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martedì 29 settembre 2009

Jamming a Berlino


Chi come me segue lo sport, avrà notato che ai mondiali di atletica a Berlino, adorabile città, l’Italia non è riuscita a beccare neanche una medaglia di bronzo. Altresì, si sarà sbalordito del medagliere della Jamaica.
Caspiterina, a parte il fuoriclasse Usain Bolt che tutti già conoscevamo, tutta la squadra sia femminile che maschile è folta di campioni.
La Jamaica, uno stato di circa 2.500.0000 abitanti, situata in uno dei posti più esotici del mondo, nel mar dei caraibi a pochi Km da Cuba, ha così tanti velocisti.
Andando ad analizzare meglio il medagliere, si evince che mediamente raggiungono prestazioni atletiche di grande potenza sui 100m e 200m. Invece, nessun giamaicano ha partecipato alla maratona, del resto neanche un italiano.
E allora si sente parlare di eugenetica giamaicana, ossia dell’applicazione di quei metodi che portano al perfezionamento della specie umana.
Probabilmente, come racconta Bob Marley nelle sue canzoni, il popolo giamaicano è forte solo perché abituato alla lotta per la sopravvivenza ed investe nello sport. Lui stesso ha avuto 13 figli, altro che sterilità e controllo delle nascite.
Per tornare al nostro paese, in Italia non si investe né sulle nascite, cioè nella famiglia, e neanche nello sport. La stessa Gelmini, continuando a tagliare i fondi alla scuola, non certo incentiva la costruzione di nuove palestre o in ore aggiuntive di educazione fisica nei programmi di studio. Anzi, si insinua l’introduzione dell’insegnamento dei dialetti. Saranno poi più importanti dello sport?

Lo sport fa crescere sani i giovani, sia nel corpo sia nella mente. Un ragazzo adolescente disciplinato nello sport non uscirebbe mai con i suoi amici solo per andarsi ad ubriacare o a fumare cose strane. Perché se anche gli accadesse, starebbe così male che non ne riuscirebbe neanche più a sentire l’olezzo.

E’ inutile, secondo me, vietare la vendita degli alcoolici ai minorenni se invece non si adotta in maniera istituzionale la prevenzione. E' la scuola, in quanto comunità di crescita dei giovani, che deve farsi carico di investire in prevenzione.

Lo sport è sicuramente una chiave di successo.


Marica Di Camillo

lunedì 28 settembre 2009

Berosso, frammenti di storia Caldea: il Diluvio

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Nel secondo libro si trovava la storia dei dieci re dei Caldei e i periodi di durata di ogni regno, che consiste in tutto di cento venti "sari" o quattrocentotrentadue mila anni, fino al momento del Diluvio, che per Alessandro, elencando i re secondo gli scritti Caldei, avvenne dopo il nono re, Ardates, procedendo verso il decimo chiamato da lui Xisuthrus, in questo modo:
Dopo la morte di Ardates, suo figlio Xisuthrus regnò per diciotto sari. In questo arco di tempo si verificò un grande Diluvio; la cui storia é così descritta. La Deità, Crono, apparve lui in una visione, e lo avvisò che il quindicesimo giorno del mese "Dæsius" ci sarebbe stata una inondazione, dalla quale la razza umana sarebbe stata distrutta.
Egli inoltre gli ingiunse di scrivere una storia dell'inizio, del procedere e della fine di tutte le cose; e di nasconderla nella città del Sole a Sippara; e di costruire un vascello e di portate con lui all'interno i suoi amici e parenti; e di portare a bordo ogni cosa che possa servire alla vita, assieme a tutti i diversi animali, sia uccelli che quadrupedi, e affidarsi senza paura al largo.
Chiese alla Deità: per dove devo salpare? gli venne risposto: "Per gli Dei" dopo egli offrì una preghiera per il bene dell'umanità. Egli dunque obbedì alla divina ammonizione: e costruì un vascello lungo cinque stadi, e due in ampiezza. Al suo interno mise ogni cosa che aveva preparato e alla fine fece salire sua moglie, i figli e gli amici.
Dopo che l'alluvione arrivò sulla terra, e quindi una volta che diminuì, Xisuthrus spedì fuori dal vascello degli uccelli, che, non trovando alcun cibo, né luogo in cui poggiare i piedi, tornò indietro da lui. Dopo un intervallo di alcuni giorni egli li spedì fuori una seconda volta, ed essi tornarono con le zampe sporche di fango. Egli fece un terzo esperimento con questi uccelli, ma essi non tornarono più: da ciò egli dedusse che la superficie della terra era apparsa al di sopra delle acque.
Egli quindi fece una apertura nel vascello, e dunque guardando attentamente si rese conto di essersi arenato su una montagna, dopo ciò egli uscì immediatamente con sua moglie, sua figlia e il pilota. Xisuthrus rese grazie alla terra: e avendo costruito un altare, offrì sacrifici agli dei, e, insieme a coloro che erano usciti dal vascello con lui, svanì.
Coloro che restarono all'interno del vascello, rendendosi conto che i compagni non tornavano, lasciarono il vascello con molti lamenti, e chiamavano continuamente Xisuthrus. Essi non potevano vedere molto ma potevano distinguere la sua voce nell'aria, e lo poterono udire ammonirli di rendere grazie alla religione, e inoltre li informò che grazie alla sua pietà egli fu trasferito a vivere con gli dei e che sua moglie e sua figlia, e il pilota, avevano ottenuto lo stesso onore.
A ciò egli aggiunse che essi sarebbero dovuti tornare a Babilonia e, come era stato ordinato, ricercare gli scritti di Sippara, che essi avrebbero dovuto rendere noto a tutto il genere umano: ancora sul luogo in cui essi si trovavano, si trattava della terra di Armenia. Gli altri, avendo sentito queste parole, offrirono sacrifici agli dei e chiudendo l'anello, viaggiarono verso Babilonia.
Essendosi arenato il vascello in Armenia, una parte di essi restarono sulle montagne di Corcyræan in Armenia, il popolo grattato via il bitume, con il quale era stato ricoperto, e fece uso di questo per la strada come antidoto e amuleto. E quando tornarono a Babilonia, e ritrovarono gli scritti di Sippara, essi costruirono città ed eressero templi e Babilonia fu nuovamente abitata.
E con queste parole termina la prima parte sulla storia dei Caldei...
Se volete leggere qualche altro testo sul Diluvio, eccovi alcuni link ad altri articoli sul diluvio...
Ravana il Re ateo, Gilgamesh e la torre di Babele
L’arca e il diluvio
Ovidio: le metamorfosi e il Diluvio...
Gli errori della storia...
Censorino: sui tempi storici, incerti e favolosi; epoca degli imperatori ed ere egiziane... e l'isola di Ogigia di Omero
Biblioteca di Apollodoro...
Apollodoro: la creazione della razza umana e il Diluvio
Ancora sul diluvio di Deucalione.
Il libro di Enoch... chi era Enoch?

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 27 settembre 2009

Berosso, frammenti di storia Caldea: da Lucius Cornelius Alexander Polyhistor

Cari lettori, spero che possiate trovare in queste poche righe lo stesso interesse che ho provato io durante la traduzione dall'inglese... ma lascio subito la parola a Lucius Cornelius Alexander Polyhistor che ci parla di Berosso e della sua opera: Storia di Babilonia!
SULLA COSMOGONIA E SUL DILUVIO
Berosso, nel primo libro della sua Storia di Babilonia, ci informa di essere vissuto all'epoca di Alessandro figlio di Filippo. Lui dice che esistevano testimonianze scritte, conservate a Babilonia con gran cura, per un periodo di circa quindici miriadi di anni e che questi scritti contenevano storie del cielo e del mare, della nascita degli uomini; e dei re e delle cose memorabili che essi realizzarono.
Nella prima parte egli descrive Babilonia come un paese situato tra il Tigri e l'Eufrate: in cui abbondava il frumento, l'orzo, l'"ocrus" e il sesamo; nei cui laghi venivano prodotte le radici chiamate "gongre", che venivano usate come cibo, e dal punto di vista nutritivo sono simili all'orzo. C'erano anche alberi di palma e di mele e varietà di frutta, pesci e uccelli, sia semplici volatili sia di quelli che frequentano i laghi. Egli aggiunge che quelle parti del paese che confinavano con l'Arabia erano prive d'acqua e aride; mentre le parti che si stendono dalla parte opposta erano collinose e fertili.

A Babilonia c'era (in quei tempi) un grande ritrovo di persone di varie nazioni, che abitavano la Caldea, e vivevano senza leggi, come le bestie dei campi. Nel primo anno apparve, proveniente dalla parte del mare Eritreo che confina con Babilonia, un animale privo di ragione, di nome Oannes, il cui intero corpo (secondo il racconto di Apollodoro) era quello di un pesce, che sotto la testa di pesce aveva un'altra testa, con al di sotto dei piedi, simili a quelli di un uomo, uniti sotto la coda da pesce. Anche la sua voce e il linguaggio erano articolate ed umane, e una sua rappresentazione é giunta fino ai nostri giorni.
Questo Essere era uso passare il giorno tra gli uomini, senza prendere cibo in quella stagione; ed egli dava loro la comprensione delle lettere e delle scienze e delle arti di ogni tipo. Insegnò loro come costruire città fondare templi, scrivere leggi, e gli spiegò i principi della conoscenza della geometria.
Egli insegnò loro a distinguere i semi della terra e gli mostrò come raccoglierne i frutti, in breve, egli li istruì su ogni cosa che fosse utile a ammorbidire le loro maniere e umanizzare le loro vite. Da allora, niente altro é stato aggiunto che potesse migliorare le sue istruzioni.
E quando il sole tramontava, questo Essere Oannes si ritirava di nuovo nel mare e passava la notte nelle profondità, perché egli era anfibio. Dopo questo apparvero altri animali simili a Oannes, dei quali Berosso si proponeva di parlarne quando sarebbe giunto a raccontare la storia dei re. Inoltre Oannes scrisse sulla generazione dell'umanità e del loro ordinamento civile , e ciò che segue è il riassunto di ciò che egli disse:
"Ci fu un tempo in cui non esisteva niente ma solo oscurità e abissi d'acqua, in cui risiedevano esseri che erano di duplice natura. Apparvero uomini, alcuni dei quali erano dotati di due ali, altri di quattro ali e avevano due facce. Questi avevano un corpo ma due teste: una da uomo ed una da donna: e similmente nei loro vari organi essi erano sia maschi che femmine. Si vedevano altre figure umane con gambe e corna di capre. Alcune avevano piedi da cavallo, mentre altri univano la parte posteriore di un cavallo con il corpo di un uomo, assomigliando alla forma all'ippocentauro. Tori simili erano generati con teste d'uomo; e cani con corpi quadruplici terminati nelle loro estremità con code di pesci; anche cavalli con teste di cani; come pure uomini e altri animali, con teste e corpi di cavalli e code di pesci.
In breve, c'erano creature in cui erano combinati gli arti di ogni specie animale. In aggiunta a questi, pesci, rettili, serpenti, con altri animali mostruosi, i quali assumevano ogni altra forma e fisionomia. Di tutti questi sono conservate le figure nel tempio di Belo a Babilonia.
La persona che esercitava il controllo su di essi era una donna chiamata Omoroca, che in lingua Caldea si dice "Thalatth" e in greco "Thalassa", cioè mare; ma che può essere interpretato anche come "Luna". Le cose stavano così quando arrivò Belo e tagliò la donna in due pezzi: e da una metà formò la terra, dall'altra metà formò i cieli; nello stesso tempo distrusse gli animali che vi erano.
Tutto ciò (egli disse) era una descrizione allegorica della natura. Perciò, essendo l'intero universo pieno di umidità, e gli animali vi sono continuamente generati, la deità summenzionata staccò la sua propria testa: con essa gli altri dei mescolarono il sangue, come esso sgorgava fuori, con la terra; e da ciò furono formati gli uomini.
In questo modo essi sono razionali, e partecipano della divina conoscenza. Questo Belo, che per loro significa Giove, divise l'oscurità e separò i Cieli dalla Terra, e riordinò l'universo. Ma gli animali, non essendo in grado di sopportare la larga diffusione della luce, morirono. Belo, dopo ciò vedendo un vasto spazio libero, pensò alla natura ricca di frutti, comandò uno degli dei di staccarsi la testa e di mischiarne il sangue con la terra e con ciò di formare altri uomini e animali, i quali dovevano essere capaci di respirare l'aria. Belo formò anche le stelle e il sole e la luna e i cinque pianeti. (Tutto ciò, in accordo con quanto detto da Alexander Polyhistor, é il racconto che Berosso fece nel suo primo libro).
Come al solito perdonate, se potete, la traduzione approssimativa... e a presto con il seguito della storia!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

Ricordando...

Il passato...
Chi di noi di tanto in tanto non torna indietro nel tempo?

Il nostro passato é parte del nostro presente e condiziona in un certo qual modo il nostro futuro...
così alcune volte un'esperienza positiva o negativa influenza non solo il nostro futuro ma quello dei nostri amici o della nostra famiglia.

Una parte importante del mio passato ha un nome: "Cenza"... mia nonna da parte di madre.

Nonna Cenza era una donna forte che aveva sofferto tanto... e tutti noi nipoti l'abbiamo sempre adorata...
Voglio ricordarla mentre é intenta a preparare l'impasto del pane... e per i nipoti vi era sempre un piccolo panino speciale!
Quando ci penso mi torna in mente l'odore del pane fragrante, fatto come si faceva un tempo... mi torna in mente il sapore mai più provato...
Sensazioni indimenticabili!

E ogni volta mi torni in mente tu,

Queste poche righe sono dedicate a te, Nonna Cenza...

Grazie per tutto...
Per il passato, per presente... e per il futuro!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 26 settembre 2009

Riflessioni sul Timeo: adamante...

Precedenti:
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Adamante...

Un termine trovato tante volte in tanti testi antichi, tradotto talvolta con il termine "ferro", talaltre con "acciaio", ma utilizzato sempre con riferimento a qualcosa di durissimo e resistente...
Ma cosa significava in antichità, o per lo meno cosa era per Platone l'adamante ce l'ha detto lo stesso Platone in quel testo così bello, così studiato e così oscuro per certi versi, conosciuto col titolo "Timeo".
Forse un giorno affronterò l'impresa di scrivere qualcosa sul Timeo, quello che ho capito dopo averlo letto e riletto, quello che non ho ancora capito... quello che forse Platone voleva dirci, ma ancora non é il momento, per cui se volete aspettate, oppure, ed é il mio consiglio, leggete il Timeo senza farvi spaventare da ciò che non capite...

Ma torniamo dunque al significato di adamante. Platone ne parla nel capitolo XXIV, quando ci parla delle "acque fondibili" cioè di quelle sostanze che in natura non sono liquide ma che lo diventano se sottoposte al calore.
Ma sentiamo cosa ci dice Platone nella traduzione di Giuseppe Fraccaroli, pubblicata dai Fratelli Bocca nel 1906:
"Or di tutte queste, quante abbiamo chiamate acque fondibili, quella che per constare di minutissime e conformissime parti è la più densa, specie semplice, in cui si uniscono il color splendido e il biondo, ricchezza preziosissima, è l'oro, che si fa solido dopo filtrato attraverso la pietra. E il germoglio dell'oro, che per la densità sua durissimo e tinto in nero, fu chiamato adamante."

Ecco dunque cosa intende Platone per adamante, la roccia nativa dell'oro!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

giovedì 24 settembre 2009

Lucio Anneo Seneca: la fine del mondo...

Precedenti:
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Oggi ho ripreso in mano il libro di Lucio Anneo Seneca, "Naturales Quaestiones"...
Ho cominciato a sfogliarlo alla ricerca di qualche appunto interessante preso durante la prima lettura... ho ritrovato tante cose interessanti di cui vi ho già parlato nei precedenti articoli, ma ho trovato anche altre cose di cui non vi avevo mai parlato!

Una di queste curiosità é relativa alla fine del mondo...
Seneca [Libro III, 29, 1] ci riferisce di Beroso, interprete delle dottrine di Belo, come colui che asserì che la distruzione del mondo arriva ciclicamente, a causa di diluvi o di conflagrazioni...
Beroso infatti sostiene:
"che il mondo terreno sarà incenerito, allorché tutti gli astri che ora seguono orbite diverse si saranno riuniti sotto il segno del Cancro, disposti lungo una stessa traccia così che una linea retta possa passare attraverso tutti i globi; si verificherà l'inondazione quando la stessa moltitudine di astri si sarà radunata sotto il segno del Capricorno. Il Cancro da luogo al solstizio d'estate, il Capricorno a quello d'inverno: costellazioni che esercitano un grande influsso, dal momento che determinano addirittura le mutazioni dell'anno."

Quando si verificherà il prossimo allineamento?
Chissà...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

mercoledì 23 settembre 2009

Tito Livio: Evandro ed Ercole nel Lazio

Precedenti:

Tito Livio: la morte di Remo...

Tito Livio: Rea Silvia, la lupa, Romolo e Remo...

Tito Livio: la storia di Roma continua...

Tito Livio: storia di Roma
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Buon sera Maestro,
la disturbo?

Alessandro, qual buon vento... é un po che non ti fai sentire, che fine hai fatto?

Mi perdoni ma mi sono lasciato distogliere dalla tecnologia...
ma ciò che importa é che sono tornato!

Mi fa piacere rivederti... sai, in questi ultimi mesi ho ricevuto veramente poche visite. Forse la storia antica non interessa più a nessuno!

Non dica così, la prego...
la Storia, antica o moderna, avrà sempre i suoi cultori!

Speriamo che tu abbia ragione. Ma veniamo a noi, se sei venuto a trovarmi sicuramente é anche per chiedermi qualcosa, o mi sbaglio?

Non sbaglia Maestro, al di là del piacere di parlare con Lei, sono venuto per approfondire le mie conoscenze... e sono sicuro che Lei ha ancora tanto da insegnarmi!

Non adularmi, non é da te! Piuttosto fammi la domanda e speriamo di avere la risposta...

Bene, allora le chiedo di parlarmi di Ercole e di Evandro e del loro soggiorno nel Lazio.

Ercole ed Evandro... iniziamo da quest'ultimo.
Evandro venne nel Lazio dal Peloponneso, forse profugo dopo la guerra di Troia. Era un uomo istruito e conosceva l'arte della scrittura, ciò gli permise di governare su quei popoli ignari di ogni arte... quando un giorno arrivò Ercole...

Maestro, io ricordo di aver letto qualcosa di un Evandro figlio di Priamo... é forse lo stesso?

Potrebbe darsi Alessandro, potrebbe darsi... ciò che so é il nome della madre, Carmenta, che in quei tempi era venerata come la Sibilla lo divenne poi. Ma lasciami finire, per favore, alla mia età ci vuol poco a perdere il filo!

Mi scusi...

Dunque... dicevo che arrivò Ercole, di ritorno dal compimento di una delle sue fatiche era stato derubato da un pastore che si chiamava Caco e che viveva sulle rive del Tevere. Ercole se ne accorse e lo uccise. Evandro si accorse dell'accaduto e intervenne per capire cosa fosse accaduto. Interrogò Ercole e riconosciutolo come figlio di Giove gli dedicò l'Ara Massima che lo stesso Ercole costruì. Quell'Ara fu affidata alla famiglia dei Potizii perché celebrassero il culto di Ercole...
Credo di averti detto tutto ciò che so, spero sia sufficiente!

Grazie Maestro, sapevo che mi sarebbe stato di aiuto... e se ciò che mi ha detto su Evandro e sulla sua conoscenza della scrittura é vero, ciò potrebbe significare che Iliade ed odissea potrebbero essere state scritte e tramandate molto prima di ciò che si dice...

Grazie Maestro, le auguro una buona serata...

A presto Alessandro, torna a trovarmi presto, ti aspetto!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO