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Visualizzazione post con etichetta Tradizioni popolari della Sardegna. Mostra tutti i post
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domenica 22 febbraio 2009

Tradizioni popolari: su carru de sa Motti

Questa mattina, frugando tra le tante cose che ho scritto, alla ricerca di qualche incompiuto da completare, ho trovato questo piccolo pezzo di tradizioni popolari che non avevo ancora pubblicato sul blog.

Così, ecco a voi "Su carru 'e sa motti!

Un tempo, per vivere, bisognava inventarsi il lavoro e qualcuno più furbo degli altri, e con pochi scrupoli, riusciva a sfruttare a proprio vantaggio, la paura dei compaesani.

Questa storia mi é stata raccontata in uno dei pochi momenti in cui ci si ritrova in famiglia, durante una notte di temporale.
Seduti di fronte al caminetto, nel quale arde un fuoco che colora di rosso pallido la cucina, la televisione spenta per mancanza di corrente elettrica, il più anziano, mio suocero, torna indietro nel tempo e racconta ciò che tante volte da bambino aveva sentito raccontare.

Tanto tempo fa, la morte di una persona veniva annunciata dal passaggio di un carro molto particolare: “su carru de sa Motti”.

Le parole gli escono di bocca come se la leggenda fosse ormai parte di lui, non ci sono bambini piccoli, ma a noi sembra di essere piccoli, forse qualcuno ha anche paura, o forse é semplicemente l’atmosfera che si é creata intorno al camino, fatto sta che qualcuno sentiva dei brividi anche se non c’era freddo.

Era facile capire quando passava il carro dal frastuono che si sentiva, come di catene trascinate sulle pietre.

Quando passava il carro, tutto il paese aveva paura e nessuno si azzardava a mettere il naso fuori dalla porta.

Ogni notte la stessa storia, tra la mezzanotte e l’una, fino alla morte del malcapitato.
Dopo la morte del malato il carro non passava più.

Il carro della morte non era altro che l’invenzione di alcuni intraprendenti ladri che, bene informati sullo stato di salute dei paesani, approfittavano della loro buona fede per rubare qualcosa con cui vivere.
Attrezzato un carro con pesanti catene, giravano la notte sulle strade in selciato , nei pressi delle case in cui si sapeva che vi era qualche malato in fin di vita.
Così si creò la brutta fama di annunciare la morte delle persone.
Qualche volta é capitato che il carro si facesse sentire in una zona in cui non c’era nessun malato e, in quelle rare occasioni tutti temevano per la propria vita e si rinchiudevano nelle loro case.
Per i ladri diventava abbastanza semplice compiere i loro furti e dileguarsi in quanto nessuno usciva dalla propria casa neanche se sentiva dei rumori in cortile.
La mattina dopo qualcuno si rendeva conto del furto nel granaio o della sparizione di qualche forma di formaggio, ma il commento era sempre lo stesso:

"Mellusu a ‘ndai furau cussu di essi mottu unu de famillia”
Meglio che sia stata rubata quella roba, che non la morte di qualcuno di famiglia!

Il ritorno della energia elettrica spezza quell’incantesimo che ci aveva tenuti tutti intorno al caminetto e così ci alziamo dalle sedie, qualcuno, senza farci caso, accende la televisione ed io mi auguro che arrivi presto un nuovo temporale...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

giovedì 16 ottobre 2008

Gesico: sagra di Sant'Amatore

Cari amici e lettori,
questo fine settimana non avete niente da fare?
Se siete in Sardegna potete recarvi a Gesico, SS 128, tra Suelli e Mandas.
Perché dovreste farlo?
Beh, di motivi potrebbero essercene diversi...
In primo luogo vi è una delle sagre più popolari, la sagra di Sant'Amatore...
La tradizione vuole che il venerdì il Santo venga portato in processione dalla parrocchia di santa Giusta alla chiesa di Sant'Amatore.
Un tempo era l'occasione per acquistare tutta l'attrezzatura occorrente ai pastori. Ancora oggi si possono acquistare campanacci,esti 'e peddi (tipico vestito dei pastori), bettua (bisaccia), coltelli sardi...
Per gli amanti del mangiare è possibile trovare carne e pesci arrosto, il miglior torrone e il sabato potrete partecipare alla sagra delle lumache.
Volete un consiglio?
Se vi trovate a passare a Gesico fateci un salto... tempo permettendo potrete passare una giornata diversa dal solito!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 11 ottobre 2008

Ricordi di Sorso: Bona notte e fine d'anno...

Ogni pezzetto di storia della Sardegna, come le sue tradizioni popolari, i racconti e le filastrocche, rischiano ogni giorno di scomparire, travolte dalle nuove lingue e dalla quasi totale mancanza di interesse da parte delle scuole nei confronti di una lingua antica come il Sardo...
Così, per me, ogni occasione è buona per rievocare quei pochi ricordi che ancora restano di una società antica e quasi sconosciuta.
Anche una giornata al mare può trasformarsi in una caccia al tesoro, dove il tesoro è una vecchia filastrocca recitata, o meglio cantata, dai ragazzi nella notte di fine anno per cercare di raccogliere qualche dolce...
Ma, se siete arrivati fino a qui, lasciatemi raccontare tutto dall'inizio...
Tra un bagno e l'altro nello splendido mare di Porto Torres, io e Gavino chiacchieriamo del più e del meno. Si parla di politica e di come le cose vadano male, della mancanza di serietà generalizzata, della scarsa fiducia nel futuro e del fatto che i giovani non conoscono più la lingua sarda e le tradizioni popolari.
Gavino, é lui il conoscitore delle tradizioni di Sorso, mi chiede se avessi mai sentito la filastrocca "Cantemu la cariga, bona notte e fine d'anno", una filastrocca del suo paese.
"Mai sentita", gli dico... e così, nel suo dialetto che per me è quasi incomprensibile, Gavino inizia a recitare la filastrocca, con qualche incertezza visto quanto tempo è passato da quando ragazzino la sentiva e magari la recitava lui stesso!
"Laudemo li padroni
seddu semmu pizzinne minori
già vavemus bettula..."
Come?!?
Non ti capisco... dico io, tanto il dialetto è diverso...
Te la traduco dopo... ma non ricordo tutto... dice Gavino. E va avanti.
Forse non è proprio così... ma il senso è questo...
"Non fa niente, racconta ciò che ti ricordi... vedrai che ti verrà in mente mentre parli" dico io...
"Semu giunti a la su gianna
pa pudezzi cumprendini
chi la notti di Santu Silvestru
se illiarada mamma..."
Ma cosa significa? Domando io...
Fammi finire...
"i a fattu una pizzinna manna manna manna
in cantiddai
si la cariga zi dazzi
noi bire ringraziemo..."
Poi Gavino si ferma...
pensa, ripete, riflette, cerca di trovare nella memoria le parole sentite tante volte, ma troppo tempo addietro...
Allora mi dice, "aspetta un attimo... " vediamo se gli altri la conoscono...
Così inizia la caccia al tesoro, prima tra gli amici dello scoglio, poi, dopo aver chiesto il giro senza troppo successo, decide di chiamare al telefono la cugina forse lei sa qualcosa di più...
Dopo qualche telefonata Gavino mi dice che esiste un libro con le tradizioni di Sorso, la sera cercherà di trovarlo in paese... Speriamo!
Il giorno dopo Gavino mi aggiorna sulla caccia al libro e mi ripete la filastrocca... ora più lunga perchè frutto di discussioni con gli amici e conoscenti del paese di Sorso... purtroppo del libro ancora nessuna traccia... ma la filastrocca comincia a prender forma.
Qualche giorno dopo finalmente, ecco di nuovo Gavino, ha trovato il tesoro, la filastrocca per intero, raccolta e pubblicata da Andrea Pilo nel libro "Ammenti di la vidda di tandu" (Ricordi della vita di un tempo) Ed. Democratica Sarda. Grazie...
Ecco la filastrocca, per intero, mi dice Gavino... e mentre comincia a recitarla me la traduce...
Il titolo era "Fini d'annu"
"Bona notti e fini d'annu laudemmu li padroni,
(Buona notte e fine d'anno ringraziamo i padroni)
semmu pizzinni minori e pusthemmu besthura manna
(siamo ragazzi piccoli ma abbiamo bisaccia grande)
semmu giunti a la so giann pà pudezzi cumprindì
(siamo venuti alla sua porta per poterci capire)
e semmu giunti pa dilli lu fattu chi z'è suzzessu
(siamo venuti per dirgli il fatto che è successo)
la notti di Santu Silvesthru s'è illiarada mamma
(la notte di San Silvestro si è sgravata mamma)
e ha fattu una pizzinna manna, manna manna in cantiddai
(ed ha partorito una bambina grande davvero grande)
si vò a dinniri assai zi priparia li frisciori
(se vuole saperne di più ci prepari le frittelle)
e noi zi n'andemmu sori, sori sori in santa pazi
(e noi ce ne andiamo soli soli in santa pace)
si la cariga zi dazi noi la ringraziemmu
(se ci dà i fichi secchi noi la ringraziamo)
cumenti abemmu fattu tandu bona notti e fini d'annu
(come abbiamo fatto allora buona notte e fine d'anno)
si la canzoni è finidda n'aggiugnimmu asthri e tre muti
(se la canzone é finita aggiungiamo altri tre versi)
andiani bé li frutti e li passoni di casa
(vada bene il raccolto e le persone di casa)
e li baggianeddi iposi e li cuiuaddhi diciosi.
(e le fanciulle spose e gli sposati felici).

Ed è uno spettacolo sentirlo parlare un dialetto antico, diverso dal mio ma talvolta uguale...
Ed è uno spettacolo aver recuperato dalla memoria, questa volta con l'aiuto di un libro, un pezzo delle tradizioni di Sorso!

Gavino USAI e Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO