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venerdì 29 aprile 2016

I cinque libri delle antichità di Beroso sacerdote Caldeo, di Annio da Viterbo

Annio da Viterbo è considerato da tanti (ma non da tutti) un falsario della storia antica.
Meglio esser chiari con tutti coloro che per qualsivoglia motivo si trovano a leggere queste pagine. Se volete lasciate perdere questo post.
Ok, io vi ho avvisato, se continuate a leggere è una vostra scelta e non ho niente da rimproverarmi.
Tanto per cominciare mi sembra corretto dire che Annio da Viterbo è stato accusato di aver falsificato la storia antica quando non poteva più difendersi.
I suoi accusatori se la presero con lui e con le sue opere dopo la sua morte, già questo da da pensare.
Giovanni Annio da Viterbo era un frate Domenicano, vissuto tra il 1432 e il 1502.
Negli ultimi anni di vita (1499) fu nominato Maestro del sacro palazzo apostolico dal papa Alessandro VI.
E' autore di una opera chiamata Antiquitatem Variarum considerata poi una opera di falsificazione storica.
Detto ciò passiamo all'opera, vera o falsa che sia, vediamo che cosa ci dice di interessante Annio.
Annio afferma di aver utilizzato diverse opere antiche per comporre la sua opera. Tra gli autori utilizzati vi è Beroso, sacerdote Caldeo del III° secolo a.C., il quale trasse le sue informazioni direttamente dai testi Caldei.
In particolare Annio afferma di utilizzare i seguenti autori e le loro opere:
- Beroso, delle antichità di tutto il mondo;
- Supplemento di Manetone a Beroso;
- Equivoci, di Senofonte;
- Fabio Pittore, de l'urea età et origine di Roma;
- Mirsilio, della guerra Pelasgica;
- Frammenti, di Catone;
- Itineraio, di Antonino Pio;
- La divisione dell'Italia di Caio Sempronio;
- Archiloco, de tempi;
- Metastene, del giudizio dei tempi e delle storie annuali dei persiani;
- Filone, dei tempi;
- Emendatissima descrizione dei tempi;
- Il sito di Cilicia, di Annio;
- Sito della Spagna in dialogo;
- Dei primi tempi e dei 24 re di Spagna.
Annio ci racconta qualcosa sulla vita di Beroso, in particolare su chi fosse, quando e dove operò. Apprendiamo così che Beroso operò ad Atene e si decise a scrivere sui tempi antichi per colmare il vuoto dei greci che avevano scritto solo fino a Foroneo. Annio riassume i cinque libri di Beroso dicendo che nel primo libro si parla dei tempi antichi precedenti al diluvio, nel secondo si parla degli Dei, ovvero dei capitani e duchi dopo il diluvio. Nel terzo parla di Iano e dice che si tratta dello stesso Noè, nel quarto parla degli antichi regni e nel quinto di alcune storie particolari.
Ma vediamo cosa si dice nel libro primo di Beroso, sui tempi antichi prima del diluvio. Tanto per cominciare Annio elenca i diluvi famosi e dice che ve ne erano stati cinque, almeno secondo quanto dice Senofonte negli Equivoci.
Il primo è accaduto sotto il regno di Ogige fenicio ed è l'unico che possa chiamarsi realmente "Universale".
ll secondo è detto Niliaco ed avvenne sotto il regno di Prometeo o Ercole Egizio. Il terzo è detto diluvio Attico ed avvenne sotto il regno di Ogige re di Atene. Il quarto è detto Tessalico ed avvenne sotto il regno di Deucalione. Questo diluvio è dai greci chiamato diluvio universale ma la cosa non è vera. Il quinto si chiama Faronico ed avvenne nei pressi di Alessandria d'Egitto al tempo di Proteo l'indovino.
Secondo Annio, tra il primo diluvio, quello sotto Ogige Fenicio, e l'ultimo, passarono 700 anni. Ovvero il Diluvio universale avvenne 250 anni prima del regno di Nino.
Annio osserva che il diluvio avvenne in concomitanza di "una grande congiunzione di stelle".
Ora, Nino fu un mitico re Assiro, marito di Semiramide. Se le datazioni sono corrette, Semiramide e Nino regnarono intorno all'800 a.C. dunque il diluvio Universale citato dovrebbe essere avvenuto intorno al 1050 a.C.
E per oggi basta così.

A presto.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 3 aprile 2011

Il Diluvio Universale e l'Arca di Noè

Quando si parla di “arca” viene spontaneo pensare all’arca di Noè, ma esistono altre tradizioni, forse anche più antiche dei racconti della Genesi biblica, che annoverano l’arca tra le cose strane…




Ma andiamo con ordine.




Con il termine arca si intende comunemente una grande imbarcazione utilizzata per salvare le specie viventi dall’estinzione dovuta al diluvio inviato da Dio. Autore del salvataggio, il mitico Noè. Dio, resosi conto della malvagità dell’Uomo, decide di sterminare la specie umana e con essa tutti gli esseri viventi. Qui entra in gioco Noè che, considerato uomo giusto, viene invitato a salvarsi unitamente alla propria famiglia e agli esseri viventi, costruendo un’arca. Vediamo cosa ci dice la Bibbia:




[Genesi, 6,14]




“Fatti un’arca di legno di Cipresso; dividerai l’arca in scompartimenti e la spalmerai di bitume dentro e fuori. Ecco come devi farla: l’arca avrà trecento cubiti di lunghezza, cinquanta di larghezza e trenta di altezza. Farai nell’arca un tetto e a un cubito più sopra la terminerai; da un lato metterai la porta dell’arca. La farai a piani: inferiore, medio e superiore.”




Il resto, al momento, non ci interessa.




Ciò che sappiamo sull’arca di Noè, si può riassumere in poche informazioni: é costruita in legno di Cipresso, è compartimentata, è impermeabilizzata per mezzo del bitume, ha un tetto e una porta. In merito alle dimensioni, in linea di massima possiamo considerare un cubito circa cinquanta centimetri, per cui siamo di fronte ad una nave di 150x25x15 metri! Un vero mostro per quei tempi!




In apertura ho parlato di altre tradizioni che ci riportano di un’arca, vediamone una, il racconto del diluvio della saga di Gilgamesh. Il testo ci dice che in quei giorni il mondo pullulava di persone e il loro rumore era tale che il grande Dio, venne destato e unitamente agli altri dei fu deciso di distruggere l’umanità. Ma Ea, altra dea, volle salvare l’umanità così avvisò Utnapistim, il Noè di Suruppak, città sulle rive dell’Eufrate. Ma sentiamo cosa dice Ea:




“Uomo di Suruppak, figlio di Ubara-Tutu, abbatti la tua casa e costruisci una nave, [..] Ecco le misure del battello, così come lo costruirai: che la sua larghezza sia pari alla sua lunghezza, che il suo ponte abbia un tetto come la volta che copre l’abisso; [..] Alla prima luce dell’alba la mia famiglia si riunì intorno a me, i bambini portarono pece e gli uomini tutto il necessario. Il quinto giorno misi in posa la chiglia e le coste, poi fissai il fasciame. Di un acro era la sua area di terreno, ogni lato del ponte misurava cento e venti cubiti e costituiva un quadrato. Sotto coperta costruii sei ponti, sette in tutto; li divisi in nove sezioni con paratie fra di loro. Dove era necessario infissi dei cunei, provvidi alle pertiche di spinta e caricai provviste. I portatori recarono olio in canestri, versai pece nella fornace e asfalto e olio; altro olio venne consumato per calafatare, altro ancora lo mise tra le sue provviste il nocchiero.[..] Al settimo giorno la nave era pronta. Venne poi il varo pieno di difficoltà, lo spostamento della zavorra di sopra e di sotto finché due terzi rimasero sommersi. [..] Guardai fuori e il tempo era terribile, così anche io salii a bordo della nave e chiusi i boccaporti. Era tutto finito, la chiusura e la calafatura, diedi dunque il timone al timoniere Puzur-Amurri, assieme alla navigazione e alla cura di tutta la nave.”




L’arca di Utnapistim, come possiamo vedere, è leggermente diversa da quella di Noè, forma quadrata, sette ponti in tutto divisi in nove sezioni tramite paratie. E così via. Interessante e particolare la parte relativa alle “pertiche di spinta”, i remi forse? Ancora più interessante la parte dei “portatori” che recarono l’olio in canestri, versato insieme a pece e asfalto “nella fornace”, per far che? Non per calafatare, quello lo dice subito dopo, e poi a cosa serve altro altro olio tra le provviste del nocchiero?




Al di là delle domande che io mi pongo e che sicuramente troverebbero una spiegazione logica se avessimo più elementi, resta il fatto che due testi antichissimi di due popoli diversi riportano il medesimo racconto…


Ma vediamo che ci dice un altro grande del passato... Ovidio!


Nel precedente articolo sulle Metamorfosi ho concluso parlando dell'età del ferro, l'era delle guerre.

Giove, stancatosi di vedere e sentire gli uomini riunì il concilio degli dei per decidere sulla punizione da dare alla razza umana e dopo aver valutato attentamente decide di usare l'acqua per distruggere questa razza malvagia. I fulmini, sua arma preferita, avrebbero potuto dar fuoco al "sacro etere" e causare distruzioni incontrollabili. Si sarebbe potuto infiammare e bruciare il lungo asse terrestre, ci riporta Ovidio! E dunque é meglio distruggere "la stirpe dei mortali con un'inondazionee mandare un diluvio da ogni parte del cielo".

E così l'acqua sommerse il mondo, trascinando via tutto "e le torri strette dall'acqua restano invisibili sotto i gorghi; ormai non c'era nessuna separazione tra mare e terra: tutto era mare ma al mare mancavano i lidi...

Solo in due si salveranno, Deucalione e la moglie, Pirra. Su una fragile barca sopravvissero ed approdarono sul monte Parnaso e, resisi conto di essere soli al mondo si rivolgono agli dei perché li consiglino su come ripopolare la terra con la stirpe degli uomini. Temi, interpellata dai due sopravvissuti risponde: "Allontanatevi dal tempio e copritevi il capo, sciogliete le vesti e buttate dietro le spalle le ossa della gran madre..."

Deucalione, figlio di Prometeo, interpreta come "pietre", le ossa della gran madre "Terra" e così, ubbidendo alla dea, inizia il lancio delle pietre... e "le pietre lanciate dalle mani di Deucalione assunsero l'aspetto di maschi, mentre le femmine ripresero vita con il lancio effettuato dalla donna"...

 
Censorino ci da una serie di informazioni sulle età passate... prendendo come guida uno storico enciclopedico latino, Marco Terenzio Varrone (Rieti 116-27 a.C.) autore, tra l'altro dei "Logistorici" e delle "Antichità", opere di storia memorabili e di cui resta poco o niente! Censorino però ci permette di conoscere alcune informazioni tratte da Varrone.




Devo però mettere i lettori sull'avviso, Censorino l'ho letto in francese e, quando poco chiaro, ho consultato la versione in latino. Data la mia conoscenza del Francese e del Latino, potrebbero esservi degli errori! Se volete, potete leggere voi stessi i testi su http://penelope.uchicago.edu/Thayer/E/home.html.
Detto ciò, vediamo cosa ci dice il nostro Censorino...

"Io vado ora a parlare di quel periodo di tempo che Varrone chiama "storico". Questo autore, in effetti, divise il tempo in tre periodi: il primo periodo che va dall'origine degli uomini al primo diluvio Varrone lo chiama "incerto", a causa delle tenebre che lo ricoprono. Il secondo periodo va dal primo diluvio fino alla prima olimpiade e siccome si raccontano tante storie fantastiche, Varrone lo chiama "mitico"; il terzo periodo va dalla prima olimpiade a oggi e Varrone lo chiama "storico" perché i fatti principali accaduti ci sono riportati da storici veri."

Ecco dunque che uno storico, nella sua suddivisione delle ere, utilizza come confine un Diluvio... ma quale? E quando si sarebbe verificato?

"Sul primo periodo, se abbia avuto o meno un inizio, non si potrà mai dire di quanti anni fu. Non sappiamo con precisione di quanti anni sia stato il secondo periodo ma si pensa a circa 1.600 anni. Dal primo diluvio, in effetti, chiamato diluvio d 'Ogigia, fino al regno di Inaco, si contano circa 400 anni, da li all'eccidio di Troia se ne contano circa 800, poco più di 400 poi da li alla prima olimpiade. E siccome questi ultimi, nonostante appartengano alla fine dell'epoca mitologica, si avvicinano più degli altri all'epoca degli scrivani, qualcuno ha cercato di meglio precisare il numero degli anni. Così Sosibius ha fissato il numero degli anni a 395; Eratostene a 407, Timeo a 417, Aretes a 514. Altre cifre ancora sono state indicate da altri autori ma il loro stesso disaccordo è testimone dell'incertezza del numero degli anni trascorsi."

Dunque sappiamo che si parla del Diluvio di Ogigia... e che si verificò circa 1600 anni prima della prima olimpiade... secondo il nostro calendario la prima olimpiade fu celebrata verso il 776 a.C. , il diluvio di Ogigia si sarebbe dunque verificato nel 2376 a.C., anno più, anno meno!

E sempre secondo la cronologia indicata, nell'anno 1176 a.C. circa si ebbe la fine di Troia. Nel 1976 a.C. si ebbe invece il regno di Inaco, chiunque esso sia!

