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domenica 16 settembre 2007

Roma, città eterna...


Roma Capitale...
Affascinante nelle sue mille sfaccettature.


Ricca eppure povera...
Antica nella sua modernità...
Muoversi per le strade, lungo i suoi marciapiedi,
osservando attentamente il tuo prossimo.


Salire in metrò,
percorrere chilometri di buie, soffocanti, gallerie
per riemergere di fronte al Colosseo...
manifestazione maestosa dell’abilità umana!


Ma altre realtà ti assalgono,
colpiscono l’occhio e forse il cuore.


Uomini ricchi e poveri,
sani e malati... morenti,
realtà differenti... l’una affianco all’altra,

per questo ancora più evidenti.


Puoi trovare tutto a Roma...
città antica...
città eterna...

Alessandro Giovanni Paolo Rugolo

venerdì 14 settembre 2007

Waset

Così gli egizi chiamavano Tebe

La celebre capitale dei faraoni del Medio e del Nuovo Regno, nota in tutto il mondo con il nome greco “Tebe”, era una vera e propria metropoli, fervente di vita e attività.
Per ripercorrere i passi dei faraoni della XVIII e XIX dinastia, oggi, dobbiamo recarci a Luxor, dove sorge l’Opet meridionale del dio Amon.
Di Waset rimangono solo poche rovine, anche se in parte i resti dei templi di Karnak e di Luxor esprimono al meglio la grandezza dell’antica capitale egizia.
Waset si stendeva su un territorio molto vasto diviso in tre zone principali.
La prima rappresentava la città vera e propria in cui vivevano i faraoni e la popolazione e a cui era connessa un’area sacra situata in un sobborgo settentrionale, dedicata esclusivamente agli dei.
Durante la XII dinastia sorse un tempio dedicato al dio Amon, il primo nucleo del Tempio di Karnak.
L’Opet- meridionale del dio, l’Opet-resut, in cui Amon si recava a far visita alla sua sposa, (l’odierno Tempio di Karnak), sorse solamente nella XVIII Dinastia e rappresentava l’Harem del Sud.
Nella terza parte di Waset sulla riva sinistra del Nilo, oggi identificata con il termine di Tebe Ovest, sorgevano i templi funerari e le necropoli reali e private.
I cittadini di Waset conducevano la loro esistenza a stretto contatto con i morti, protetti dagli dei che avrebbero garantito la stessa quotidianità anche dopo la vita terrena.
Waset era stata scelta dagli dei per avere un destino glorioso.
Strategicamente sorta in uno dei punti nevralgici dell’Impero, era favorita nei rapporti commerciali con i paesi del Mediterraneo e dell’Africa, particolarmente con la Nubia, e poteva contare sulla vicinanza con le piste per le miniere dei deserti e verso le oasi.
Waset era lussureggiante, rigogliosa, sorgeva su una delle più ampie e fertili piane d’Egitto,
Il Nilo garantiva la fertilità del terreno, i raccolti erano abbondanti.
La montagna tebana che la cingeva e le valli desertiche costituivano la vita nell’aldilà grazie alla costruzione di necropoli reali e private.
Waset significava “scettro” e si scriveva con un geroglifico a forma del simbolo reale.
Chiamata dagli egizi “Città di Amon” fu ribattezzata dai greci “Diaspolis Magna” (“La grande città di Zeus” dio con cui Amon fu identificato).
Non è chiaro perché in epoca successiva fu chiamata Tebe.
Secondo un’ipotesi potrebbe derivare dal nome Apet o Opet con cui si indicava il dominio di Amon, a cui fu aggiunto l’articolo femminile “T” e per i copti fu “T-Apet” e per i Greci “Tebe”.
Un’altra ipotesi farebbe risalire la provenienza del nome dal sito di Medinet Habu (Tebe Ovest), Iat-tjamet, che abbreviato in Djeme per i greci sarebbe divenuto Tebe (Thebai).
La splendida Waset in cui vissero i più grandi faraoni dell’intera storia dell’Antico Egitto, inizialmente era un piccolo villaggio di pescatori.
Infatti, la prima capitale della terra del Nilo fu la città fondata da Menes: Menfi “La ben fatta e bella”.
Ma era nel destino di Waset diventare un giorno il centro del potere.
Capitale del quarto nomo dell’Alto Egitto, durante l’XI dinastia con il crollo di Menfi e il caos anarchico che ne seguì, al termine del Primo Periodo Intermedio alcuni principi tebani, tra i quali Antef e Mentuhotep, ripristinarono la monarchia, governando proprio da Tebe.
Quando gli Hyksos occuparono l’Egitto si insediarono in una nuova città situata nel Delta, eleggendola a capitale “Avaris” (oggi Tell el Daba).
Ta’o, Kamose e Ahmose, con altri eroici principi tebani, al termine del Secondo Periodo Intermedio liberarono l’Egitto dall’invasore e grazie a questa vittoria, Waset (città di provenienza dei principi) divenne la capitale dell’Egitto Imperiale.
Durante la XVIII dinastia la città visse un incredibile periodo di sfarzo e potenza.
Fu abbellita da meravigliosi monumenti, templi e palazzi reali di stupefacente bellezza, e celebrata con continue feste sontuose il cui eco risuonava per tutto l’Egitto.
Salito al trono, Akhenaton volle abbandonare la città a favore di una nuova capitale, Akhetaton costruita appositamente per adorarvi il dio Aton.
Con il sorgere della XIX dinastia il centro politico si spostò da Tebe verso nord, senza che ciò intaccasse la sacralità della città che rimase la capitale religiosa dell’impero.
Ramses II edificò una nuova capitale, Pi-Ramses che sorse nel Delta, sul sito di Avaris, tuttavia sia i faraoni della XIX dinastia sia quelli della XX continuarono a farsi seppellire nella necropoli tebana.
Tra la XXI e la XXII dinastia, durante l’epoca tanita, a Tebe fu riconosciuta la sua grandezza, grazie al tempio di Amon e all’influenza del clero che fu, con il sommo sacerdote, la controparte del potere faraonico nell’Alto Egitto.
Con l’avvento dei faraoni neri, durante la XXV dinastia, che dall’antica Kush avanzarono verso il nord, Tebe tornò ad essere la città gloriosa di un tempo, ma solo per il periodo del dominio nubiano.
Lo splendore dello “scettro d’Egitto” si offuscò completamente di fronte alle armate assire nel 663 a.C.
Waset, la patria di Amon era perduta per sempre.
Omero nell’Iliade ne ricorda la potenza:
”Tebe egizia, ove sono nelle case ricchezze infinite, Tebe che ha cento porte, e per ognuna duecento armati passano, con i carri e i cavalli”.

Sabrina Bologni

giovedì 13 settembre 2007

Palle di neve (Inverno)

Chiazze bianche sui tetti rossi
di tegole vecchie
ma ancora buone.

Chiazze di neve,
candida,
caduta già da qualche giorno
e non ancora sciolta
dai raggi di un sole pallido,
lontano,
quasi stanco della Vita,
che a lui deve tutto.

Bimbi contenti per strada
giocano a rincorrersi sulla neve soffice dei giardini,
gridano...
ridono...
si tirano palle di neve.

Chiazze di neve
sui loro giubbini puliti
neve soffice,
bianca, lucente.

E poi più niente.
Solo la notte un gatto miagola,
alla Luna.

Per la strada impronte profonde,
di stivali alti,
grandi,
piccole...
e intorno neve, bianca, candida...


Alessandro Giovanni Paolo Rugolo

Differenze 1989

L’uomo muore.
E’ un pezzo di biologia
imperfetta.
L’uomo vive.
E’ un volo d’anima
Sopra i pensieri.

Giuseppe Marchi
(già pubblicato su Differenze. Cultura Duemila Editrice 1992)

martedì 11 settembre 2007

SRIMAD BHAGAVATAM - Ravana, il Re ateo

Ancora una volta non posso che stupirmi di fronte a similitudini che non possono essere un caso. Questa volta sono stato attirato dal verso 22, parla di un Re ateo che fu sconfitto dall'Imperatore Rama. E la curiosità, che non è solo donna, mi ha portato a leggere tutte le spiegazioni al testo così... Ma ecco il verso!

[Canto 1, Cap. 3, verso 22]
Come diciottesimo avatara il Signore apparve nella forma dell'imperatore Rama. Per compiere alcune imprese in favore degli esseri celesti, Egli mostrò poteri sovrumani dominando l'Oceano Indiano e annientando Ravana, re ateo che viveva al di là di queste acque.

Chi era questo "re ateo"?
Nella spiegazione si parla di due demoni atei: Ravana e Hiranyakasipu che guadagnarono grandi successi materiali per mezzo di ricerche scientifiche. Ravana tentò di raggiungere i pianeti celesti usando mezzi materiali. Voleva costruire una scala altissima...
La torre di Babele? Non era altro che una scala... alla fine! Rama lo punì... e il racconto delle imprese è scritto nel testo Ramayana... che cercherò di leggere prossimamente!
Pare che Rama per sconfiggere il suo nemico che si trovava oltre l'oceano Indiano, fece costruire un poste di pietre che galleggiavano sulle onde.

Ma di che periodo si parla?
Se considero corretta la sequenza dei versi, ciò accadde tra il Diluvio (avvenuto mentre era vivo il decimo avatara) e l'avvento di Buddha (ventunesimo avatara)...

Curiosi?
Io si...
Alessandro Giovanni Paolo Rugolo

Le nostalgie della scuola

Inizia l’anno scolastico 2007-2008. Ogni famiglia si sta scontrando con l’acquisto dei libri di scuola. Ogni famiglia dovrà far fronte alla spesa che va dai 350 ai 600 euro di libri di testo per ogni figlio. Mio nipote frequenta la seconda liceo e tra i libri da comprare è incluso il romanzo “ I promessi sposi” di Alessandro Manzoni. Chi di voi come me non ha nella propria libreria questo libro? Tutti ne avranno una copia. Assurdo a dirsi, il mio non è consigliato o adatto al programma di studio, dice la sua insegnante di Lettere: casa editrice diversa, commenti e note diverse; approccio metodologico e didattico differente. Possibile che l’anima di Alessandro Manzoni si sia incarnata nel corpo dell’insegnate di mio nipote e voglia fare business sul romanzo? Tant’è vero che accanto a questo c’è il libro degli esercizi e della verifica di apprendimento. Che fine hanno fatto le lezioni autentiche! Certamente non vorrete far sentire i vostri figli discriminati per un testo di venti anni fa. Il testo di religione “Volto di Dio, volto dell’uomo” costa solo 15 euro che aggiunto agli altri libri di testo produce oltretutto un totale di 14 kg. di carta. Questo testo non è in uso né ancora in possesso della scuola e sicuramente l’anno scolastico prossimo cambierà, probabilmente solo per la copertina e la casa editrice o per qualche aggiustamento tipografico eseguito banalmente con la tecnica del “cut and paste” (taglia e cuci). Come è possibile che nell’era della società dell’informazione non si possa risparmiare almeno sulla carta? Il nostro governo, nel rispetto delle direttive del Ministero delle Riforme e le Innovazioni, finanzia progetti affinché ogni scuola, statale e privata, possegga un laboratorio informatico per esercitare l’alfabetizzazione informatica fin dalle scuole primarie. Basterebbe l’installazione di almeno un computer in ogni aula perché venissero usati dalla classe gli e-book (libri elettronici). Per le lingue anche gli audio-book. Basterebbe che l’istituzione scuola pagasse i diritti d’autore alle case editrici per esempio a numero di licenze, come si fa con il software. L’uso di una stampante di rete per ogni l’istituto, là dove necessaria la stampa, permetterebbe senza alcun dubbio di far risparmiare alle famiglie La fruizione gratuita di un portale scolastico connesso alla rete digitale civica locale o metropolitana permetterebbe agli allievi di accedere alla banca dati degli e-book e di lavorare e studiare da casa. Qualche anno fa a scuola, ci passavamo i testi da un anno all’altro tra compagni di scuola, fratelli, cugini e amici. Testi qualche volta sciupati dalla usura e dalle sottolineature confortanti, talvolta completamente nuovi perché mai aperti!

(da Antonello Venditti)
Ma le domande non hanno mai avuto una risposta chiara.
E la Divina Commedia, sempre più commedia
al punto che ancora oggi io non so se Dante era un uomo libero, un fallito o un servo di partito.
Ma Paolo e Francesca, quelli io me li ricordo bene perché,
ditemi, chi non si è mai innamorato di quella del primo banco,
la più carina, la più cretina, cretino tu, che rideva sempre
proprio quando il tuo amore aveva le stesse parole,
gli stessi respiri del libro che leggevi di nascosto sotto il banco…….
Marica Di Camillo

lunedì 10 settembre 2007

Erano giorni felici, quelli...

Erano giorni felici quelli...
i giorni della gioventù spensierata...
Ricordo, come fosse ieri, la casa di mia nonna Cenza... Vincenzina Schirru al Secolo... Dona Cenza per alcuni... tzia Cenza per tutti...
Mia nonna era una donna forte, temprata dalla vita... abitava a Gesico, piccolo paese in provincia di Cagliari, tra Mandas e Suelli.
D'estate io dormivo al primo piano, assieme ai miei fratellini e a lei... nonna Cenza.
La mattina ci svegliava il canto del gallo, verso le cinque, ma nonna era già in piedi da qualche ora... la trovavo in cucina, intenta ad incappare "pistoccheddus" o ad infornare dolci...
Quando mi sentiva arrivare lasciava tutto e mi preparava la colazione... non potrò mai dimenticare il sapore del latte di pecora, ricco di burro, che scaldava sul fornello... e lei li... girava di continuo per evitare che la panna che si formava si attaccasse al bollilatte in ferro smalto...
Ricordo il sapore delle ciambelle e del latte... come quello del pane "arridau", abbrustolito, sulla brace e il lardo fumante della sera prima...
Ricordo che giocavamo di fronte al camino "dessa coxina beccia", la cucina vecchia, a costruire piramidi con i tappi di bottiglia. Nel mentre, la carne arrostiva...
Erano altri tempi, quelli, tempi in cui bastava poco per divertirsi... niente TV, niente play station, niente videogames...
Io e i mie fratelli eravamo sempre sporchi... giocavamo in cortile, un grande cortile in selciato, tutto sconnesso dal peso del trattore... un po di fango ed ecco una diga... una casetta di paglia... un dinosauro sapientemente sagomato ed essiccato al sole... bastavano poche ghiande e qualche rametto per fare un gregge di pecore e la mollica del pane reimpastata permetteva di creare degli splendidi squali che poi coloravamo coi pennarelli... rigorosamente "Carioca".
E nonna era sempre li a controllarci discretamente... pronta, se necessario, ad intervenire...
In cortile c'erano due grosse piante, una di limoni ed una di arance. La pianta di limoni arrivava fino al tetto della casa padronale e per me fungeva da scala... mi arrampicavo sui rami intricati e spinosi ed entravo dalla la finestra della camera da letto, non senza qualche ferita, chiaramente... spesso le spine del limone mi bucavano la pelle ma non potevo certo andare a raccontare il mio piccolo segreto ai miei genitori...
Ci sono delle cose che ti porti appresso per tutta la vita... dei suoni, dei profumi, dei sapori o delle immagini... Immagini comiche, come quella volta che vidi mia nonna correre su e giù per il cortile, tirando colpi di bacinella a destra e a manca cercando di colpire una "medrona", un grosso ratto, che le aveva mangiato i pulcini appena nati... per la cronaca, l'ha presa alla fine!
Oppure quella volta che, mentre dava da mangiare ai maiali, il più grosso, una bestia di almeno cento chili, le si rivoltò contro e cercò di morderla... lei, senza perdersi d'animo gli assestò un pugno sul muso... e qualche giorno dopo ne fece salsicce...
E così il tempo passava...

Alessandro Giovanni Paolo Rugolo