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lunedì 8 dicembre 2014

Raimondo di Sangro, Principe di Sansevero.

Napoli, con la sua vitalità, con la sua musica da strada, con le sue bancarelle piene di fantasiose cianfrusaglie o di splendidi presepi, con i suoi venditori di fortuna, mostra a chi è capace di vedere "oltre", il suo splendido passato.

Una gita a Spaccanapoli mi ha permesso di conoscere qualcosa di stupefacente: la Cappella del Principe Raimondo di Sangro con le sue incredibili opere d'arte. Da lì all'acquisto del libro di Antonio Emanuele Piedimonte il passo è stato breve.

La famiglia Sansevero, e in particolare il Principe Raimondo di Sangro, è ben nota ai napoletani per le opere custodite nella cappella di famiglia e per le storie ad esso legate.

Raimondo di Sangro nacque a Torremaggiore, in Puglia, il 30 gennaio 1710. La madre muore quando è ancora piccolissimo, il padre sarà sempre lontano, il piccolo Raimondo viene cresciuto dai nonni paterni. Riconosciuta in lui una certa vivace intelligenza viene iscritto al Collegio dei Gesuiti di Roma dove dimostrò ben presto le sue capacità. Imparò otto lingue e studio soprattutto materie fisiche diventando assiduo frequentatore della biblioteca e del museo di scienze creato il secolo prima dallo storico e filosofo tedesco Athanasius Kircher (1602-1680),

La vita del Principe sarà una continua esplorazione dei segreti della natura e le sue invenzioni lo dimostrano. Si occupò di studiare la materia e inventò e regalò al re di Napoli un "archibuso" capace di funzionare con la polvere da sparo e con aria compressa. Qualche anno dopo regalò al re un cannone realizzato con una  lega leggera di sua invenzione e un mantello di un tessuto impermeabile da lui inventato.

I suoi studi ed esperimenti lo portarono ad occuparsi del corpo umano, di tessuti, colori, stampa, gemme preziose, colorazione delle pietre, macchine, orologi, medicinali... lasciando ogni volta a bocca aperta le persone che lo avvicinavano.

La sua opera più importante è sicuramente la Cappella di famiglia, che lui fece restaurare da alcuni artisti chiamati a lavorarvi.

Al centro della Cappella il Cristo Velato di un giovane scultore napoletano, Giuseppe Sanmartino.

Alla sinistra dell'altare la statua dedicata alla madre, la "Pudicizia Velata", realizzata da Antonio Corradini.

Alla destra dell'altare l'opera che mi è piaciuta di più, "il Disinganno", statua che rappresenta il padre del Principe, opera di Francesco Queriolo. 
Credo di non aver mai visto niente di simile, non capisco proprio come si possa realizzare un'opera in marmo di questo genere. La rete da pesca che riveste il corpo principale sembra vera!

La volta della Cappella è affrescata dal pittore Francesco Maria Russo che realizzò la "gloria del Paradiso" utilizzando colori di invenzione del Principe e che stupiscono ancora oggi per la vividezza.

Infine, in una saletta sotto la Cappella sono esposte due cosiddette "macchine anatomiche", opera del medico Giuseppe Salerno, che rappresentano i corpi di un uomo e una donna e mettono in evidenza apparato circolatorio, scheletro e organi interni.

Il Principe era studioso appassionato di alchimia e si occupò di problemi che oggi diremo di fisica e chimica sperimentale.
Nel 1750 divenne affiliato ad una Loggia Massonica e poco dopo fu eletto Gran Maestro della Loggia Nazionale sotto cui vennero raccolte tutte le Logge preesistenti.
Raimondo di Sangro scrisse anche diversi libri su argomenti vari, dall'arte militare ad argomenti relativi ai suoi studi e intrattenne corrispondenza con scienziati e intellettuali di tutta europa.

Il Principe Raimondo si divertiva a stupire amici e conoscenti e difficilmente spiegava come aveva raggiunto i risultati creando così attorno a se un alone di mistero e attirando purtroppo anche il sospetto di invidiosi del suo successo e della chiesa. Il Papa e il re, per i suoi studi alchemici l'uno, per l'appartenenza alla massoneria l'altro, gli negarono i favori e così Raimondo si trovò nei guai.

Il 22 marzo 1771 il Principe Raimondo di Sangro muore, lasciando dietro di se il ricordo perenne dei suoi studi e misteri che lo accompagnarono per tutta la vita e di cui io vi ho dato solo un piccolo accenno.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO 


sabato 6 dicembre 2014

John Maynard Keynes: come uscire dalla crisi

John Maynard Keynes (1883-1946), forse il più grande economista britannico del XX secolo, illustra il suo punto di vista sulla crisi che mise in ginocchio il mondo ed ebbe il suo culmine nel '29 con il crollo di Wall Street.
Keynes fece diversi viaggi in America ed ebbe l'opportunità di conoscere i presidenti Hoover e Roosevelt con i quali intrattenne una cordiale corrispondenza.

Questo libro è una raccolta di suoi articoli scritti durante il periodo della crisi. Articoli pubblicati su vari giornali diretti quasi sempre ai politici del tempo allo scopo di tentare di aiutare il mondo ad uscire dalla crisi.

Keynes analizzò la situazione nazionale e internazionale alla ricerca delle origini della crisi e provò nel tempo a dare suggerimenti sul come uscirne.
Le relazioni esistenti tra occupazione, investimenti pubblici, piani di assistenza, finanza, tassazione, tassi di interesse, politiche monetarie e altri fattori macroeconomici, sono spiegate con dovizia di particolari ed esempi chiari che in qualche modo potrebbero essere ancora oggi utili all'analisi della crisi attuale.

I problemi legati ai bassi costi di produzione in alcuni paesi esteri e alla facilità con cui era possibile spostare i capitali erano ben chiari a Keynes che invitava il governo britannico a favorire gli investitori che investivano nel proprio paese anche a costo di ridurre le spese assistenziali.

Il circolo vizioso in cui entra una nazione che perde la fiducia nel futuro è ben illustrato e per certi versi pienamente applicabile anche al nostro paese. Chi non ha fiducia nel futuro, anzi chi teme il futuro, mette da parte i soldi che può, facendo più danni che altro. Quando infatti occorre consumare per spingere la produzione e il lavoro, i consumatori diventano invece eccessivamente prudenti causando così ulteriori problemi.
Ma chi poteva convincere l'uomo comune a spendere quando tutto andava a rotoli?

Un libro illuminante, non troppo complesso, che i nostri politici ed economisti dovrebbero riprendere alla mano, anche se con le dovute considerazioni in relazione alle differenti condizioni a contorno.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO