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martedì 11 febbraio 2014

Sulla formazione dello stretto di Messina, da Marco Anneo Lucano

Chi è Marco Anneo Lucano?
Poeta latino, nasce a Cordova il 3 novembre del 39 dopo Cristo. Il padre è Marco Anneo Mela, lo zio è Seneca.
La famiglia si trasferisce a Roma poco dopo la sua nascita dove Marco si dedica allo studio della poesia. Nel giro di alcuni anni diventa famoso e entra nel cerchio dei poeti dell'imperatore Nerone.
Sarà la sua fortuna e anche la sua fine.
Nel 65 entra a far parte della congiura contro Nerone e scoperto viene obbligato a darsi la morte all'età di 26 anni.
Dopo questa breve nota biografica, parlo un attimo della sua opera: "La guerra civile o Farsaglia".
L'opera racconta la storia della guerra civile tra Pompeo e Cesare che il secolo prima aveva insanguinato tutto l'impero romano.
In quest'opera vi sono tante curiosità ma io mi soffermo su una sola, il riferimento ad un avvenimento antico, celebrato da altri autori e di cui ho già parlato in altri articoli, ovvero la formazione del Mediterraneo e la separazione della Sicilia dall'Italia:
- Ancora su "Questioni Naturali"... da Lucio Anneo Seneca;
 
Ma vediamo subito cosa dice il poeta Marco Anneo Lucano in proposito, mentre descrive gli Appennini e i corsi d'acqua che da esso prendono vita:
 
"Dove l'Appennino allungando i gioghi si erge nell'aria,
vede le campagne galliche e s'innesta nel digradare delle Alpi.
Poi, fertilizzato dagli Umbri e dai Marsi e dissodato
dall'aratro sabello, abbracciando con le rocce pinifere
tutti i popoli autoctoni del Lazio, non lascia l'Esperia
prima che l'interrompano le onde di Scilla, e protende
le sue rupi fino ai templi di Giunone Lacinia.
Era più lungo dell'Italia, finchè l'assalto del mare
non ne disgiunse i confini e l'acqua non respinse le terre.
Ma, dopo che l'istmo fu aperto dal duplice mare,
gli estremi contrafforti si allontanarono dal siculo Peloro."
 
Ecco dunque ancora una volta la descrizione di un avvenimento che da come è descritto pare essere accaduto in tempi relativamente recenti e che ha lasciato tracce nell'immaginario collettivo del tempo.
 
Quando si separò realmente la Sicilia dall'Italia?
Quale fu la causa?
 
Domande ancora aperte che ripropongo ancora una volta a voi
tutti.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO 

giovedì 6 febbraio 2014

I libri maledetti, di Jacques Bergier

Libri maledetti, autori scomunicati, scomparsi o sconosciuti.
L'autore (1912-1978) è stato ingegnere, chimico, giornalista e altro, forse anche una spia, che si è occupato di misteri e magia.
Tra le sue opere più conosciute:
- il mattino dei maghi;
- l'uomo eterno;
- gli extraterrestri.
Ma parliamo un attimo del libro in questione: i libri maledetti.
Mi sono ritrovato a leggerlo senza neppure accorgemene. L'autore sostiene l'esistenza di un gruppo di persone che hanno il compito di evitare che l'umanità compia qualche sciocchezza a causa di conoscenze che non è in grado di capire e gestire. Secondo questa linea di pensiero, questa società segreta che chiama degli uomini in nero, avrebbe distrutto o impedito la divulgazione di conoscenze troppo pericolose, distruggendo libri o i loro autori.
Bergier, tra l'altro, parla anche delle distruzioni accadute alla biblioteca di Alessandria d'Egitto.
Il libro di Thot è uno di questi libri maledetti, un libro le cui conoscenze dovevano restare nascoste. Un altro di questi si chiama "le stanze di Dzyan".
Alcuni personaggi molto particolari vi sono descritti: tra questi Madam Blavatsky, John Dee, Tritemius, Ruggero Bacone, con ricchi riferimenti alle loro opere e alla loro vita.
Un libro molto particolare e molto interessante, da leggere!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO


La fuga...

Mi avvicinai alla riva incuriosito dal mulinello di uccelli marini.
Si muovevano sinuosamente, creando disegni bianchi su sfondo azzurro. Il mare in lontananza si perdeva nel cielo senza soluzione di continuità.
Il rumore delle onde sulla spiaggia e della risacca copriva le voci dei pochi villeggianti; una famiglia con tre bambini consumava il suo pranzo al sacco in un riparo naturale, sotto una roccia che per metà si gettava a strapiombo nelle acque azzurrine, dando sicuro riparo a saraghi e ricci di mare.
Il vento soffiava forte sollevando onde spumeggianti che si infrangevano rumorosamente sugli scogli.
Alla mia destra una lunga striscia di sabbia rossastra, risultato dell'erosione millenaria del granito, offriva una vista splendida e dava risalto alle acque verde smeraldo della spiaggia gallurese.
Amavo questa atmosfera, amavo quella solitudine quasi totale. Così distante dal caos interminabile di Roma. Erano anni ormai che almeno una volta al mese prendevo l'aereo da Ciampino e mi precipitavo nel mio angolo di paradiso, anche solo per un giorno. Mi rilassava, mi faceva dimenticare tutta la fatica del lavoro, cancellava gli effetti devastanti del traffico, portava via lo stress come una mareggiata cncella le orme dalla sabbia...
Gli uccelli marini continuavano nella loro danza festante. Il loro andirivieni, accompagnato dallo stridulo rumoreggiare era un calmante naturale. Mi sedevo sulla spiaggia, mi toglievo le scarpe e restavo li, seduto, a fissare le onde, come un bambino estasiato. Alle mie spalle delle piccole dune di sabbia e alghe offrivano riparo nelle giornate più ventose e nascondevano alla vista le coppiette di innamorati. Poco più in la, sulle collinette ricche di macchia mediterranea si intravvedevano le case bianche coi tetti di tegole rosse tipiche della zona.
Non avevo mai parlato con nessuno del mio segreto, non volevo condividerlo con nessuno.
Semplicemente ed egoisticamente volevo tenerlo tutto per me, il mio angolo di paradiso!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

La scomparsa di Majorana, di Leonardo Sciascia

Chi era Ettore Majorana?
Alcune settimane fa mi sono imbattuto nel nome di Ettore Majorana, forse mentre leggevo la biografia di un altro fisico, Schroedinger, non ricordo di preciso. Ciò che però non posso dimenticare è l'appunto preso sulla mia agenda: Approfondire Majorana...

Così due giorni fa mentre stavo in biblioteca alla ricerca infruttuosa di un volume sui fratelli Grimm, per non andar via senza niente da leggere, ho estratto il mio taccuino e ho ritrovato quell'appunto frettoloso.
Per abbreviare le ricerche tra gli scaffali della biblioteca di Pomezia ho chiesto informazioni al banco e i bibliotecari sono stati cosi gentili da indicarmi un volumetto catalogato sotto 853.14, di Sciascia. Così, a colpo sicuro, mi sono recato al piano di sopra dove si trovano la maggior parte dei volumi ed ho individuato velocemente il mio libro: La scomparsa di Majorana.
Leonardo Sciascia ha magistralmente ripercorso la storia della scomparsa del giovane genio: Ettore Majorana.
Majorana nasce a Catania il 5 agosto 1906 e, a detta di tutti, era un genio della matematica e della fisica. Poi, un giorno, scomparve, lasciando dietro di se alcune lettere che lasciavano intendere che avesse intenzioni suicide...
Sciascia ripercorre le flebili tracce di quei giorni per poi passare all'analisi della sua vita alla ricerca di motivazioni. Perchè Majorana decise di sparire? Si suicidò realmente o semplicemente decise che il suo sapere non doveva essere condiviso col il resto dell'umanità?
Per cercare di dare una risposta occorre conoscere megli questo genio.
Majorana visse per un certo periodo a contatto con i più grandi fisici riconosciuti al mondo, Fermi il primo tra questi, eppure sembra che lui fosse non solo alla loro altezza, ma molto più innanzi...
Fermi, di lui dice:
"al mondo ci sono varie categorie di scienziati. Persone di secondo e terzo rango, che fan del loro meglio ma non vanno molto lontano. Persone di primo rango, che arrivano a scoperte di grande importanza, fondamentali per lo sviluppo della scienza. Ma poi ci sono i geni, come Galileo e Newton. Ebbene, Ettore Majorana era uno di quelli. Majorana aveva quel che nessun altro al mondo ha; sfortunatamente gli mancava quel che invece è comune trovare negli altri uomini: il semplice buon senso."
 
Con queste parole vi lascio, invitandovi a ricordare per un attimo il grande Ettore Majorana.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 2 febbraio 2014

Il mondo delle App

Cari amici, tra le tante cose che mi piacciono c'è anche l'informatica anche se non l'ho dato a vedere.
Oggi voglio fare una breve panoramica su un mondo relativamente nuovo, quello delle Apps.
Cominciamo dalla domanda più banale: cos'è una App?
Una App è una applicazione per dispositivi mobili. Il termine App è infatti l'abbreviazione di applicazione.
Le App sono dunque dei programmi che possono essere creati per consentire ai dispositivi mobili di effetturare certe operazioni.
Le prime app comparvero intorno al 2008 ad opera della Apple che creò anche un sistema di distribuzione dei prodotti chiamato Apple store. E' interessante notare che App non è solo l'abbreviazione di applicazione, ma anche di Apple!
In ogni caso, da allora molti produttori hanno iniziato a creare le proprie app e a distribuirle in parte gratuitamente ma anche a pagamento.
Ora veniamo alle cose più interessanti. La seconda domanda è la seguente:
Come si costruisce una App?
Per cercare la risposta a questa domanda qualche giorno fa sono finito su un sito del Massachusset Institute of Technology (MIT) e ho cominciato a scoprire il mondo di MIT App Inventor, un sistema on line che consente di avvicinarsi in modo semplice ed intuitivo alla programmazione di Apps.
Il sito è in inglese ma è abbastanza semplice da capire anche per chi ha poca dimestichezza con la lingua.
Ecco la prima schermata.

Si nota subito in basso a sinistra il pulsante Get Started, di colore verde.
Occorre semplicemente cliccarci sopra e farsi guidare. Niente fretta, seguite le istruzioni passo passo e poi provate a dar sfogo alla vostra fantasia. Nel giro di qualche ora sarete in grado di produrre la vostra prima App!
Buon divetimento...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

lunedì 27 gennaio 2014

Un'idea attendo

La mancanza d'idee è una brutta bestia,
terribile quasi quanto la peste e la morte.

L'unica differenza,
e non è poco,
è pur sempre la speranza
che il tempo passi e un'idea ritorni.
L'attesa talvolta è lunga
ma più è l'attesa maggiore è
la gioia al suo arrivare...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 25 gennaio 2014

La leggenda di Iside che diventa dea, dal Ramo d'oro di Frazer

Cari amici, questa sera torno ancora una volta a parlarvi del libro di Frazer, il ramo d'oro, per raccontarvi come secondo una leggenda di cui non avevo mai sentito parlare, Iside sia diventata Dea. Nella mia versione non vi è alcuna indicazione della provenienza di questo racconto ma poco importa, ecco come Frazer lo riporta quando parla dei tabù dei nomi delle divinità.
Iside era una donna abile nel parlare che era stanca di vivere nel mondo e voleva raggiungere gli dei e meditava in cuor suo di farlo in virtù del gran nome di Ra e regnare così in cielo e in terra.
          "Molti nomi infatti aveva Ra ma il gran nome, quello che gli dava potere su uomini e dei, solo lui lo conosceva. Ora, in quel tempo il dio era diventato vecchio; sbavava, e la sua saliva gocciolò sulla terra. Iside a raccolse e, col fango impregnato di saliva, modellò un serpente e lo pose sul cammino che il grande dio percorreva ogni giorno diretto, secondo il desiderio del suo cuore, al suo duplice reame. E quando giunse, secondo l'uso, accompagnato da tutti gli dei, il sacro serpente lo morse"
Il dio sentitosi mordere cominciò a gridare rivolto al cielo, e con lui gridavano tutti gli dei che lo accompagnavano. 
          "Cosa ti tormenta? Gridavano gli dei. Ho, meraviglia!
Ma lui non poteva rispondere: batteva i denti, gli tremavano le membra. il veleno scorreva nelle sue membra come il Nilo scorre sulla terra. Quando il gran dio ebbe placato il battito del suo cuore gridò al suo seguito: venite figli miei, frutto del mio corpo. Io sono principe, figlio di principe, divino seme di un dio. Mio padre ideò il mio nome, mio padre e mia madre mi diedero il mio nome, ed esso restò celato in me fin dalla nascita, così che nessun mago potesse avere su di me poteri magici. Sono uscito per ammirare ciò che ho creato, ho camminato nelle due terre che ho creato, ed ecco! Qualcosa mi ha punto. Cosa fosse non so. Era fuoco? Era acqua? Il mio cuore è in fiamme, la mia carne trema, un fremito scuote tutte le mie membra. Portatemi i figli degli dei, dalla parola che risana, dalle labbra sapienti, il cui potere raggiunge il cielo. E allora vennero a lui i figli degli dei e molto si dolevano."
Il grande Ra era veramente mal ridotto. chissà se la storia aveva un fondamento reale. Ra rappresentava il disco solare alto nel cielo... Il racconto continua con l'arrivo di Iside.
          "E venne Iside, con la sua scaltrezza, la cui bocca è colma del respiro della vita, i cui sortilegi scacciano il dolore, La cui parola fa risuscitare i morti. E disse: cos'hai padre divino? Che accade?
E il santo dio apri la bocca e disse: Andavo per la mia strada, percorrevo, secondo il desiderio del mio cuore, le due regioni che ho creato, ed ecco! Un serpente che non vidi mi morse. E' fuoco? E' acqua? Sono più gelato dell'acqua, più del fuoco ardo, sudano le mie membra, io tremo, il mio occhio si appanna, non vedo il cielo, umido è il mio volto, come d'estate.
Disse allora Iside: dimmi il tuo nome, padre divino, poiché l'uomo chiamato col tuo nome vivrà.
Rispose allora Ra: Io creai cielo e terra, io disposi le montagne, feci il grande, vasto mare, come una tenda stesi i due orizzonti. Colui io sono che apre gli occhi, ed è la luce, che li chiude, ed è tenebra. Al suo comando si innalza il Nilo, ma gli dei non conoscono il suo nome. Sono Khepri al mattino, Ra al meriggio, Atum al tramonto.
Ma il veleno non fu allontanato da lui, più a fondo, sempre più a fondo lo trafiggeva, e il grande dio non poteva più camminare.
Gli disse allora Iside: non era il tuo nome, quello che mi dicesti. Dimmelo, dunque, affinché il veleno possa allontanarsi, poiché colui il cui nome è pronunciato, vivrà.
Il veleno bruciava adesso come fuoco, era più ardente della fiamma del fuoco.
Disse il dio: consento a Iside di cercare dentro di me, e che il mio nome passi dal mio petto al suo.
E allora il dio si nascose dagli altri dei, e il suo posto nella barca dell'eternità restò vuoto.
In tal modo il nome del grande dio gli fu tolto, e Iside, la maga, parlò: Scorri via, veleno, allontanati da Ra. Io sono, proprio io, che ho vinto il veleno e l'ho gettato a terra; perché il nome del grande dio è stato strappato da lui. Che Ra viva, e che il veleno muoia.
Così disse, la grande Iside, regina degli dei, colei che conosce Ra e il suo vero nome."

E così vi lascio per oggi, in attesa di trovare qualche altro interessante spunto di riflessione.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO