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domenica 20 settembre 2009

Plutarco: perché la Giustizia Divina punisce tardi

Cari amici e lettori,
avendo or ora terminato la lettura del saggio di Plutarco sulla Giustizia Divina e pensando che vi siano tante cose interessanti per uno studioso di storia e costumi dell'antichità, ho pensato di lasciare una breve traccia degli argomenti che vi sono trattati così da invogliare alla lettura del testo che é tra l'altro breve e di facile comprensione.
Plutarco inizia il suo testo parlando dell'epicureismo e di come tale dottrina sia assolutamente poco seria... ma queste sono dispute tra filosofi e lasciamole ai filosofi!
L'argomento del saggio é la Giustizia Divina (e anche quella terrena in quanto parte esecutiva!). Dopo alcuni esempi legati alla storia, Plutarco afferma che la giustizia divina arriva sempre al momento giusto, anche se l'uomo non sempre é in grado di capirlo. Talvolta la Giustizia Divina colpisce indirettamente il colpevole, agendo sui suoi successori...
Plutarco sostiene inoltre che sia necessario non agire immediatamente sulla scia di un torto subito ma agire con calma... e tal proposito ci dice che l'autocontrollo é la vera forza dell'uomo. Uno degli esempi è riferito ad Archita di Taranto che essendo arrabbiato verso i suoi servi non li punì in quanto il suo stato d'ira non gli consentiva di essere giusto, così li apostrofò: "Ritenetevi fortunati che io sia in collera!"
Plutarco é ricco di riferimenti a personaggi e popoli, tra questi i Cartaginesi. Plutarco sostiene che i Cartaginesi adoravano Saturno e che il rito prevedesse lo sgozzamento dei figli di fronte alle madri, da compiere ai piedi della statua di Saturno... per non perdere l'onore la madre non doveva piangere!
Interessante la figura usata da Plutarco e ripresa dagli antichi secondo cui "la punizione é zoppa" infatti:
"Gli antichi, con un'immagine efficace e geniale, dicevano che la punizione é zoppa, per indicare ch'essa non raggiunge mai subito il colpevole, ma non cessa mai d'inseguirlo; il rumore dei suoi passi, che noi chiamiamo rimorso, tormenta senza tregua il colpevole e il momento in cui lo raggiunge non é altro che la fine del supplizio."
Interessanti riferimenti al diritto degli Eraclidi di portare la corona e ancora più interessanti riferimenti alla ereditarietà di certe malattie all'interno della stessa famiglia.
Ma credo proprio che , se ancora non avete trovato niente che vi spinga a leggere l'opera, potrete trovarlo nella parte finale, la storia di Tespesio... uomo cattivo che cambia vita dopo un incidente. La sua anima, o parte di essa, viene condotta a visitare il regno dei più e qui gli viene mostrato, come in una Divina Commedia di duemila anni fa, cosa attende le anime nell'aldilà...

E con questo credo proprio di aver terminato, a chi é interessato dunque, auguro una buona lettura!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO


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