Diluvio di Ogigia... occorre tornare indietro al periodo delle scuole per cercare nella memoria e poi nel libro, l'Odissea, qualche notizia su Ogigia... sappiamo infatti che al tempo della guerra di Troia, quindi intorno al 1176 a.C secondo la cronologia di Censorino/Varrone, Ogigia esisteva ma era pressoché disabitata, e questo ce lo conferma Omero quando ci dice che...

[Odissea, Libro I, 80-87]

"O nostro padre Cronide, sovrano tra i potenti, se questo é caro ai numi beati, che alla sua casa torni l'accorto Odisseo, allora, Ermete messaggero, argheifonte mandiamo all'isola Ogigia, che subito alla dea trecce belle dica decreto immutabile, il ritorno del forte Odisseo, perché possa tornare."

E' chiaro che Odisseo si trovava ad Ogigia... ma di quale terra si tratta? Per scoprirlo, o almeno per avere delle informazioni utili, occorre spostarci più avanti...

[Odissea, Libro V, 13-17]

"Là nell'isola giace, dure pene soffrendo, nella dimora della ninfa Calipso, che a forza lo tiene. E non può ritornare alla terra paterna, perché non ha navi armate di remi, non ha compagni che lo trasportino sul dorso ampio del mare."

E' Atena che parla agli dei, ricordando loro le pene di Odisseo. E' Atena che parla di isola, dimora della ninfa Calipso, ed è là che è diretto dunque Ermete messaggero... Ed è dunque nell'isola Ogigia che ci spostiamo ora, sempre nell'Odissea... é Zeus ora che parla...

[Odissea, Libro V, 29-35]

"Ermete, tu sempre sei il messaggero; alla ninfa bei riccioli porta decreto immutabile, il ritorno del costante Odisseo; che ritorni senza accompagno né di numi né d'uomini, ma sopra una zattera di molti legami, soffrendo dolori, arrivi al ventesimo giorno alla Scherìa fertili zolle, dei Feaci alla terra, che sono parenti agli dei."

Dunque il viaggio di Odisseo dovrà riprendere dietro ordine di Zeus e Odisseo partirà da Ogigia, l'isola, come abbiamo detto poco sopra, e a bordo di una zattera si dirigerà verso Scherìa... fertili zolle, terra dei Feaci parenti degli dei, terra che raggiungerà dopo venti giorni di navigazione... Ma oggi a noi interessa qualcosa di più su Ogigia, non Scherìa... che vedremo in altra occasione! Vediamo se troviamo qualcosa che possa aiutarci a capire quale sia la famosa e introvabile isola di Ogigia... E allora seguiamo Ermete, il messaggero degli dei, nel suo viaggio verso l'isola, attraverso il mare, fino alla grande spelonca in cui la ninfa abitava...

[Odissea, Libro V, 59-74]

"Gran fuoco nel focolare bruciava e lontano un odore di cedro e di fissile tuia odorava per l'isola, ardenti [..] Un bosco intorno alla grotta cresceva, lussureggiante: ontano, pioppo e cipresso odoroso. Qui uccelli dall'ampie ali facevano il nido, ghiandaie, sparvieri, cornacchie che gracchiano a lingua distesa, le cornacchie marine, cui piace la vita del mare. Si distendeva intorno alla grotta profonda una vite domestica, florida, feconda di grappoli. Quattro polle sgorgavano in fila, di limpida acqua, una vicina all'altra, ma in parti opposte volgendosi. Intorno molli prati di viola e di sedano erano in fiore..."

E così sappiamo che l'isola Ogigia aveva una grande grotta, vi cresceva la vite domestica, era ricca di uccelli e il clima era tale da permettere la crescita delle viole e del sedano. E niente altro? vediamo se Ermete ci aiuta...

[Odissea, Libro V, 99-101]

"Zeus m'ha costretto a venir quaggiù, contro voglia; e chi volentieri traverserebbe tant'acqua marina, infinita? non è neppure vicina qualche città di mortali..."

Dunque Ogigia è un'isola priva di città di mortali, posta in mezzo al mare infinito, ma qualcuno comunque vi abitava o vi aveva abitato in passato...

Ermete va via... ora chi potremo seguire alla ricerca di informazioni? Seguiamo Calipso, mentre guida Odisseo nella preparazione della zattera per il ritorno...

[Odissea, Libro V, 234-240]

"Per Odisseo magnanimo, poi, preparò la partenza. Gli diede una gran scure, ben maneggevole, di bronzo, a due tagli: e un manico c'era molto bello, d'ulivo, solidamente incastrato. Gli diede anche un'ascia lucida e gli insegnava la via verso l'estremo dell'isola, dov'erano gli alberi alti, ontano e pioppo e pino, che al cielo si leva, secchi da tempo, ben stagionati, da galleggiare benissimo."

Ecco altre preziose informazioni, c'era il bronzo, che veniva usato per fabbricare asce, c'era l'ulivo, e tra gli alberi vi era anche il pino, oltre al pioppo e all'ontano... Poi Calipso, terminata la zattera e munitala di vele, da ad Odisseo le informazioni per il viaggio di ritorno...

[Odissea, Libro V, 270-290]

Così col timone drizzava il cammino sapientemente, seduto: mai sonno sugli occhi cadeva, fissi alle Pleiadi, fissi a Boòte che tardi tramonta, e all'Orsa, che chiamano pure col nome di Carro, e sempre si gira e Orione guarda paurosa, e sola non ha parte ai lavacri d'Oceano; quella infatti gli aveva ordinato Calipso, la dea luminosa, di tenere a sinistra nel traversare il mare. Per diciassette giorni navigò traversando l'abisso, al diciottesimo apparvero i monti ombrosi della terra feacia: era già vicinissima, sembrava come uno scudo, là nel mare nebbioso."

Ecco le ultime informazioni... per andar alla terra dei feaci, Odisseo avrebbe dovuto navigare per circa 17 giorni tenendo gli occhi fissi alle Pleiadi e tenere Orione sulla sinistra durante la traversata... Dove si trova la terra dei feaci? Dove si trova Ogigia? Le domande aumentano... o Omero ha inventato tutto?

Ma ora finalmente Odisseo approda tra i Feaci e noi riprendiamo la strada indicataci dalla nostra guida, Censorino... con nella mente, però, un po più di notizie su Ogigia, quella del Diluvio...

"In merito al terzo periodo, tra gli autori esiste una divergenza di 6 o 7 anni sulla sua estensione, ma questa incertezza è stata pienamente dissipata da Varrone, che, dotato della più rara sagacia, pervenne, risalendo i tempi di alcune città, basandosi sulle eclissi e calcolandone gli intervalli, a far riemergere la verità e ad illuminare questo punto con tale luce che oggi è possibile precisare non solo il numero di anni ma addirittura il numero dei giorni di quest'epoca! Se non erro, seguendo questi calcoli, l'anno in cui ci troviamo e del quale il consolato di Ulpius e Ponziano é indice e titolo, a partire dalla prima olimpiade fino ai giorni estivi in cui si celebrano i giochi olimpici sono passati 1014 anni. se invece si inizia a contare dalla fondazione di Roma, ci troviamo nell'anno 991 a partire dalla festa "des Parilies", festa usata per il conteggio degli anni della città. Se invece si inizia a contare secondo l'anno Giuliano, ci troviamo nell'anno 283, a partire dalle calende di gennaio, periodo in cui Giulio Cesare ha voluto che cominciasse l'anno da lui stabilito. Se invece si conta a partire dall'anno detto degli Imperatori, siamo nell'anno 265, a partire sempre dalle calende di gennaio, nonostante solo il 16 delle calende di febbraio sotto la proposta di L. Munatus Plancus, il senato e il resto dei cittadini diedero il nome di "Imperatore Augusto" a Cesare Ottaviano, figlio del divino Cesare, allora console per la settima volta assieme a Vipsanius Agrippa che lo era per la terza volta. In merito agli egizi, siccome essi si trovavano, a quell'epoca, già da due anni sotto il dominio del popolo romano, il presente anno è per loro il 267 degli Imperatori."

Dunque, così apprendiamo che l'opera fu scritta nell'anno 238 d.C.... e che siamo in grado di fare questi conto lo dobbiamo, ancora una volta, a Varrone!

"Anche la storia d'Egitto, come la nostra, ha dato luogo a differenti ere: così distinguiamo l'era di Nabonassar, così chiamata dal nome del principe Nabonassar e che ad oggi ha raggiunto la cifra di 986 anni dalla data di inizio del suo regno. Quindi si parla dell'era di Filippo, che a partire dalla morte di Alessandro il Grande e contando fino ad oggi abbraccia un periodo di 562 anni. Tutte queste epoche degli egiziani cominciano sempre al primo giorno del mese da essi chiamato "thoth", giorno che quest'anno corrisponde al 7 di calende di luglio, tanto che cento anni fa, durante il secondo consolato di dell'Imperatore Antonino Pio e di Bruttius Praesens, questo giorno corrispondeva al 12 di calende d'agosto, epoca del levarsi della canicola in Egitto. Dunque, possiamo vedere che noi siamo oggi nel centesimo anno di questo Grande Anno che, come ho detto prima, è chiamato "solare", "canicolare" o anno di Dio."

E così ora sappiamo che nell'anno 138 d.C. iniziò un altro Grande Anno...

"Ho dovuto indicare in quale epoca cominciano gli anni per evitare che si pensi che questi comincino tutti alle calende di gennaio o a qualche altro giorno simile, perché sulla questione delle diverse ere si sottolineano non meno opinioni divergenti nelle volontà dei loro fondatori che nelle opinioni dei filosofi. Così alcuni fanno cominciare l'anno naturale al levar del sole nuovo, cioè in inverno, altri autori al solstizio d'estate, altri all'equinozio di primavera, altri ancora all'equinozio d'autunno, questi al levare, quelli al calare delle Pleiadi, altri ancora, infine al levare di Canicola."

Un bel caos, dunque, ma mai un dubbio sul fatto che gli antichi conoscessero alla perfezione l'anno solare, anche se con qualche approssimazione... e chissà che più avanti Censorino non possa raccontarci qualche altra cosa di interessante sul sapere dei suoi tempi, o magari, Varrone vorrà prender parte alla nostra tavola rotonda!?!







Ancora un grande:  Apollodoro: la creazione della razza umana e il Diluvio





Abbiamo già visto qualcosa su Apollodoro e la sua opera, ora proseguiamo...
Nel libro primo Apollodoro ci parla della cosmogonia greca, la nascita dell'universo e degli dei, ma anche la nascita della razza umana e del furto del fuoco...

(Biblioteca, Libro I, 7)

Dall'acqua e dalla terra Prometeo plasmò gli uomini e inoltre donò loro il fuoco racchiudendolo, di nascosto da Zeus, dentro una canna.

Prometeo per il suo furto venne condannato da Zeus ad una pena eterna... ma evidentemente aveva già dato vita alla sua discendenza, perché Apollodoro ci dice che

"Figlio di Prometeo fu Deucalione. Questi, mentre regnava sulle regioni circostanti Ftia, sposò Pirra, figlia di Epimeteo e di Pandora, la prima donna che gli dei avevano plasmato.

Quando Zeus decise di annientare la stirpe dell'età del bronzo, Deucalione per suggerimento di Prometeo costruì un'arca, la equipaggiò con il necessario e vi salì insieme a Pirra.

E Zeus, riversando una gran pioggia dal cielo, sommerse la maggior parte della Grecia tanto che tutti gli uomini perirono ad eccezione di quei pochi che si erano rifugiate sulle cime dei monti vicini: fu a quel tempo che le montagne della Tessaglia si separarono e tutto il mondo al di là dell'Istmo e del Peloponneso fu inondato".

Deucalione, sulla sua arca viene trasportato fino al Monte Parnaso dopo aver navigato per nove giorni e nove notti.

Deucalione e Pirra dopo aver sacrificato a Zeus Salvatore ripopolano il mondo lanciandosi pietre dietro le spalle, nascono così i popoli del mondo dopo il Diluvio...


Solo poche righe per aggiungere un piccolissimo riferimento storico a chi studia il diluvio di Deucalione...


 
[Apollodoro, Biblioteca, Libro III, 8]

Fu durante il regno di Nittimo che si verificò il diluvio di Deucalione e alcuni dicono che esso avvenne proprio a causa dell'empietà dei figli di Licaone".

Poco più avanti un altro riferimento:

[Apollodoro, Biblioteca, Libro III, 14]

Dopo la morte di Cecrope, divenne re Cranao, che era nato dalla terra; fu ai suoi tempi (si dice) che ebbe luogo il diluvio di Deucalione".

Licaone e suo figlio Nittimo, sovrani della regione Arcadia, Cecrope e il suo successore al trono di Atene, Cranao, mitiche figure o personaggi storici?

Di Licaone sappiamo ciò che ci ha raccontato Ovidio nelle Metamorfosi... e i miti sugli uomini lupo.

Ma di che periodo parliamo?

Secondo alcuni si tratta del 1500 a.C.... e questi pongono dunque in quel periodo il diluvio, ma non esiste niente di certo!
 
Un altro piccolo tassello a quanto già sappiamo sul diluvio...



Considerazioni interessanti: non solo la Bibbia!


Vogliamo vedere cosa dicono i testi sacri indiani?

SRIMAD BHAGAVATAM - Kapila

[Canto 1, Cap. 3, verso 10]

Il quinto avatara fu Kapila, il più elevato di tutti gli esseri realizzati. Egli espose ad Asuri Brahmana la conoscenza della metafisica e degli elementi della creazione, poichè nel corso del tempo questa conoscenza era andata perduta.

Se volessimo prendere per buono ciò che ci dice questo verso, si potrebbe dire che Kapila è colui che ha recuperato il sapere del passato.

Ma perchè la conoscenza andatò perduta?

Di che periodo si parla?

Chi era Kapila?

Queste cose non mi è dato saperle... e dal testo che ho non si evince niente di più!

Sembra però che apparve prima "dell'inondazione totale"... Questa avvenne durante la presenza del decimo avatara...

ma vediamo cosa dice...

[Canto 1, Cap. 3, verso 15]

Quando soppraggiunse l'inondazione totale dopo l'era di Caksusa Manu e il mondo intero fu completamente sommerso dalle acque, il Signore assunse la forma di un pesce e protesse Vaivasvata Manu facendolo salire su un vascello.

Se vogliamo dar credito a quando riportato in questo verso, vi fu una grande inondazione, non si parla di diluvio... potrebbe però essere un effetto dello stesso evento verificatosi in altre parti del mondo?

Nella spiegazione del versetto si parla comunque di diluvio, affermando che "si scatena sempre un diluvio alla fine di ogni Manu".

In ogni caso vi è un sopravvissuto, Vaivasvata Manu, un altro Noè, Ziusudra (o Utmapistim), Xisuthrus, Deucalione... e chissà quanti altri!

Finirà qui?

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

sabato 7 marzo 2009

Licaone, l'uomo e il lupo!

Licaone... empio sovrano d'Arcadia!

Ovidio, Metamorfosi, I,198,221; II,526; I,165; II,496.
"... si narra che i Giganti aspirarono ad impadronirsi del regno celeste e che ammucchiarono i monti innalzandoli fino alle stelle...".

Così Ovidio ci introduce alla stirpe umana nata dalla terra, bagnata dal sangue dei giganti ,schiacciati sotto la terra che loro stessi avevano sollevato. Ma la nuova stirpe umana "divenne sprezzante degli dei e avidissima di strage spietata e violenta".

Così Giove "quando vide tale scelleratezze dall'alto dei cieli se ne dolse e, ripensando ai ributtanti banchetti della reggia di Licaone, imbanditi di recente e per questo non ancora divulgati concepisce nell'animo un'ira tremenda e degna di lui e convoca un concilio..."

"Pensate forse, o dei superni, che essi [Semidei, Ninfe, Fauni, Satiri...] non corrano pericoli?, dal momento che Licaone, noto per la sua ferocia, ha teso insidie a me, che pure sono armato del fulmine e tengo voi sotto il mio potere?". Così Giove apostrofa gli dei...

Per gli uomini sarà l'inizio della fine, Giove e gli dei puniranno la stirpe umana, che oramai non ha più alcun rispetto per loro, con il Diluvio...

Ma é arrivato il momento di capire di cosa é accusato Licaone per aver provocato l'ira degli Dei... ascoltiamo Giove come testimone:

"L'ignominia del tempo era giunta alle nostre orecchie, augurandomi che essa non fosse vera, scendo dal sommo Olimpo e, pur dio, esploro le terre sotto sembianza umana. Sarebbe lungo descrivere quanta malvagità abbia trovato in ogni luogo: la cattiva fama era inferiore al vero".

Giove attraversò la terra di Arcadia, su cui regnava Licaone. Mandò un segno del suo arrivo e il popolo cominciò a pregare... ma non Licaone che deride chi prega! Non contento decide di mettere alla prova Giove...

"proverò di sapere, con un esperimento palese, se sia un dio o un uomo; la verità della prova potrà essere messa in discussione".

Questo pensa Licaone, e si prepara ad uccidere il Padre degli dei nel sonno. Ma la sua crudeltà non ha limiti e così decide di servire al suo ospite cibo umano quindi, sgozzato con la spada un ostaggio mandato dai Molossi...

"butta nell'acqua bollente parte delle membra ancora palpitanti, e parte le abbrustolisce sul fuoco".

Giove, quando gli venne servito il banchetto, riconobbe Licaone colpevole e fece crollare la sua casa. Licaone scappò e raggiunta la campagna...

"comincia ad ululare e invano tenta di parlare; la bocca raccoglie da lui stesso la rabbia e sfoga la brama della strage, per lui abituale, sugli armenti, e ancora oggi gode del sangue. La veste si muta in un vello, le braccia in zampe; diventa lupo e mantiene le tracce dell'antico aspetto; identico il colore grigiastro, identica la ferocia del volto; guizzano minacciosi gli stessi occhi, immutata l'aria di crudeltà".

Questa la punizione per Licaone, ma é solo l'inizio...
Giove e il consiglio degli dei si apprestano infatti a distruggere la stirpe umana con i fulmini ma poi, per paura che "a causa di tanti fuochi il sacro etere si infiammasse e bruciasse il lungo asse terrestre" e con esso, oltre la terra e il mare anche la reggia celeste, decide di "distruggere la stirpe dei mortali con un'inondazione e mandare un diluvio da ogni parte del cielo".

Ma sentiamo ora Apollodoro, anche lui ci ha tramandato con la sua opera, la Biblioteca, la storia di Licaone e della sua empietà.
Secondo Apollodoro Licaone era figlio di Pelasgo e di Melibea (o, secondo altre fonti, della ninfa Cillene). Durante il suo regno in Arcadia ebbe cinquanta figli da diverse donne, fra tutti gli uomini essi erano i più arroganti ed empi.
"Zeus allora volle mettere alla prova la loro empietà e si presentò a loro dopo avere assunto l'aspetto di un povero. Essi lo accolsero come ospite e, dopo aver ucciso un bambino della regione, mescolarono le sue viscere a quelle di una vittima sacrificale e gliele offrirono: li aveva esortati a ciò il fratello maggiore, Menalo. Allora Zeus disgustato rovesciò la mensa, nel luogo che ora é chiamato Trapezunte, e fulminò Licaone insieme ai suoi figli, ad eccezione del più giovane, Nittimo [..] Fu durante il regno di Nittimo che si verificò il diluvio di Deucalione e alcuni dicono che esso avvenne proprio a causa dell'empietà dei figli di Licaone".

In questa versione non é Licaone l'empio, ma i figli, essi furono l'origine della rovina... ma in Apollodoro non si parla di trasformazione in lupo!
Questa stessa versione é tramandata da Nicola Damasceno e grazie alle note ad Apollodoro, opera di J. G. Frazer, sappiamo che Licaone mantenne le abitudini rette del padre Pelasgo. Egli usava raccontare ai suoi sudditi che Zeus veniva a visitarlo sotto l'aspetto di uno straniero allo scopo di verificare la giustizia e l'iniquità. Una volta, mentre aspettava l'arrivo di Zeus, compì un sacrificio al quale presenziarono anche alcuni dei suoi figli. Furono questi che, allo scopo di sapere se colui che sarebbe arrivato era veramente un dio, immolarono un fanciullo e mescolarono le sue carni a quelle della vittima convinti che la loro azione sarebbe stata svelata solo da un dio. Ma il dio causò una tempesta e gli autori del delitto perirono. Anche in questo caso nessun riferimento alla trasformazione di Licaone da uomo in lupo.

Anche Igino, Pausania e altri autori antichi trattano l'argomento introducendo diverse piccole varianti sul tema, ma mi sembra interessante riportare anche le considerazioni di Frazer che prendono forse spunto dalla versione di Pausania.
Per Pausania Licaone offrì un neonato umano all'altare di Zeus Licio e fu immediatamente trasformato in lupo.

Per Frazer "queste tradizioni erano raccontate per spiegare i riti selvaggi e crudeli che pare siano stati celebrati in onore di Zeus Licio, sul monte Liceo, fino al II secolo d.C. o anche più tardi. Sembra che una vittima umana fosse sacrificata e che le sue viscere, mescolate con quelle di vittime animali, fossero divise in una sorta di banchetto cannibalico tra i fedeli, e chi di loro aveva in sorte di assaggiare carne umana si diceva si trasformasse in lupo e vivesse in questa forma per otto anni, per recuperare aspetto umano al nono, a condizione che nel frattempo si fosse astenuto dal mangiare carne di uomo".
Secondo Frazer il ricorso al ciclo di otto anni fa pensare che il sacrificio fosse offerto a queste scadenze temporali.
La cosa é plausibile se si considera che il ciclo di otto anni, questa volta chiedendo aiuto a Newton, fu introdotto in Grecia ed a Creta ad opera dei Fenici in epoche antiche. Sempre secondo Newton questo ciclo di otto anni era il "Grande anno" di Cadmo e Minosse e aveva grande importanza nelle celebrazioni religiose.

Licaone... uomo, lupo, o entrambi?
Forse solo ricordi di una antica crudele religione Fenicia?
E i sacrifici umani Egizi? Idem?
E i sacrifici umani Atzechi e Maya?


Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO