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sabato 24 maggio 2008

Il ritorno...

Scrivevo da anni sul gazzettino del paese, solitamente mi occupavo di cronaca ma certe volte mi capitava di intervistare qualche compaesano famoso... il sindaco, il prete... oppure il Comandante della locale stazione dei Carabinieri...
Qualcuno potrebbe pensare che il lavoro di un giornalista di paese sia noioso e, diciamo così, insulso... e, fino a quel momento anch'io la pensavo così!
Poi però qualcosa cambiò.
Un giorno si trasferì da noi un distinto signore, che chiamerò il signor P., di mezza età, ben vestito, gentile con tutti e molto riservato.
Comprò una vecchia casa nella piazza Roma, al numero 5, e la rimise a nuovo senza badare a spese...
Quando i lavori furono terminati i vecchi del paese, abituali frequentatori dell'unica panchina della piazza, cominciarono a mormorare... e ciò non era normale!
Da buon giornalista mi resi subito conto che qualcosa era accaduto, così un giorno, di buona mattina, mi sedetti su quell'unica panchina e stetti ad aspettare.
Non ci volle molto, infatti alle otto in punto i soliti tre anziani (uno dei quali era allora ultracentenario...) raggiunsero la loro solita panchina. Li salutai e loro mi salutarono quindi senza indugi chiesi di raccontare anche a me le novità del giorno... in cambio di un buon bicchiere di vino, naturalmente!
Ogni buon giornalista ha le sue armi nascoste ed i tre vecchietti erano la mia... già in altre occasioni mi avevano fornito notizie interessanti che poi avevo pubblicato sul giornale... ma questa volta sarebbe stato diverso, me lo sentivo...
Si guardarono in faccia, dritti negli occhi che ancora rilucevano tra le rughe profonde... poi abbassarono lo sguardo, immersi nei loro pensieri...
Io aspettavo in silenzio, avevo fatto la mia richiesta e ora non mi restava che aspettare, sapevo che sarebbe stato inutile insistere, anche loro avevano i loro tempi... se avessero voluto raccontarmi qualcosa l'avrebbero deciso loro e se non avessero voluto... beh, c'era poco da fare!
Passammo mezz'ora così, in silenzio, nessuno si muoveva ne parlava... passò ancora mezz'ora, li guardai... erano immobili e non sembrava avessero alcuna intenzione di parlare... peccato, pensai...
Mi alzai, salutai e mi voltai come per andarmene...
"Sezzidia!"
La voce era quella profonda di tziu Terenziu, il più anziano...
Ripresi il mio posto e attesi in silenzio... passarono altri dieci minuti, poi tziu Terenziu cominciò a parlare.
"Tu sei giovane e forse non puoi capire, forse non crederai a quello che ti dirò, ma sappi che è tutto vero...
In quegli anni io ero piccolo, avrò avuto dieci 0 dodici anni al massimo. Tutte le mattine venivo in questa piazza e mi arrampicavo lassù, tra i rami di quell'albero di limoni, lui era già vecchio allora. Mi appollaiavo tra quei rami come un gatto e aspettavo che arrivassero i miei amici per giocare a "pettiasa e cariccia"...
Quella mattina però non arrivava nessuno e io stavo per andar via quando vidi arrivare i grandi, da tutto il paese, armati di bastoni e forconi per il fieno...
Si fermarono in silenzio di fronte alla casa che tu vedi ora rimessa a nuovo. Il più vecchio del paese, tziu Antòi, uscì dal gruppo e poggiato a terra il bastone raggiunse la porta della casa, sollevò il pesante batacchio e colpì più volte. I colpi risuonarono per tutta la piazza, cupi nel silenzio più totale... poi tziu Antòi tornò al suo posto e aspettò...
Pochi minuti dopo la porta si aprì e ne uscì un uomo di mezza età, ben vestito, dalla voce gentile... li guardò in silenzio e loro guardarono lui... non c'era bisogno di parole ed infatti nessuno parlò! L'uomo di mezza età tornò in casa, senza chiudere la porta.
Passarono dieci minuti, credo, quando si ripresentò aveva con se solo una vecchia bisaccia di pelle sulle spalle ed un bastone nodoso nella mano sinistra...
Uscito, chiuse la porta alle sue spalle con una grossa chiave e si diresse verso la folla... mentre passava la gente faceva largo e abbassava lo sguardo come se si vergognasse...
Nessuno disse niente per tutto il tempo e, come erano arrivati, in silenzio tornarono alle loro case...
Poi arrivarono i ragazzi e giocammo a pettia e cariccia... come se niente fosse accaduto!
Ne è passato di tempo da allora, saranno novant'anni, e io sono diventato vecchio senza più pensare a ciò che avevo visto, senza capire cosa fosse accaduto, senza mai più rivedere quell'uomo. Nessuno si avvicinò mai alla casa, che invecchiò con me, e i protagonisti di quella vicenda stanno tutti molto meglio di noi. Poi due mesi fa è arrivato in paese il signor P. E' sceso da un tassì e si è diretto verso la vecchia casa, ha aperto la porta con la stessa grande chiave con qui era stata chiusa novant'anni prima ed è entrato... Io ero seduto in questa panchina e ho visto tutto, come novant'anni prima...
La stessa chiave, la stessa casa, la stessa persona...
Tziu Terenziu aveva finito il suo racconto... mi fissò per un attimo e poi abbassò lo sguardo. Mi alzai, salutai e andai via.
Il racconto mi aveva colpito e inquietato... secondo tziu Terenziu il signor P. era la stessa persona che novant'anni prima aveva lasciato il paese... assurdo! Pensai.
Passai dal bar e lasciai pagato il vino, convinto di aver buttato i miei soldi...
Il tempo passò, tziu Terenziu raggiunse i suoi avi alcuni anni dopo, alla veneranda età di cento sei anni e il signor P. continuava la sua vita ritirata... Poi anch'io sono invecchiato, oggi compio ottant'anni e non scrivo più sul Gazzettino del paese. Da qualche anno ho preso il posto di tziu Terenziu sulla panchina di piazza Roma e tutte le mattine saluto il signor P., quando alle 07.30 in punto esce per andare a fare colazione al bar, l'unico bar del paese...
Il tempo passa per tutti ma il signor P. è sempre il distinto signore di mezza età, ben vestito e gentile con tutti, sempre uguale al primo giorno che l'ho visto attraversare la piazza del paese per entrare nella sua vecchia ritrovata casa...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO
(Olbia-Civitavecchia, 24 maggio 2008)