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domenica 5 febbraio 2017

Gesico: chiesa di Santa Giusta

La chiesa di Santa Giusta, chiesa parrocchiale del comune di Gesico, è una bella chiesa costruita intorno al 1500.
 
Ecco alcune foto scattate pochi giorni fa.


Facciata e campanile



Pala d'altare in legno



Veduta d'insieme

l'altare

Pulpito



San Sebastiano

Sant'Amatore

Crocifisso in legno

L'altare
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

giovedì 3 luglio 2014

Su goppai miu de Casteddu (Il mio compare di Cagliari)

Ancora si raccontano, a Gesico, storielle antiche che parlano dell'ingenuità delle persone umili.
Eccone una, raccontata da mia nonna Annunziata Carboni, che la cara zia Nina pochi giorni fa ha riportato alla mia memoria.

Un signore deve mandare un dono ad un compare che abita a Cagliari.
Siamo negli anni '50.
Chiama la domestica e le dice: "Porta custu presenti a goppai Luigi".
     (Porta questo regalo a compare Luigi)
La ragazza, un po preoccupata risponde: "Sissignore, ma in dui dia deppi pottai?"
     (Sissignore, ma dove lo devo portare?)
"A Casteddu 'ndui bivvidi su goppai miu!"
     (A Cagliari, dove vive compare Luigi)
"A Casteddu?" Risponde la domestica.
     (A Cagliari?)
"Ma su merixeddu miu caru, deu non mi sciu giostrai beni in Casteddu, ma bandu cun d'una amiga mia cara, issa esti prusu acculturada de mei".
     (Ma, padroncino mio caro, io non mi so giostrare bene a Cagliari, ma vado con una mia amica che è più acculturata)
Così le due ragazze partono per la città.
Una volta arrivate, la ragazza più sveglia chiede all'altra quale fosse l'indirizzo.
La domestica risponde: "Su merixeddu m'a nau de bussai e domandai de goppai Luigi"
      (Il padroncino mi ha detto di bussare e chiedere di compare Luigi)
Così le due ragazze bussano alla prima porta che trovano.
- "Cosa volete?" Risponde una voce da dietro la porta chiusa.
"Esti vi signoria goppai Luigi?" Dicono timidamente le due ragazze paesane.
      (E' Lei compare Luigi?)
- Andate via, puttane zozze! Risponde una voce dall'interno scambiandole per donne di malaffare.
Le ragazze, capendo male, ringraziano e si allontanano.
"Duncasa, deppeusu bussai in cussa via e in cussa porta! DIce la più acculturata alla domestica.
     (Dunque, dobbiamo bussare in quella via e in quella porta.)
Si spostano di pochi metri e bussano ancora: - Toc, toc...
"Bivvidi innoi su signori nostru?" Chiedono ancora le due ragazze.
     (Abita qui, il signore nostro?)
Affacciandosi, una voce gentile risponde: "Chi cercate, signorine belle?"
"Ciccausu su signori nostru. Pottausu uno presenti de su goppai de vi signoria"
     (Cerchiamo il nostro signore. Portiamo un dono del suo compare.)
- Entrate pure - risponde l'uomo pregustando i doni - Cosa mi manda il mio bravo compare? Chiede interessato.
"Pottausu unu porceddu, pani de simbua e is pardulasa po fai una bella Pasca."
     (Portiamo un maialetto, pane di semola e le formaggelle per fare una buona Pasqua)
- Ma prego, accomodatevi pure. Risponde l'uomo furbescamente, approfittando della ingenuità delle due ragazze.
- Siete arrivate nella casa giusta e ringraziate tanto il compare per essersi disturbato con tutto questo ben di dio.
Le ragazze così tornano a casa soddisfatte.
Al loro rientro il padrone chiede come è stato il viaggio e se è stato facile trovare il compare.
"Facili facili, eusu bussau in sa prima porta e s'anti arrespustu - in cussa via e in cussa porta! -
      (Facilissimo, abbiamo bussato alla prima porta che ci è capitata e ci hanno risposto "in quella via e in quella porta")
Il padrone è così soddisfatto del lavoro svolto, ignorando però che il suo compare non aveva ricevuto niente!

Demuro Fernanda

domenica 18 maggio 2014

Gesico - Is berbus de s'ogu pigau (preghiere contro il malocchio)


“Berbu era in Sardo antico il vocabolo ordinario per ‘parola’ [..] oggi si usa solo
al plurale (Logudorese: sos berbos; campidanese: is brebus) e significa gli scongiuri e le formole per attirare la fortuna, per allontanare i fulmini, per trovare le cose smarrite, per fugare i diavoli, i dolori ecc. e per far arrivare le pallottole al cuore del nemico;” (La lingua Sarda, Max Leopold Wagner, pag. 103) in questo modo Max Leopold Wagner, descrive il significato del termine ‘berbu/brebu’.
Ma cos’è ‘s’ogu pigau’?
Il malocchio; quando parlo di quest’argomento con gli anziani del mio paese si sente in loro una certa riluttanza, dicono e non dicono, parlano sottovoce, come se avessero paura o meglio, come se fosse un argomento tabù.
La frase più ricorrente è: “.. le formule sono segrete e devono restare tali perché facciano effetto...”.
Qualche anno fa, quando cominciai ad interessarmi di tradizioni popolari, chiesi di sapere quali frasi venivano pronunciate “da su brusciu”(lo stregone) per curare i porri, mi fu detto che ‘is brebus’ non si potevano raccontare, se volevo conoscerli ‘du su deppìu furai’(avrei dovuto rubarli, sottrarli).
Da allora cominciai a documentarmi, chiesi informazioni, cercai sui testi, tesi le orecchie discretamente ogni volta che si toccava l’argomento finché, non so bene se per caso o per costanza, sono riuscito a carpire alcune frasi ‘de sa meiscina de s’ogu pigau (la cura contro il malocchio) .Ho già parlato in altre occasioni di questo argomento (vedi “In Sardegna” n° 16 e “Il Notiziario n° 6), ma sempre in modo volutamente superficiale in quanto ero in possesso di dati incompleti, ora credo sia arrivato il momento di approfondire il discorso in quanto sono venuto a conoscenza di tre versioni de ‘is brebus’ per cui è possibile fare dei raffronti e delle considerazioni.
In primo luogo vorrei chiarire che ‘is brebus’ sono delle preghiere (che potremo comprendere tra la magia bianca) formulate probabilmente nel tardo Medio Evo e trasmesse sempre oralmente per cui ciò che scriverò potrebbe essere in parte errato o incompleto. Affinché facessero effetto, is brebus, dovevano essere recitati da ‘su brusciu’ che avrebbe dovuto rubarli ad uno stregone anziano al termine della sua carriera. Da parte del malato è richiesta fede incondizionata nel guaritore; quando ciò non è possibile, perché il malato è un bambino piccolo o un animale, devono essere i genitori o il proprietario ad aver fede.
Su brusciu serio non chiedeva compenso per la sua opera ma spesso riceveva dei regali per ringraziamento.Alcuni guaritori, prima di effettuare ‘sa meiscina’ si assicurano che il presunto malato sia effettivamente ‘pigau de ogu’, a tal fine utilizzano un bicchiere d’acqua e dei chicchi di grano o di sale grosso che, fatti cadere nell’acqua, permettono all’occhio attento del guaritore di leggere il responso.
Si procede immediatamente dopo alla recitazione de is brebus che spesso terminano con il segno della croce o con la imposizione delle mani. La trasmissione de is brebus era esclusivamente orale si potevano verificare delle variazioni dal testo originale dovute ad incomprensioni, inoltre normalmente, su brusciu o il suo equivalente femminile, “sa coga”(la strega) , non conosceva il significato delle preghiere in quanto alcune volte vi erano termini in latino o greco e conseguentemente non erano in grado di correggere eventuali errori che quindi venivano tramandati. Per chiarezza espositiva chiamerò le tre versioni con una lettera maiuscola (A,B,C) e numererò le righe (per esempio A.13 significa versione A, riga 13) in questo modo si potranno fare dei riferimenti in maniera semplice e concisa. Per ultimo voglio dire che i versi in sardo sono scritti così come si pronunciano senza utilizzare nessun sistema di trascrizione fonetica che risulterebbe utile solo ai conoscitori della lingua sarda ma di difficile interpretazione per tutti gli altri lettori.
Versione A
A.1 Gesusu e Santu Antiogu - Gesù e Sant’Antioco
A.2 T’anti pigau de ogu - ti hanno attaccato il malocchio
A.3 Santu Liberau - Santo Liberato
A.4 De ogu t’anti pigau - ti hanno attaccato il malocchio
A.5 Santu Pianu Conti - Santo Pianu Conti (?)
A.6 Ti pongiu manu in fronti - ti poggio la mano sulla fronte
A.7 Ti pongiu manu in testa - ti poggio la mano sulla testa
A.8 Chi no timmas nottesta - affinché tu non tema questa notte
A.9 E ni per una notti - e nessun’altra notte
A.10 Santu Giuanni Battista - San Giovanni Battista
A.11 Ti torridi cara e vista - ti restituisca il colorito e la vista
A.12 Santa Maria Clara - Santa Maria Clara
A.13 Ti torridi vista e cara. - Ti restituisca la vista e il colorito.
A.14 Santa Lucia de oristanisi - Santa Lucia d’Oristano
A.15 Tottusu beninti imparisi - tutti arrivano assieme
A.16 Dopu de custa notti - dopo questa notte
A.17 Pregai a Deusu - pregate Dio
A.18 Santi Basili dottori - San Basilio dottore
A.19 Ca fusti meigadori - che fosti guaritore (?)
A.20 Fusti meigheri - fosti guaritore (?)
A.21 Paga no pigheisi - non prendete paga
A.22 Non di pigheisi paga - non prendete paga
A.23 Scetti s’anima salva - solo l’anima (abbiate) salva
A.24 E chi si’nda pigau - e chi si è fatto pagare
A.25 sia pedronau - sia perdonato
A.26 Santu Damiau lusci - San Damiano luminoso
A.27 E ti fazzu sa gruxi - ti segno con la croce
A.28 E ti azziu sa manu - ti impongo la mano
A.29 In nomini ‘e su Babbu - nel nome del Padre
A.30 De su Fillu - del Figlio
A.31 e su Spiritu Santu - e dello Spirito Santo.

Versione B
B.1 Gesusu e Santu Antiogu - Gesù e Sant’Antioco
B.2 T’anti pigau de ogu - ti hanno attaccato il malocchio
B.3 Santu Liberau - San Liberato
B.4 De ogu t’anti pigau - ti hanno attaccato il malocchio
B.5 Santu Giuanni Battista - San Giovanni Battista
B.6 Chi ti torridi forza, poderi e vista - ti restituisca forza, potere e vista
B.7 Santa Maria Clara - Santa Maria Clara
B.8 Chi ti torridi sa gana. - Ti restituisca la voglia
B.9 Santa Lucia de Tertenia, d’Escuveri e de Oristani - Santa Lucia di Tertenia, d’Escuveri e d’Oristano
B.10 Tottus bengianta imparisi - tutte vengano assieme
B.11 Po abrebai a tia - per farti gli scongiuri
B.12 Santu Pianu Conti - Santo Pianu Conti (?)
B.13 Ti pongiu manu in fronti - ti poggio la mano in fronte
B.14 Ti pongiu manu in testa - ti poggio la mano in testa
B.15 Chi no timmas nottesta - affinché non tema questa notte
B.16 E ni per una notti. - ne nessun’altra notte
B.17 Luisu manu e dottori - Luigi (?) mano di dottore
B.18 Ca fu meigadori - che fosti guaritore (?)
B.19 Ca fu meigheri - che fosti guaritore (?)
B.20 Paga non di pigheisi - non prendete paga
B.21 Scetti s’anima salva - solo l’anima (abbiate) salva
B.22 E no di pigheisi paga. - E non prendete paga
B.23 Cristo rendi - Cristo rendi (?)
B.24 D’ognia mali defendi - da tutti i mali difendi
B.25 A chini ti dda pigau - a chi te l’ha preso (?)
B.26 Sia pedronau - sia perdonato
B.27 Cosimo e Damianu - Cosimo e Damiano
B.28 Deu ti fazzu sa meiscina - io ti faccio la medicina
B.29 E Deusu ti azzi sa manu - e Dio ti imponga la mano
(ripetere per tre volte)

Versione C
C.1 Gesusu e Santu Antiogu - Gesù e Sant’Antioco
C.2 T’anti pigau de ogu - ti hanno attaccato il malocchio
C.3 Santu Liberau - San Liberato
C.4 De ogu t’anti pigau - Ti hanno attaccato il malocchio
C.5 Santu Patriarca - San Patriarca
C.6 Ti torridi sa tracca - ti restituisca lo scheletro
C.7 Santu Giuanni Battista (nome del malato) - San Giovanni Battista (..)
C.8 ti torridi gana e vista - ti restituisca voglia e vista
C.9 Santa Maria Clara - Santa Maria Clara
C.10 Chi ti torridi vista e gana. - Ti restituisca vista e voglia
C.11 Santa Lucia de Oristanisi - Santa Lucia d’Oristano
C.12 Tottus bengianta imparisi - tutte vengano assieme
C.13 Aintru de custa die - durante questo giorno
C.14 po abrebai a tie - per farti gli scongiuri
C.15 Santu Pianu Conti - San Pianu Conti (?)
C.16 Ti pongiu manu in fronti - ti poggio la mano in fronte
C.17 Ti pongiu manu in testa - ti poggio la mano in testa
C.18 Chi non timmas nottesta - affinché non tema questa notte
C.19 E ni d’ognia notti - e nessun’altra notte
C.20 Santu Pianu Conti. - San Pianu Conti (?)
C.21 Basili mannu dottori - Basilio gran dottore
C.22 Ca furia meigadori - che fu guaritore (?)
C.23 Ca furia meigheri - che fu guaritore (?)
C.24 Paga non ddi pigheisi - non prendete paga
C.25 Scetti s’anima salva - solo l’anima (abbiate) salva
C.26 non ddi pigheisi paga. - Non prendete paga
C.27 Cristo arrendi - Cristo ‘arrendi’ (?)
C.28 D’ognia mali difendi - da tutti i mali difendi
C.29 A chi ti dda pigau - a chi te l’ha preso
C.30 Chi siada pedronau - sia perdonato
C.31 Cosimo e Damianu - Cosimo e Damiano
C.32 Deus ti torri sa vista - Dio ti restituisca la vista
C.33 E ti pesi sa manu - e ti imponga la mano.
Come si può notare le tre versioni sono molto simili e probabilmente d’origine comune, alla base delle ‘preghiere’ è posta la fede nei santi come guaritori.
Ma come nascono queste preghiere e quando? Difficile dirlo, in Gesico non ho mai trovato niente di scritto attinente ai brebus de s’ogu pigau, sembra che questi esistano solo nella tradizione orale, inoltre diventa sempre più difficile trovare qualcuno che li conosca e si ricordi bene a memoria tutto. Probabilmente vengono tramandati da qualche secolo ma non ho trovato alcun riferimento temporale. Per quanto riguarda la provenienza, penso siano nati nel campidano visti i termini utilizzati e la forma delle frasi, anche se alcuni passi mi lasciano dubbioso, sarebbe interessante effettuare uno studio della distribuzione di questi brebus per capire la zona di provenienza. Ho trovato qualche difficoltà nella interpretazione dei termini ‘meigadori’ e ‘meigheri’, potrebbe darsi che questi siano da ricollegarsi al logudorese ‘meigu’ che significa medico e quindi gli si potrebbe dare il significato di ‘guaritore’, questo significato sembra attribuibile, almeno leggendo la versione A, infatti: A17 Santi Basili dottori A18 ca fusti meigadori A19 fusti meigheri… Eppure la versione A è quella che ritengo più incompleta e meno corretta, così, analizzando bene le altre versioni si nota che nella B sparisce ‘Santi Basili’ per lasciar spazio ad un fantomatico ‘Luisu’ (Luigi?) senza dire niente riguardo alla sua santità. Nella versione C si torna a ‘Basili’ senza chiamarlo ‘Santi’, chiamandolo ‘mannu dottori’ cioè ‘gran dottore’. Come mai tutte queste varianti del tema? Si potrebbe ipotizzare che questo passo fosse particolarmente oscuro a coloro che nel tempo si sono tramandati is brebus, la cattiva comprensione del passo originale potrebbe aver favorito il nascere di diverse versioni, eppure a prima vista non sembra che vi siano cose strane (a parte i termini ‘meigheri’ e ‘meigadori’).
In un primo tempo ho pensato che nella versione C fosse andato perduto l’appellativo di ‘Santi’ per ‘Basili’, ma poi, ripensandoci, è strano che solo in una delle tre versioni si riporti questo termine così importante, si potrebbe pensare che ‘Basili’ non sia un santo e che tutta la frase abbia un altro significato.
E’ stato quasi per caso che, leggendo il libro ‘La lingua Sarda’, mi sono imbattuto nella frase “.. magistrato giudiziario ed amministrativo ad un tempo, che rappresentava il giudice nelle singole regioni (curatorìas) e governava a suo nome. Il curatore maiore corrisponde al "megas courator" (courator ton basilicon oikon della corte bizantina)” (La lingua Sarda, Max Leopold Wagner, pagg. 166-167) Ora, la frase ‘Basili mannu dottori’ potrebbe essere una cattiva interpretazione del greco megas=grande=>mannu e courator=curatore=>dottori, quindi il termine ‘Basili’ non è il nome di un santo ma il 'basilicon' or ora visto.
(Maggio 2014) Voglio aggiungere ancora una possibilità, leggendo "Storia della Medicina e dell'Assistenza per le Professioni Sanitarie" di Enzo Cantarano e Luisa Carini, mi sono imbattuto ancora una volta in San Basilio Magno, che istituì il cenobitismo maschile in Oriente. Riporto direttamente dal testo: "nella sua Regola, ispiratrice di quella di San Benedetto, assegnava un posto preminente alla cura del malato. Egli istituì in Cappadocia, regione dell'Asia Minore, la prima struttura ospitaliero-assistenziale, la Basiliade, che costituì esempio per analoghe istituzioni religiose e statali". A questo punto è probabile che l'interpretazione debba andare verso la direzione di San Basilio in quanto precursore dell'assistenza dei malati.
Vorrei ora evidenziare brevemente le caratteristiche principali delle tre versioni.
I tratti caratteristici della versione A sono: l’uso del termine ‘cara’ come ‘colorito della pelle’; l’appellativo di ‘santi’ per ‘Basili’.
Nella versione B si ha: in B.9 e B.10 si ha concordanza di numero, cosa che non si ha nelle altre versioni. non si cita ‘Basili’ ma ‘Luisu’.
Nella versione C, infine, si può leggere: C.5 Santu Patriarca C.6 ti torridi sa tracca.
Vorrei far notare come nella B e C sia presente la strofa: Cristo (ar)rendi D’ognia mali defendi A chi(ni) ti dd’a pigau Sia pedronau Assente nella A, nella quale compaiono solo le ultime due righe in A.23 e A.24.
Ritengo che le B.23, B.24 e le C.29, C.30 siano da leggere così: a chini ‘de ogu’ t’adi pigau sia pedronau. Il termine ‘rendi’ o ‘arrendi’ non mi è stato spiegato, forse è il termine ‘Rei’ per Re, ma potrebbe anche essere ‘redentore’.
Sono convinto che vi siano ancora tante cose da dire su questi brebus e spero che ciò serva a salvare questi resti di antichità per tanto tempo tenuti nascosti alla conoscenza umana, anche perché queste preghiere giungono a noi direttamente dal passato avendo subito ben pochi cambiamenti, sono quindi testimoni della evoluzione della lingua sarda nel tempo.
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

martedì 1 aprile 2014

Goggius e muttettus a Gesico - (Canti popolari)

Tempo fa avevo cominciato a raccogliere canti della tradizione popolare del mio paese, Gesico.

Alcuni li potete leggere nel primo articolo sull'argomento: Gesico - Is Muttettus (Canti popolari della Sardegna).

Eccovene di seguito qualche altro, raccolto da mia madre Nanda proprio in questi giorni, grazie alla memoria sempre pronta di zia Nina.

Si tratta di alcuni muttetti che avevano come argomento le giovani del paese di Gesico descritte in modo talvolta ironico per metterne in risalto alcune caratteristiche.
Ma bando alle ciance, eccovi i primi muttetti, seguiti dalla loro traduzione, in attesa che zia Nina ne riporti altri alla memoria:

Aventina Schirru,
bella e curiosa,furba e spiritosa,
de su ballu sardu esti una regina,ancora non esti sposa
e pagu ad'atturai.
Trad:
Aventina Schirru,
bella e curiosa, furba e spiritosa,
del ballo sardo è una regina,
ancora non è promessa sposa, ma poco ci vorrà.

Livia Bernardini,
dipendidi de un ramu fini
e a cunvinci a chini d'ada acquistai.
Trad:
Livia Bernardini,
appartiene ad una famiglia nobile
ancora si deve presentare colui che la chiederà in sposa.

Iolanda Schirru
bogada un modellu,
unu frori bellu non d'ada mancai.
Trad:
Iolanda Schirru
indossa un modello,
un fiore bello non le mancherà.

Sebastiana Contu
aspettada sa primavera e
paridi una passionera pronta a sbocciai.

Trad:
Sebastiana Contu
attende la primavera
e sembra un fiore di passiflora pronto a sbocciare

Teresina beccia
Teresina beccia, innui sesi,
t'appu sciccau
ma su 'entu ti nd'adi pigau
e in s'arru t'appu agattau.
Trad:
Vecchia Teresina
Vecchia Teresina, dove sei,
ti ho cercata
ma il vento ti ha portato via,
e nei rovi ti ho ritrovata.
Così vi lascio, in attesa che zia Nina ricordi qualche altro brano della vita passata del mio paese, Gesico.
Grazie mamma, grazie zia Nina, per questi ricordi.
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO e Fernanda DEMURO

sabato 18 gennaio 2014

Gesico nei libri

Il paese per quanto piccolo, mi è piaciuto molto per il suo territorio, ricco di sorprese "datate"...
Gesico fa parte dei miei vissuti, spezzettati e divisi tra i paesi in cui ho dimorato.
Ciascuno di questi luoghi ha riempito un pezzettino del mio cuore, emozioni ed esperienze diverse che mi hanno portato ad oggi, pregi e "difetti" compresi.
Ho fatto una piccola ricerca di libri che citano questo piccolo paesello nascosto in una vallata della Trexenta in Sardegna. Lungi dall'averli trovati tutti, ma può darsi che qualcuno possa trarne beneficio, se non altro per pura curiosità o conoscenza.
Brevi cenni storici:
Gesico ebbe una storia in epoca medievale, e fu capoluogo della sua baronia nel XVII secolo. Il feudo di Gesico si formò con l'investitura del marchesato di S. Tommaso nel 1769 e durò fino al 1839. Era costituito da grosse proprietà, ufficialmente di circa 1680 ettari, ma a cui si aggiungevano le proprietà della chiesa (dal 1700) e altre. Le proprietà private si costituirono dopo lo scioglimento del feudo e la concessione in gestione ai comuni. I comuni vendettero le terre demaniali ai privati in seguito ai regolamenti del 1839. La Sardegna era allora divisa in diversi giudicati, a sua volta suddivisi in molte curatorie.

Fonti parziali: Dizionario ufficiale dei comuni e dei centri abitatidati del 4/11/1951 - popolazione residente 1189altitudine 328 m - altitudine del suo territorio da 195 m a 501 m
REPUBBLICA ITALIANA - Istituto Centrale di Statistica POPOLAZIONE E MOVIMENTO ANAGRAFICO DEI COMUNI VOL. XV - 1970 Roma



Nell'Anagrafico dei singoli comuni la popolazione residente al 31 dic. 1969 è di 1.322.
di Manlio Brigaglia enciclopedia LA SARDEGNA 1982 - EDIZIONI DELLA TORRE
Dal VOL. I - Nel referendum istituzionale del 1946 vediamo che dei 137 comuni della provincia di Cagliari solo 28 diedero una maggioranza repubblicana, tra cui anche Gesico.
Dal VOL. II - ... Nel 1971 aveva 1235 abitanti.

Angius/Casalis
Dizionario Geografico Storico Statistico Commerciale degli Stati di S.M. IL RE DI SARDEGNAProv. di Cagliari Vol. I (libro del 1840 ca.)Amministrazione provinciale Cagliari - EDITRICE SARDEGNA

Villaggio della Sardegna nella provincia e prefettura di Isili, Gesico è nel mandamento di Mandas, compresa nella Curatoria di Seurgus, dipartimento del Regno cagliaritano.
Gesico è composto da Gesico-mannu e Gesicheddu, separati da un fiumicello. Gesico-mannu è bagnato dall'altra parte dal rio di Mandas. Attraversano il paese due strade principali, una da Mandas a Selegas, l'altra da Siurgus a Villanovafranca. Ci sono a Gesico circa 220 famiglie, con una popolazione di circa 950 abitanti. I gesichesi sono sotto la giurisdizione dell'arcivescovo di Cagliari. La chiesa parrocchiale è nel rione di Gesico-mannu. E' intitolata a Santa Giusta, di bella struttura, con 8 altari ed abbellita con marmi e argenti. Le chiese minori sono 5: S. Maria, la vergine d'Itria che credono essere stata l'antica parrocchiale, che si trova alla fine del paese; S. Amatore, distante pochi minuti dall'abitato; S. Lucia e S. Sebastiano, molto vicine, e S. Mauro, a mezz'ora dalpaese, sul monte Corona. Nel 1817 nacque il campo santo, alle spalle della chiesa di S. Amatore. Le feste principali sono: il 14 maggio per S. Mauro nella cima del monte Corona; per S. Amatore nella terza domenica di ottobre, nella quale si tiene una delle migliori fiere.Infine nel territorio di Gèsico non ci sono meno di 15 nuraghi, in gran parte distrutti.

di Alberto della Marmora
ITINERARIO dell'isola di SARDEGNA - tradotto e compendiato dal Can. Spano 1868 Cagliari - VOL. I - edizione anastatica sui tipi di A. AlagnaEdizione TROIS

"... mentre che verso ponente si vedono spuntare le cime marnose di Punta accuzza, ed il Monte Corona, a basso del quale si nasconde il fangoso villaggio di Gesico (1), indi si arriva sempre in pianura a quello di Mandas."
Aggiunge quindi un commento nella nota:"(1) In questo villaggio si trovano con frequenza monete antiche. Vicino avvi una chiesa campestre Sant' Amatore, in cui si fa una bella fiera. Lungi si vede il Monte Corona nella di cui cima vi è la chiesa di S. Mauro (N.S.)."

di Marcello Serra
ENCICLOPEDIA della SARDEGNA - con un saggio introdutt. intitolato Alla scoperta dell'IsolaGIARDINI EDITORI E STAMPATORI IN PISA

di Gesico cita così:"Piccolo centro della Trexenta (ab. 1.300 circa), situato sulle pendici del M. S. Mauro (m. 501). Nel territorio si trovano i nuraghi Sitziddiri, Su Linu, Columbas, Accas, Su Mulloni, Battudis, Mattas Nieddas. Nella Parrocchiale di S. Giusta si notano alcune strutture del Quattrocento e in quella di santa Maria qualche elemento del sec. XIV. Nella terza domenica di ottobre si svolge qui la Fiera di S. Amatore, destinata ai fidanzati che stanno per mettere su casa."

di Marcello Serra
MAL DI SARDEGNA - EDITRICE SARDA FOSSATARO CAGLIARI
"[...] Ritornati sulla strada principale, dopo il nuraghe Piscu, dove fu ritrovato un cumulo di grano carbonizzato da secoli, un bivio discende a GESICO, piccolo paese incassato in una valle, dove ad ottobre si celebra la grande fiera di S. Amatore. In questa occasione i fidanzati dei paesi vicini vengono a riornirsi del corredo e di quanto occorre per la loro casa. Infatti nelle botteghe sistemate intorno alla chiesa rustica, che si chiamano cumbessias , si può acquistare di tutto. E' dunque questa la festa degli innamorati della Sardegna, e il nome del Santo d'altra parte si adatta perfettamente alla simpatica sagra."

di Salvatore Colomo - Francesco Ticca
SARDEGNA - Immagini di un'isola1984 - VOL. I - EDITRICE ARCHIVIO FOTOGRAFICO SARDO - NUORO

Il paragrafo che riassumo non parla di Gèsico, ma della dominazione Aragonese e Spagnola. Dal 1300 al 1700 la Sardegna fu sotto la dominazione Aragonese, e poi spagnola. Dal 1500 in poi lo stile Gotico-Aragonese ha uno sviluppo notevole, determinato dalla costruzione di moltissime nuove chiese parrocchiali. Nel cagliaritano si trovano importanti esempi di tale stile. Tali chiese hanno in genere la facciata quadrata, coronata da merli e rinforzata ai lati da contrafforti. All'interno, l'uso della volta stellare, costituita da costoni che si incrociano nelle chiavi di volta. [Molto simile alla parrocchia di Gesico, avente le caratteristiche descritte è la chiesa di S. Pietro ad Assemini].

di Luigi Spanu
SAGRE E FESTE POPOLARI NEI COMUNI DELLA PROV. DI CAGLIARI 1987 - Prov. di CA Assessorato allaCultura

"Gesico si trova nel centro dell'estremo settentrione dellaTrexenta, in zona collinare a circa 50 km da Cagliari []. A metà ottobre si tiene la Sagra di S. Amatore. In tale occasione si fa la processione dalla parrocchia alla chiesetta campestre di S. Amatore. Tale chiesa restaurata qualche anno fa, sorge su un'altura alla fine dell'abitato. Risalente al 1500, fu costruita su una cappella a pianta quadrata greco ortodossa. Le reliquie del santo si trovano nell'altare maggiore della parrocchia. La festa di origine antichissima, attira migliaia di persone, essendo uno dei più tradizionali e sentiti culti popolari della trexenta. Un'altra festa altrettanto suggestiva, è quella di S. Mauro, in cui il simulacro del santo viene portato in processione fino alla chiesetta omonima situata su un colle, il monte Corona, circondato da una vasta vallata, la festa dura tre giorni, sul colle e poi in paese, con canti e balli."

di Rinaldo Botticini
GEO Sardegna - Ambiente Uomo Insediamenti 1991 - SOLE Edizioni

Traduce il nome dal sardo gessa=gelso, e quindi gessicu= sito di gelsi." Un susseguirsi di colline che raggiungono i 500-600 mt di altezza e sono intersecate da amene vallate, fanno da sfondo al centro urbano. Esso sorge nel punto di confluenza del torrente Sipiu con gli affluenti e si è sviluppato secondo direttrici parallele al corso d'acqua. La tipologia abitativa è tipica delle zone ad economia pastorale con edifici accorpati lungo le vie. Nuraghi e reperti punico-romani sono presenti in numero notevole sul territorio circostante. Il paese ebbe una storia in epoca medioevale e, nel XVII secolo, fu capoluogo della omonima baronia. [..] Nella parrocchiale di Santa Giusta si alternano vari stili: romano, pisano e gotico-aragonese."C'è anche una foto della chiesa campestre di S.Amatore.

DIZIONARIO DI TOPONOMASTICA
Storia e significato dei nomi geografici italianiUTET

"Località del Campidano a 51 km da Cagliari, è situata in una conca pianeggiante a 300 m. s. m. (TCI Sard. 257). Attestato in RDSard. aa. 1346-1350 Item a presbitero Bernardo Oliverii vicario de Gesico n. 1545 e passim, il toponimo è di origine incerta, verosimilmente prelatina (cfr. Paulis 1987, 432). Fantasiosa è l'interpretazione etimologica di Spano 1872, 54 da una voce fenicia ges "valle, fosso", "luogo basso". La pronuncia locale del nome è gèsico, in dialetto gèsigu (DETI 240). C.M."


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Enciclopedia dell'Italia antica e modernaSARDEGNA - ISTITUTO GEOGRAFICO DE AGOSTINI NOVARA

Brevissima citazione come esempio di struttura semplice dei nuraghi: "Più numerosi che in qualunque altra zona dell'Isola sono i nuraghi nella Trexenta (0,9 per chilometro quadrato). Nella esemplificazione dei nuraghi presenti dal Campidano alla Trexenta, cita i vari tipi dai più semplici, composti da un'unica torre circolare, ai più complessi, fatti di molte torri."[...] Talora è aggiunto alla torre circolare... una torre minore e un cortile (Su Covunu, a Gèsico)."


da "Il Giornale della Trexenta"
ANNO I n°2 - Agosto 1992Articolo di Carlo Carta

In un ampio discorso di morale sullo sviluppo economico e socio-culturale della trexenta, viene citato il restauro di Chiese insieme a qualche scavo archeologico, i quali una volta iniziati, sono rimasti fermi in attesa di fondi e di finanziamenti. Tali interventi riguardano anche la parrocchia di S. Giusta.

ANNO I n°6 - Dicembre 1992Articolo di Carlo Carta

Viene citato il Casalis, nel quale viene esaltata la Parrocchia di S. Giusta, per la sua bella struttura, per le sue opere d'arte ma sopratutto per la magnificenza dei suoi marmi. "Oggi le nobili ma vecchie strutture murarie non hanno retto alla pesante copertura, provocando all'interno delle pericolosissime lesioni che immediatamente hanno richiamato un intervento di restauro". "L'inizio dei lavori nell'anno 1989, sono stati finanziati dagli organi regionali preposti con circa £ 200 milioni. Il finanziamento si è però subito dissolto a causa di diverse scoperte. [..] E' stato trovato sotto l'altare maggiore un bellissimo abside, attualmente ancora in studio dalla soprintendenza alle belle arti. [..] Attualmente le funzioni religiose si celebrano in un locale di fortuna ricavato dal Parroco in un vecchio cinema."

Antonello RUGOLO

giovedì 16 ottobre 2008

Gesico: sagra di Sant'Amatore

Cari amici e lettori,
questo fine settimana non avete niente da fare?
Se siete in Sardegna potete recarvi a Gesico, SS 128, tra Suelli e Mandas.
Perché dovreste farlo?
Beh, di motivi potrebbero essercene diversi...
In primo luogo vi è una delle sagre più popolari, la sagra di Sant'Amatore...
La tradizione vuole che il venerdì il Santo venga portato in processione dalla parrocchia di santa Giusta alla chiesa di Sant'Amatore.
Un tempo era l'occasione per acquistare tutta l'attrezzatura occorrente ai pastori. Ancora oggi si possono acquistare campanacci,esti 'e peddi (tipico vestito dei pastori), bettua (bisaccia), coltelli sardi...
Per gli amanti del mangiare è possibile trovare carne e pesci arrosto, il miglior torrone e il sabato potrete partecipare alla sagra delle lumache.
Volete un consiglio?
Se vi trovate a passare a Gesico fateci un salto... tempo permettendo potrete passare una giornata diversa dal solito!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 24 maggio 2008

Quando ero bambino...

Mi muovo tra i vicoli del mio paese, Gesico, ricordando...

Case piccole, di pietra, fango e paglia, ladini,
mi riportano nel passato...

Quante corse per quelle strade,
percorse, allora, da enormi mucche,
spaventose per me bambino...

La finestrella nella parete di fronte,
e il velo nero di una vecchietta che non conosco,
mi ricordano nonna Cenza,
col suo nero vestito e la sua vita triste...
e la sua morte...

Nuove costruzioni,
dove un tempo ce n'erano di vecchie
e piazze e cortili e chiese...
sette chiese per mille anime...

E l'asilo, maledetto e mai finito,
casa buona solo per uccelli...
sempre uguale, oggi come ieri!

E per le strade quasi nessuno,
come un paese che muore, lentamente...

Poi, l'estate, si rianima delle voci degli emigrati
che tornano a trovare i parenti,
bambini chiassosi corrono per le strade
sotto i lampioni, la sera...
di fronte ai grandi seduti sull'uscio,
sulle stesse sedie di legno e paglia
dei loro genitori e dei loro nonni...

E Gesico rivive...
per un istante lungo un'estate...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO
(Olbia-Civitavecchia, 24 maggio 2008)

martedì 25 marzo 2008

Contusu de "Sa Rutta"

Era una fredda giornata del 1958, io avevo solo otto anni. Abitavamo tutti assieme nella casa di campagna di sa Rutta. Eravamo in sei in famiglia, il nonno Riccardo, la nonna Annunziata, mamma Cenza, mio fratello Umberto, io e Pupa; papà era già andato via.
Quella sera pioveva e, come tutte le sere d'inverno, eravamo tutti intorno al camino. Mamma preparava la cena, una minestra calda e pane abbrustolito sulla brace.
C'era freddo e per scaldarci nonno aggiunse della paglia di fave sul fuoco. A me non piaceva l'odore del fumo, ma adoravo riscaldarmi al caldo della fiamma, così talvolta mi sedevo dentro il caminetto, affianco al gatto grigio dal pelo bruciacchiato. Mentre aspettavamo la cena di solito nonno ci raccontava qualche vecchia storia, di quelle che si raccontano da centinaia d'anni nelle famiglie di campagna. I racconti erano spesso spaventosi per noi bambini.
C'era "su Diau" (il Diavolo), sempre presente nelle storie del nonno sotto forma di un caprone che scalciava, dagli zoccoli sprizzavano scintille del fuoco dell'inferno. C'erano gli spiriti della vecchia casa dei Crobu che sbattevano le porte, distruggevano i mobili e facevano strani spaventosi rumori. E per i bambini più piccoli, che facevano i capricci perché volevano uscire in cortile, c'erano "is mazzamurrusu", una sorta di gnomi col berretto verde che ballavano sul muro di casa... era capitato anche a me di vederli una volta!
Ma quella sera il nonno ci parlò dell'anno 2000, l'anno in cui, si diceva, ci sarebbe stata la fine del mondo. Io e Pupa ascoltavamo con attenzione e un po di paura, Umberto stava da una parte, seduto a tavola e leggeva, lui era grande e non stava più a sentire il nonno... Nonna Annunziata uscì in cortile a prendere dell'altra legna quando la sentimmo urlare. Nonna rientrò di corsa urlando "Oiommommia, esti sciaendisia su mundu!" (Oddio, si sta disfando il mondo!). Ricordo che anche noi cominciammo ad urlare spaventati...
Solo nonno Riccardo si affacciò fuori a vedere cosa stesse accadendo, il cortile riluceva di scintille che venivano dall'alto... sollevò gli occhi e, resosi conto dell'accaduto rientrò in casa e con la sua voce alta e calma disse "No esti nudda, adi pigau fogu sa zimminera...", aveva solo preso fuoco la canna fumaria...
Nonna era ancora spaventata e anche noi eravamo un po in ansia.
Ricordo che mamma allora chiamò a tavola e di fronte ad un piatto di minestra calda dimenticammo subito tutte le nostre paure...
Dopo cena ci sedemmo ancora intorno al fuoco e mentre nonna Annunziata lavava le stoviglie, mamma ci intratteneva con qualche altra storia.
Quella sera ci raccontò di aver sognato che in un certo punto della casa di zia Nuccia c'era unu scruxioxiu nascosto (un tesoro) fatto di monete d'oro. Su scruxioxiu si trovava sotto terra e sopra c'era unu laccu (una macina) in pietra. Le fu detto di presentarsi a mezzanotte nel punto indicato con una persona che la aiutasse a raccogliere il tesoro... ma lei ebbe paura e non ci andò così fu assegnato ad un altro che, si dice, lo trovò esattamente dove indicato nel sogno.
E così un'altra sera era passata ed era arrivata l'ora, infine, di andare a letto...
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 25 agosto 2007

La statua del Santo


In un paesino della Sardegna, Gesico, si racconta ancora una storia a mo' di barzelletta, senza sapere se sia mai accaduta...
Così come mi è stata raccontata ve la racconto... traducendola dalla lingua Sarda affinché possa essere capita da tutti...
Un giorno il prete del paese guardava le condizioni in cui versava la statua del santo patrono... Di li a poco, il 10 agosto, ci sarebbe stata la processione e la statua cadeva a pezzi, mangiata dai tarli...
Mentre il prete si lamentava, passò un paesano che, sentitolo, gli chiese se poteva essergli d'aiuto... nel suo campo infatti si trovava una piantina di buon legno che avrebbe potuto fare alla bisogna. Il prete lo ringraziò e si fece guidare sul luogo. Il paesano lo accompagnò alla pianta di pere che sia per forma che per dimensioni pareva fatta apposta per prendere il posto del santo!
Così la piantina venne tagliata e nelle mani sapienti di un artigiano del luogo divenne la nuova statua del santo.
Il dieci agosto la statua del santo fu portata in processione per il paese.
Arrivata nel piazzale di chiesa tutti i paesani, in segno di rispetto, si tolsero il cappello, tutti ad eccezione di colui che l'aveva conosciuta come pianta di pere...
Più tardi gli amici, incuriositi dalla mancanza di rispetto gli chiesero spiegazioni.
Il paesano non si fece pregare e disse: «Candu furiada una pranta 'e pira... no est arrennescia a fai una pira in tottu sa vida sua... immoi ca est unu santu no ada fai miracullusu... »
Che significa: «Quando era una pianta di pere non è riuscita a fare una pera, ora che è santo non farà miracoli... ».
Alessandro Giovanni Paolo Rugolo