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sabato 27 maggio 2017

L'assedio di Rodi

L'Isle Adam lascia Rodi
"When shall we scape from the delay of Rome? 
And when, slow Venice, will thy Soccours come? 
How often too have we in vain Sought ayd from long consulting Spain? 
The German Eagle does no more about our barren Island sore." 
Cosi si esprimeva Alfonso, Maresciallo di Rodi, nell'opera teatrale "The Siege of Rhodes", di Sir W. Davenant. 
Ma cosa lo portava a lamentarsi in questo modo dei suoi sostenitori e alleati? 
Per capirlo occorre fare qualche passo indietro. 

Nel 1522, nel corso di una seduta del Divano Turco, alla presenza del Sultano Solimano il Magnifico da poco asceso al potere al posto del padre, l'Ammiraglio della Flotta turca prende la parola per sostenere la necessità di sottomettere Rodi all'Impero Ottomano: "Quale guerra potrebbe mai procurarti più facilmente una fama immortale, se non la vittoria e la conquista di Rodi, baluardo della Cristianità, che da sola ci preclude l'accesso ai territori degli infedeli? 
Cortug-Ogli ha ragione. 
Rodi è un ostacolo all'espansione degli Ottomani in Europa. Rodi e l'Ordine dei Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme. 
Nel 1048 alcuni mercanti della città marinara di Amalfi ottengono l'autorizzazione per creare un Ospedale con annesso Monastero, per ospitare i pellegrini desiderosi di recarsi a Gerusalemme.
Nel 1113 l'Ordine dei Cavalieri di San Giovanni diviene indipendente e sovrano. 
Nel 1187 cade il Regno di Gerusalemme e i Cavalieri sono costretti a ritirarsi nella Contea di Tripoli da cui, nel 1291, si spostano a Cipro.
Nel 1309 i Cavalieri conquistano Rodi e qui li troviamo ancora nel 1522. 

Nella sala in cui si riuniva il Divano vi era chi era contrario a quanto chiedeva Cortug-Ogli. 
Le mura di Rodi si erano già dimostrate, in passato, un osso troppo duro anche per gli eserciti Ottomani. 
Lo stesso Mohammed II aveva visto infrangersi i suoi sforzi. Eppure Solimano decide di attaccare! 
Missive con richieste di soccorso erano partite da tempo alla volta del papa e dei capi degli stati europei rappresentanti della Cristianità. 
Qualche sporadico rinforzo arrivò... 

E' il 6 giugno del 1522 quando la flotta turca giunge in vista dell'Isola. 
Rodi è difesa da 600 cavalieri, 4500 fanti e arcieri e circa 7000 tra cittadini e contadini. I conquistatori turchi erano circa 115.000! 

Le artiglierie di ambo le parti si fecero sentire immediatamente. 
Due uomini tra tutti sono ricordati ancora oggi, dai pochi appassionati di storia: il Gran Maestro Philippe de Villiers de L'Isle Adam e il primo artigliere e ingegnere d'assedio Gabriele Tadino da Martinengo.

Nonostante la superiorità numerica degli Ottomani le difese resistettero e i Turchi, spinti in avanti dai propri comandanti, continuavano a cadere, finché un giorno si ammutinarono. 
Il Gran Visir, Piri, si vide costretto a scrivere al Sultano per richiedere la sua presenza sul posto. 
Il 28 agosto Solimano arriva a Rodi, porta con se un nuovo esercito e affronta immediatamente la rivolta interna ristabilendo l'ordine. Con nuove energie rianimò gli eserciti che ripresero a combattere. 
La battaglia riprese più cruenta di prima. 
L'Isle Adam non si dava mai per vinto e dove sorgeva la necessità lui c'era, con la sua figura imponente e la sua esperienza! 
Bombe, bombarde e basilischi mietevano vite umane da entrambe le parti. La guerra proseguiva anche sotto terra dove gli zappatori Turchi si opponevano agli uomini del Tadino. 
Gabriele Tadino da Martinengo
Gabriele Tadino era nato a Martinengo, responsabile delle difese di Candia (città cretese), venne invitato dal Gran Maestro ad unirsi ai suoi uomini. Esperto in assedi, aveva inventato un metodo per scoprire se vi fossero in corso lavori di scavo sotto le mura della città. Effettuava degli scavi sotto le mura e vi posizionava i suoi uomini muniti di uno strumento dotato di una pelle di tamburo, questa rivelava le vibrazioni degli scavi del nemico e permetteva di intervenire. 
Il 4 settembre una mina fa saltare il bastione dei Cavalieri della Langue Inglese. I turchi si precipitano all'interno della breccia apertasi nelle mura, subito ostacolati e respinti fuori da L'Isle Adam precipitatosi con alcuni cavalieri sui nemici. 
Nella battaglia che ne seguì morirono 2000 turchi da una parte e 50 cavalieri dall'altra. 
Pochi giorni dopo Solimano ordina un nuovo attacco che ottiene lo stesso risultato: nulla di fatto! 
Gabriele Tadino viene però ferito gravemente. 
Le spie infiltratesi tra gli abitanti di Rodi, intanto, agivano alle spalle. Una schiava turca e i suoi complici furono catturati, impiccati e squartati. Un medico ebreo e un cavaliere, accusati di tradimento, furono giustiziati. 
Nel campo turco la situazione non era migliore. 
Si combatte per la vita. 
Il Gran Maestro corre da un bastione all'altro per rintuzzare gli attacchi dei turchi. 
Solimano, di fronte all'inutilità del suo ultimo attacco e ai 20.000 uomini morti fa suonare la ritirata. 
Arriva il momento di punire chi ha mal consigliato il Sultano. 
I vertici militari sono rimossi con ignominia e allontanati, seppure la prima idea di Solimano fosse stata quella di decollare tutti! 
Poi ancora attacchi e nuovi morti, a migliaia. 
Non riuscendo però a vincere con la forza, Solimano diffonde la voce che se Rodi si fosse arresa avrebbe ricevuto clemenza. 
L'Isle Adam non è tipo da arrendersi: "Non sia mai detto che il nostro onore debba soccombere, se non con noi stessi!", ma i cittadini sono di diverso avviso. Lo supplicano, lo convincono a trattare. 
L'Isle Adam e un gruppo di cavalieri scelti vengono ricevuti, dopo una giornata di attesa sotto la pioggia, nella sontuosa tenda del Sultano. 
Il Gran Maestro si china e bacia la mano del Sultano, Solimano gli porge una ricca veste d'onore e gli offre un'alta carica nell'Impero. 
L'Isle Adam rifiuta: "Essere sconfitti è semplicemente il rischio di ogni guerra, ma abbandonare la propria gente e passare al nemico è, per me, una vergognosa codardia e un abbominevole tradimento." 
Solimano è colpito da quest'uomo, dalla sua forza, dalla sua integrità morale e concede condizioni di resa proporzionali al valore dell'avversario. 
I cavalieri poterono lasciare l'isola col le loro armi, i loro averi e con tutti coloro che li avrebbero voluti seguire. 
I Rodiesi che fossero restati sull'isola avrebbero potuto conservare la libertà, i propri beni e la libertà di professare la propria religione. 
Il 25 dicembre 1522 Solimano il Magnifico entra dalla porta principale di Rodi. Il 1° gennaio 1523 L'Isle Adam e il suo seguito abbandona Rodi. 
Sulle galee, in vece della bandiera dell'Ordine sventolava l'immagine della Vergine Maria che teneva Gesù fra le braccia, a voler indicare il tradimento da parte della Cristianità che li aveva abbandonati al proprio destino. 

A Rodi restavano i vincitori: gli Ottomani, con i loro 60.000 morti!  

I Cavalieri, nei secoli seguenti, proseguono il loro pellegrinaggio per il mediterraneo aggiungendo i nomi dei territori visitati al loro. 

Oggi sono conosciuti come Cavalieri del Sovrano Militare Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Gerusalemme di Rodi e di Malta.

Alessandro RUGOLO

domenica 23 aprile 2017

Un Reggimento alla conquista di un... Gran Magistero!

Duca Francesco Farnese, foto tratta da Wikipedia



Dai tempi più antichi le operazioni militari furono utilizzate in ambito politico per giustificare varie pretese e questo da prima che personaggi come Sun Tzu o Vegezio o von Clausewitz lo notassero!
Un esempio noto a pochissimi cultori di storia è l'affaire della “successione” dei Farnese, duchi di Parma e Piacenza, al Gran Magistero dell'Ordine Costantiniano. Il fatto non era assolutamente pacifico a causa dei numerosi interessi in gioco. La manovra diplomatica per legittimarne l’acquisizione doveva essere, quindi, di ampio respiro e il duca Francesco Farnese voleva assolutamente completarla attraverso il conseguimento di benemerenze militari. A tale scopo, il Duca avrebbe partecipato all’ennesima campagna anti-turca della Serenissima non in veste di Sovrano di un piccolo Stato, ma come Gran Maestro di un antico e glorioso Ordine Equestre, erede della tradizione Imperiale d'Oriente, negli stessi territori dell'antico Despotato d'Epiro, ora contesi alla Sublime Porta1, in cui l'Ordine si era stabilito ed aveva operato nei secoli precedenti.
La riconquista di queste terre avrebbe assicurato, tra l’altro, ovvie benemerenze da parte di papa Clemente XI2 che stava elaborando la Bolla definitiva d’approvazione della cessione dell’Ordine alla famiglia Farnese da parte dell' ultimo Gran Maestro Angelo Comneno rimasto senza eredi legittimi.
La guerra condotta in quel tempo da una Lega costituita dal Sacro Romano Imperatore Carlo VI, dalla Serenissima Repubblica di Venezia, dal Granduca di Toscana, dall’Ordine di Malta e dal Papa contro l’avanzata del Sultano Amet in Dalmazia era il fatto più rilevante in politica internazionale. Il Sultano voleva vendicare la sconfitta del 1683 a Vienna, ad opera di Giovanni Sobieski e quella del 1690 a Salankemen e Zeula, ad opera di Eugenio di Savoia, che avevano costretto i Turchi a sottoscrivere, nel 1699, il gravosissimo Trattato di Carlowitz.
Proprio per l’elevatissima posta in gioco il reclutamento e le dotazioni dei Militi Costantiniani furono oggetto della più meticolosa cura da parte del Farnese che, nella sua veste di Gran Maestro dell’Ordine Costantiniano di san Giorgio, si impegnava a reclutare un Reggimento su due Battaglioni di otto Compagnie ciascuna, il cui soldo sarebbe stato a carico, però, della Repubblica di Venezia. Era stato convenuto che l’organico di ogni Compagnia sarebbe stato di: 1 capitano, 1 tenente, 1 alfiere, 2 sergenti, 4 caporali, 2 tamburi, 12 granatieri, 100 fucilieri.
Dopo qualche contrasto all'arrivo in territorio veneto, il 1° Battaglione del Reggimento partì per Spalato,3 roccaforte della Serenissima in Dalmazia, il giorno 17 giugno 1717.
In luglio iniziarono le operazioni verso Sinj4 per attaccare la roccaforte turca di Livno nella Bosnia occidentale. Il Reggimento, della forza effettiva di un Battaglione, venne posto alle dirette dipendenze del Comandante veneziano, il Provveditore Generale, conte Alvise Sebastiano Mocenigo. Per questo motivo e in quanto considerato non veterano e inadatto al servizio di campagna vero e proprio, venne tenuto nelle retrovie. Nonostante ciò ebbe perdite pari al 54% degli effettivi a causa di malattie e infezioni!!! 
L’anno successivo, 1718, il Reggimento, ormai veterano, venne impiegato in prima linea presso Dulcigno (Ulcinj nel Montenegro meridionale) ad oltre 160 chilometri a sud-est delle sue primitive postazioni, ma a breve distanza da Scutari e, quindi, dalla antica sede Gran Magisteriale di Drivasto.5 In effetti nell’agosto 1717 la flotta cristiana, dopo essere stata impegnata in sanguinosi combattimenti nel Mare Egeo, aveva chiesto immediato soccorso o sul mare o mediante azioni in terraferma che costringessero i Turchi a ridurre la pressione navale. L'attacco di Dulcigno rispondeva proprio a queste esigenze di alleggerimento richieste. Invece, la flotta promessa dal Re Cattolico Filippo V Borbone non giunse mai al soccorso perché deviata nelle acque sarde e siciliane. Ciò irritò moltissimo il Papa, Clemente XI, che rimproverò duramente il Re di Spagna e chiese al Duca Francesco, zio della Regina di Spagna, Elisabetta Farnese, di interporre, presso la Corte Cattolica i suoi buoni uffici affidandogli, al contempo, un ruolo che sicuramente conveniva all’ambizioso Duca e collimava con il suo desiderio di fungere da ago della bilancia nel teatro balcanico anche grazie alla presenza di truppe proprie.
Numerose sono le testimonianze delle difficoltà incontrate durante la Campagna da parte delle Truppe Costantiniane, sia per l’attività del nemico, che combatteva già con le tecniche proprie della “guerriglia”, sia, soprattutto, per l’ostilità dell’Alleato veneto che negò il necessario supporto logistico in particolare il “comodo di Medico e di Spedale” e “la poca cura che si è avuta…la quale abbia dato causa alla morte e diserzione di soldati ed a molte infermità che ancora regnano nelle truppe.” (Lettere del 28 e 31/10/ 1717 del Duca al suo Colonnello Comandante). 
Proprio per fare fronte all’enorme numero di perdite per morte e diserzione il Colonnello dal Verme tornò a Venezia per reclutare soldati da incorporare nel suo Reggimento. Ricompostosi, il Reggimento, forte di 1200 uomini, venne impegnato in operazioni nelle zone di Spalato, Cattaro, Dulcigno (Ulcinj), e presso la fortezza di Sinj. Il 21 luglio 1718 l’Impero e la Sublime Porta stipularono la pace di Passarowitz. La Repubblica Veneta non era in grado di gestire da sola l’impari lotta contro il Sultano e chiese, a sua volta, nel 1719, la pace. Il Reggimento venne immediatamente rimpatriato a giugno dello stesso anno. Le ulteriori perdite erano state di 439 uomini. 
Finì così la Campagna Dalmata della Milizia Costantiniana. Essa non conseguì tutti gli scopi prefissati dal Farnese in ordine alle sue mire di politica internazionale e dinastica a coronamento delle sue ambizioni espansionistiche su di un trono regale, ma gli permisero di assicurarsi la benevola attenzione della santa Sede e la pacifica successione ai Comneno nel titolo Gran Magistrale dell’Ordine Costantiniano.  
La riconoscenza del papa Clemente XI, che era stato Cardinale Protettore dell’Ordine, si manifestò con la tanto sospirata ed attesa emissione della Bolla Militantis Ecclesiae di concessione del Gran Magistero al Farnese in forma piena ed incondizionata e con il conferimento all’Ordine ed ai suoi Cavalieri di un altissimo ed amplissimo numero di privilegi e guarentigie guadagnati sul campo e non in virtù di un nebuloso ed incerto passato.
Non esistono fonti certe circa la Bandiera Colonnella6 del Reggimento. Gli Ufficiali vestivano Uniformi assai elaborate, ricche ed appariscenti: un sontuoso giaccone turchino a risvolti rossi recante, sul

cuore, la Grande Croce Costantiniana, con sottabito di colore rosso, calzoni e calze bianchi, cintura di velluto celeste, spada con le insegne dell’Ordine, mantello turchino e Croce di Giustizia al collo. L’Uniforme della truppa era la più curata di quelle di tutti gli altri Corpi Militari del Ducato: giustacuore blu a mostre rosse, panciotto rosso bordato in oro con galloni, calzoni al ginocchio blu, calze al polpaccio bianche, tricorno nero bordato in oro con effige dell’Ordine, tracolla in cuoio naturale con porta-miccia in ottone e bisaccia con stemma dell’Ordine, cinturone in cuoio con spada.


1 La Sublime Porta ossia "Porta Superiore o Suprema", o anche Porta ottomana, è uno degli elementi architettonici più noti ed evidenti del Palazzzo Topkapi di Istambul, antica residenza del Sultano. Al di là di essa stava l'inaccessibile residenza imperiale il cui simbolismo rimandava al Paradiso islamico. L'espressione, nel corso dei secoli, è stata usata come metafora per indicare il governo dell'Impero Ottomano assieme a quello di Divan o Divano. Il termine dīwān,  di origine forse persiana, o dal verbo arabo dawwana (radunare), è usato nella cultura arabo-islamica per identificare, tra l'altro, la sede di un dicastero incaricato di svolgere l'amministrazione della cosa pubblica, in particolare il luogo dove si riuniva il Consiglio di Stato del Sultano fino al 1654.
2 Papa Clemente XI, nato Giovanni Francesco Albani, è stato il 243º papa della Chiesa cattolica dal 1700 alla sua morte nel 1721.
3Città della Croazia e principale centro della Dalmazia, dopo le vicissitudini conseguenti l' avvicendarsi del dominio bizantino, croato, magiaro-croato, fece parte per quasi quattro secoli dei domini della Repubblica di Venezia e non cadde mai in potere degli Ottomani.
4 Si trova nell'entroterra dalmata e dista circa 35 Km a nord-est da Spalato.
5 Cfr pag 35.
6 La Bandiera colonnella era una bandiera utilizzata negli eserciti dell'Antico Regime. Era la bandiera più importante di un reggimento. Nel Seicento ogni compagnia di un reggimento aveva una propria bandiera che raffigurava le "imprese" del capitano. Secondo le consuetudini dell'epoca il Colonnello era egli stesso capitano della compagnia più anziana del reggimento (anche se effettivamente era comandata da un altro ufficiale, spesso denominato capitano-tenente), quindi la bandiera di questa compagnia raffigurava lo stemma del Colonnello. In seguito durante il Settecento venne impedito di raffigurare stemmi personali su questi stendardi, che vennero sostituiti con la bandiera del Sovrano, uguale o simile per tutti i reggimenti. 



Enzo CANTARANO, Luisa CARINI


Bibliografia
Auda-Gioanet I, Is it really possible to assert the extinction of Souverain or Noble Houses? Ed. Ferrari, Roma, 1952
AAVV L'Ordine Costantiniano di san Giorgio, Ermano Albertelli Editore 2002
Bascapè G C, Gli Ordini Cavallereschi in Italia – storia e diritto, Milano 1992
Bisogni G, Storia e genealogia della Imperiali Famiglie Angelo Comneno e Tocco Paleologo d'Angiò, Ed. Ferrari, Roma 1950
Cantarano E. Carini L. Elementi di Antropologia culturale di un fenomeno intramontabile: la Cavalleria. Il Sacro Militare Ordine Costantiniano di san Giorgio. UniversItalia, Roma, 2016
Comneno A M, La teoria della sovranità attraverso i secoli, Ed. Urbinati, Roma, 1954
Ducellier A, Kapla M, Bisanzio, San Paolo, Milano 2002
Saenz A, La Cavalleria. La forza delle armi al servizio della verità inerme. Rimini,Il Cerchio, 2000
Volpe M Segni d'onore, 2 voll, Roma, 2004