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domenica 28 ottobre 2007

Cos'è il software Open Source?

Bella domanda davvero!
Più difficile rispondervi in modo chiaro...
Per provare a rispondere riprendo in parte quanto ho già scritto in precedenti articoli e vi aggiungerò delle nuove considerazioni, principalmente di carattere organizzativo-strategico.
E' credenza comune che il software Open Source sia gratuito, ma non è sempre così!
Il termine “open source” è impiegato per identificare il software il cui codice sorgente può essere liberamente studiato, modificato, copiato e ridistribuito.
Il software Open Source “nasce” nel 1983 quando Richard Stallman, ricercatore del Massachusetts Institute of Technology, decide di realizzare un sistema Unix completamente gratuito ad uso e consumo di studenti e ricercatori. Quello stesso anno la AT&T decise di commercializzare il sistema Unix.
Stallman lanciò il progetto GNU(1) con l'intento di creare un sistema operativo completo dei più comuni applicativi. Per sostenere la sua iniziativa, che intanto prendeva piede tra i colleghi, Stallman creò la “Free Software Foundation”(FSF) (2), con cui intendeva sponsorizzare la libertà di distribuire il codice sorgente di tutti i programmi. La Free Software Foundation scrisse un contratto di licenza per il software open, chiamato GNU General Public License (GNU GPL), che stabilisce come deve essere reso disponibile il codice sorgente e prevede che i programmi che includono codice coperto dalla GNU General Public License devono essere resi disponibili sotto lo stesso tipo di licenza.
La GNU GPL (versione 2 del giugno 1991 (3) nel preambolo spiega che:
“Le licenze della maggior parte dei softwares sono scritte per sottrarvi la libertà di condividere e di modificare (il software – n.d.a.). Al contrario, la GNU General Public License è intesa per garantire la vostra libertà di condividere e modificare software libero garantendo che il software sia libero per tutti i suoi utilizzatori. Questa General Public License si applica alla maggior parte dei software della Free Software Foundation e ad ogni altro programma i cui autori si impegnano ad impiegarla. (Alcuni altri software della Free Software Foundation sono invece coperti dalla GNU Library General Public License.) Potete applicarla anche ai vostri programmi. Quando parliamo di software “free”, ci riferiamo alla libertà, non al prezzo. Le nostre General Public Licenses sono scritte per garantirvi la libertà di distribuire copie di software libero (e guadagnare per il servizio reso, se lo desiderate), di ricevere il codice sorgente se lo volete, di poter modificare il software o impiegare parti di esso in nuovi programmi liberi e di sapere che potete fare tutto ciò”(4).
La GNU GPL prosegue spiegando cosa è possibile fare e cosa no ma, per quello che ci interessa è sufficiente questa parte. Il software Open Source è libero, non si paga, a meno dei costi di riproduzione e distribuzione delle copie. Ciò rende il software open source incredibilmente vantaggioso se paragonato al software soggetto ad altro tipo di licenza.
Oggi esistono anche altri tipi di licenze che definiscono software più o meno liberi, ma soprattutto esistono tanti software open source che possono essere liberamente impiegati, studiati, migliorati e ridistribuiti. Si va dai Sistemi Operativi quali Linux (nelle diverse versioni e distribuzioni), sviluppato da Linus Torvald a partire dal 1991, ai software per uso d'ufficio quali Open Office e, ultimamente, si comincia a vedere anche qualche videogioco (per la felicità degli appassionati).
(Inserire la Figura 2: Ecco come si presenta il software Open Office Writer, chi conosce Microsoft Word si trova subito benenell'impiego di open Office, molte icone sono infatti simili.)
Ma allora perché molte grandi organizzazioni, non impiegano (se non sporadicamente) software open source?
La lettura attenta della licenza GNU GPL ci aiuta anche in questo.
E' sufficiente leggere il paragrafo “TERMS AND CONDITIONS FOR COPYING, DISTRIBUTION AND MODIFICATION” (5) per capire che uno dei problemi è la mancanza di garanzia, infatti,
“Siccome il programma è licenziato nella forma gratuita, non c'è garanzia, nei limiti permessi dalla legge. Salvo indicazione contraria nel copyright, i proprietari e/o altre parti forniscono il software “così com'è”, privo di garanzia di qualunque tipo, esplicita o implicita, incluse, ma non solo, le garanzie implicite nella commercializzazione relativamente l'assolvimento di uno scopo particolare. L'intero rischio in relazione alla qualità ed alla performance è vostro. Se anche il programma dovesse mostrare dei difetti voi vi dovrete fare carico dei costi dei servizi necessari, riparazioni o correzioni. In nessun caso, ad eccezione di quanto previsto in applicazione della legge o in accordo con quanto riportato in copyright proprietari o con altra parte che possa modificare e/o ridistribuire il programma come sopra indicato, saremo responsabili nei vostri confronti per i danni generali, speciali, incidentali o consequenziali, che dovessero presentarsi nell'uso o che dovessero causare problemi nell'impiego del programma (inclusa, ma non solo, la perdita di dati, la perdita di accuratezza dei dati a vostro danno o a danno di terze parti; oppure il malfunzionamento del programma nell'operare con altri programmi), soprattutto se tale possessore o ogni altra parte sia stata avvisata della eventualità che tali danni possano verificarsi.”(6)
Appare chiaro che sia la mancanza di garanzia a far paura alle organizzazioni!
Certo, non è semplice introdurre l'impiego di software open source ma non si tratta neanche di un'impresa impossibile... Ciò che è importante è "non procedere a casaccio". E' necessario studiare a tavolino la portata di una operazione del genere... che è sicuramente più complessa di un "semplice" aggiornamento di software.
E' necessario predisporre un team di esperti interni all'organizzazione che si occupino di studiare le interazioni e le possibili ripercussioni sull'organizzazione, cioè devono compiere una completa analisi dei rischi. E' inoltre necessario capire se e quali sono i vantaggi e gli svantaggi di una tale scelta, non solo in termini economici ma anche in termini strategici.
E' necessario pianificare la migrazione nei minimi dettagli e, infine (forse), è necessario predisporre tutto quanto occorre affinchè si possa tornare indietro in caso ci si renda conto di aver commesso qualche grave errore di valutazione!
Tutto ciò non è a costo zero e richiede competenze elevate e non certo disponibili dietro l'angolo, questo presuppone che l'organizzazione che decidere di seguire la strada dell'open source abbia la possibilità di preparare il personale e che tale scelta sia capita e appoggiata al più alto livello dirigenziale.
Tutto ciò non è facile e, seppure lo fosse, non è detto che vada bene sempre e per qualunque tipo di organizzazione!
Considerazioni di carattere strategico dovrebbero essere alla base di una simile scelta da parte di organizzazioni statali o di grandi organizzazioni internazionali.
Talvolta infatti può essere necessario rendersi "indipendenti" e quindi non soggetti ai "capricci" dei produttori di software. Ciò vale soprattutto quando non si abbiano grosse esigenze di seguire l'evoluzione spasmodica dei pacchetti applicativi...
Chi di noi può dire di aver conoscenza e assoluta necessità di tutte le funzioni presenti, per esempio, nel pacchetto Office della Microsoft? Credo nessuno!
Eppure talvolta si inseguono le nuove versioni e così facendo, spesso, è necessario cambiare anche hardware o, nella migliore delle ipotesi, procedere all'aggiornamento dello stesso...
Ma è realmente necessariò?
Quanto di ciò che ci viene venduto è realmente necessario per il nostro lavoro?
Quanto invece è inutile ma lo paghiamo lo stesso?
Ma queste sono altre domande...
e meritano trattazione a parte!
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO
_________________________
1 L'acronimo GNU significa “GNU is not UNIX” cioè “GNU non è Unix”.
2 Maggiori informazioni possono essere reperite su internet all'indirizzo: www.gnu.org.
3 GNU GENERAL PUBLIC LICENSE, Version 2, June 1991 - Copyright (C) 1989, 1991 Free Software Foundation, Inc. -
(www.fsf.org).
4 La traduzione in italiano non rende esattamente il senso per cui riporto integralmente in nota il testo in lingua originale: “ The licenses for most software are designed to take away your freedom to share and change it. By contrast, the GNU General Public License is intended to guarantee your freedom to share and change free software to make sure the software is free for all its users. This General Public License applies to most of the Free Software Foundation's software and to any other program whose authors commit to using it. (Some other Free Software Foundation software is covered by the GNU Library General Public License instead.) You can apply it to your programs, too.“When we speak of free software, we are referring to freedom, not price. Our General Public Licenses are designed to make sure that you have the freedom to distribute copies of free software (and charge for this service if you wish) , that you receive source code or can get it if you want it, that you can change the software or use pieces of it in new free programs; and that you know you can do these things.”
5 Termini e condizioni per la copia, la distribuzione e la modifica.
6 Anche in questo caso ritengo corretto inserire il testo in lingua originale: “because the program is licensed free of charge, there is no warranty for the program, to the extent permitted by applicable law. Except when otherwise stated in writing the copyright holders and/or others parties provide the program “as is” without warranty of any kind, either expressed or implied,including, but not limited to, the implied warranties of the implied warranties of merchantabilityand fitness for a particular purpose. The entire risk as to the quality and performance of the program is with you. Should the program prove defective, you assume the cost of all necessary servicing, repair or correction. In no event unless required by applicable law or agreed to in writing will any copyright holder, or any other party who may modify and/or redistribute the program as permitted above, be liable to you for damages, including any general, special, incidental or consequential damages arising out of the use or inability to use the program (including but not limited to loss of data or data being rendered inaccurate or losses sustained by you or third parties or a failure of the program to operate with any other programs), even if such holder or other party has been advised of the possibility of such damages.

sabato 27 ottobre 2007

La posizione dell’ONU riguardo il conflitto USA-IRAQ

La Carta delle Nazioni Unite è categorica, "allo scopo di assicurare un’azione pronta ed efficace da parte delle Nazioni Unite" conferisce al Consiglio di Sicurezza la "responsabilità principale del mantenimento della pace e della sicurezza internazionale"(1)

Il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, in un articolo apparso il 12 marzo 2003 ha espresso in questo modo i suoi legittimi dubbi in merito alla situazione internazionale, ribadendo, in primo luogo, la responsabilità principale del Consiglio di Sicurezza nel mantenimento della pace e della sicurezza internazionale. Tale responsabilità gli deriva dalla Carta delle Nazioni Unite che, all’art. 24 stabilisce:

“Al fine di assicurare un’azione pronta ed efficace da parte delle Nazioni Unite, i Membri conferiscono al Consiglio di Sicurezza la responsabilità principale del mantenimento della pace e della sicurezza internazionale e riconoscono che il Consiglio di Sicurezza, nell’adempiere i suoi compiti inerenti a tale responsabilità, agisce in loro nome. Nell’adempimento di questi compiti il Consiglio di Sicurezza agisce in conformità ai fini ed ai principi delle Nazioni Unite.” (2)

In secondo luogo ha posto l’accento sul problema della minaccia rappresentata dalla proliferazione delle armi di distruzione di massa, problema particolarmente sentito nella questione irachena in quanto l’Iraq ha utilizzato tali armi in due precedenti occasioni, nella guerra contro l’Iran e in quella contro il Kuwait.
Kofi Annan esprime preoccupazione per questa guerra in quanto potrebbe aumentare l’instabilità e la crisi economica nella regione, senza considerare poi le possibili imprevedibili ripercussioni che una guerra può avere.
Tre in particolare le domande che ci si deve porre, le cui risposte dovrebbero essere attentamente valutate, sulle possibili conseguenze della guerra:

“Renderà ancora più difficile la lotta al terrorismo o la ricerca della pace fra israeliani e palestinesi?
Segnerà divisioni profonde tra nazioni e popoli di fedi diverse?
Comprometterà la nostra capacità di lavorare insieme per affrontare in futuro altre preoccupazioni di comune interesse?”
(3)

Nell’articolo Kofi Annan ricorda che si deve ricorrere alla guerra solo dopo aver tentato ogni ragionevole alternativa. Mette in evidenza, inoltre, che se i Membri

"non riescono a trovare un accordo su una posizione comune, e qualcuno di loro intraprende un’azione priva dell’Autorizzazione del Consiglio, la legittimità di quell’azione sarà ampiamente messa in discussione e non otterrà l’appoggio politico necessario a garantire il successo anche dopo la fase militare.” (4)

Kofi Annan pone l’accento sul fatto che, al di là di come si risolverà il conflitto con l’Iraq,

“il successo o il fallimento della Comunità internazionale nel risolvere la crisi irachena inciderà in modo cruciale sulla sua capacità di affrontare sviluppi non meno inquietanti nella penisola coreana.”

Non è la prima volta che la posizione dell’ONU non è condivisa da alcuni Stati, membri o meno dell’Organizzazione. Già in passato (5) si sono verificati casi del genere, ma forse la crisi non è mai stata così grave.

Che si proteggano dal terrorismo o combattano contro la triade sinistra di povertà, ignoranza e malattie, le nazioni hanno bisogno di lavorare insieme, e lo possono fare attraverso le Nazioni Unite. Comunque venga risolto questo conflitto, l’ONU resta centrale. Dovremmo fare tutto il possibile per mantenere l’unità.” (6)

Più che un appello alle Nazioni affinché lavorino assieme per la risoluzione dei problemi contingenti, il discorso appare essere una dichiarazione di sconfitta di fronte al mondo.
E’ interessante notare come la posizione dell’ONU rappresenti, in linea di massima, quella della comunità internazionale nel suo complesso, posizione temperata dal diritto di veto dei cinque paesi fondatori. E’ importante notare ciò, in quanto il diritto di veto gioca un ruolo fondamentale nell’assunzione di decisioni da parte dell’ONU quando queste sono contrarie alla politica estera dei cinque paesi fondatori.
Il diritto di veto si pone, dunque, come uno strumento di politica estera utilizzabile dai paesi fondatori delle Nazioni Unite a salvaguardia dei propri interessi. Nel 1945 il diritto di veto era attribuito alle cinque potenze mondiali riconosciute ma, attualmente, sono cambiati i rapporti di potenza nel mondo e il diritto di veto non rispecchia la reale potenza degli Stati detentori. I rapporti di potenza all’Interno dell’ONU portano all’emanazione delle risoluzioni, la più importante, che prenderemo come punto di riferimento, è la 1441 del 8 novembre 2002.
Con la risoluzione 1441, il Consiglio di Sicurezza, com’è uso, richiama i precedenti aventi rilevanza con il caso in argomento ed in particolare:
la risoluzione n. 660 del 2 agosto 1990;
la risoluzione n. 661 del 6 agosto 1990;
la risoluzione n. 678 del 29 novembre 1990;
la risoluzione n. 686 del 2 marzo 1991;
la risoluzione n. 687 del 3 aprile 1991;
la risoluzione n. 688 del 5 aprile 1991;
la risoluzione n. 707 del 15 agosto 1991;
la risoluzione n. 715 del 11 ottobre 1991;
la risoluzione n. 986 del 14 aprile 1995;
la risoluzione n. 1284 del 17 dicembre 1999;
la risoluzione n. 1382 del 29 novembre 2001.
Riconosciuto il mancato rispetto, da parte dell’Iraq, delle precedenti risoluzioni e dei trattati sulla proliferazione delle armi di distruzione di massa e sui missili a lungo raggio, passa a ricordare alcuni passi importanti delle precedenti risoluzioni.
La risoluzione 678, in particolare, autorizzava gli Stati Membri ad utilizzare

“all necessary means to uphold and implement its resolution 660 [..] and all relevant resolution subsequent to resolution 660 (1990) and to restore international peace and security in the area (7)”,

mentre la risoluzione 687 imponeva una serie di obblighi all’Iraq per il ripristino della pace e della sicurezza nella regione.
Si deplora che l’Iraq non abbia provveduto a rendere noti, come richiesto dalla risoluzione 687, in modo completo accurato e sotto ogni aspetto, i propri programmi di sviluppo delle armi di distruzione di massa, dei missili balistici aventi gittata superiore ai centocinquanta chilometri e dei programmi nucleari.
Si deplora il fatto che l’Iraq abbia ripetutamente ostacolato l’accesso ai siti designati dalla UNSCOM (8) e dalla IAEA (9), non abbia collaborato pienamente con gli ispettori e infine, nel 1998, abbia cessato ogni forma di collaborazione con gli stessi.
Si deplora l’assenza, fin dal dicembre 1998, del monitoraggio internazionale, delle ispezioni e delle verifiche richieste nelle risoluzioni indicate in precedenza e ci si dispiace per il conseguente prolungamento della crisi nella regione e delle prolungate sofferenze del popolo iracheno.
Si deplora che il governo iracheno non abbia rispettato la risoluzione 687, in materia di terrorismo; che non abbia rispettato la risoluzione 688 che chiedeva di porre fine alla repressione nei confronti della popolazione civile e di permettere l’accesso, sul territorio, alle organizzazioni umanitarie internazionali; che non abbia rispettato gli obblighi, imposti dalle risoluzioni 686, 687 e 1284, relativamente alla restituzione di proprietà Kuwatiane o di paesi terzi illecitamente trattenute in Iraq.
Si ricorda che la risoluzione 687 (1991) poneva a base del “cessate il fuoco” il rispetto e l’accettazione di quanto contenuto al suo interno, con tutti gli obblighi derivanti.
Per assicurare il pieno ed immediato rispetto, da parte dell’Iraq, della risoluzione 687 e seguenti risoluzioni in materia, si ribadisce l’importanza della UNMOVIC (10) e della IAEA nello svolgimento delle ispezioni.
Si prende nota dei contenuti della lettera del 16 settembre 2002, del Ministro degli Esteri iracheno, tendente a modificare la situazione creatasi in direzione di quanto sancito dal Consiglio di Sicurezza.
Si prende nota del contenuto della lettera del 8 ottobre 2002 del Presidente della UNMOVICI e del Segretario Generale dell’IAEA all’Iraq con cui s’indicavano dei provvedimenti pratici da porre in atto come requisiti base per la ripresa delle ispezioni e si esprimeva preoccupazione per la mancata conferma da parte del Governo Iracheno al rispetto di quanto concordato.
Si afferma l’impegno di tutti gli Stati Membri al rispetto della sovranità e integrità territoriale dell’Iraq, Kuwait e degli Stati confinanti; si loda l’impegno del Segretario Generale, dei membri della Lega degli Stati Arabi e del loro Segretario Generale per la ricerca di una soluzione di pace. Determinato ad assicurare il pieno rispetto delle sue decisioni, agendo sotto il capo VII della Carta delle Nazioni Unite, decide:
a. che l’Iraq non ha assolto gli obblighi derivanti dalle principali risoluzioni, in particolare a quelli derivanti dalla risoluzione 687 (1991) in materia di disarmo e di cooperazione;
b. di dare una ultima possibilità all’Iraq, affinché assolva agli obblighi derivanti dalle risoluzioni 687 e seguenti;
c. che, al fine di assolvere agli obblighi suddetti, in aggiunta alla relazione biennale deve essere presentata una relazione accurata e completa riguardante tutti gli aspetti relativi ai programmi di sviluppo di armi chimiche, biologiche e nucleari, missili balistici, e qualunque cosa possa esservi correlata;
d. che qualunque omissione, dichiarazione falsa, mancanza di cooperazione, sarà considerata come un ulteriore violazione degli obblighi derivanti dall’applicazione delle risoluzioni;
e. che l’Iraq dovrà permettere agli ispettori UNMOVIC e IAEA l’accesso immediato, senza impedimenti, incondizionato e senza restrizioni ad ogni luogo, area, sottosuolo, edifici, documenti, mezzi di trasporto, registrazioni, equipaggiamenti, attrezzature. Dovrà altresì permettere l’interrogatorio del personale militare e non, senza la presenza di osservatori appartenenti al governo iracheno;
f. si conferma quanto riportato nella lettera del 8 ottobre 2002 dei presidenti delle commissioni ispettrici al Governo iracheno e si stabilisce che i contenuti della lettera dovranno essere vincolanti per l’Iraq;
g. si decide, inoltre, al fine di permettere il raggiungimento degli scopi prefissati, di apportare delle modifiche agli organi ispettivi e alle autorità incaricate;
h. si decide inoltre che l’Iraq non dovrà tenere comportamenti ostili verso le rappresentanze o il personale dell’ONU o dell’IAEA o verso qualunque altro Membro che intraprenda azioni in ottemperanza alle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza;
i. si richiede al Segretario Generale delle Nazioni Unite di inoltrare, con immediatezza, la risoluzione al governo iracheno, risoluzione vincolante per l’Iraq, chiedendo conferma dell’intenzione di accondiscendere pienamente con quanto stabilito e chiedendo che l’Iraq cooperi con immediatezza, sensa restrizioni, incondizionatamente ed attivamente con UNMOVIC e con l'IAEA;
j. si chiede agli Stati Membri di dare pieno supporto a UNMOVIC ed a IAEA per lo svolgimento dei mandati avuti, anche fornendo qualunque informazione relativa a programmi proibiti o ad altri aspetti dei loro mandati, inclusi i tentativi dell’Iraq di acquisire articoli proibiti, siti da ispezionare, persone da interrogare, dati da raccogliere, eccetera. Tutti i dati e le informazioni raccolte dovranno essere relazionate al Consiglio da UNMOVIC e dall’IAEA;
k. invita il Presidente esecutivo di UNMOVIC e il Direttore Generale di IAEA a riferire con immediatezza al Consiglio su qualunque interferenza dell’Iraq verso le attività degli ispettori, come pure su qualunque mancanza dell’Iraq verso gli obblighi di disarmo nella loro interezza;
l. si decide di riunirsi immediatamente alla ricezione di rapporti, previsti ai punti 4 e 11, che richiedano l’analisi della situazione, per garantire il pieno rispetto delle risoluzioni sull’argomento e per assicurare il ripristino della pace e della sicurezza internazionale;

m. si ribadisce, infine, che il Consiglio ha ripetutamente avvisato l’Iraq delle serie conseguenze che possono comportare le ripetute violazioni dei suoi obblighi e di decide di mantenersi informati sull’evoluzione della situazione.
E’ importante notare la complessità di questa risoluzione articolata in quattordici punti, che si ricollega a quanto detto in altre precedenti risoluzioni ed in alcune lettere con le quali si stabilivano delle procedure operative preliminari alla ripresa delle ispezioni.
D’altro canto, i punti essenziali sono ben individuabili nel testo e su questi, e sulla loro differente interpretazione, si è basato il dibattito politico concernente la necessità di una seconda risoluzione che autorizzasse l’intervento armato contro l’Iraq.
In particolare è interessante notare come al punto "k" si dice:

“Decides to convene immediately upon receipt of a report in accordance with paragraphs 4 or 11 above, in order to consider the situation and the need for full compliance with all of the relevant Council resolutions in order to secure international peace and security”.

Su questa base i paesi schierati per il non intervento armato sostengono che la risoluzione 1441 non autorizza l’uso della forza ma stabilisce il quadro generale della situazione e consente il ritorno degli ispettori e lo svolgimento delle attività ispettive.
Viceversa, secondo gli interventisti questa risoluzione autorizza l’intervento in quanto:
nel preambolo si afferma che si agisce sotto il capo VII;
al punto "b" si offre un’ultima opportunità all’Iraq per rientrare nella legalità, opportunità non accettata dall’Iraq, alla luce del comportamento non pienamente aderente a quanto stabilito.
Per capire chi abbia ragione ci si può basare sulla somiglianza della risoluzione 1441 con la risoluzione 678 del 29 novembre 1990 con la quale le Nazioni Unite autorizzavano gli Stati Membri a cooperare con il Kuwait e ad usare tutti i mezzi necessari per far rispettare all’Iraq la risoluzione 660 e seguenti e per riportare la pace e la sicurezza nell’area. Con questa frase si autorizzava la guerra del Golfo.
Con la risoluzione 678 del 29 novembre 1990, si dava un’ultima opportunità all’Iraq, anche allora si agiva sotto il Capo VII ma la differenza è da ricercarsi proprio nella frase (mancante nella risoluzione 1441) “to use all necessary means to”.
Il volere dell’ONU appare essere quello indicato ai punti "l" ed "m" che, come già visto, danno disposizioni puntuali e precise in merito al comportamento da tenere e cioè:
riferire con immediatezza, al Consiglio di Sicurezza, su qualunque interferenza dell’Iraq verso le attività degli ispettori, come pure su qualunque mancanza dell’Iraq verso gli obblighi di disarmo nella loro interezza;
riunirsi immediatamente alla ricezione dei rapporti, previsti ai punti "d" e "j", che richiedano l’analisi della situazione, per garantire il pieno rispetto delle risoluzioni sull’argomento e per assicurare il ripristino della pace e della sicurezza internazionale.
In questo senso non vi possono essere dubbi sul fatto che il Consiglio di Sicurezza non avesse ancora deciso di autorizzare l’uso della forza contro l’Iraq ma, piuttosto, si riservasse il diritto di decidere, a seguito delle risultanze delle ispezioni autorizzate, quali azioni intraprendere per assicurare il ripristino della pace e della sicurezza internazionale.
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO
______________________________________________
1 Il dilemma degli Stati e il Diritto dei Popoli, Corriere della Sera, 12 marzo 2003, traduzione a cura di Monica Levy
2 Carta delle Nazioni Unite, Art. 24.
3 Il dilemma degli Stati e il Diritto dei Popoli, Corriere della Sera, 12 marzo 2003, traduzione a cura di Monica Levy
4 Ibidem
5 E’ il caso dell’intervento in Bosnia, in quell’occasione l’intervento fu legittimato solo in seguito all’intervento armato ad opera della NATO.
6 Il dilemma degli Stati e il Diritto dei Popoli, Corriere della Sera, 12 marzo 2003, traduzione a cura di Monica Levy.
7 Resolution 1441 (2002) adopted by the Security Council at 4644th meeting, on 8 november 2002. Trad. “tutto ciò che occorre per mettere in atto la risoluzione 660 e tutte le principali risoluzioni seguenti e per ripristinare la pace e la sicurezza internazionale nell’area”.
8 United Nations Special Commission, stabilita dalla risoluzione n. 687 (1991).
9 International Atomic Energy Agency.
10 United Nations Monitoring, verification and Inspection Commission, stabilita dalla risoluzione n. 1284 (1999) in sostituzione della UNSCOM.

lunedì 22 ottobre 2007

ENIGMA (1989)

L’enigma è come facciano
A nuotare le stelle:
ma poi le domande
finiscono per rispondere
e le stelle mi accontento
di guardarle
senza capire.

Giuseppe MARCHI
(Differenze. Cultura Duemila Editrice 1992)

domenica 21 ottobre 2007

L'importanza strategica della lingua...

In questi ultimi anni ho sempre cercato di migliorare la conoscenza delle lingue straniere, in particolare della lingua inglese, un po per necessità un po per sete di conoscenza.
Eppure mentre leggevo un articolo in inglese o un libro di informatica o ancora una presentazione della NATO, pensavo all'importanza strategica per una nazione di una lingua forte e avente rilevanza a livello internazionale.
Nei secoli diverse lingue si sono alternate nel ruolo di lingua franca, il greco prima, il latino poi ed ora l'inglese. Il futuro potrebbe essere dello spagnolo o del cinese oppure... perchè no, dell'italiano!
Ma perchè è così importante avere una lingua forte e internazionale? I motivi sono tanti, economici, politici e strategici.
Cerchiamo di analizzare la situazione italiana e quindi della lingua italiana, in particolare nei confronti della lingua internazionale per eccellenza, l'inglese.
Chi ha frequentato l'università negli ultimi dieci anni in una facoltà scientifica si è potuto rendere conto della sudditanza culturale cui l'Italia è assoggettata. I libri di testo sono quasi sempre in lingua inglese come, peraltro, gli articoli delle riviste tecniche o i siti internet.
L'Unione Europea, in teoria, riconosce l'uguaglianza delle lingue ufficiali dei paesi membri ma è solo apparenza. La realtà è diversa. Nel tempo si è andato affermando il principio di “lingua di lavoro” - l'inglese - e poi si è passati a “lingue di lavoro” - inglese, francese e tedesco – le altre lingue non vengono utilizzate se non raramente.
In questa condizione si trovano, per essere chiari anche altre nazioni europee, la Spagna, il portogallo, la grecia, la Francia e la Germania per citarne solo alcune, anche se non per tutti il problema è della stessa gravità...
Vi va di parlarne?
Anche su Facebook...
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

Dieci parole...

Acqua...
Avevamo tutti una sete del diavolo, dopo la corsa a cavallo sotto il sole, sulle sabbie dorate di Alghero...
Se ci avesse visto qualcuno ci avrebbe potuto scambiare per "bandidos", quelli messicani che rubavano cavalli nei fumetti di Tex Willer e poi finivano impiccati ad un ramo di un albero!
E invece eravamo ragazzi di buona famiglia, allevati a base di caffellatte e crostata di mele della nonna...
La casa era proprio sulla spiaggia, vicino al fiume... un tempo era un fiume, ora era diventato un rigagnolo e l'acqua aveva cambiato colore...
Un tempo nonna mi mandava a prendere l'acqua in quel fiume, la usava per impastare la farina per il pane... Ricordo come fosse ieri quei giorni felici, quei sapori, quegli odori...
Ricordo quel profumo di pane caldo e poi l'aroma delle formaggelle...
Gioventù passata... gioventù tutt'altro che bruciata!
Ora, è cambiato tutto... mare... montagna... il mondo è solo l'immagine sbiadita del "mio mondo", quello dei ricordi...
Il mondo di allora, purtroppo, è scomparso... sconvolto in ogni sua parte cerca di sopravvivere all'Uomo... distruggendolo!
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 20 ottobre 2007

Da bambino

Da bambino ero affascinato da curiosi lampadari che ornavano i portici della piazza del mio quartiere. Roma è una città strana. Anzi esistono più città. La mia si chiamava e si chiama tuttora col nome di un santo piemontese. Don Bosco. I salesiani gestiscono l’oratorio, la scuola e la chiesa. Una chiesa costruita negli anni ‘50. L’architetto pensava a San Pietro ma vedeva l’EUR. Due braccia di portici come quelli del Brunelleschi ma non più ellittici, quadri. Come se il futuro rappresenti la quadratura della sfera. Per se stessa e per gli antichi perfetta. Per noi moderni troppo rotonda. Colonne a parallelepipedo. Finestre piccole e quadrate. Troppi occhi ciechi sull’abbandonato giardino di ghiaia. Una fontana neanche al centro, piena di carte e rifiuti. Sul bianco del granito una scritta nera. “ La nato non è un fiore”.
Non so dire se oggi quei lampioni ci siano ancora. Dalla finestra del primo piano che ospitava il coiffeur per signore dove si acconciava i capelli mia madre, guardavo l'asta lignea che reggeva una sorta di esaedro da cui scaturiva la luce. Avevo otto anni. Troppo piccolo per restare solo a casa, troppo grande per starmene lì buono a giocare, mentre le signore parlavano, parlavano. Dino era il parrucchiere. Mi piaceva, avrà avuto qualche anno meno di mia madre, giocava col nome, io per tutti ero Pino.
Adesso ha attraversato l’oceano e accompagna turisti a Santo Domingo.
Dal centro del mondo alla periferia dei nostri sogni.
Era così vicino che sembrava potessi toccarlo, solo fossi stato più grande. Qualche centimetro più alto. Era inutile protendere le braccia poiché risultavano sempre troppo corte per afferrare il lampadario.
E poi perché prenderlo? Forse per usarlo come uno strano trapezio da circo, per dondolarmi nell'aria del sottoportico.
Lo escludo, perché ho sempre sofferto delle altitudini ! Ancora adesso, i ponti guardando giù in basso, mi fanno star male. Ma un male atipico, che fa girare le budella, che da nausea, ma è controllabile, basta allontanarsi un poco dalla balaustra. E dà l'ebbrezza della sofferenza, della caducità.
Il sapore sconosciuto del suicidio. Parola magica e tabù. Chi ha saputo superare la barriera estrema dell'amor proprio. “Salvata da un pino" recitava il giornale della Sera. Mai viste conifere in periferia di Roma. Forse per il distratto giornalista di cronaca nera era meglio che la folle donna morisse e invece si ruppe solo le ossa principali, meschina! Trattenuta nel volo a cadere da un povero oleandro mezzo piegato. Eppure non erano bastati sei piani per mandare in frantumi quel corpo. Ma chi cura quell'anima fratturata ? Senza via di scampo...o scelta lucida. Non ho avuto possibilità di chiedergli la cosa più importante, la domanda che il frettoloso giornalista botanico non si è posta: dove stavi andando, volando o cadendo signora cinquantenne di un condominio popolare del mio quartiere-città?
Noi, che stiamo dall'altra parte a guardare attoniti, non sappiamo nemmeno immaginare il vuoto dentro e fuori. In ogni posto del mondo, c'è la morte. Lo so da quando ero bambino e gioivo silenzioso e incauto dietro qualche funerale di parenti. Poi l'uomo è maturato e quel cinismo innocente è diventato angoscia, tutte le volte ed ogni volta ancora. Quando la morte è passata, non so se soddisfatta del suo lavoro, ingrato. Chi prima e chi dopo. E noi ad insultare l'intelligenza e la vita stessa, col pianto. Ovunque ho visto la morte. Quegli occhi neri come buchi vuoti sfiorarmi o prendermi decisamente la mano senza vedermi.
Una stretta rapida e calda. E poi mi è rimasto il tiepido ricordo dell'inesistente. E noi ciechi a non vedere la vita, perché è questa la vertigine invisibile, l'unica giustificazione alla morte. La vita stessa che è necessaria, tanto veloce da non sentirne i passi, come un viaggio da solo, senza o con ritorno.
Adesso sto seduto su un treno e si fa notte. Non sono più bambino. Seguo ancora un attimo i fili paralleli dell'elettricità e il leggero nistagmo rappresenta un paesaggio sfocato, che non può appartenermi, visto nella velocità.
Il silenzio si impadronisce dei miei sensi, in mezzo a tanta gente. Qualcuno dorme e aspetta di arrivare , quell’altro per fretta parla di niente allo sconosciuto al suo fianco.
Solo un brusio di fondo del respiro, un mondo intero dalle dimensioni impossibili. Questo tacere è il preludio al suono magico della preveggenza. Così si allontana la vertigine di certi ricordi imbarazzanti, di certi cedimenti alla sconfitta. Non alla morte sorella, perché pur essendo ottimista, ammetto di essermi alla fine arreso alla vita.
Da bambino non ce l'ho fatta ad arrampicarmi a quel lampadario e volare. Sono rimasto coi piedi nelle scarpe, davanti al davanzale. La finestra socchiusa e lontano il via-vai delle strade della metropoli. La capitale del mondo. Così lontana eppure raggiungibile un tiepido giorno di maggio , prendendo un treno come questo. Siccome c'era troppo da sognare, da scrivere e da vivere.
 
Giuseppe Marchi

GILGAMESH, la storia del ritrovamento.

Come ho già accennato, Gilgamesh è il protagonista di un poema epico della Mesopotamia, il personaggio è probabilmente esistito realmente come re sumerico.
Il mito di Gilgamesh emerge dal passato solo nel XIX° secolo ed è strettamente legata alle vicende di un inglese (Austen Henry Layard) che durante un viaggio si fermò in Mesopotamia e iniziò gli scavi che condussero al ritrovamento di due antichissime città: Ninive e Nimrod. In quella occasione fu ritrovata una immensa biblioteca di tavolette in scrittura cuneiforme... era la biblioteca di Ninive.
Grazie alla scoperta di una iscrizione conosciuta come "Le Gesta di Dario", ad opera di Henry Rawlins, un Ufficiale dell'Esercito britannico, che riportava lo stesso testo in lingua persiana, elamitica e babilonese, fu possibile tradurre buona parte delle tavolette provenienti da Ninive e non solo. Tra le varie cose ritrovate e tradotte da George Smith, una tavoletta riportava delle notizie del "Diluvio", fino ad allora presente solo nella Bibbia. Fu proprio questo ad eccitare gli animi e ad infondere nuova forza nei ricercatori e nei traduttori...
Qualche anno dopo i tedeschi compirono degli scavi nella zona e riportarono alla luce le rovine dell'antica città di Uruk unitamente ad un buon numero di tavolette...
L'Università della Pennsylvania alla fine dell'ottocento si occupò degli scavi di Nippur riuscendo a raccogliere circa 40.000 tavolette finite negli archivi di vari musei.
Le tavolette contenenti parti del testo della saga di Gilgamesh sono distribuite ormai sul mondo intero e probabilmente non tutte sono state ancora identificate e magari si trovano negli archivi di qualche museo... in ogni caso molto è stato fatto e il racconto è abbastanza chiaro.
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO