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domenica 12 marzo 2017

Zoe e le altre, di Paola Carta

Chi è Zoe?
... e le altre?

Inizio a leggere il libro di Paola Carta dalla quarta di copertina, come faccio spesso, alla ricerca di informazioni sull'autore e sul libro.
Conosco poco Paola Carta, anche se è mia compaesana. La conosco come ci si conosce quando si è dello stesso paese ma non ci si è mai frequentati.
Ora, dopo aver letto il suo libro, penso di conoscerla meglio!

Zoe è la protagonista di un racconto, "Manifesto femminile". 
Zoe è una femminista (forse... ma forse non proprio femminista femminista... comunque aveva superato la fase in cui era arrabbiata con il mondo!).
Aveva condiviso le idee e le battaglie delle donne, e aveva deciso...

Paola ha lasciato il paese tanti anni fa, come ho fatto anche io e tanti altri, ma ora è tornata. 
Quali esperienze ha vissuto in questi anni?
Cosa la spinse ad andar via e perché ora è tornata?
Non credo di avere il diritto di chiederlo a lei, però posso immaginare, dal suo libro, tante cose.

Dopo la quarta di copertina sono passato all'indice... e da li a pagina 37, attirato dal titolo: "sardità".
Sarà la stessa mia "sardità"? o vi saranno differenze?
Leggo...

"Ho deciso che non dirò più le tristezze della mia terra
Ho deciso che canterò la sua bellezza
Ho deciso che non mi arrabbierò più 
perchè sempre sfruttata e schiava
illusa e tradita"

Paola Carta è tornata a Gesico, un piccolo paese della provincia di Cagliari, in Sardegna, l'Ichnusa degli antichi o Sandaliotis, Icho, Cadossene, Munivia e chissà in quali altri modi... io invece non ancora, ritornerò mai in Sardegna? Penso, sempre più spesso, che "Si", quando sarà il momento tornerò... come tanti altri prima di me. Come tanti altri dopo di me!

"I've learned that people will forget what
you said, people will forget what you did,
but people will never forget how you made
them feel".
(Maya Angelou)

Ogni parola scritta è una pietra posata nel futuro.
Ecco perchè io scrivo. Immagino che sia il pensiero di tanti scrittori, credo che sia anche il pensiero di Paola, anche se non posso esserne certo. Sicuramente era ciò che pensava Maya Angelou, alias Marguerite Ann Johnson.

Paola è stata lontana dal proprio paese per tanti anni, per studiare e per lavoro.
Ha passato anni a lavorare per ONG. Sud America, Africa, Italia... e dovunque lo stesso dolore, la stessa sofferenza, le stesse persone, uguali eppure così diverse! 
Zoe, Irene, Marina... o Paola?

Potrei continuare a descrivere ciò che ho trovato tra le pagine di "Zoe e le altre", potrei parlarvi delle esperienze di Paola, scusate, di Irene a Rio de Janeiro. Potrei parlarvi di Marina e dei suoi anziani non autosufficienti, potrei parlarvi dei sogni e del loro significato... 
ma preferisco fermarmi qui e invitarvi a leggere il suo libro, cosicché sia lei a parlarvi, direttamente, e non per interposta persona.

Buona lettura a voi e, a Paola, i miei complimenti!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 5 marzo 2017

Destinazione cervello, di Isaac Asimov

In questi giorni di riposo mi sono dedicato a censire i libri della mia biblioteca.
Quando prendevo un libro in mano per registrarne i dati essenziali, mi tornava in mente quando l'avevo letto o dove l'avevo acquistato, allora scorrevo le pagine e ne rileggevo alcuni passi.
Non so se vi è mai capitato di essere tentati di rileggere un libro. A me capita di tanto in tanto.
Risultati immagini per destinazione cervello asimovDeve trattarsi di un libro indimenticabile naturalmente e così è stato anche stavolta con "Destinazione Cervello", di Isaac Asimov.
Acquistai il libro nel 1991 e lo lessi in due o tre giorni, in estate, in Toscana, durante un soggiorno a Pisa.
La verità è che fui tratto in inganno da un libro che avevo letto alcuni anni prima, preso in prestito dalla biblioteca di Isili, il titolo era "Viaggio Allucinante", anch'esso di Isaac Asimov, ma si trattava di una trasposizione di un film.
In ogni caso, errore o meno, lessi il libro e mi affascinò.
Così, aperto il libro per leggere qualche frase delle prime pagine, mi sono ritrovato a pagina cinquanta senza quasi rendermene conto.
Ormai il lavoro di registrazione era interrotto, l'avrei ripreso il giorno dopo, o forse mai, ma avevo deciso che per ora avrei riletto il libro... e così è stato.
Si tratta di una storia ambientata in un futuro non troppo lontano in cui americani e russi si contendono il predominio nel campo scientifico.
Il nostro eroe si chiama Albert Morrison, e dell'eroe ha veramente poco. E' un neuropsichiatra che non viene preso troppo sul serio dai colleghi, per niente coraggioso, con alle spalle un matrimonio fallito e con la prospettiva di perdere il lavoro...
Nel corso di una conferenza, viene avvicinato da una scienziata russa, Natalya Boranova, esperta di miniaturizzazione, che lo invita a unirsi al suo team per aiutarla a risolvere un problema. Ne avrebbe beneficiato anche lui avendo l'occasione di dimostrare la validità delle sue teorie.
Naturalmente Alber rifiuta, più per vigliaccheria che per amor di patria, nonostante i Servizi Segreti americani, rappresentati dall'agente Rodano, gradirebbero un suo coinvolgimento per verificare a che punto siano giunti  i russi nello sviluppo del loro progetto di miniaturizzazione.
I russi, non riuscendo a convincere il nostro Albert, lo rapiscono.
Dal rapimento in poi l'azione si svolge in un laboratorio segreto dove Albert, suo malgrado, diventa compagno di avventure del team della Boranova, del quale fanno parte anche Yuri Konev, Arkady Vissarionovich Dezhnev e Sophia Kaliinin.
La missione consiste nel penetrare nel cervello del professor Shapirov, entrato in coma a seguito del fallimento di un esperimento di miniaturizzazione, per cercare di recuperare informazioni utili al perfezionamento della tecnica di miniaturizzazione.
Durante il viaggio Asimov ci fa conoscere i diversi personaggi e i loro rapporti.Ognuno di essi è, nel suo campo, un genio.
Naturalmente Asimov, da ottimo scienziato quale è, oltre che scrittore, arricchisce il suo romanzo di dettagli scientifici verosimili per cui leggendo il libro si scopre tra l'altro il funzionamento del cervello, l'organo più complesso del corpo umano.
Non mancano le sorprese, che tengono sempre il lettore attaccato al libro fino alla fine... in cui si scopre che Albert Morrison, in effetti, non è altri che...

Ma credo di aver detto anche troppo. 

Buona lettura a voi tutti!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

Erodoto e la guerra di Troia secondo i Persiani


Se si sente parlare della guerra di Troia il nostro pensiero ci porta ai ricordi che abbiamo dell’Iliade di Omero, studiata a scuola o, magari, letta per diletto o ancora vista in televisione in una delle sue innumerevoli rappresentazioni. Difficilmente si pensa ad altro che al rapimento della bellissima Elena, ad opera di Paride, figlio di Priamo, re di Troia. Elena, donna bellissima, viene rapita e condotta a Troia… il resto è cosa nota!
Scena di battaglia - immagine tratta da Wikipedia
Ma vediamo invece cosa dice Erodoto in merito. Erodoto è lo storico più famoso dell’antichità. Erodoto era di Alicarnasso, città dell'impero persiano, oggi Bodrum, in Turchia. La sua opera più importante s’intitola “Storie” e venne pubblicata intorno al 430 a.C.
Il libro inizia esattamente con la spiegazione dell'origine delle ostilità tra greci e persiani, secondo la versione di questi ultimi.
Secondo i persiani tutto ebbe inizio a causa dei fenici. Questo popolo di viaggiatori e commercianti si era da poco installato sulle rive del Mediterraneo quando un gruppo di commercianti che si trovava ad Argo rapì Io, la figlia di Inaco. Io fu condotta in Egitto.
Il rapimento di Io fu il primo di una serie che condusse alla guerra.
Più tardi, ci dice Erodoto, alcuni greci o cretesi che si trovavano a Tiro in Fenicia rapirono Europa, figlia di Agenore, con questo secondo rapimento la partita poteva considerarsi chiusa con un pareggio.
Ma i greci non si accontentarono di pareggiare i conti e rapirono Medea, la figlia del re della Colchide, Eeta. Il re mandò degli ambasciatori a chiedere indietro la figlia ma non venne soddisfatto.
Alessandro, conosciuto anche come Paride, figlio di Priamo, sentiti questi racconti e preso dalla voglia di prendersi una donna in Grecia decise di rapire Elena, moglie di Menelao, re di Sparta.
I greci mandarono ambasciatori a chiedere la restituzione della donna ma gli fu risposto che  non avendo essi restituito Medea in precedenza, non si capiva perché loro avrebbero dovuto restituire Elena.
I greci non intendevano lasciare Elena ai persiani e così mossero in armi contro di essi, guidati da Agamennone, fratello maggiore di Menelao.
Così inizia la guerra di Troia, magistralmente raccontata dal cantore cieco noto come Omero.
Erodoto non si ferma alle origini della guerra ma ci racconta anche le considerazioni dei dotti persiani in merito alla guerra, infatti per essi:
"se il rapir donne é azione da uomini ingiusti, é da stolti il prendersi pena per vendicarle; mentre é da uomini benpensanti non curarsene affatto, poiché é chiaro che, se esse non volessero, non si lascerebbero rapire."
Oggi, una frase simile non sarebbe considerata politicamente corretta, fatto sta che sia da una parte sia dall'altra questa considerazione non venne fatta. 
La guerra venne disputata, Troia fu distrutta e i Persiani da allora iniziarono a considerare i greci come nemici!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

mercoledì 22 febbraio 2017

Sofia, l'antica Sardica

Sofia, la capitale della Bulgaria, è una grande città che un tempo si chiamava Sardica (in alcuni casi anche Serdica).
Il nome lascia pensare alla Sardegna e alla sua popolazione, i Sardi.
In antichità esisteva anche un'altra città, chiamata Sardi, ma questa si trovava nell'odierna Turchia. Intorno al VII secolo a.C. Sardi era la capitale della Lidia.
Anch'essa, dal nome potrebbe avere qualche riferimento con la Sardegna.

Nei testi antichi greci si parla di colonizzazione della Sardegna e creazione di colonie.

In alcuni testi si fa riferimento al fatto che i Sassaresi discendono dai Tatari.

Cosa c'è di vero in tutto ciò?

Forse non lo sapremo mai... sta di fatto che gli stessi Tirreni, gli antichi abitanti dell'Italia, in alcuni testi sono chiamati Turreni, ovvero costruttori di torri.
E se si guarda in giro in Sardegna, di torri ve ne sono fin troppe! Le torri nuragiche...
Ora date uno sguardo allo stemma di Sofia, l'antica Sardica qui sotto:



 Sarà un caso la presenza delle torri e soprattutto della testa coronata da torri?
Ricorda molto quella a tutti nota come serie Siracusana, in cui c'era l'immagine dell'Italia Turrita:


Ebbene, forse occorre approfondire le relazioni tra la Sardegna e i popoli che costruirono Sardica.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 11 febbraio 2017

Roma - Museo Napoleonico

Oggi è una bella giornata, adatta ad una passeggiata lungo il Tevere e, magari la visita di un museo.
Decidiamo così di vedere il Museo Napoleonico, che si trova di fronte alla Corte di Cassazione.
Lungo la strada ammiriamo la chiesa del Sacro cuore di Gesù in Prati 



e il palazzo della Cassazione.


Ma eccoci arrivati al museo. 
L'ingresso è gratuito. 
Quando entriamo ci troviamo circondati da quadri e mobili che ricordano la magnificenza di una delle famiglie più potenti dell'Europa dell'800: i Bonaparte.

Osservando i quadri, vien da pensare alla grandezza della Francia ma anche a come, dovunque Napoleone andasse, l'arte veniva saccheggiata! 
Napoleone arricchì le collezioni del Louvre senza farsi alcuno scrupolo. Non solo l'Egitto fu suo territorio di caccia, ma anche Roma.
Questa incisione del 1797 di Jean-Jérome Beaujean immortala la partenza delle opere d'arte di Roma per il museo Nazionale di Parigi.


Passeggiando per le stanze ci si rende conto di quanto sia facile dimenticare.
Duecento anni sono niente nella storia dell'uomo, eppure è facile dimenticare cosa accadeva duecento anni fa in Europa. Come è altrettanto facile dimenticare che allora l'Italia era una entità geografica ma non politica.
Napoli era un regno e il suo Re fu, per alcuni anni, un certo Murat, generale francese, cognato di Napoleone.


Napoleone imperatore, diviene anche Re di Roma, dopo lo scontro con il papa Pio VII, da lui imprigionato.
Bartolomeo Pinelli rappresenta, con questo disegno, il Tevere personificato che consegna all'aquila imperiale le armi per il Re di Roma, Napoleone.

 
Ma la fortuna dell'imperatore giunge al termine e viene esiliato prima sull'isola d'Elba e poi, nel 1815, definitivamente sull'Isola di Sant'Elena, nell'Oceano Atlantico, dove dal 1815 al 1821 Napoleone vivrà in esilio.
La sua fine è rappresentata in questo quadro:


Il Museo è un piccolo gioiello, se paragonato ai Musei romani, ma merita sicuramente una visita, anche perchè in questi giorni è possibile ammirare una mostra di micromosaici veramente stupendi, tra cui questo paesaggio dei templi di Paestum.


Napoleone, arcigno, forse deluso per i tradimenti che subì, vi saluta!



Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

Sul significato di "vello d'oro", da Strabone

La lettura della Geografia di Strabone riserva ogni giorno nuove sorprese.
Nel libro XI, che parla dell'Asia, vi è una piccola par
te in cui accenna al significato del "vello d'oro".
Si parla nel capitolo II della Colchide.
Strabone accenna al fatto che Giasone e prima di lui Frixos, conquistarono quei territori (o per lo meno li raggiunsero).
La Colchide da sul mare (il Mar Nero) e una delle sue città si chiamava Dioskourias. Tra le popolazioni di Dioskourias ve n'era una chiamata dei "Mangiapidocchi, così chiamati per la loro squallida sporcizia".
Ma la popolazione regnante è quella dei Soanes, non da meno dei Mangiapidocchi in quanto a sporcizia, ma più potenti.
I Soanes regnano sul territorio anche grazie alle ricchezze della regione. Strabone dice infatti che i fiumi della zona erano ricchi d'oro che veniva raccolto "per mezzo di mangiatoie bucate e pelli villose. Da questo fatto deriverebbe il mito del vello d'oro".

Strabone aggiunge che forse a causa dell'oro questi popoli sono conosciuti anche come Iberi e il territorio come Iberia, similmente all'Iberia occidentale (Spagna) che allo stesso modo possiede miniere d'oro.

Ringrazio Strabone per le informazioni che se non altro soddisfano la mia curiosità di tanti anni di letture!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO  

venerdì 10 febbraio 2017

La stirpe guerriera delle Amazzoni, da Strabone

Chi erano le Amazzoni, la mitica stirpe di donne guerriere?
Lo chiediamo a Strabone, il "Geografo". 
Strabone, nato ad Amasea nel Ponto (l'attuale Amasya, in Turchia), visse tra il 64 a.C. e il 24 d.C., geografo e storico, è conosciuto per la sua opera principale, la "Geografia", in 17 libri. 
Il libro XI tratta dell'Asia ed è qui che nel V capitolo troviamo l'oggetto della nostra curiosità: le Amazzoni.

"Sui monti sopra l'Albania dicono che abbiano dimora anche le Amazzoni..." 

Quando Strabone parla dell'Albania, non parla dello stato che noi conosciamo. Per Albania intende infatti una antica nazione posta tra l'Armenia e il Mar Caspio.

Le Amazzoni, una stirpe di sole donne, si occupavano, dice Strabone, di tutte le attività necessarie alla vita, dall'agricoltura alla pastorizia (tra cui principalmente all'allevamento dei cavalli), dalla caccia alla guerra.

"... le più gagliarde farebbero grandi cacce e si eserciterebbero nelle arti guerresche..."

Questo, almeno, a detta di quegli storici più antichi che le hanno conosciute.

Le Amazzoni, sin da piccole provvedevano a cauterizzare il seno destro per evitare di avere impedimenti nell'uso delle armi, in particolare nel lancio del giavellotto. Ma usavano anche l'arco, la "sagaris" (ascia bipenne scitica) e la "pelta" (uno scudo leggero). Usavano inoltre le pelli degli animali per produrre ciò che poteva occorrere.
La sopravvivenza della specie era garantita dalla vicinanza con la popolazione di soli uomini chiamata Gargareis, che abitava li vicino. 
Nei mesi di primavera, le Amazzoni lascerebbero la loro terra per salire sui monti di Tuono, nel Caucaso, dove, nello stesso periodo, si recavano i Gargareis, secondo una usanza antica: "... e insieme alle donne fanno sacrifici e si accoppiano allo scopo di prolificare. In segreto, e al buio, ognuno prende quella che capita, e quando le hanno messe incinte, le mandano via. Se partoriscono una femmina, le donne la tengono con loro, mentre portano i maschi agli uomini perchè li allevino, e ciascuno, ignorando come siano andate le cose, adotta il singolo bimbo, ritenendolo come suo figlio."

Strabone ci dice inoltre che le Amazzoni e i Gargareis provenivano da Themiskyra. 
Tra Amazzoni e Gargareis scoppiò una guerra. 
Al termine della guerra le due tribù si accordarono per vivere separatamente e stabilirono le regole suddette, limitando i loro rapporti alla procreazione.

Strabone racconta nel suo libro quanto ha letto o sentito sulle Amazzoni, esprimendo il suo parere su queste storie antiche e fantastiche: 

"... chi crederebbe che un esercito, una città o una nazione di donne, possa sopravvivere senza uomini?"

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO