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sabato 11 agosto 2012

Scorci di Roma...

Roma ti stupisce sempre, anche quando l'hai visitata in lungo e in largo, anche quando pensi di conoscerla a fondo, basta un cielo particolare, un punto di vista differente, per farti stupire.


 uno spettacolo stupefacente...


Resti di colonne gigantesche incorniciano il Vittoriano, monumento costruito per celebrere il re Vittorio Emanuele II, conosciuto anche come Altare della Patria.


E poi, il Colosseo, anfiteatro Flavio, enorme e maestoso, terribile per il ricordo dei morti ammazzati per il divertimento degli Imperatori e del popolo romano!


e, poco distante, l'immenso arco di Costantino, inaugurato nel 315 per commemorare la vittori di Costantino I contro l'usurpatore Massenzio... guerre fratricide che col tempo portarono alla disfatta dell'Impero.


Ma anche chiese, spazi immensi, splendenti di marmi, ori e stucchi...


come la chiesa di San Paolo fuori le mura...


e la piramide Cestia, costruita in meno di un anno come sepolcro per Caio Cestio Epulone, realizzata in calcestruzzo e ricoperta di marmo...


Ogni angolo di Roma è fatto per stupire e per ricordare all'Uomo la grandezza di un popolo... quello romano!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO



venerdì 10 agosto 2012

Bolzano: Calici di stelle

Nella splendida cornice offerta da Palazzo Mercantile, nel centro di Bolzano, si è dato inizio al tradizionale percorso di degustazione dei migliori vini di produzione locale.
Alla presenza del Sindaco Luigi Spagnolli, del vice Sindaco Klaus Ladinser e delle autorità locali, allietati dalla musica della Banda Musicale di Dodiciville, per niente disturbati dalla leggera pioggia che ha voluto accompagnare la serata, il presidente dall'Associazione Lorenzinacht Hannes Rottensteiner e il presidente di Bolzano Turismo hanno presentato alcune tra le migliori bottiglie di vino della produzione del territorio di Bolzano.
I brindisi sono poi proseguiti sotto i Portici e  lungo le strade della città dove tutti i produttori hanno esposto i loro prodotti per la degustazione in un ambiente piacevole e ricco.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

giovedì 9 agosto 2012

Carl von Clausewitz: Della Guerra


Ed. Oscar Mondadori
Burg, piccola cittadina tedesca della regione della Sassonia-Anhalt, è nota tra l'altro per aver dato i natali ad un personaggio noto per la sua opera, il "Vom Kriege" ovvero "Della Guerra".
Clausewitz nasce il 1° giugno 1780 ed entra a far parte della grande famiglia dei militari a soli dodici anni, in qualità di sottufficiale portabandiera del reggimento Principe Ferdinando di Potsdam.
Dopo il battesimo del fuoco, durante l'assedio di Magonza, all'età di soli quattordici anni diventa Ufficiale.
Qualche anno dopo, nel 1801, giunge alla Scuola Militare di Berlino, dove si distingue negli studi militari... il resto della vita, però, lo si può trovare in qualunque enciclopedia, ma io preferisco passare alla sua opera!

Che cos'è la guerra?
Questa è la prima domanda cui cerca di rispondere von Clausewitz.
Per lui la guerra è un atto di forza il cui scopo è quello di costringere l'avversario a sottomettersi alla nostra volontà.

Definizione concisa e senza troppi giri di parole, non pensate? Ma cosa ci si poteva aspettare da un uomo vissuto in quel contesto storico?

La guerra può contare sull'aiuto delle invenzioni delle arti e delle scienze, mentre è accompagnata da restrizioni insignificanti, che meritano appena di essere menzionate, alle quali si da il nome di diritto delle genti, ma che non hanno capacità di affievolirne essenzialmente l'energia.

Da allora sono passati due secoli, aveva ragione von Clausewitz?

Opera interessante sotto il profilo storico e del pensiero umano, che non può mancare nella biblioteca personale di uno studioso.
Che la guerra piaccia oppure no, occorre prendere atto che si tratta di una realtà e conoscere e capire i concetti che stanno dietro le parole "strategia", "logistica" o "tattica" è sempre più importante, non solo per i militari di professione.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO 

sabato 4 agosto 2012

Dialogo dei massimi sistemi: sull'apertura dello stretto di Gibilterra

Il Dialogo tra Salviati, Simplicio e Sagredo, talvolta riporta delle notizie interessanti, quasi scomparse dalle nostre conoscenze perchè parte di ipotesi non pronunciabili sul passato dell'uomo.
Tempo addietro, parlandovi di Seneca e della sua opera riportai una curiosa notizia attribuita agli antichi storici ebbene, la stessa cosa (e magari tratta proprio da Seneca) la riporta Galileo mettendola in bocca a Simplicio, ma vediamo di che si tratta dalle parole di Simplicio:

"Io vi troverò delle mutazioni seguite in Terra così grandi, che se di tali se ne facessero nella Luna, benissimo potrebbero esser osservate di qua giù. Noi aviamo, per antichissime memorie, che già, allo stretto di Gibilterra, Abile e Calpe erano continuati insieme, con altre minori montagne le quali tenevano l'oceano rispinto; ma essendosi, qual se ne fusse la causa, separati i detti monti, ed aperto l'adito all'acque marine, queste scorsero talmente in dentro, che ne formarono tutto il mare Mediterraneo..."

Per chi non ha dimestichezza con l'Italiano di quei tempi, ecco una mia libera interpretazione in Italiano moderno:

"Io vi indicherò dei cambiamenti della superficie terrestre di tali dimensioni, che se si verificassero sulla Luna, potremmo osservarli da quaggiù. Noi sappiamo, grazie ai racconti degli storici antichi, che un tempo Abile e Calpe (località oggi conosciute come la rocca di Gibilterra e Jebel Musa) sullo stretto di Gibilterra, erano unite tra loro da alcune montagne di dimensioni minori che tutte assieme tenevano lontane dalla terra interna le acque dell'Oceano; ma un giorno, quale fosse la causa non si sa, le montagne si aprirono e le acque marine corsero all'interno formando il mare Mediterraneo..."

E' pur vero, direte voi, che Simplicio nei Dialoghi fa la parte del sempliciotto credulone, ma normalmente Sagredo e Salviati lo correggono, non in questo caso però! Forse che anche Galileo credeva la cosa possibile? Come vi ho già detto, non è impossibile il fatto in se quanto che gli storici antichi lo tramandino come un fatto vissuto tragicamente della razza umana che allora abitava l'Europa!

Meditate gente, meditate!

Alessandro Giovanni Paolo Rugolo

Atlantide e i suoi Misteri: sui fenici

Dimitri Merezkovskj era un grande erudito...
Nel testo che vi ho presentato ultimamente, "Atlantide e i suoi misteri", parla di tante cose, filosofia, storia antica, economia, politica e società e tra i tanti argomenti cita anche i fenici, ma vediamo cosa ci dice:

         "La parola greca phoinix, fenicio, significa 'rosso', 'pellerossa'. Così i greci omerici chiamavano gli emigranti dell'isola di Creta, dove abitavano i Pelasgi, gli Eteocretesi che erano i Keftiu egiziani, 'uomini delle Stirpi Marine', affini ai libici nell'Africa Settentrionale, ai Liguri in Italia, agli Iberi in Spagna, alle razze che vivevano lungo tutta la via mediterraneo-atlantica verso l'Oriente. Tardi discendenti neolitici dei Cro Magnon, tutte queste razze, a giudicare dalle pitture murali egizie e della Creta di Minosse, sono 'pellirosse' o rossobronzee, imberbi, come i Toltechi e gli Aztechi del Messico precolombiamo. Il colore della pelle è un indizio stabile nei millenni: se lo sono i discendenti probabilmente anche gli antenati erano 'pellirosse', del tutto o in parte. Sembra che un riverbero dell'eterno Occidente, del 'Tramonto di tutti i soli', arda sul giovane volto dell'Europa."

Si, vabbè, ma con questo cosa si vuol dimostrare, direte voi.
Niente, è impossibile dimostrare qualcosa a così tanta distanza di tempo... si vuole solo cercare di mettere in relazione le popolazioni (almeno alcune) europee con quelle americane e, chissà, forse così dare a tutte un'unica origine: Atlantide, scomparsa fisicamente ma non senza lasciare parte della sua antica popolazione su entrambe le sponde dell'Oceano Atlantico, in America e in Europa e Africa.

In un altro punto l'autore trova delle somiglianze tra il popolo basco e gli indiani d'America, ma facciamo parlare lui:

         "La piccola stirpe dei Baschi, chiusa nei Pirenei, parla una lingua che non somiglia a nessun'altra lingua d'Europa, d'Africa e d'Asia, ma che somiglia assai alle lingue delle razze paleoamericane. Se questa lingua, come ritengono molti dotti, è un frammento salvo per miracolodell'antichità dei Cro Magnon, è probabile il legame dell'Europa paleolitica con le lingue dell'antica America."

Ecco, devo proseguire? No, sarebbe interessante sapere quanto le lingue paleo americane e il basco si assomigliano... ma la cosa è al di là delle mie conoscenze!

Alessandro Giovanni Paolo Rugolo  

domenica 29 luglio 2012

Atlantide e i suoi misteri, di Dimitri Merezkovskj

Voglio iniziare queste poche righe esattamente come ha iniziato l'autore:

"In un cattivo giorno e in una notte malvagia, l'Atlantide isola, inabissandosi nel mare, scomparve".

Chiunque abbia letto Platone sa che queste parole sono scritte nel discorso conosciuto come "il Timeo" e sa pure cosa abbiano significato nel tempo, per storici, mitografi, esploratori e scrittori!

Atlantide rappresenta molto anche per me, avendo letto tanto e riflettuto a lungo. Tempo addietro ho anche tradotto il Crizia da una versione inglese di alcuni secoli fa, e l'ho pubblicata su questo blog (se vi interessa leggere il Crizia eccovi il link: Il Crizia)

Di Merezkovskj (1865-1941) avevo letto, tempo fà, la splendida biografia di Leonardo da Vinci ed ero restato colpito dal modo in cui questo scrittore sembrava entrare nella vita del personaggio, un libro che impressionava! Così, quando ho visto il titolo "Atlantide e i suoi misteri" e il nome dell'autore italianizzato, Demetrio Merezkovskj, ho subito acquistato la mia copia e mi sono immediatamente gettato nella sua lettura.

Un suggerimento, approfondite la vita di questo autore, è veramente interessante!

Il libro rispecchia l'autore, non è semplice da leggere e non è facile da capire ma ogni pagina è una continua sfida.

"Chi l'ha creata l'ha anche distrutta". Questo il giudizio sarcastico di Aristotele su Atlantide e, probabilmente, su Platone stesso, con questa frase Aristotele giudicò Atlantide un parto della fantasia di Platone e niente più. Io credo invece che non sia così, ma poco importa cosa credo io, ora importa ciò che pensava il nostro autore... sul mito di Atlantide.

"Nude rimangono il Platone soltanto le verità più basse; quelle più alte si ammantano del mito, in modo che la verità traspaia dalla 'fiaba', come il corpo dal velo". Se riteniamo vere queste parole, Atlantide doveva far parte delle verità meritevoli di essere ammantate dal mito, per consentirne la sopravvivenza.

Atlantide - Atlantico, due parole così simili... Richard Herming che supportava l'ipotesi della Atlantide reale disse: "Mettere in rapporto la descrizione di una regione del tutto favolosa con nomi geografici esattamente noti è una cosa senza riscontro nella letteratura universale...". Platone lo fece!

Ma è vero che solo Platone ci ha parlato di Atlantide, dando vita a una infinita catena di voci e racconti? Secondo Dimitrj no, Platone non è stato l'unico, ma solo il più noto!
"Lo storico greco Marcello [..] riferisce , richiamandosi a storici più antichi, che nell'Oceano esterno si trovavano sette isole minori, consacrate a Proserpina, e tre grandi; una di esse della lunghezza di mille stadi, era consacrata al dio Poseidone.
Sembra che Marcello, nella sua opera (Aethiopika), dicesse che "Gli abitanti di questa isola hanno conservato il ricordo, giunto fino a loro dai progenitori, intorno all'Atlantide, un'enorme isola che un giorno esisteva in quei luoghi e aveva dominato sul corso di molti secoli tutte le isole dell'Oceano esterno e che era pure consacrata a Poseidone.

Sappiamo questo grazie a Proclo che parlò anche di come Crantore vide coi suoi occhi le colonne su cui era scritta in geroglifici la storia di Atlantide.

Liberi di credere o meno, non sarò certo io a cercare di convincervi in un senso o nell'altro, una cosa però è certa, che il libro merita di essere letto... e riletto con attenzione una seconda volta, cosa che stò per l'appunto facendo in questi giorni!

A presto, dunque, e buona lettura!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

Potere invisibile e democrazia

Cosa direbbe Norberto Bobbio della situazione attuale dell’Italia?
Parlo della situazione politica ed economica, naturalmente.

Si chiederebbe, forse, da dove partire per cercare di dare un senso a ciò che sta accadendo.

Che strada segue la politica in questi tempi di crisi?

Che fine hanno fatto i politici di un tempo, quelli della cosiddetta prima Repubblica?

Quali poteri forti si muovono all’ombra di uno stato debole e ormai troppo lontano dagli italiani?

Non ho una risposta!

Non possiamo dare noi le risposte che ci avrebbe potuto dare un così grande pensatore di nome Norberto Bobbio, ma possiamo provare a sondare le sue opere, i suoi scritti, i suoi insegnamenti, alla ricerca di un lume in grado di dissipare il buio di questi tempi…

Il 23 novembre 1980 Norberto Bobbio pubblicò un articolo sulla Stampa nel quale spiegava cosa fosse la democrazia, intesa come “il governo del potere visibile, cioè del governo i cui atti si svolgono in pubblico, sotto il controllo della pubblica opinione”. A trentadue anni di distanza mi chiedo se una tale definizione possa ritenersi ancora valida per la democrazia italiana ovvero, secondo tale definizione di democrazia l’Italia è ancora una democrazia?

E ancora, occorre chiedersi se in Italia esista oggigiorno una “pubblica opinione”, o è scomparsa anch’essa?!

A questo punto qualcuno potrebbe chiedere: a cosa ci stiamo riferendo di preciso? A quale problema, tra i tanti che assillano l’Italia, dobbiamo dirigere il famoso lume, qualora ne possedessimo uno, dove dobbiamo dirigere la nostra attenzione? Noi, “pubblica opinione”, non capiamo…

Ebbene, proprio questo è il punto, il problema, il nodo da sciogliere. L’impossibilità di capire!

Non si capisce chi abbia ragione e chi torto. Non si capisce come si sia finiti nella palude economica della recessione. Non si capisce quale tra i politici sia onesto e chi invece disonesto. Non si capisce dove voglia traghettarci il governo Monti come non si capiva quale fosse la politica del governo Berlusconi. Non si capisce cosa stia facendo l’Unione Europea…

Non capire è diventata la regola piuttosto che l’eccezione!

Norberto Bobbio, nello stesso articolo precedentemente citato scrisse: “Non si capisce nulla del nostro sistema di potere se non si è disposti ad ammettere che al di sotto del governo visibile c’è un governo che agisce nella penombra (il cosiddetto sottogoverno) e ancora più in fondo un governo che agisce nella più assoluta oscurità, e che possiamo permetterci di chiamare <<criptogoverno>>.”

Governo, sottogoverno e criptogoverno, e se fosse realmente questo il problema? E’ forse necessario, per cercare di capire cosa sta accadendo in Italia (e forse nel mondo intero), ricorrere a questi concetti e a ciò che lasciano appena intravvedere? E’ forse necessario cercare il potere invisibile che si muove all’ombra del governo visibile?

Un’ultima domanda: se in uno stato democratico per cercare di capire cosa accade occorre introdurre i concetti di sottogoverno e criptogoverno, siamo sicuri di essere ancora in uno stato democratico?

Alessandro Giovanni Paolo Rugolo