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domenica 11 settembre 2016

Il papiro dei Re di Torino, considerazioni intorno al sistema de' numeri presso gli antichi egiziani

Ho appena terminato di leggere un saggio/lettera del Cavaliere Giulio di S. Quintino, "Sopra il sistema de' numeri presso gli antichi egiziani" pubblicato il 15 gennaio 1825, inviata all'Abate Giovan Battista Zannoni.
Avendolo trovato molto interessante e non avendo mai sentito prima parlare di ciò, ho ritenuto importante scrivere alcune righe per ricordarlo.
Il Cavalier Giulio di S.Quintino era allora conservatore presso il Museo Egizio di S.M. il Re di Sardegna, in Torino, mentre l'Abate era segretario della Reale Accademia della Crusca e Regio antiquario nell'I. e R galleria di Firenze.
L'oggetto della lettera/saggio, come traspare dal titolo, è il sistema numerale degli Egizi.
Il Cavaliere spiega di essersi avvalso, per i suoi studi, di contratti demotici e registri ieratici "pieni in ogni loro parte di date e di quantità numerali" ma, più utili sono stati per lui "i miseri avanzi di un antico codice cronologico egiziano che presso di noi pure si conserva, ridotto però dal tempo, in centinaia di frammenti".
Il Cav. ci parla dunque di un codice cronologico antico e molto rovinato. Aggiunge che il primo a visitare e studiare il codice fu Champollion il minore. Sulla base dell'analisi del codice, Champollion pubblicò diversi articoli sui giornali d'oltralpe, definendo il papiro "un vero canone reale fatto a somiglianza di quello di Manetone; come un tesoro per la storia, di cui non si potrà mai deplorare abbastanza la perdita per ciò che ne manca; come un'appendice inestimabile alla celebre tavola genealogica d'Abydos, e contenente una serie di oltre cento Monarchi egiziani".
Una notizia interessante senza dubbio, per quei tempi di sicuro, trattandosi di una scoperta che aggiungeva almeno cento Re a quelli allora noti. Sicuramente Champollion utilizzò questi dati nella sua cronologia, facendo risalire i faraoni più antichi anche al 6.000 a.C., per Champollion il Re Menes, capostipite della Prima dinastia, unificò alto e basso Egitto nel 5867 a.C.. Attualmente si ritiene che Menes abbia regnato intorno all'anno 3000 a.C., ma siamo sicuri che le datazioni odierne siano corrette? 
Vediamo cosa ci dice ancora il Cavaliere Giulio di S. Quintino.
"Ora egli è evidente che aggiungendo quei settecento od ottocento anni, all'anno millequattrocento settanta tre avanti l'era volgare, nel quale, con molta ragione, si crede dagli eruditi che il Re Sesostri abbia cominciato a regnare, noi saremo trasportati, dalla sola tavola d'Abydos oltre i tempi d'Abramo, in un'epoca già assai vicina al diluvio, secondo la cronologia de' libri Santi.
Come si può vedere chiaramente, l'autore è preoccupato di non andare in contrasto con la cronologia ufficiale riconosciuta dalla chiesa. Il periodo di 700 o 800 anni, riferito ad un centinaio di Faraoni è chiaramente sottostimato, potendosi più realisticamente valutare, a mio parere, in almeno 2000 anni.
Ma non è tutto, infatti poco più avanti si dice: "Eppure Ella dee sapere, sig. Abate pregiatissimo, che i nomi dei Faraoni che si trovano sparsi in quei frammenti sono veramente assai più di cento; io stesso ne ho riscontrato più di dugento; ed è cosa probabilissima che nell'intiero papiro il loro numero fosse anche maggiore...".
Ciò potrebbe significare aggiungere non 2000 anni ma piuttosto almeno 4000!
Riportando così l'epoca dei primi faraoni almeno al 5000/6000 a.C. ovvero ai tempi indicati da Champollion. 
Ma allora cosa spinge i nostri studiosi a porre molto più vicino nel tempo l'alba dell'Egitto?
Non penso che oggi si tratti di rispetto per la cronologia biblica ma non ne capisco il reale motivo.
Proseguendo la lettera, il Cavaliere avanza delle ipotesi più che credibili:
"Questo nostro canone cronologico tanto celebrato non sarebbe egli mai per avventura quello stesso codice nel quale erano registrati i 340 Re, i quali secondo ciò che i sacerdoti di Tebe voleano far credere ad Erodoto (Erodoto, II, 142) tennero lo scettro di Egitto per lo spazio di undicimila trecento e quaranta anni, da Menes, loro primo Monarca fino a Sethos Re e sacerdote di Vulcano?"
In effetti conoscevo già la storia di Erodoto e non ho mai capito per quale motivo i nostri storici non abbiano mai preso la cosa sul serio. Anche nel Timeo di Platone si fa riferimento all'antichità dell'Egitto ma per i nostri scienziati e storici gli Egizi non possono aver creato un regno sopravvissuto per più di 3000 anni!
Il Cavaliere prosegue dicendo che il codice riportava, per ogni Faraone, il nome, il periodo del suo regno  in anni, mesi e giorni "con estrema precisione". 
Riconosce pure lui che una serie di duecento sovrani non poteva non abbracciare un periodo di tempo inferiore ai trenta o quaranta secoli. Dice inoltre che gli elenchi furono trovati somiglianti a quelli di Manetone, per inciso altro autore non tenuto in considerazione dagli storici.
A questo punto sembra che il Cavaliere Giulio di S. Quintino si ricordi che sta scrivendo ad un Abate e ritorna a parlare del suo studio sul sistema numerale, professando anzi la sua contrarietà all'approfondire lo studio della successione dei Monarchi: "Abbandonai quindi al suo destino tutta quella turba disordinata di Faraoni, nascosti sotto il velo di oscuri prenomi per lo più mutilati; perchè com'ella può credere, non mi vanno punto a genio sì fatti antichi documenti cronologici, che non so trovar modi di conciliare facilmente coi testi delle scritture sante, ed in particolare colle otto generazioni che precedettero, dopo il diluvio, la nascita d'Abramo (Genesi XI)".
Ecco, così il Cavaliere abiura al suo ruolo di uomo di scienza per prostrarsi di fronte all'uomo di chiesa!
Questa, forse, la sua unica preoccupazione: che qualcuno possa comprendere che nel papiro si parli di tempi antecedenti allo stesso Adamo: "Pericolo è che tale papiro possa contribuire segretamente a distruggere l'infallibilità della sacra storia scritta da Mosè".
Non credo di dover aggiungere altro!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 30 luglio 2016

