avere meno di 25 anni, e 5 di loro devono essere sotto i 20 anni. Ci sono tantissimi ragazzi bravi con meno di 25 anni. Meno, invece, per quanto riguarda la fascia fino ai 20. Questo regolamento divide fondamentalmente la squadra in due quote: Senior (21-25) e Junior (minori di 20 anni). Abbiamo quindi realizzato due classifiche, una per i Senior e una per i Junior, in cui abbiamo valutato le prestazioni dei candidati negli eventi passati. In particolare, abbiamo valutato la prova locale, cioè la sfida individuale che ogni partecipante di CyberChallenge.IT ha affrontato alla fine del percorso di formazione, la competizione nazionale, che si svolge a squadre fra le varie sedi, ma anche competizioni esterne a cui diversi membri del team finali hanno preso parte. Il risultato è stato un team formidabile e il posizionamento al secondo posto ne è la conferma.

A questo punto passiamo alla fase di allenamento e di costruzione del vero e proprio "gioco di squadra". Come avete gestito la diversa provenienza geografica e di formazione di base?

L’allenatore ha selezionato i partecipanti scegliendo, di proposito, una formazione eterogenea, essenziale per essere pronti ad affrontare ogni tipo di sfida. La diversa provenienza geografica, invece, è stata mitigata organizzando, a metà settembre, un ritiro di quattro giorni presso la Scuola IMT Alti Studi di Lucca. Lì i ragazzi hanno avuto modo di conoscersi, formando una squadra vera e propria, grazie a varie attività di gruppo. Fra queste, anche attività non strettamente legate all’informatica, ma non meno importanti, quali, per esempio, ripresa e montaggio del video, goliardico, di presentazione della squadra e birrate serali.
Potete raccontarci come si è organizzata la squadra in termini di divisione dei compiti? E’ stato nominato un capo o è emerso un leader spontaneo? Sicuramente questo aspetto è strettamente legato al tipo di competizione. Potete darci una breve descrizione della modalità di gioco?

Grazie al raduno di Lucca, il team è stato in grado di identificare le competenze che ogni membro del team poteva mettere a disposizione ai fini della competizione.
Come capitano della squadra, abbiamo immediatamente visto in Andrea Biondo il migliore candidato: parte del team che ha vinto CyberChallenge.IT 2018, membro dei team CTF Spritzers e mHACKeroni, membro della nazionale per ECSC nel 2018 e anche co-autore di articoli scientifici in conferenze di rilievo nell’ambito della cybersecurity.

La competizione si è svolta in due giornate seguendo un format jeopardy, in cui i team devono risolvere delle challenge per ottenere dei punti. Ogni challenge può essere vista come una sfida informatica, sia software che hardware, che replica uno scenario reale ma in un contesto isolato, permettendo ai ragazzi di divertirsi senza fare danni nel mondo reale. Esempi concreti di queste sfide possono essere dei portali web in cui occorre ottenere accesso amministrativo oppure dei sistemi embedded su cui identificare delle falle per far eseguire azioni non autorizzate.

Le 36 challenge preparate dagli organizzatori rumeni sono state egualmente divise fra i due giorni di gara, non permettendo ai ragazzi di risolvere challenge del primo giorno durante la seconda giornata. Il punteggio di ogni challenge è stato ottenuto in modo dinamico: tale meccanismo evita di dover assegnare un punteggio a priori in base alla difficoltà stimata (sempre molto difficile da valutare).

Oltre alle challenge hardware e software, gli organizzatori hanno assegnato ulteriori punti in base alla capacità dei vari team di: (a) superare una escape room caratterizzata da sfide hardware entro un tempo massimo di 30 minuti, (b) presentare in 5 minuti la soluzione di una delle challenge risolte ad una giuria composta da non esperti.

Durante le ultime due ore di gara, la scoreboard con i punteggi è stata oscurata, in attesa della premiazione avvenuta la sera del giorno dopo.

E ora veniamo ai momenti di gara, divisa in tre giornate. Potete descriverci quali sono state le emozioni provate dalla squadra durante le giornate? L'Italia già dalla seconda parte della prima giornata faceva parte del gruppo di testa, conquistando anche il primo posto in diverse fasi della gara. Come sono stati vissuti questi momenti?
Quale è stato l'aspetto più difficile della gara? Quale quello che vi ha dato più soddisfazione?

All’inizio eravamo tutti molto emozionati ma, una volta che abbiamo iniziato ad affrontare le varie sfide, la concentrazione era tale da non farci pensare molto ad altro.
Alcune challenge hanno richiesto diverse ore e il lavoro congiunto di vari membri, un po’ per difficoltà tecniche, un po’ perché non era chiarissimo cosa si doveva fare e la comunicazione con gli organizzatori era a volte difficoltosa. Chiaramente, rimanere bloccati per ore su una sfida può essere estremamente frustrante ma, come si dice, chi la dura la vince, e alla fine siamo riusciti a risolverne molte. Far parte del gruppo di testa fin da subito ci ha creato un po’ di tensione, ma ogni sfida risolta ci ha dato una grande carica e fiducia in noi stessi, che ci hanno aiutato a mantenere la grinta per tutte quelle ore.
Il team ha funzionato molto bene e questo aspetto ha dato i suoi frutti, portandoci in alto in classifica. È questo, probabilmente, l’aspetto che ci ha dato più soddisfazione.


Ora che la gara è terminata portando a casa il secondo posto, quali sono i riflessi di questa esperienza che avranno sicuramente un effetto nelle vostre attività future nel campo della didattica e della ricerca? Qualcuno dei ragazzi ha pensato di lanciarsi nel lavoro con una start-up? Quando pensano al loro futuro si vedono in Italia o all'estero?


Faremo sicuramente tesoro di questa esperienza; alcuni ragazzi hanno già esperienze lavorative e stanno considerando anche la possibilità di lanciarsi in qualche startup. Altri puntano invece ad attività di ricerca: c’è chi pensa a un dottorato e chi invece vorrebbe entrare a far parte del settore ricerca e sviluppo di qualche grossa industria. Fortunatamente per il nostro paese, quando pensano al futuro alcuni si vedono in Italia, anche se non manca chi considera la possibilità di andare a lavorare per qualche colosso informatico dall’altra parte dell’oceano.

Per quanto riguarda la squadra, continuerà a partecipare ad altre competizioni? Cosa intendete fare per condividere la vostra esperienza coi più giovani?
Sicuramente la squadra parteciperà anche il prossimo anno a ECSC, alcuni membri supereranno il limite di età e quindi il team dovrà per forza cambiare un po’. Ma queste sono valutazioni da fare a valle della prossima edizione di CyberChallenge.IT dove ci aspettiamo, come è successo in passato, che i membri attuali del team aiutino a formare le nuove leve.

Nel frattempo, subito dopo la competizione in Romania, una grossa fetta del team è volato ad Abu Dhabi per la Hack in The Box CyberWeek, dove hanno preso parte in due competizioni diverse:
  • Una parte di loro ha partecipato e vinto la “Cyber Battle of The Emirates” una competizione pensata per giovani che si affacciano al mondo dei Capture the Flag e della security più in generale.
  • Un'altra parte ha invece preso parte al ProCTF come “mhackeroni”. Il ProCTF è una competizione senza restrizioni di età, e pensata per professionisti. Il Team mhackeroni è arrivato al terzo posto.

Molti dei giocatori del Team Italy, ma anche gli altri partecipanti di CyberChallenge.IT, dopo questa esperienza continuano a giocare nei team locali delle varie sedi universitarie. Queste squadre sono formate non solo da novizi, ma anche da giocatori di lunga data, che durante l’anno si sfidano in varie competizioni. Esiste una lista pubblica dei Team Italiani che hanno assorbito partecipanti di CyberChallenge.IT o che sono nati proprio dai ragazzi che hanno partecipato a questa iniziativa: https://cyberchallenge.it/ctf-teams

Uno di questi team è il team “mahckeroni” (https://mhackeroni.it/) che oramai da diversi anni partecipa al DEF CON CTF, una delle competizioni più difficili di questa categoria. Per partecipare a questa competizione bisogna qualificarsi vincendo uno degli eventi selezionati. Non ci sono restrizioni di età, numero, o professione, e a questo tipo di competizioni prendono parte anche molti professionisti del settore. E solo le migliori 16 squadre al mondo riesco a vincere un posto per la finale di Las Vegas. Diversi membri del “Team Italy” fanno parte della squadra “mhackeroni” che lo scorso Agosto si è piazzata al 5° posto di questa competizione.

Grazie per il vostro impegno, teneteci informati sulle vostre attività. Difesaonline e i suoi lettori vi sostengono. In bocca al lupo a tutti!

Giorgio Giacinto

https://europeancybersecuritychallenge.eu/

sabato 7 dicembre 2019

APT 32 hackera BMW e Hyundai?

E' di qualche giorno fa la notizia che degli hackers hanno colpito BMW e Hyundai.
Gli hackers si sarebbero infiltrati nella rete aziendale di BMW già da questa estate utilizzando un toolkit chiamato Cobalt Strike, utilizzato come backdoor per muoversi verso le reti dei due giganti dell'automobile e, presumibilmente, esfiltrare dati,  associato all'impiego di siti web fake. 
Nell'articolo di zdnet si lascia intendere che BMW abbia volontariamente permesso agli hacker di restare all'interno della propria rete per seguire i loro movimenti e comportamenti e cosi cercare di individuare la provenienza dell'attacco, bloccando quindi l'accesso solo a novembre. Per quanto riguarda la Hyundai non si sa praticamente niente.
Secondo quanto riportato dalle riviste tedesche Bayerischer Rundfunk e Taggesschau che per prime hanno rivelato l'accaduto, il gruppo responsabile sarebbe conosciuto con la sigla APT  32 (Advanced Persistent Threath 32) o anche Ocean Lotus che farebbe capo al governo vietnamita, cosi affermano gli esperti della German Cybersecurity Organisation (DCSO) anche se ammettono che non vi siano prove in merito. 
Il gruppo è attivo dal 2014 e sembra che negli ultimi anni abbia preso di mira in particolare le industrie del settore automobilistico. Toyota Australia, Toyota Japan e Toyota Vietnam sono state tra le vittime precedenti. 
Secondo varie fonti l'attacco si pone nel contesto della guerra industriale tra case automobilistiche.
Secondo alcune fonti gli hacker non avrebbero rubato dati sensibili e non sono riusciti nel loro intento di penetrare nelle reti della sede centrale di Monaco.
Ancora una volta l'industria è oggetto di attacchi informatici, a dimostrazione dell'interesse che il settore ha per gli hacker. Il settore automobilistico non è solo possibile fonte di dati personali degli acquirenti ma anche ben più paganti informazioni relative a segreti industriali, brevetti e eventuali difetti delle parti meccaniche, per non parlare dei danni all'immagine subiti.
Facciamo attenzione, checché se ne dica la guerra economico-industriale è sempre in corso.
E se colossi come BMW e Hyundai ne sono vittime… nessuno è al sicuro!
Cosa fare allora?
Primo: informarsi, sempre.
Secondo: formare il personale della propria società, i tecnici, i quadri e i dirigenti, ognuno al proprio livello. I dirigenti in particolare non devono fare i tecnici ma devono capire come adattare la propria organizzazione al mondo attuale e al livello di rischio cyber esistente.
Terzo: dedicare le giuste risorse al settore cyber, effettuando una attenta analisi del rischio.
Quarto: aiutare a creare una società migliore, per esempio appoggiando campagne di informazione presso le scuole. E' dalle scuole infatti che escono futuri operai, impiegati e dirigenti. 
Lasciare allo Stato il peso di cambiare la società è una utopia. L'impegno di tutti consente invece di accelerare il processo di digitalizzazione della nostra società e di ridurre i rischi.

Alessandro Rugolo

Per approfondire:

https://www.zdnet.com/article/bmw-and-hyundai-hacked-by-vietnamese-hackers-report-claims/
https://www.br.de/nachrichten/wirtschaft/fr-autoindustrie-im-visier-von-hackern-bmw-ausgespaeht,RjnLkD4
https://www.tagesschau.de/investigativ/br-recherche/bmw-hacker-101.html
https://www.technadu.com/vietnamese-hackers-apt32-hacked-hyundai-bmw/86959/
https://www.cobaltstrike.com/
https://attack.mitre.org/groups/G0050/
https://dcso.de/