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sabato 25 luglio 2015

Medusa, regina di Sardegna?

Medusa del Bernini
Immagine tratta da wikipedia
Leggendo tra testi antichi e saggi dei nostri tempi mi sono imbattuto nel testo del 1639 di Francisco de Vico, Historia general de la Isla y reino de Sardena, fonte inesauribile di informazioni non solo sulla Sardegna ma più in generale di tutto il mondo antico.
Sono in tanti a criticare la visione di una Sardegna occupata nel tempo da popolazioni straniere, ma a me non interessa, punti di vista. In ogni caso la Sardegna è stata per secoli sotto la Spagna.
Francisco de Vico nella sua opera ha raccolto tutte le testimonianze a sua disposizione sulla Sardegna e ci ha raccontato una storia ricca di avvenimenti e personaggi importanti, re e regine mitiche, guerre e conquiste.
Per cui prima di passare alla storia, che occuperà il prossimo capitolo, vorrei aprire qualche piccola finestra sul testo di Francisco de Vico (migliaia di pagine che vi invito a leggere). L'autore, oltre ai testi antichi, basò il suo lavoro su quello del vescovo Giovanni Francesco Fara, autore anch'egli di una storia di Sardegna.
Vi chiedo scusa in anticipo se di tanto in tanto dovessi riportare qualche osservazione che con la Sardegna ha poco a che fare, ma è molto difficile separare rigidamente quelli che sono i propri interessi di studio, per cui dovrete sopportare le mie digressioni. Inoltre, prima di cominciare vi devo avvisare che quando possibile userò i nomi in italiano, in alcuni casi userò dei nomi in spagnolo o in altre lingue, ma solo quando non sono sicuro della corrispondenza in italiano.
E allora cominciamo subito dicendo che secondo la ricostruzione storica di Francesco il mondo ebbe inizio 4004 anni prima della nascita di Cristo. Secondo questa cronologia nel 2348 a.C. avvenne il Diluvio Universale, quello raccontato nella Bibbia, quello di Noè per essere chiari.
Dopo il Diluvio la vita umana comincia ad accorciarsi; che ciò dipenda dal fatto di usare un anno di lunghezza differente, che prima del Diluvio si chiamasse anno quello che era invece un mese lunare o una stagione o che la durata della vita umana si sia realmente accorciata a causa di fenomeni che non conosciamo e che oggi non possiamo ricostruire né immaginare, poco importa. Ciò che importa è che qualche secolo dopo (nel 2004 a.C.) nasce il patriarca Abramo che tanta importanza avrà per la religione del popolo ebraico.
Nel 1788 a.C. Mesraim, chiamato anche Osiris, conquista l'Italia. Uno dei suoi generali, o suo figlio a detta di alcuni autori antichi, Ercole Libico, fonda la città di Torres e la chiama Turris Lybisonis che significa "Città Augusta di Ercole Libico". Siamo nel 1788 a.C. e così nasce la prima e più antica città della Sardegna di cui si abbia memoria. Pochi anni dopo, nel 1779 a.C., Osiris invia in Sardegna una spedizione di Vituloni, o Turreni, per colonizzarla. Il loro nome derivava dal fatto che costruivano torri. Il mediterraneo non doveva essere poi così pericoloso visto che era teatro di scorrerie e conquiste già in quei tempi antichi. Nel 1754 a.C. Ercole Libico si impadronì di Spagna e Italia dopo aver sconfitto i Gerioni, la vecchia casa regnante.
Circa due secoli dopo è la volta di un altro conquistatore straniero, siamo circa nel 1544 a.C. e il conquistatore o colonizzatore che dir si voglia si chiama Norax. Si dice Norax (o Noraco per alcuni) arrivò in Sardegna dalla Spagna. Pare fosse originario della mitica Tartesso, città che forse prese il nome da Tartesio Campo, nipote di Gerione, re di Spagna. Prima di morire, nel 1484 a.C., Norax fondò la città di Nora. Gli succedette il re Porco che morì nel 1451 a.C., nel corso della guerra contro Atlante. Porco aveva tre figlie che gli succedettero nel governo dell'isola. Si chiamavano Euriola, Estenio e Medusa, meglio note come Gorgoni.
Stupiti?
Lo sono stato anche io leggendo le pagine di Francisco de Vico. Francisco spiega che il termine Gorgonia o Georgonia significa in greco "agricoltura" e le tre sorelle si dice fossero esperte nell'agricoltura. Medusa venne poi rappresentata con la tasta piena di serpenti in quanto i serpenti erano già anticamente simbolo di sapienza e lei era tra le tre la più saggia. Pochi anni dopo Perseo uccide Medusa (siamo nel 1418 a.C.) e la Sardegna resta senza guida perché Medusa non ha lasciato eredi.
Sono sicuro che saranno in tanti a non credere a queste storie. La prima obiezione che si può sollevare riguarda la figura di Medusa, appartenente alla mitologia greca. Ma proviamo per un attimo ad interrogare Diodoro Siculo, che già conosciamo. La domanda potrebbe essere: "Diodoro, puoi aiutarci a capire di quale popolo Medusa fu regina?".
- "Certo che posso Alessandro, tu peraltro già sai la risposta, te lo leggo nella mente. Ma ugualmente ancora una volta ricorderò il mito di Perseo e della sua spedizione contro le bellicose Amazzoni, da me esposto nella Biblioteca Storica, libro III, paragrafo 54. Parlo delle Amazzoni Libiche, non di quelle più recenti del Ponto. La stirpe di queste donne era completamente scomparsa già molti anni prima della guerra di Troia. Una stirpe di Amazzoni libiche era quella delle Gorgoni, contro cui Perseo si spinse in guerra. I miti raccontano che la stirpe delle Gorgoni abitasse in occidente, in Libia ai confini del mondo. Abitavano esse un'isola situata all'interno della palude Tritonide. La palude si trovava vicino all'Etiopia e al monte Atlante, nei pressi dell'Oceano. L'isola era ben grande e piena di alberi da frutto di vario genere. Vi si potevano trovare un gran numero di capre e di pecore da cui si ricavava latte e carne. Il grano ancora non era stato introdotto. In quei tempi le Amazzoni cominciarono la conquista dalle città dell'Isola, ad eccezione di Mene, considerata sacra. Fondarono una città di nome Cherroneso (ovvero "penisola") all'interno della palude Tritonide. Queste Amazzoni mossero contro gli Atlanti, gli uomini più civilizzati di quelle contrade, Mirina era la loro regina. La prima città a cadere fu Cerne, i suoi abitanti maschi furono sgozzati, donne e bambini furono asserviti e la città distrutta. Gli Atlanti, vista la sorte toccata alla città stabilirono dei patti con Mirina che, soddisfatta, fece costruire una nuova città che chiamò Mirina dal suo nome. Nei pressi degli Atlanti si trovava un'altra popolazione di Amazzoni, chiamate Gorgoni. Mirina decise di attaccare le Gorgoni e vi fu una grande battaglia. Mirina ebbe la meglio ma le prigioniere si liberarono durante la notte e fecero strage tra l'esercito di Mirina. Mirina dopo breve tempo e altre battaglie ritornò nel suo regno. Le Gorgoni ebbero tutto il tempo di riprendersi e più tardi furono sconfitte da Perseo, regnava su di loro Medusa. Il popolo delle Gorgoni e delle Amazzoni fu sterminato più tardi da Eracle quando durante la visita delle contrade d'occidente pose le sue Colonne in Libia. Si dice che in quel periodo scomparve anche la palude Tritonide. A causa di terremoti si ruppero le sponde dell'Oceano."
- Ti ringrazio Diodoro, sei stato gentilissimo e ricco di particolari, come al solito. Chissà se l'Isola di cui ci ha parlato era la Sardegna. Non potremo mai saperlo. Ciò che possiamo affermare con ragionevole certezza è che la geografia del Mediterraneo di allora doveva essere molto diversa da quella odierna. Anche Lucio Anneo Seneca ci parla di una catastrofe immensa che avrebbe causato la rottura delle sponde dell'Oceano e la separazione della Sicilia dalla Calabria. Quali danni avrebbe causato una catastrofe di simili dimensioni sull'isola di Sardegna? Sarebbe potuta essere la causa della scomparsa della civiltà nuragica? Ma lasciamo questo argomento per tornare al racconto di Francisco de Vico.
In questo periodo in Tessaglia si verifica un nuovo Diluvio conosciuto come il diluvio di Deucalione. Invece nel nord Italia, lungo la pianura dell'Eridano (ovvero nella pianura Padana) si verificò un incendio immane, regnava allora in Italia Fetonte.
Nel 1400 a.C. circa Aristeo arriva in Sardegna e conquista il regno dopo la morte di Medusa. Nello stesso periodo si trovava in Sardegna Cadmo, il Fenicio. Secondo alcuni antichi autori fu questo Aristeo a fondare la città di Cagliari. Nello stesso periodo Galatas fonda la città di Olbia, la prima in Sardegna con questo nome. Galatas era figlio di Olbio e veniva dalla Francia, ovvero dalla Gallia. La Gallura, regione della Sardegna che si trova intorno ad Olbia, deriverebbe il suo nome proprio dall'antico dominio dei Galli.
In Italia contemporaneamente regnano Giano, Saturno, Pico e Fauno. La moglie di quest'ultimo re si dice abbia inventato le lettere Latine.
Arriviamo all'anno 1254 a.C.. Iolao, nipote di Ercole (un altro Ercole, detto il Tebano dalla città di Tebe greca) arriva in Sardegna a capo di un grande esercito. Iolao fonda varie città tra le quali una chiamata Iolea (o Olbia per alcuni) nel sud dell'isola, nei pressi di Sulcis. Iolao invitò dalla Sicilia Dedalo, il famoso inventore e architetto, per abbellire la Sardegna con le sue opere. Alla sua morte i Sardi chiamarono Iolao "padre" e per ringraziarlo delle grandi e splendide opere realizzate durante il suo regno fondarono un tempio chiamato "Sardo Patoris Fanum" cioé "tempio del padre dei Sardi".
Sardo, figlio di Ercole, alla morte di Iolao prese il comando del regno e le diede il suo nome attuale: Sardegna.
Pochi anni dopo, nel 1214 a.C. circa, una nuova spedizione arriva sulle coste del nord dell'isola: si tratta dei popoli chiamati "taratos" e "sosinates". I primi fondano due città: la prima chiamata Olbia, dal nome della città di provenienza, Olbia di Tartaria; la seconda chiamata Tatari, che poi sarebbe la Sassari odierna. I sosinates fondarono invece la città di Sorso.
Pochi anni dopo, forse nel 1204 a.C., gli ateniesi fondano Ogrillen, dove oggi si trova Orgosolo.
In questo periodo diversi popoli arrivarono dalla Meonia. Sembra che questi si stanziarono nella zona chiamata Meilogu ovvero "Meonum Locus". Altri arrivarono dalla Lidia e dalla Locride. Altri ancora da Rodi, da cui "Locus Rodies" ovvero Logudoro.