Il libro delle Piramidi, di C.W. Ceram

Tempo addietro, abitavo allora ad Aprilia, mi capitò di passare nei pressi di uno scaffale all'uscita di un grande centro commerciale. Sullo scaffale, pieno di libri usati, c'era scritto: "Libri randagi"; vi era inoltre una specie di regolamento che incitava a prendere un libro da leggere e portarne qualcun' altro in cambio per consentire così la diffusione della cultura.
Incuriosito, mi fermai e diedi una scorsa ai titoli, fermandomi talvolta e poi ripartendo insoddisfatto. La maggior parte dei libri infatti erano in cattive condizioni e trattavano argomenti non di mio interesse. Poi, verso la fine, quando scoraggiato stavo per andar via senza aver preso niente, dietro una fila di romanzi rosa apparve un libriccino: Il libro delle piramidi, di Ceram.
Presi il libro e lo adottai.
Da allora son passati diversi anni (dieci? dodici?) e diverse letture mi hanno portato ad approfondire la storia antica in generale eppure, anche questa estate, scorrendo i libri della mia libreria non ho saputo resistere all'attrazione e ho riletto, per la terza volta, questo piccolo libro adottato.
Naturalmente, come tutti i miei libri, è pieno di note e appunti fatti a mano, sottolineature e orecchie: insomma, è un libro vissuto.
Questo libriccino racconta la storia di una grande avventura: la scoperta dell'archeologia in Egitto. Ceram (ovvero Marek, se vogliamo usare il vero nome dell'autore) parte da Napoleone e la sua conquista dell'Egitto per raccontare come l'Europa ha riscoperto un mondo favoloso e dimenticato.
"Parigi pesa su di me come una cappa di piombo! La vostra Europa è una collina di talpe! Solo in Oriente, dove vivono seicento milioni di uomini, possono essere fondati grandi regni e organizzate grandi rivoluzioni!", queste le parole di Napoleone. Il 19 maggio 1798 Napoleone parte da Tolone alla volta dell'Egitto. 
L'Egitto doveva essere la prima tappa per le Indie ma napoleone deve scontrarsi prima con l'esercito dei Mamelucchi guidato da Murad bey e poi con la flotta di Nelson. Seguirono un anno di battaglie fino a che Napoleone decide di rientrare in Europa, il suo esercito non è più in grado di proseguire.
La spedizione militare è fallita, ma non si può dire che Napoleone torni in Europa a mani vuote.
Assieme alle truppe Napoleone portò in Egitto centosettantacinque scienziati civili, forniti di una intera biblioteca sull'Egitto e degli strumenti necessari a fare rilievi e misurazioni. Tra questi vi era Dominique Vivant Denon, disegnatore, diplomatico e direttore generale di tutti  i musei di Francia. 
Denon era stato aggregato alle truppe del Generale Desaix che inseguì Murad bey mentre questi fuggendo si addentrava nell'alto Egitto.  Durante tutto il periodo visse frugalmente come le truppe e il suo unico interesse fu quello di disegnare, qualunque scena che a lui paresse interessante veniva immortalata. Tra i suoi disegni naturalmente non mancarono i geroglifici e i principali monumenti archeologici incontrati durante le lunghe giornate di marcia. Tra gli oggetti raccolti durante la marcia vi fu una stele in basalto nero contenente una iscrizione trilingue, la ormai famosa stele di Rosetta. Al rientro in Francia Denon pubblicò il suo racconto di viaggio illustrato: Voyage dans la Haute et la basse Egypte.
Mentre scrivo rileggo i passi principali e mi vien voglia di rileggerlo ancora una volta tanto è scritto bene ed interessante.
Ceram prosegue il suo racconto citando i passi dei testi antichi in cui si parla del regno dei faraoni per passare poi a colui il quale dobbiamo la decifrazione dei geroglifici, Champollion. La sua fu un'impresa che solo un genio poteva portare a termine.
Poi è la volta dei principali esploratori dell'Egitto, Belzoni, l'ialiano raccoglitore; Lepsius, il tedesco ordinatore; Mariette, il francese conservatore ed infine Petrie, l'Inglese misuratore e interprete.
L'Egitto è un museo a cielo aperto e la storia dei ritrovamenti può essere assimilata ad un grande romanzo in cui i personaggi percorrono millenni di storia per arrivare fino ai nostri giorni spesso completamente dimenticati. Ceram è uno di quegli uomini che, con i suoi libri ha permesso all'Egitto di continuare a vivere. 
In definitiva, il libro delle piramidi è un libro che non può mancare nella propria biblioteca.

Buona lettura.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

mercoledì 16 maggio 2012

Plinio il vecchio: il bue Api

Come ho accennato brevemente nel precedente post su Plinio il vecchio, la Naturalis Historia è una enciclopedia del sapere del tempo; un testo molto interessante. Tra le cose degne di nota, nel Libro VIII - paragrafo LXXI si parla del bue Api e delle usanze egizie, ma sentiamo cosa dice Plinio:
           "Un bue in Egitto viene adorato addirittura come un dio, gli egiziani lo chiamano Api. Come segno distintivo ha una macchia biancastra sul fianco destro, che ricorda i corni della luna crescente ed ha inoltre un nodulo sotto la lingua chiamato 'cantaro'.
Non è permesso dalla loro religione che egli viva oltre un certo numero di anni e lo sopprimono immergendolo nella fontana dei sacerdoti e durante questo periodo di lutto, cercano un altro bue che possa sostituirlo e finchè non l'hanno trovato si mostrano molto addolorati ed esprimono la loro mestizia radendosi il capo; ma la loro ricerca non dura mai troppo a lungo."
Devo dire che è la prima volta che sento dire che il bue Api venisse. Non so se sia vero ed in ogni caso non ne conosco il motivo. Ma andiamo avanti:
           "Quando l'hanno trovato, viene accompagnato a Memfi da un seguito di cento sacerdoti. Ha due templi che chiamano 'talami' dove il popolo si raccoglie per i presagi: se Api entra nel primo tempio, ciò è di buon auspicio, se invece entra in quell'altro, allora il futuro porterà gravi sciagure. Ma il bue dà responsi anche a singole persone, prendendo il cibo dalle mani di chi lo consulta. Respinse la mano di Germanico, il quale fu ucciso poco dopo. Abitualmente lo tengono segregato, ma quando appare in pubblico, avanza scortato dai littori che respingono la ressa della gente ed è accompagnato da frotte di bambini che cantano inni in suo onore; sembra che il bue capisca queste manifestazioni e voglia essere adorato. Queste schiere di fanciulli, all'improvviso, come se fossero invasati profetizzano l'avvenire. Una volta all'anno viene presentata ad Api una vacca che porta sul corpo i suoi segni distintivi, sebbene diversi nella forma, la quale, così dicono, viene uccisa nel medesimo giorno in cui è stata trovata. Nella zona di Memfi, c'è una località sul Nilo, che per la sua conformazione viene chiamata 'Fiala'; ogni anno gli egiziani immergono nel fiume una coppa d'oro ed una d'argento, nei giorni in cui festeggiano il compleanno di Api. Questi giorni sono sette, durante i quali - fatto veramente straordinario - nessuno viene assalito dai coccodrilli, ma all'ottavo giorno dopo l'ora sesta ritorna in quelle belve la loro consueta ferocia."
E così termina il paragrafo relativo al dio Api.
Spero di trovare ulteriori notizie su questo argomento... e sono sicuro di trovarle in Manetone, vi terrò informati. Ma per oggi è tutto!
 A presto.

sabato 19 febbraio 2011

Ammiano Marcellino e i geroglifici dell'obelisco di San Giovanni Laterano


Storie, di Ammiano Marcellino, é una fonte inesauribile di curiosità... peccato che non si possa più disporre dell'intera opera.
Oggi vi propongo un passo di sicuro interesse per tutti coloro che amano l'Egitto, i geroglifici e la storia antica.
Il passo è tratto dal libro XVII, 4 e parla degli obelischi che dall'Egitto sono stati portati via per abbellire altre città, tra queste Roma.
Ammiano ci racconta che uno di questi immensi obelischi fu trasportato a Roma e poi innalzato nel Circo Massimo. Di questo obelisco, oggi a fianco di San Giovanni in Laterano, Ammiano riporta la traduzione in greco secondo l'interpretazione di Ermapione.
Così ho pensato che questa interpretazione, seppure da alcuni considerata imprecisa, per la sua antichità meriti di essere condivisa.

Lato sud:
Riga prima:
Il sole dice al re Ramestes: ho concesso a te, che sei amato dal Sole, di regnare con gioia su tutto il mondo abitato. Apollo potente ed amante della verità, figlio di Erone, divino creatore dell'universo, che il Sole scelse, il re Ramestes, valoroso figlio di Ares, a cui è sottoposta tutta la terra grazie al suo valore ed alla sua audacia. Il re Ramestes figlio del Sole, dall'eterna vita.
Riga seconda:
Apollo potente, il quale si erge sulla verità, signore del diadema, che tutti considerano padrone dell'Egitto, il quale ha reso splendida Eliopoli, ed ha creato il resto dell'universo e che ha molto onoratogli dei collocati in Eliopoli, che il Sole ama.
Riga terza:
Apollo potente, figlio splendente del Sole, che il sole scelse ed Ares valoroso fornì di doni. I suoi beni durano in ogni tempo ed Ammone lo ama, riempiendo il tempio dei frutti della palma. A lui gli dei donarono il tempo della vita.
Apollo potente, figlio di Erone, Ramestes sovrano dell'universo, che difese l'Egitto vincendo i popoli stranieri, che Elio ama, a cui gli dei donarono molto tempo di vita. Ramestes signore dell'universo, dall'eterna vita.

Lato Ovest:
La prima riga non è riportata.
Riga seconda:
Il dio Sole, grande Signore del cielo. Ti ho concesso una vita dalla durata imprevedibile. Apollo potente, incomparabile signore del diadema, che ha eretto le statue degli dei in questo regno, dominatore dell'Egitto, ed adornò Eliopoli in maniera eguale al Sole, signore del cielo. Compì un'opera buona il figlio del Sole, il re dell'eterna vita.
Riga terza:
Il dio Sole, signore del cielo, al re Ramestes. Ti ho concesso la potenza ed il dominio su tutti. Lui Apollo, amante della verità, signore dei tempi, ed Efesto, padre degli dei, scelse per causa di Ares. Re lietissimo, figlio del Sole ed amato dal Sole.

Lato Est:
Riga prima:
Il grande dio di Eliopoli, il celeste e potente Apollo, figlio di Erone, che il Sole amò, che gli dei onorarono, sovrano di tutta la terra, che il Sole scelse, il re valoroso per causa di Ares, che Ammone ama. E lo splendente avendo dichiarato eterno re...

Purtroppo Ammiano non riporta il resto.

Alla prossima!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO