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lunedì 10 settembre 2007

Erano giorni felici, quelli...

Erano giorni felici quelli...
i giorni della gioventù spensierata...
Ricordo, come fosse ieri, la casa di mia nonna Cenza... Vincenzina Schirru al Secolo... Dona Cenza per alcuni... tzia Cenza per tutti...
Mia nonna era una donna forte, temprata dalla vita... abitava a Gesico, piccolo paese in provincia di Cagliari, tra Mandas e Suelli.
D'estate io dormivo al primo piano, assieme ai miei fratellini e a lei... nonna Cenza.
La mattina ci svegliava il canto del gallo, verso le cinque, ma nonna era già in piedi da qualche ora... la trovavo in cucina, intenta ad incappare "pistoccheddus" o ad infornare dolci...
Quando mi sentiva arrivare lasciava tutto e mi preparava la colazione... non potrò mai dimenticare il sapore del latte di pecora, ricco di burro, che scaldava sul fornello... e lei li... girava di continuo per evitare che la panna che si formava si attaccasse al bollilatte in ferro smalto...
Ricordo il sapore delle ciambelle e del latte... come quello del pane "arridau", abbrustolito, sulla brace e il lardo fumante della sera prima...
Ricordo che giocavamo di fronte al camino "dessa coxina beccia", la cucina vecchia, a costruire piramidi con i tappi di bottiglia. Nel mentre, la carne arrostiva...
Erano altri tempi, quelli, tempi in cui bastava poco per divertirsi... niente TV, niente play station, niente videogames...
Io e i mie fratelli eravamo sempre sporchi... giocavamo in cortile, un grande cortile in selciato, tutto sconnesso dal peso del trattore... un po di fango ed ecco una diga... una casetta di paglia... un dinosauro sapientemente sagomato ed essiccato al sole... bastavano poche ghiande e qualche rametto per fare un gregge di pecore e la mollica del pane reimpastata permetteva di creare degli splendidi squali che poi coloravamo coi pennarelli... rigorosamente "Carioca".
E nonna era sempre li a controllarci discretamente... pronta, se necessario, ad intervenire...
In cortile c'erano due grosse piante, una di limoni ed una di arance. La pianta di limoni arrivava fino al tetto della casa padronale e per me fungeva da scala... mi arrampicavo sui rami intricati e spinosi ed entravo dalla la finestra della camera da letto, non senza qualche ferita, chiaramente... spesso le spine del limone mi bucavano la pelle ma non potevo certo andare a raccontare il mio piccolo segreto ai miei genitori...
Ci sono delle cose che ti porti appresso per tutta la vita... dei suoni, dei profumi, dei sapori o delle immagini... Immagini comiche, come quella volta che vidi mia nonna correre su e giù per il cortile, tirando colpi di bacinella a destra e a manca cercando di colpire una "medrona", un grosso ratto, che le aveva mangiato i pulcini appena nati... per la cronaca, l'ha presa alla fine!
Oppure quella volta che, mentre dava da mangiare ai maiali, il più grosso, una bestia di almeno cento chili, le si rivoltò contro e cercò di morderla... lei, senza perdersi d'animo gli assestò un pugno sul muso... e qualche giorno dopo ne fece salsicce...
E così il tempo passava...

Alessandro Giovanni Paolo Rugolo

domenica 9 settembre 2007

Essere Artista...

Cos'è un quadro se non un modo di fare poesia?
Cos'è un quadro se non poesia visiva e colore?
Cos'è un quadro se non il sentimento di un Uomo trasformato il parole per gli occhi e per il cuore?
Godere in silenzio l'immagine di un'opera... in penombra, al chiuso di una pinacoteca... o sotto un albero in campagna, mentre lui realizza l'opera...
Oppure, come noi, su internet... il network globale...
Godetevi queste Opere di Pasquale Ezzis...

e pensate...
che anche voi potreste essere dei poeti,
dovete solo trovare la vostra strada...
Alessandro Giovanni Paolo Rugolo

Attittidu

Epicedio (attitidu) che si cantava dai confratelli innanzi al cadavere in casa, prima di portarlo a
seppellire, ed ora in alcuni villagi si canta in chiesa a modo di esequie (Sexta torrada).
(Di autore antico)

Tristu die ch’ispettamus
Sos chi in su mundu bivimus,
A unu a unu morimus,
E niente bi pensamus!
(È triste il giorno che attende coloro che vivono nel mondo, ad uno ad uno moriamo, e non ci pensiamo!/non possiamo farci nulla!)

Cunsidera, o Cristianu
Custu mundu falsu, e leve,
Pro chi passat tot’in breve
Pius chi non su sonnu vanu,
Chi benzende su manzanu
Su bentu nos agatamus.
(Considera, o Cristiano, in questo mondo falso e leggero/inconsistente/vago, in cui vita,fatti e vicende accadono/si susseguono talmente in fretta, da essere paragonati alla sorpresa che potremmo avere, quando il vento del mattino, ci coglie alla sprovvista, risvegliandoci da un sonno vano)

Custu mundu est unu fiore
Chi si siccat per momentos,
Suggettu a totu sos bentos
De s’humidade, et calore,
Est unu fumu, e vapore,
Est caschidu chi alidamus.
(Questo mondo è un fiore che si secca solo per momenti, sottomesso/sottoposto/assoggettato a tutti i vento umidi, e caldi, è un fumo di vapore, è uno sbadiglio che alitiamo/respiriamo/emettiamo).

S’esemplu tenimus cughe (1)
De custu corpus defuntu,
Chi de su mund’est disgiuntu,
Feu, tristu, e senza lughe,
Solu sas manos a rughe
Li bidimus, et notamus!
(L’esempio lo teniamo qui, da questo corpo defunto separato dal mondo/dal mondo dei vivi, brutto, triste e senza luce, in cui vediamo e gli notiamo le mani messe a croce)

Bides cun ite reposu
Est corcadu in sa lettera?
Lassad’hat dogni chimera
De custu mundu ingannosu,
Sende ch’est tantu forzosu
Custu passu ch’ispettamus.
(Vedi con quale riposo/in che modo è sdraiato nel letto? Ha lasciato ogni illusione/fantasia di questo mondo bugiardo, poiché il passo che dobbiamo compiere richiede tanta sofferenza)

O morte tant’assortada
Ch’a dognunu faghes reu,
Finz’a su Fizu de Deu
T’attrivisti abbalanzada!
In te reposu no bi hada
Totu in d’una porta intramus.
(O morte tanto fortunata/favorita dalla sorte/che hai avuto sorte, a cui tutti rendi colpevoli/partecipi, ti azzardasti vittoriosa anche col Figlio di Dio! In te non c’è riposo anche se tutti dovremo passare per quella porta)

Segnore cruzzificadu,
O invittissimu marte!
Mirade ch’in s’istendarde
De sa rughe est allistadu,
Cussu frade fit soldadu
De s’abbidu chi portamus!
(Signore crocefisso, o INVITTISSIMU2 martire! Guardate/Osservate che nello stendardo/nel simbolo della croce è scritto/inserito in lista il nome di quel fratello che era soldato degli abiti che portiamo/della generazione a cui apparteniamo).

Maria, consoladora
De dogn’anima affliggida,
Cust’anima ch’est partida
De custu mundu in cust’hora,
Succurridela, Segnora,
Aggiudu bos dimandamus.
(Maria, consolatrice di ogni anima afflitta, soccorrete quest’ anima che è partita da questo mondo in quest’ora, Signora, chiediamo il Vostro aiuto)

Apostolicu Senadu,
Martires, et Cunfessores,
Virgines chi cum primores
In puresa hazis guardadu,
Si in calchi cosa hat faltadu
A bois l’incumandamus.
(Apostolico Senato, Martiri e Cardinali, Vergini che (proteggete/difendete /custodite/soccorrete) con (singolare/eccellente) purezza, se ha (sbagliato/peccato) in qualche azione, lo raccomandiamo a voi)

Animas de Purgatoriu,
Sas ch’istades pro partire
A sos chelos pro godire,
Dadeli calch’aggiutoriu,
Tale ch’in su Concistoriu
Totu juntos nos bidamus!
(Anime del Purgatorio, coloro che stanno per partire per godere il Regno dei Cieli, aiutatelo, in modo che una volta giunti nel Concistoro avremo la possibilità di rincontrarci!)

Dai s’intrada a s’essida,
Nara, ite nd’has leadu?
De custu ch’has tribuladu
In custa mortale vida,
Si s’amina est desvalida,
Trista de issa, a ue andamus!
(Dall’ingresso all’uscita/dall’inizio alla fine/dalla tua nascita alla tua morte), dimmi, cosa hai (guadagnato?/ottenuto?) Dopo tutto il tribolare durante questa mortale vita, se l’anima svanisce, senza di essa che fine faremo!)

Ue est sa galanteria,
Inue est cudda bellesa?
Ue cudda gentilesa
De sa prima pizzinnia?
Inue est sa valentia,
chi tantu nos pressiamus?
Dov’è la (nobiltà d’animo/cortesia/educazione), dov’è quella (bellezza?/magnificenza?/splendore?) dove quella (gentilezza/bontà d’animo) particolari dell’(infanzia?/prima giovinezza?) Dov’è (la prodezza/il valore/il coraggio) di cui tanto siamo fieri?)

Custu frade chi pianghimus
Heris biu, et hoe mortu!
Gasi demus esser totu,
E puru no lu cherimus,
Bene su colpu fuimus
A su fine non faltamus.
(Questo fratello che piangiamo ieri era vivo, ed oggi è morto! Anche noi saremo così, eppure non vorremmo esserlo, scansiamo bene il colpo ma alla fine anche noi sbagliamo)

In d’unu fossu profundu
Conca a unu murimentu,
Tenet hoe s’appusentu
Pienu de bermes a fundu,
Custa paga dat su mundu
Sos ch’in issu cunfidamus!
(Dentro un profondo fosso con la testa rivolta ad una lapide, sarai contenuto all’interno di una stanza col fondo gremito di vermi, questa è la ricompensa del mondo a coloro che in lui hanno fiducia!)
Timida morte ispantosa
Senz’intragnas de piedade,
Cun nisciunu has amistade,
Cun totu ses odiosa,
Mustradi, morte, piedosa,
Però non nos aggiustamus.
(Morte, temuta e spaventosa senza intenzioni di pietà, non hai amicizie, sei detestata da tutti, mostrati morte pietosa, anche se noi non potremmo (porvi rimedio/pareggiare/concordare/agguagliare)

Tristu die ch’ispettamus
Sos chi in su mundu bivimus.
(È triste il giorno che attende coloro che vivono nel mondo)
a cura di Salvatore Scanu

sabato 8 settembre 2007

Modi di dire...

Un tempo si diceva "I ragazzi della via Gluck"...
ma oggi si dice "I ragazzi della via Google!"

Francesco

SRIMAD BHAGAVATAM - Kapila

[Canto 1, Cap. 3, verso 10]
Il quinto avatara fu Kapila, il più elevato di tutti gli esseri realizzati. Egli espose ad Asuri Brahmana la conoscenza della metafisica e degli elementi della creazione, poichè nel corso del tempo questa conoscenza era andata perduta.

Se volessimo prendere per buono ciò che ci dice questo verso, si potrebbe dire che Kapila è colui che ha recuperato il sapere del passato.
Ma perchè la conoscenza andatò perduta?
Di che periodo si parla?
Chi era Kapila?
Queste cose non mi è dato saperle... e dal testo che ho non si evince niente di più!
Sembra però che apparve prima "dell'inondazione totale"... Questa avvenne durante la presenza del decimo avatara... ma vediamo cosa dice...

[Canto 1, Cap. 3, verso 15]
Quando soppraggiunse l'inondazionetotale dopo l'era di Caksusa Manu e il mondo intero fu completamente sommerso dalle acque, il Signore assunse la forma di un pesce e protesse Vaivasvata Manu facendolo salire su un vascello.

Se vogliamo dar credito a quando riportato in questo verso, vi fu una grande inondazione, non si parla di diluvio... potrebbe però essere un effetto dello stesso evento verificatosi in altre parti del mondo?
Nella spiegazione del versetto si parla comunque di diluvio, affermando che "si scatena sempre un diluvio alla fine di ogni Manu". In ogni caso vi è un sopravvissuto, Vaivasvata Manu, un altro Noè, Ziusudra (o Utmapistim), Xisuthrus, Deucalione... e chissà quanti altri!
Alessandro Giovanni Paolo Rugolo

venerdì 7 settembre 2007

Le Scarpe delle Donne

Belle, comode, utili, fantasiose e a volte... TROPPE!!!
Vi siete mai trovati, cari amici internauti, a vedere la scena di una donna che compra le scarpe!?!
Beh, a me è successo ieri per l’ennesima volta.
…ecco, …si va in giro, …solite commissioni del pomeriggio, …solito giro, magari un po’ più in là per cercare qualcosa di particolare o per vedere qualcosa di diverso, finché la donna non ha l’idea che rivoluziona il pomeriggio: “Mi servono un paio di scarpe!!” afferma con sicurezza, e con questa affermazione entra in crisi tutto il sistema nervoso dell’uomo, memore delle altre “ultime volte”.
E allora, si va al negozio delle scarpe, si gira tre o quattro volte per tutti gli scaffali, si provano uno, due, tre, quattro, cinque …. tante altre paia di scarpe e di altre scarpe, si analizza se vanno bene con quel pantalone o con quella gonna e poi si guarda anche un po’ al costo, perché non importa tanto il prezzo, ma quanto lo sconto che ci faranno alla cassa.
E dopo un paio d’ore, quando la chiusura del negozio è prossima, arriva la fretta di decidere e di scegliere...
…il colore giusto, la misura giusta, la scarpa giusta.
…quante decisioni da prendere!!!
Qualche volta ..devo ammetterlo, si finisce per non comprare nulla con la scusa .. “sta chiudendo, passiamo con più calma”.
Molte volte si comprano le scarpe dei sogni, con la promessa di non mandarle sullo scaffale come le altre decine, ma con la certezza (da parte dell’uomo) che anche queste verranno indossate per ben due volte, il momento della prova ed il giorno in cui la donna dirà “…ma hai visto queste scarpe!
Non c’è nulla che ci possa abbinare!
Mi sa che domani ne andiamo a comprare un altro paio.”
… e la storia ricomincia.
Paolo Cartillone

giovedì 6 settembre 2007

IL VOLO LIBERO 1985

E’ un dilemma come altri.
La nostra esistenza
è una pozza d’acqua gelata.
Quanti fiumi il vento ha valicato d’un passo
e quanti crocevia di scelte abbiamo affrontato
da soli.
La vita è una città senza sole,
dalle strade smisurate
che non puoi vedere mai l’orizzonte.
Eppure il gioco, questa pietà che sgorga labile
è sempre la stessa ogni sera.
Allora per non morire
mi inventerò un giorno infinito
uno di quegl’attimi
che gli artisti dipingono nel cielo
solamente.
uno di quei voli liberi
che traccia il tuo fiore
quando cade su me.
Marchi Giuseppe
(già pubblicata su Antologia Pometina Vol.II E. Pomezia-Notizie 1986)