Si racconta che anche Enea, con un esercito di Troiani fuggitivi dopo la distruzione di Troia, giunse in Sardegna. Vi restò poco in quanto gli abitanti dell'isola gli si posero immediatamente contro, ma ebbe comunque il tempo di distaccare una colonia, "Foro Troyano", oggi Fordongianos.
Intorno all'anno mille a.C. i ciprioti si impadronirono del mar di Sardegna. Secondo lo storico Eusebio vi si stabilirono per qualche tempo fondando anche alcuni paesi, chiamati "Corpasesios". E' sempre secondo Eusebio nell'anno 866 a.C. arrivarono in Sardegna anche i Fenici anche conosciuti come Puni. Secondo gli autori antichi in questo secolo sarebbe stata fondata Cartagine che sarebbe dunque più antica di Roma di circa un secolo.
Secondo la leggenda la fondazione di Cartagine fu merito di Didone, o Elisa, la stessa donna di cui si dice si sia innamorato l'Enea fondatore della stirpe Romana... ma anche questa è un'altra storia. Secondo molti storici dei giorni nostri i Fenici si impossessarono di buona parte delle coste e vi fondarono città, tra queste Cagliari (alcuni autori attribuiscono ad Aristeo la fondazione della città di Cagliari nel 554 a.C., per altri invece Cagliari è stata fondata dai Cartaginesi nel 228 a.C.).
C'è chi afferma che i Fenici non si siano mai impossessati della Sardegna e forse non ci sono mai stati se non per commercio. A mio parere la verità sta nel mezzo. Forse vi approdarono, vi costruirono delle città e si impossessarono di alcune di esse, ma non credo abbiano mai avuto la forza di controllare tutta l'Isola.
Il tempo passa e di questi secoli bui non restano tanti ricordi, arriviamo così all'anno 588 a.C. quando, spinti dalle guerre che imperversavano nella loro terra arrivano in Sardegna i Focesi, anch'essi originari della Grecia, dietro consiglio di Biante di Priene (uno dei sette saggi).
Pare che i cartaginesi fossero allora già abbastanza potenti. Avevano conquistato buona parte della Sicilia e decisero di impossessarsi anche della Sardegna. Un grosso esercito partì così per la conquista, sotto la guida del Generale Malio.
Malio venne però sconfitto dagli abitanti della Sardegna e la maggior parte dei suoi uomini perirono nell'impresa. La sconfitta costrinse i cartaginesi a rimandare l'impresa a tempi migliori. Questo tempo arrivò intorno all'anno 478 a.C. con la nomina a Generale di Asdrubale figlio di Magone. Cartagine intendeva conquistare la Spagna e la Sardegna doveva essere solo una tappa per raggiungere la sua meta. Le cose andarono diversamente e i cartaginesi vennero nuovamente sconfitti e il condottiero Asdrubale ucciso. Dovette passare ancora molto tempo prima che i cartaginesi riuscissero a conquistare il mediterraneo. La Sicilia, la Spagna e infine anche la Sardegna, seppure solo lungo le coste, intorno al 400 a.C. erano tiranneggiate da Cartagine.
Erano tempi duri quelli e le guerre erano la norma.
Posso darvi un consiglio? Se avete un pizzico di curiosità storica leggete "Storie" di Erodoto, oppure "la guerra del Peloponneso" di Tucidide o ancora "l'Anabasi" di Senofonte. Avrete una idea più chiara di cosa significasse la guerra per gli antichi.
Ma torniamo alla Sardegna.
Di quei secoli lo storico Francisco de Vico ci dice che non sono stati conservati i nomi dei Re di Sardegna, forse a causa delle lotte continue per la sua colonizzazione o forse perché la storia dell'isola poteva essere trovata in testi andati distrutti con la caduta della civiltà punica e la distruzione di Cartagine. Per trovare informazioni sulla Sardegna e su chi la governava occorre fare un salto fino alle guerre puniche e giungere così al governo Romano, ma di ciò parleremo tra poco.
Francisco de Vico affronta anche il problema dell'origine del termine nuraghe per indicare le costruzioni antiche che ricoprono la nostra isola. Dopo aver accennato agli Etruschi o Turreni o anche Tirreni, considerati i più antichi costruttori di torri, ci dice anche che il termine nuraghe sembra si possa far risalire a coloro che fondarono la città di Nora. Altri ancora fanno risalire il termine dalla parola greca "ηokρός", nocros, che significa sepoltura. I nuraghe sarebbero infatti le sepolture di personaggi importanti.
Quanto detto fino ad ora è stato spesso ignorato o non considerato degno di entrare a far parte della Storia della Sardegna, con il risultato di cancellare la memoria di un popolo.Il fatto che quanto raccontato sia poco più che leggenda non significa che vada dimenticato. Pensate alla Grecia antica, conosciuta al mondo proprio per i suoi miti e le sue leggende.Cosa sarebbe oggi la Grecia se i suoi storici avessero deciso che le leggende andavano dimenticate o cancellate?Mi chiedo ancora oggi perché non sia possibile recuperare queste "leggende" e restituire così alla nostra Sardegna (e ai Sardi), almeno in parte, le proprie origini.Avremo forse modo di approfondire la questione più avanti, per ora abbandoniamo la preistoria e i miti per arrivare finalmente alla Storia.



Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

Tratto dal mio libro "Breve storia della Sardegna"

sabato 18 luglio 2015

Alexander Fleming militare, dai London Scottish al Royal Army Medical Corps.

Alexander Fleming, Sir Alexander Fleming, colui che scoprì la penicillina, nacque a Lochfield, in Scozia, il 6 agosto 1881.
La sua vita da ragazzo lo vede vivere la vita di campagna, ma da subito da prova delle sue grandi doti di osservazione. Si fermava ad osservare qualunque cosa e cercava di carpirne i segreti. Era appassionato di sport e di tiro. Coi fratelli inventava giochi istruttivi in cui si vinceva sempre un premio, e lui vinceva sempre...

Ventenne, si arruola come volontario nel Reggimento dei London Scottish, compagnia H, per combattere nella guerra del Transvaal scoppiata nel 1900. Il London Scottish era un reggimento formato da soli scozzesi. Il numero dei volontari era molto elevato così Fleming non partì per l'Africa. Era un bravo tiratore e partecipava sempre alle esercitazioni con ottimi risultati. Nel 1914 lasciò il Reggimento, ma poco dopo, con lo scoppio della 1^ Guerra Mondiale servì nel grado di Tenente e poi Capitano nel Royal Army Medical Corps lavorando negli ospedali da campo e usando le sue conoscenze per migliorare le prime cure ai feriti sul fronte prima di spostarli nelle retrovie.



Per la sua abilità nel tiro fu scelto per entrare a lavorare nel laboratorio di inoculazione e così conobbe Almroth Wright, che divenne il suo maestro. Lo stesso Almroth Wright allo scoppio della guerra fu nominato Colonnello. Partì per la Francia per creare un laboratorio e centro di ricerche s Boulogne-sur-mer. Fleming lavorava da anni ormai nel laboratorio e Wright lo portò con se assieme ad altri suoi collaboratori. 

Chi lo conobbe in quei tempi lo descrisse come un "Ufficialetto pallido, che non diceva una parola di troppo, ma faceva tranquillamente e perfettamente il suo lavoro".

Nel laboratorio ci si occupava di vaccinazioni, Wright infatti spingeva affinchè tutto l'Esercito venisse vaccinato contro il Tifo. Il laboratorio si trovava affianco all'Ospedale militare e Fleming e gli altri avevano giornalmente a che fare con feriti da arma da fuoco o ferite da esplosioni e le conseguenti infezioni. Setticemia, tetano e cancrena erano all'ordine del giorno e facevano tante vittime quante le armi del nemico.
Fleming si rese conto che le ferite di guerra erano molto più pericolose del normale in quanto i proiettili causavano la morte di buona parte del tessuto colpito e il tessuto necrotizzato, non asportato immediatamente, impediva ai fagociti, difese naturali, di giungere fino ai microbi. Occorreva fare in modo che le ferite venissero ripulite immediatamente dai tessuti morti affinchè le difese naturali del corpo umano potessero giungere ai microbi ed eliminarli.
Fleming effettuò così un certo numero di esperimenti per capire cosa accadeva in una ferita profonda quando si impiegavano antisettici e altri medicinali e si rese conto che questi quasi non avevano effetto e, anzi, in certi casi erano controproducenti.

Wright e Fleming iniziarono così la loro lotta contro l'uso degli antisettici e contro la cattiva pratica di spostare i feriti nelle retrovie senza ripulire le ferite. Lotta che portò Wright a farsi molti nemici negli alti vertici della medicina militare. 

A Wimereoux nel 1918 venne allestito un ospedale in cui ci si doveva occupare delle fratture del femore con lacerazioni profonde e Fleming fu nominato capo del laboratorio. Fleming e i suoi collaboratori continuarono a migliorare le cure per le ferite profonde e migliorarono anche le tecniche di trasfusione salvando la vita di tantissimi feriti colpiti dalla cancrena da gas. 

Fleming affrontò due guerre ed in entrambe mise la sua esperienza a disposizione del mondo. Non era certo il tipo che si tirava indietro di fronte a nuove sfide o che seguiva pedissequamente la strada tracciata da altri. A lui dobbiamo la scoperta delle proprietà del Lisozima e della penicillina che tante vite hanno salvato e salvano ancora. Fleming fu uno dei pochi uomini che in vita raccolse gli onori che gli erano dovuti. Passò i suoi ultimi anni a fare conferenze (senza mai abbandonare però la ricerca), raccogliere benemerenze ma, soprattutto, ad essere osannato dalla popolazione che lo vedeva come il loro salvatore, ognuno infatti aveva un figlio, un parente od un amico salvato dalla penicillina.

Ecco in poche parole il Fleming militare che forse non tutti conoscono.


Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

Fotografia tratta dall'archivio storico fotografico greco
(http://eliaserver.elia.org.gr/elia/site/content.php?sel=22&present=451199&bt=europeanaapi)

La vita di Sir Alexander Fleming, di André Maurois

Alexander Fleming, Sir Fleming, nacque a Lochfield, in Scozia, il 6 agosto 1881. La sua vita da ragazzo lo vede vivere la vita di campagna, ma da subito da prova delle sue grandi doti di osservazione. Si fermava ad osservare qualunque cosa e cercava di carpirne i segreti. Era appassionato di sport e di tiro. Coi fratelli inventava giochi istruttivi e si vinceva sempre un premio, e lui vinceva sempre...

Ma ora facciamo un salto in avanti.

Alla fine del libro mi sembra di poter dire che la cosa che più mi ha colpito, e che sembra aver colpito lo stesso Fleming, sia il fatto che la sua vita sia stata guidata sempre da casi e coincidenze!
Questo è il primo argomento da tenere a mente.
Lo stesso Fleming, ormai famoso e osannato, nei suoi discorsi pubblici faceva notare quanto il caso e le coincidenze avessero fatto per lui e per la scienza.
Per un caso entrò come studente al Saint Mary's, perchè c'era una buona squadra di nuoto. Era inoltre appartenente alla compagnia H dei London Scottish e in quanto tale partecipava regolarmente alle marce di addestramento e alle gare di tiro. Per la sua abilità nel tiro fu scelto per entrare a lavorare nel laboratorio di inoculazione e così conobbe Almroth Wright, che divenne il suo maestro.
La storia di Fleming è la storia di una vita dedicata alla scoperta di fenomeni sconosciuti, è la storia del caso che un giorno portò una spora all'interno di un piccolo laboratorio, è la storia di un uomo che trovata una delle sue colture rovinata dalla muffa, si ferma, osserva e capisce che quella muffa un giorno sarà un potente farmaco, la penicillina.

Il secondo argomento importante per Fleming è la ricerca. 
Secondo Fleming le grandi scoperte derivano da intuizioni del singolo, solo poi entra la potenza del gioco di squadra e del gruppo di ricerca organizzato. Negli anni cercherà sempre di invitare i giovani ricercatori a ritagliarsi un poco di tempo per svolgere le loro ricerche, oltre al lavoro di equipe.
La ricerca personale è quella più produttiva, quella che ha a che fare con le passioni dell'uomo ricercatore, dello scienziato. quella che spinge oltre i propri limiti e conduce verso vette altrimenti inarrivabili. Solo la passione per la "propria" ricerca spinge il ricercatore a superare tutte le difficoltà, non sono i soldi e non è un bel laboratorio.
E' pur vero che la produzione della penicillina a bassi costi e in grandi quantità è dovuta alla ricerca di gruppi organizzati. Florey e Chain (e la fondazione Rockefeller!) misero in moto la macchina che permetterà ciò.

Fleming affronto due guerre ed in entrambe mise la sua esperienza a disposizione del mondo. Non era certo il tipo che si tirava indietro di fronte a nuove sfide o che seguiva pedissequamente la strada tracciata da altri, fu anche questo motivo che farà si che le sue esperienze sulle ferite di guerra fossero poi utili a tanti medici del fronte. Le ferite dovevano essere curate al meglio sul fronte, le parti sporche ed infette dovevano essere asportate per evitare che i batteri provocassero troppi danni, Il suo lavoro fu immenso anche nel campo della ricerca sulle vaccinazioni.
Fleming fu tra i primi a riconoscere alcune proprietà presenti in alcuni tessuti.
Il Lisozima, per esempio, è una sostanza antibatterica potentissima presente nelle lacrime ma anche nelle unghie come nel bianco dell'uovo. Il Lisozima è usato ancora oggi contro i batteri, come conservante e per trasformare il latte di mucca in latte materno!

Fleming fu uno dei pochi uomini che in vita raccolse gli onori che gli erano dovuti. Passò i suoi ultimi anni a fare conferenze (senza mai abbandonare però la ricerca), raccogliere benemerenze ma, soprattutto, ad essere osannato dalla popolazione che lo vedeva come il loro salvatore, ognuno infatti aveva un figlio, un parente od un amico salvato dalla penicillina.

Insomma, che altro occorre dire per invitarvi a leggere questo libro?

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

domenica 12 luglio 2015

Descrizione della Sardegna secondo Franciscus Berlingerius (Geogr. Lib. III. Cap. 115)


Nel 1725 viene pubblicato un testo che riassumeva la storia della Sicilia, della Sardegna, della Corsica e delle altre principali isole loro limitrofe. Questo testo, scritto in lingua latina, di tanto in tanto riporta testi di altri autori, tra questi ve n'è uno molto particolare, in italiano antico, che qui sotto riproduco integralmente, sperando di non fare errori di trascrizione. Parla della Sardegna e vale la pensa leggerlo e perderci un po di tempo per capirlo. Più avanti ne farò anche una rilettura in italiano moderno.


"Mira Sardigna, e dal figliuol d'Alcide
Sardo fu detta, e prima era detta Hico
Poi Sandaliothe, e il che si vide.
Questo fu il nome suo al tempo antico,
Che dall'Orientale, e'l mar Tirreno,
Da Noto hà l'Africano o uvoi Libico.
Sardòo, e dell'Occaso, e dipoi il seno
Tra Cirno, e questa, e così si prescrive,
Vedi ora il lato Occidentale ameno.
Corditan cavò in prima, il qual quì vive
Detto Falone, e poi Tilio Cittade
Detta hora Argente in quelle amate rive.
Porto Nimpheo, poi di Conte il nomate,
Poi Large, poi il pormontorio Ecco Hermeo,
Marasso detto dalla nuova etade.
Temo poi fiume, e forse, e Pisaneo
Appresso à Bossa, e Caracode porto:
Tarre Città dipoi Ptolomeo.
In Arbor Provincia hor Thirso intorto
Fiume poi segue, e poi la Città Vesta,
Colonia Usele, e Città poi dicorto.
Fiume Sacro, indi Osca Città cotesta,
Sardopatoro, Tempio, quel fu detto
Neapoli hor si monstra, e manifesta.
Pachia estrema, e nel nostro conspetto;
Vedi hora il lato volto a mezzo giorno
Città Pupulo hà nome quel ricetto.
Poi Città Solci, e Solci porto interno
Detto Melfita, e Chersoneso pende
Boeja porto, su Cagliari formo.
Hercole Porto, questo litto prende, Nora Cittade, Cittade onde una Casa Spera
Poter molto à Firenze, ove hoggi splende.
Cuniocario cavo, e la riviera,
E litto Preche, e lato orientale,
Caralli estrema, e Città magna intera.
Questa fu posta d'Aristeo, il quale
Figliuol d'Apollo fù, il suo fin hebbe,
Sol da Tiberio Gracco esitiale.
Caralitano sen veder si debbe,
E Susalea Villa, e Sepro fiume
Sipicio Porto, questo mai sarebbe.
Agulliastro forse si presume,
E quello, e Cedro rivo, e Pheronìa
Città nota secondo il mio volume.
Philolao, Terranova, detta Olbia,
Fece il Porto Olbiano, e'l promontoro
Colimbario, et il cavo Artico poi sia.
Ellato Boreale, e dopò loro.
Dove Erebantio Acrone in pria si face
Poi Città Plubio, et intorno il territore.
Fuliola Città in su'l salo edace,
Tibula hà qui le pulitiche mura,
Torre Città di Bissone ivi giace.
Trà longo Sardo, e Sassari indi cura
Gli habitatori, e ciascuna sua gente
Degna, che sia più verso Cinosura.
E Tibulatii, e Corsii parimente
Sotto à lor Coracensii, et Cuncitani,
E poi Carensii successivamente.
Cunusitani, e sotto Sulcitani
Luquidonesii, e poi Esaronensii,
Cornesi sotto lor meridiani.
Detti Achilensii, e dopò son Rucensii
Sotto lor, Celsitani, et il terreno hanno
Gli altri son nominati Corpicensii.
Poi Scapitani e Siculesii stanno
Neapolite sotto à questi harai,
Et Valentini, e più verso Austro vanno.
E Solcitani, e Noritani homai
Mira, e da Philolao, e nominati,
Ch'è nopoti d'Alcide Philolai.
Perche habitanti quivi eron mandati
D'Alcide co' figlioli, et co'nipoti
Di Thespio, ne mai furon soggiogati.
Non da Romani, non da Libonoti
Cartaginesi, hora à tutti comanda
Casa Aragona, alla qual son devoti.
Hora infra terra ogni sua Città spanda
Degna di fama Sardo Isola molta
Ericino quell'altra si domanda.
Hereo, e l'altra, e poi Guruli ascolta
Guruli vecchia, e Macopsisa, e Bosa
In Turritana regione accolta.
Di sotto Menomeno monte posa
Saralapi in quel sito, e non inane
Guruli nuova ancor non ti sia ascosa.
Corno, e cotesto, e l'acque Lesitane,
E Lisa, e l'acque Hisitane hora mira,
E quelle altre acque Neapolitane.
Valeria, e Latta quale ò se ci tira,
E quell'altra, e Gisarde, et Ottavena,
E questa, e Fusta, che più alto aspira.
Gallatellina, e Civita, e Casirena.
Arborena, e Tirena, e Plonacensa,
Suella, e Solcitana, e Doliena.
All'Isole più degne intorno pensa
Linagra à Diebata, ad Asinara,
E questa è detta d'Ercole onde immensa.
Ninfea, e l'altra in mezzo all'onda amara
Ilua, questa è Fintonte, detta quella;
Quell'altra è Figo, e quell'altra Tolara.
Figo dalla età priscaHermea s'appella
Vedi Ficaria quella detta, e forse
Serpentaria hoggi dall'età novella.
Ma perchè troppo in Austro transcorse
Non ardisco affermare à lei appresso
Coltellazzo ove Sardo il monte torse.
E Molibode, qual è detta adesso
Palma di Sole, e l'Isola San Piero
Hieraco detta, hor vedere, e concesso.
E Vacca, e Toro, Scagli, che nel vero
Con altri molti, a cui parlarne lice
Si perde il tempo rapido, e leggiero."

A presto, per la traduzione, di cui in alcuni tratti si sente la necessità e sulla quale sto lavorando...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO


domenica 5 luglio 2015

Ancora sul Codice perduto di Archimede

Dopo la breve recensione pubblicata ieri mi è sembrato d'obbligo aggiungere qualche notizia interessante per chi avesse voglia e tempo per approfondire. Il libro è infatti particolarmente interessante sia per un appassionato di storia antica sia per un appassionato di matematica.
Cominciamo dall'inizio: Niceta Coniate descrive il saccheggio di Costantinopoli e le devastazioni compiute nel 1204 dai crociati diretti a Gerusalemme. Nel corso del saccheggio moltissimi testi antichi andarono distrutti. Niceta racconta che i crociati non ebbero rispetto neppure per la chiesa di Santa Sofia.
I testi più famosi di Archimede sono:
- Metodo;
- Stomachion;
- Sui corpi galleggianti.
Si dice (A.N. Whitehead) che "la caratteristica generale più certa della tradizione filosofica europea è che essa consiste in una serie di postille a Platone", allo stesso modo si può dire della tradizione scientifica europea e di Archimede. Penso che gli autori (Netz e Noel) abbiano tutto sommato ragione. Occorre però non sottovalutare il fatto che le nostre conoscenze di quei tempi sono veramente molto scarse e che più si va indietro nel tempo e maggiori sono le difficoltà nel reperire testimonianze e testi scritti. Io penso che Archimede, come Platone, abbia portato la matematica del III secolo a..C. ad un livello altissimo, ma non sono convinto del fatto che prima di lui la cosa non sia già accaduta ma a noi non è giunta notizia. Penso insomma che scienza, matematica e conoscenza in genere siano molto più antiche di quanto si possa immaginare.
Ma andiamo avanti, giungiamo fino al XII secolo d.C. Un autore del tempo, Tzetzes, racconta una storia romanzata in cui è presente anche Archimede anziano. Afferma tra l'altro che Archimede morì all'età di 75 anni. Questo testo è conosciuto come il "libro di storie" o "Chiliades" e racconta tra l'altro la vicenda degli specchi ustori inventati da Archimede per distruggere le navi nemiche da lontano.
Questo è un libro che devo assolutamente leggere.

Ora vi lascio, buone riflessioni e buona lettura.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO


sabato 4 luglio 2015

Il codice perduto di Archimede, di Reviel Netz e William Noel

Da Siracusa a Baltimora... chi l'avrebbe mai detto!!!

Eppure è proprio così. Questo libro parla di una storia lunga duemila trecento anni. Parla della storia di un uomo, Archimede, della sua scienza, la matematica e la fisica, delle sue opere trasmesse fino ai nostri giorni da tanti uomini e di come, un gruppo di persone del nostro tempo sia riuscito a riportare alla luce parte dei testi di Archimede che si pensava fossero ormai scomparsi.
Questa storia si può far iniziare in un punto qualunque lungo questi ultimi 2.300 anni senza per questo perdere niente del suo fascino.
Gli autori del libro, Netz e Noel, hanno cominciato da un giovedì del 1998 (29 ottobre), presso la casa d'aste Christie's a New York, giorno in cui tra le tante cose vendute ve ne è una in particolare che un ignoto mister B si aggiudica alla favolosa (per noi comuni mortali!) cifra di 2.200.000 dollari. Si tratta di un palinsesto del 13° secolo d.C. terminato di scrivere dal presbitero Ioannes Myronas il 14 aprile 1229.
Devo ammettere la mia ignoranza, prima di leggere questo libro non sapevo cosa fosse di preciso un "palinsesto", non avevo neanche mai pensato che un codice in pergamena potesse essere riutilizzato e che ciò fosse di uso abbastanza comune in quanto la pergamena era una materia prima costosa.
Sta di fatto che l'oggetto pagato nel 1998 la bella cifra di 2.200.000 dollari altro non era che un palinsesto, ovvero un codice di preghiere scritte sopra pergamena riutilizzata, pergamena che precedentemente aveva custodito alcune parti delle opere più importanti di Archimede.
Netz e Noel, il primo docente di lettere classiche alla Stanford University e massimo esperto di matematica greca e delle opere di Archimede, il secondo direttore dello Special Collections Center e del Schoenberg Institute for Manuscript Studies della University of Pennsylvania, si alternano nel raccontare ognuno dal proprio punto di vista, la storia del recupero del codice.
Una storia avvincente in tutti i sensi che vede esperti di tutto il mondo, tra questi anche alcuni italiani, impegnati a recuperare i testi del grande matematico e che, nel corso della loro ricerca che prosegue ancor oggi, si sono dovuti ricrede sulle conoscenze matematiche di Archimede che ora può dirsi senza alcun dubbio un precursore del calcolo infinitesimale e del calcolo combinatorio, basi della nostra scienza matematica.
Un grazie agli autori e ai loro compagni di lavoro anche da parte mia per il merito di aver contribuito alla riscoperta di un così grande autore antico, Archimede!

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO 

domenica 21 giugno 2015

Il segreto di Copernico, di Dava Sobel

L'astronomia mi ha appassionato da subito, sin da quando, da ragazzo, vedevo i documentari di Piero Angela. Il cosmo, i pianeti, le comete, avevano per me, ed hanno ancora oggi, una forza di attrazione enorme.

Così, nel 1989 all'esame di maturità parlai delle teorie geocentrica ed eliocentrica (non ricordo più il titolo del tema ma ricordo che riuscii ad inserire comunque Tolomeo e Copernico).
Da allora ho cercato di coltivare questa passione come possibile, col poco tempo a disposizione, soprattutto leggendo e mantenendomi informato (e prima o poi inizierò ad usare con costanza il telescopio acquistato qualche anno fa).
Come potevo ignorare la biografia di Copernico che durante l'ultima visita alla IBS mi è capitata tra le mani? Non potevo infatti!
L'autrice è Dava Sobel, giornalista e divulgatrice scientifica americana. 
Nel suo libro, non ho trovato solo la biografia di Copernico, uno dei miei miti, ma soprattutto la storia di un libro, il "De revolutionibus", scritto e pubblicato da Copernico con l'aiuto di Retico nel lontano 1543, anno in cui Copernico muore.
Il De revolutionibus vide la luce grazie alle insistenze di diversi personaggi vicini a Copernico, credo che il più importante sia stato il matematico Retico, che divenne allievo di Copernico e lo convinse prima e aiutò poi, a pubblicare la sua opera. 
Copernico aveva infatti delle remore, pensava infatti, e non a torto, che "far muovere la terra attorno al Sole" avrebbe sollevato grosse critiche da parte di persone che di astronomia non capivano niente ma che dovevano difendere la verità dei testi sacri.
In effetti Copernico aveva ragione, la successiva storia di Giordano Bruno e Galileo ce lo dimostra.
Prima di Copernico altri pensatori avevano ipotizzato che il sole fosse il centro del sistema ma erano restati inascoltati. Il sistema tolemaico aveva preso piede e, nonostante le sue imprecisioni, era alla base dei calendari del mondo.
Il libro è ricco di curiosità sulla Polonia del 1500, sugli astronomi e matematici, sull'uso di fare l'oroscopo dei grandi del mondo, sulla chiesa del tempo e l'amministrazione del territorio, curiosità che di per se stesse sarebbero sufficienti a spingerci alla lettura. Eppure l'autrice riserva al lettore una ulteriore piacevole sorpresa, nella seconda parte infatti ci presenta un dramma in due atti, il personaggio principale è Copernico, circondato da Retico, la governante (e compagna) di Copernico, Anna... e altri. Un dramma che ci permette di avvicinarci alla figura di Copernico vivendo con lui gli ultimi anni della sua vita.
Copernico  ebbe il merito di riaprire una strada appena tracciata, altri (primo fra tutti Retico) lo seguirono. Grazie a loro oggi possiamo dire di conoscere meglio l'universo che ci circonda.

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO