 Potrei
 cominciare questo articolo parlando di come, qualche giorno fa, mentre 
sistemavo i francobolli, mi sia imbattuto in un piccolo francobollo 
italiano che celebrava il 135° anniversario della morte di Lord Byron.
Potrei
 cominciare questo articolo parlando di come, qualche giorno fa, mentre 
sistemavo i francobolli, mi sia imbattuto in un piccolo francobollo 
italiano che celebrava il 135° anniversario della morte di Lord Byron.
Perché?
Mi venne subito da pensare che in effetti, essendo Byron uno dei più grandi poeti del mondo, avevo poco da stupirmi.
Quando la sera ripresi tra le mani il libro di Byron avevo un nuovo interrogativo in mente!
Lord Byron, ovvero George Gordon Byron, VI Barone dei Byron, nacque a Londra nel 1788, morì a Missolongi nel 1824.
Considerato
 uno dei più grandi poeti inglesi del tempo, visse una vita sempre al 
limite. Sempre combattuto tra il bene e il male, per vivere aveva 
bisogno di emozioni forti che ricercava nei viaggi e nelle relazioni 
amorose con le numerose amanti, tra queste, la più amata fu colei che 
più gli assomigliava, la sorellastra Augusta.
Il
 rapporto con la madre fu conflittuale,.Con il padre inesistente, i 
primi anni di vita non furono semplici e lasciarono un segno indelebile 
sul piccolo Byron come sulla madre.
Byron
 sentiva di essere fatto per l'azione, ma una deformità ai piedi lo 
costringeva ad una camminata strana che però non gli impediva di essere 
un ottimo nuotatore.
Ma Lord Byron fu anche un uomo politico, la sua carica gli dava diritto all'accesso alla Camera dei Lord.
Con
 mia grande sorpresa mi resi conto che Byron era stato anche in Italia. 
Bologna, Venezia, Ravenna, Pisa e Genova le città principali nelle quali
 si intrattenne alcuni anni, poco prima di intraprendere la sua ultima 
avventura in Grecia.
A
 Bologna s'era affiliato alla Società Romantica, era quindi un 
Carbonaro. Il suo prestigio e i soldi lo ponevano al di sopra degli 
altri ed essendo Inglese i rischi della sua attività di cospiratore 
erano minori. Il gruppo di Carbonari di Ravenna, detto degli "Americani"
 lo aveva eletto a suo capo.
E' forse questo il motivo per cui ha meritato di essere ricordato in un francobollo Italiano?
A
 Ravenna, nella casa dove abitava, ospite della sua ultima amante, 
organizzò un arsenale in cui raccolse 150 fucili e la polvere da sparo 
per la rivoluzione.Il Conte Guiccioli non era molto contento. Vada per 
avere l'amante della moglie in casa, ma che questi si atteggi a 
rivoluzionario era troppo pericoloso anche per una persona della sua 
ricchezza e nella sua posizione.
Byron e il padrone di casa erano oggetto di rapporti della polizia, che li descrivevano come pericolosi cospiratori.
Mentre
 però nella vita privata il buon senso gli mancava completamente, quando
 si trattava di cospirare, sembra che Byron fosse molto accorto. 
Era
 entusiasta, coraggioso, ma anche prudente e ricco di buon senso e 
sembra che sin dall'inizio avesse molti dubbi sulle capacità 
organizzative dei cospiratori. Pensava infatti che se i cospiratori  
italiani non fossero riusciti ad unirsi, non sarebbero arrivati a 
niente.
Così
 in effetti fu. Nel marzo del 1821 i napoletani insorti (alcuni mesi 
prima!) furono sconfitti dagli austriaci. Il Re ripudiò la costituzione 
che gli aveva appena concesso e tutto tornò alla normalità. Sulla scia 
di quella sconfitta vi furono repressioni in tutta Italia e la famiglia 
della sua amante fu costretta all'esilio, forse proprio per colpire 
Byron. 
Effettivamente
 l'allontanamento della sua amante raggiunse lo scopo di allontanare 
anche Byron che la seguì nel suo pellegrinaggio fino a Genova.
Le
 sue avventure carbonare erano terminate, non altrettanto si può dire 
della sua voglia di avventura che lo porterà a prendere le difese dei 
greci contro i turchi, cosa che mise in evidenza l'uomo d'azione (e gli 
fece però capire la vera natura umana!) ma gli costò la vita.
Un
 ottimo libro, avvincente, nonostante gli estratti "poetici", non certo i
 miei preferiti, che mi ha permesso di conoscere Byron e, per il suo 
tramite, parte della storia italiana.
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

 
 
 
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